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Francesco Tedeschi

Francesco Tedeschi

The Walking Dead: Le Copertine – Vol.1

Che The Walking Dead sia uno dei più interessanti fenomeni editoriali fumettistici degli ultimi anni è fuori dubbio: il capolavoro di Robert Kirkman è infatti diventato un vero e proprio cult, grazie anche alla serie TV omonima lanciata da AMC e giunta ormai alla terza stagione. Il successo riscosso dalla trasposizione televisiva ha permesso l’importazione anche nel nostro Paese di alcune chicche che gli appassionati non mancheranno di apprezzare: The Walking Dead – Le Copertine è una di queste.

In concomitanza con l’uscita del dodicesimo volume dell’edizione italiana di The Walking Dead, story-arc che inaugura un nuovo ciclo della zombie-saga più famosa del mondo, saldaPress propone anche il primo volume della raccolta completa di tutte le copertine del fumetto di Kirkman: il libro, uscito in America in occasione del lancio del centesimo numero dell’opera, si pone come obiettivo il raccontare agli appassionati la progettazione e lo sviluppo delle prime 50 copertine originali di The Walking Dead. Il volume è suddiviso in due sezioni: la prima raccoglie le copertine della serie regolare, mentre la seconda presenta quelle delle raccolte (speciali, edizioni cartonate, omnibus, cofanetti e così via), tutte rigorosamente corredate da un interessante ed esaustivo testo redatto da Kirkman, Charlie Adlard e Tony Moore che ne racconta la storia, dalla nascita dell’idea alla realizzazione dell’immagine definitiva, passando per bozzetti, matite e chine.

In appendice, un racconto di sei tavole realizzato da Kirkman, Adlard e Cliff Rathburn, inedito in Italia e uscito in patria nel 2005 per l’Image Comics Holiday Special. La storia breve riprende due personaggi incontrati nel primo volume di The Walking Dead, Duane e Morgan, e si inserisce nella continuity del mosaico che ritrae il mondo devastatato dagli zombi che abbiamo imparato a conoscere. Qui come altrove, Kirkman da’ spazio alla vicenda umana a scapito dell’orda di morti viventi, la cui presenza si intuisce, si percepisce al di là di una porta sbarrata, ma non invade le tavole magistralmente disegnate da Rathburn: le atmosfere, arricchite dal classico bianco e nero tipico dell'opera, ormai divenuto caratteristica contraddistintiva della serie, si sposano alla perfezione con quelle del Natale, periodo durante il quale la breve vicenda del padre e del figlio è ambientata.

Come sempre, ottima l’edizione proposta da saldaPress, curata ed elegante, che riprende la linea editoriale dei volumi della serie regolare.

In definitiva, The Walking Dead – Le Copertine è un volume che non può mancare nella libreria di ogni appassionato dela serie ha rivoluzionato il concetto di zombie-saga.

Crossed 1

Ogni appassionato di Garth Ennis che si rispetti ha sempre desiderato leggere una storia dello sceneggiatore irlandese ambientata in un mondo devastato da orde di zombi. Questo perchè l’autore di capolavori come Preacher, The Punisher Max o The Boys sarebbe senza dubbio indicatissimo per raccontare, col suo gusto squisitamente pulp e grandguignolesco, uno zombie-outbreak in piena regola. Ebbene, il desiderio viene esaudito – se non del tutto, almeno in parte – con Crossed.

Così come nel bel film di Danny Boyle "28 giorni dopo", in cui ciò che devastava il pianeta non erano zombi ma esseri umani in preda a una strana forma di idrofobia, in Crossed non abbiamo a che fare con morti affamati di carne umana, bensì con persone che, per una ragione non meglio identificata, contraggono un morbo in grado di scatenare i più terrificanti e atroci istinti animali che archetipicamente abitano i meandri più oscuri della natura umana. È forse proprio qui che risiede la vera brutalità dell’opera di Ennis: se gli zombi sono, in un certo senso, giustificati nei loro atti di cannibalismo dall’assoluta mancanza di intelletto che li contraddistingue, gli “Scrociati” (questo è il nome degli ex-esseri umani che attaccano i superstiti, così definiti per la croce che si disegna sul loro volto una volta contagiati) parlano, ragionano e soprattutto agiscono. Ciò che fanno, è quanto di più mostruoso si sia potuto leggere su un fumetto destinato al grande mercato internazionale.
La vicenda segue, piuttosto pedissequamente, lo stereotipo della zombie-story classica: in seguito al contagio, e alla relativa apocalisse, seguiamo un manipolo di sopravvissuti alla ricerca di un luogo sicuro in cui nascondersi. Ma gli Scrociati, tribalmente capeggiati da un personaggio che solo Ennis avrebbe potuto concepire (Cazzocavallo, così chiamato perchè brandisce come arma il pene reciso di un equino), sono sulle tracce dei superstiti e li braccano da vicino…

Dire che Crossed è un fumetto duro è un’eufemia. La dicitura “parental advisory” non dovrebbe essere solo “consigliato a un pubblico maturo”, ma “consigliato a un pubblico maturo e non impressionabile”: La violenza in cui il lettore incorre, infatti, anche se meno visivamente esplicita che in altre opere dell’autore, è concettualmente disarmante. E ciò che più colpisce è che non proviene solo dagli Scrociati, ma dagli esseri umani stessi che, per sopravvivere, sono costretti (o forse è meglio dire “giustificati”) a macchiarsi delle azioni più raccapriccianti. Come sempre, inoltre, Ennis spiazza il suo pubblico passando da immagini terrificanti a scene intense e toccanti (memorabile la double-spread dedicata ai lupi) e viceversa, attaccando il lettore con un pugno in pieno stomaco quando meno se lo aspetta.

Parlando della componente artistica non si può non riconoscere un grande merito a Jacen Burrows, la cui produzione include, tra le altre cose, le bellissime tavole del Neonomicon di Alan Moore: il suo stile, dettagliato e iper-realistico, aumenta il gradiente di immedesimazione da parte del lettore, facilitandone la discesa nell’inferno che Ennis ha preparato per lui.

In definitiva, Crossed è un fumetto che colpisce, appassiona, tortura e fa riflettere. Soprattutto fa riflettere. Ma il lettore è avvisato: dimenticate l’ironica violenza pulp di Preacher, o quella giustificata dall’ambientazione in Storie di guerra. In Crossed si fa sul serio.

Habibi

Chi ama il fumetto è abituato a emozionarsi. La Nona Arte è un canale tramite cui le emozioni fluiscono liberamente; certo, ogni forma di narrazione trabocca di opere in grado di toccare le corde più sensibili dell’animo umano ma, a parere di chi scrive, il fumetto ha quel qualcosa in più, una componente che scaturisce dalla specialissima unione di arti diverse, il disegno e la narrazione, in una sorta di sintesi che assume la valenza di crasi tra cinema, letteratura e illustrazione.
È in opere come come Habibi (letteralmente “mio amato”) che questa preziosissima e variegata componente trova la sua apoteosi. Uno degli obiettivi dell’ultima fatica di Craig Thompson è raccontare l’Islam tramite gli occhi di una ragazzina e la sua travagliata avventura; un fine tutt’altro che semplice da raggiungere, ma l’autore aveva già portato a termine una missione simile nello splendido e autobiografico Blankets, indimenticabile graphic novel che in più di una piega narrativa affronta il tema del Cristianesimo.

Senza esprimere alcun giudizio (non per timore, ma per rispetto) su quella religione che i media ci hanno insegnato a temere senza conoscerla a fondo, l’Islam appunto, Thompson racconta la storia della piccola Dodola, data in sposa a un uomo sensibilmente più anziano di lei, e di Zam, un ragazzino rimasto orfano che troverà in lei l’amore più puro e assoluto. In un universo che molto ha a che spartire con l’epica, i due percorreranno chilometri e impiegheranno anni per coronare i propri sogni e superare le difficoltà con le quali il crudele mondo che li circonda tenterà di separarli. Una trama semplice e lineare, ma che utilizza queste caratteristiche come grandi punti di forza: ciò che lascia senza fiato in Habibi è quella genuinità che già avevamo amato in Blankets, quella purezza narrativa volta a descrivere il sentimento più forte e sanguinante, qui assolutamente scevro da luoghi comuni e retorica. Le tavole di Thompson traboccano di Amore vero, quello con la “A” maiuscola, quello che ognuno di noi conosce e che risulta sempre difficile descrivere senza avvalersi di clichè. Ebbene, Thompson lo fa, e lo fa benissimo: proprio perchè il lettore abituale di fumetti è abituato a immergersi in fiumi di emozioni, non è facile ritrovarsi coinvolti e senza fiato di fronte a un’opera in questa forma. Con Habibi, l'Autore ci regala un concentrato di sentimenti, oltre che innumerevoli spunti di riflessione; chi avrà la fortuna di leggere quest’opera, che può essere a buon diritto definita un capolavoro a tutti gli effetti, non potrà non stupirsi nell’acquisire la consapevolezza di quanto non sappiamo dell’Islam, e di quanto la caccia alle streghe, implicita o esplicita che sia, sia un meccanismo terribilmente sbagliato e deleterio. D’altro canto, come Thompson non manca di evidenziare, Islam e Cristianesimo hanno molti, moltissimi punti in comune: allo stesso modo, è opportuno ricordare che la religione che nell’inconscio collettivo è erroneamente legata a doppio filo al concetto di terrorismo, non è solo Osama Bin Laden, così come il Cristianesimo non è solo Institor e Sprenger.

Sul versante della componente artistica, l'Autore raggiunge massimi livelli: il suo stile inconfondibile e profondamente espressivo rappresenta il naturale completamento di quella splendida semplicità che pervade la sceneggiatura, essenziale nella sua elaborazione e volta a condurre e coinvolgere il fortunato lettore nella travolgente e perfetta vicenda: splendide anche le tavole che mostrano le linee e le curve aggraziate della calligrafia araba, che si fonde alla narrazione.

In definitiva, Habibi è un capolavoro, e nessuna parola potrebbere essere più esaustiva per descriverlo.

Deadpool Pulp

Prosegue, idealmente, il concept Marvel iniziato con la linea Noir, ovvero il contestualizzare personaggi dell’universo Marvel in ambientazioni inusuali in una sorta di What-if tematico. In questo caso, Wade Wilson è al centro di un plot ambientato negli anni ’50 a metà tra il pulp e l’hard-boiled: quando una misteriosa valigetta, contenente qualcosa che potrebbe causare ingenti danni al mondo intero, scompare per mano di una figura femminile misteriosa, all’agenzia di spionaggio per eccellenza non resta che ingaggiare Deadpool, il più famigerato agente CIA della Guerra Fredda. Ma ovviamente, anche all’alter-ego pulp del sicario chiacchierone manca qualche rotella, e la sua schizofrenia non si fa attendere…

Deadpool, ribattezzato “il mercenario linguacciuto”, è senza dubbio uno dei personaggi più innovativi e sperimentali dell’Universo Marvel e, negli ultimi tempi, la Panini lo sta promuovendo tramite una massiccia campagna di pubblicazioni (è infatti relativamente nuova la serie monografica dedicata al sicario nel nostro Paese, così come lo sono anche le miniserie Deadpool Corpse e Deadpool Max): anche questo esperimento pulp non può che attrarre l’utente appassionato del personaggio, forte anche dell’ottima veste editoriale propria di tutti i 100%.

Sul versante della sceneggiatura è impossibile non notare la forte tendenza di Adam Glass al cinema: Deadpool Pulp è infatti intriso di elementi e rimandi alla Settima Arte, o, più propriamente, a quella branca che Quentin Tarantino e tanti altri registi, prima e dopo di lui, hanno ridefinito. Qui Deadpool è, infatti, sprofondato in una trama che miscela quell’esagerazione che, un tempo, era prerogativa del fumetto ma che, oggi, grazie al filone di cui "Pulp Fiction" è il massimo esponente, ha contagiato il cinema a una narrazione profondamente fotografica ed elegante.

I disegni, opera di Laurence Campbell, traducono alla perfezione in immagini le atmosfere evocate da Glass: cupe, fumose e corredate da una colorazione magistrale, le tavole si susseguono in un crescendo di azione e colpi di scena.

L'unica pecca dell’opera potrebbe essere identificata nel postulato di base: se il pulp è prima di tutto ironia, e lo è, e Deadpool è un personaggio tendenzialmente comico, era lecito aspettarsi un tripudio autoironico ed eccessivo. Non è così: Deadpool Pulp si prende sul serio, e anche il mercenario Marvel risulta alieno alle tinte a cui la sua serie regolare ci aveva abituati. Il risultato è la sensazione, a tratti, di trovarsi di fronte a un’avventura “con le redini tirate”, e al desiderio di una buona dose di sana, divertente e sanguinosa esagerazione.

Nel complesso, però, Deadpool Pulp diverte e, di sicuro, verrà apprezzato sia dai fan del personaggio che da quelli del genere.

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