Menu

 

 

 

 

Francesco Borgoglio

Francesco Borgoglio

Gli zombie che divorarono il mondo

Si può aggiungere un conseguente corollario al teorema esposto di recente e dimostrato da esempi  quali The Walking Dead, Attacchi documentati o il nostro Dylan Dog; se gli zombie seri e raccapriccianti sono quelli in bianco e nero, allora quelli comici sono a colori. La bontà dell’enunciato è prontamente validata da Gli zombie che divorarono il mondo di Jerry Frissen. Questo primo volume, "Un odore insopportabile", raccoglie i primi due episodi usciti in Francia nel 2004 e 2005: "Une Odeur Épouvantable" e "Les Esclaves De L'Amour".

Il fumetto di Frissen non può tuttavia definirsi comico, forse sarebbe più corretto tragicomico, espressione esemplare di sarcasmo ed umorismo nero, nel senso più cupo del termine.
L’autore si destreggia con un ingrediente così di successo oggi, e quindi rischioso, come i morti viventi, e riesce a realizzare una ricetta nuova, originale, infondendo una flessibilità, una duttilità alla “materia morta”, davvero inaspettate.
I disegni di Guy Davis sono perfetti per l’occasione. Il suo stile essenziale, quasi vignettistico, ma esuberante di particolari e sensazioni, è travolgente.

L’ambientazione è la Los Angeles del 2064, invasa ma pacificamente dai morti viventi, mentre il protagonista è un nerd all’ennesima potenza, che insieme alla sorella e ad un energumeno di nazionalità belga (proprio come il Paese natale dell’autore), formano una strampalata squadra di cacciatori di zombie.
Il libro è costituito da tante e brevi avventure in cui emergono colpe, vizi e difetti della nostra società ed in cui sono inevitabilmente i mostri ad emergere come “normali”.
L’opera presenta uno spettacolo di orrori e squallore offerto sempre e comunque dai vivi, che ne escono a pezzi: il miliardario annoiato che vuole nella sua collezione la salma rediviva di una delle sue attrici preferite, il marito  esasperato dalla suocera di cui riesce a disfarsi sfruttando un improbabile attacco di zombie, le canaglie incappucciate alla Ku Klux Klan che picchiano a morte una ragazzina accusata di farsela con i “morti”, sono solo tre significativi esempi.
Sì, perché gli zombie sono i reietti, i discriminati e gli sfruttati, i diversi da cui prendere le distanze, perché fanno paura, puzzano e non si conoscono, ma sono comodi quando occorre un lavoro sporco o se ci si può rimediare sesso a buon mercato. Ricorda qualcosa?

Godetevi questo libro, divertente, spassoso e duro come un colpo basso al ventre, una parabola corrosiva, capace di far riflettere ed amaramente, grazie al suo humor graffiante, duro, politicamente scorretto ma efficace, per una metafora alla moda, riguardo i soliti, eterni mali dell’umanità.

Spider-Man Collection 44

Spider-Man Collection segna 44 tacche e chiude con questo ragguardevole numero che raccoglie il primo incontro tra l’Arrampicamuri e Ghost Rider in "If An Eye Offend Thee" di Len Wein e Ross Andru (Marvel Team-Up #15 - 1973, pubblicato la prima volta in Italia dalla Corno in L’Uomo Ragno #144)), un doppio episodio avente un insolito Avvoltoio come nemico, opera di Gerry Conway e Ross Andru (Amazing Spider-Man #127-128 - 1973-1974, in Italia ne L’Uomo Ragno #139-140), una breve storia di fantascienza, inedita, di Stan Lee e Steve Ditko (Amazing Adult Fantasy #7 - 1961), ma soprattutto la chicca del primo numero del Papero Marvel, ammirato recentemente in due camei su "Secret Invasion: Howard The Duck" (1976 - pubblicato in Italia ancora dalla Corno in Eureka #158) e avente naturalmente Spidey come guest star.

Stupisce ancora una volta a così tanti anni di distanza la freschezza e la gradevolezza di questi racconti ed emerge prepotente la verve unica di questo personaggio, simbolo della Casa delle Idee, quello Spider-Man che la Marvel ha voluto recuperare e ha ritrovato con la tanto discussa doppia operazione One More Day/Brand New Day.
Per 44 volumi la collana ha raccolto albi che hanno fatto  la storia dell’Uomo Ragno e quindi del fumetto mondiale. La dura, incontrovertibile  legge di mercato ha sepolto un’altra vittima importante, ci pieghiamo al suo volere, ma ci dispiace tanto.
Dispiace innanzitutto per lo Spidey “classico”, lo spessore e la portata storica di questi episodi, i team-up e le chicche che questa collana ha saputo regalarci, dispiace per l’occasione che perderanno i giovani lettori di leggere storie coetanee dei loro padri ma accattivanti oggi come ieri. Dispiace perché con essa chiude l’unica, attuale, collana regolare dedicata a storie passate ma non sorpassate, di uno tra i più grandi supereroi di sempre, confezionata in formato edicola e alla portata quindi per prezzo e formula, della tasca e dei gusti di tutti.

È giusto e doveroso concludere con un elogio al suo artefice, “the man behind the curtain”, Max Brighel, per la cura, l’amore e la passione che è riuscito a trasmettere a questa pubblicazione.
Sembra giusto terminare questa recensione accordandole il massimo dei voti, un giudizio da leggere nel complesso di questi cinque anni e mezzo di vita editoriale e che la testata si è guadagnata senza indugi.
Si legge in giro per il web che forse si tratta solo di un po’ di riposo per SPC e che si riprenderà con una nuova formula ad inizio 2011; questo vuole essere l’augurio di Comicus, alla testata e a Max.
Gabba gabba hey!

Secret Invasion 1-8

L’Italia marvelliana sta entrando ora in pieno "Dark Reign" e pare doveroso un bilancio di ciò che lo ha appena preceduto, vale a dire l’ultimo evento collettivo di questo universo, se diamo ascolto ai vertici della Casa delle Idee riguardo il prossimo paio d’anni. Il “Regno Oscuro” non avrà una testata o mini dedicate, ma sarà lo status quo ed il massimo comune denominatore del mondo Marvel.

Secret Invasion ha visto, come ogni mega evento che si rispetti, una miriade di tie-in sulle testate principali, mentre  è stata mantenuta la suddivisione americana in otto uscite per la miniserie principale, imbottita con storie di contorno più o meno legate alla saga e di alterno valore.
Primo numero a parte, con prologo e primo episodio della serie firmati Brian Michael Bendis e Leinil Yu, il secondo ed il terzo albo hanno ospitato, oltre alla vicenda portante, i cinque episodi usciti negli States nel volume Secret Invasion: Who Do You Trust, di autori ed artisti vari. La Panini ha inspiegabilmente e colpevolmente citato solo gli artefici del primo e del terzo episodio, dimenticando gli altri che per dovere di cronaca è corretto elencare: Farewell (di Brian Reed e Lee Weeks) incentrato sulla figura tutt’altro che marginale di Capitan Marvel, o meglio del suo clone skrull, Master of the Cube  (di Zeb Wells e Steve Kurth), breve episodio dedicato all’inquietante Marvel Boy ed al suo carcere di massima sicurezza, Seems like Old Times  (di Christos N. Gage e Mike Perkins ) con protagonisti Wonder Man e Bestia, In Plain Sight (di Mike Carey e Timothy Green III) riguardante l’agente dello S.W.O.R.D., Abigail Brand, ed infine Resistance (di Jeff Parker e Leonard Kirk) sugli Agenti dell’Atlas. Tutti episodi brevi ed ignorabili, escluso quello dell’agente Brand, impreziosito dal talento di Green e  strettamente legato ai futuri sviluppi del crossover.

Con Secret Invasion: Front Line, a partire dall’albo 4, si cambia decisamente registro. La storia di backup è degna di nota per i disegni dell’italiano Marco Castiello, per il pregevole lavoro sui colori dell’intero GG Studios, e per lo spessore della vicenda.
Il tratto di Castiello è netto, apparentemente semplice ma espressivo, fotografico, come dovrebbe essere il resoconto di un bollettino di guerriglia urbana. La storia di Brian Reed è toccante e coinvolgente e presenta un Ben Urich tornato al suo mestiere connaturale, il reporter, pronto a rischiare la pelle per raccontare l’invasione aliena vista dalla parte della gente comune; un tassista, un poliziotto, una donna medico, un manager d’azienda e sua figlia.
Reed e Castiello propongono un racconto credibile, costellato di atti eroici e meschinità che scaturiscono quando il quotidiano è squarciato dall’imprevisto catastrofico. Poco importa la causa, se un attacco terroristico o un’invasione aliena, non vi è differenza quando il nostro vivere “normale” viene sconvolto così nel profondo.

La saga principale è il prodotto meglio riuscito. Si dipana per gli otto albi, impreziositi dalle copertine di Gabriele Dell’Otto, e conclude quel trittico esaltante di mega-eventi che, a partire da "House of M" prima e con "Civil War" poi, ha davvero squassato l’Universo Marvel e la prevedibilità delle sue trame.
L’idea dietro Secret Invasion non è originale, ma quando una rivisitazione de L’Invasione degli Ultracorpi come questa viene riplasmata dal mestiere di Bendis ed applicata al mondo dei supereroi, il risultato è irresistibile.
Gli skrull, guidati dalla regina Veranke e da una esaltazione religiosa fondata su di un’antica profezia che li vuole padroni della Terra, si lanciano alla conquista del pianeta dopo aver tessuto un piano di infiltrazione durato anni.
A detta dell’autore i prodromi sono stati addirittura confezionati più di quattro anni fa, a partire dalla rivolta del carcere di Ryker’s Island (Thor e I Nuovi Vendicatori #78) orchestrata da Electro ma sobillata, si viene ora a sapere, dalla regina skrull sotto le mentite spoglie di Jessica Drew, alias la Donna Ragno. Quello fu l’escamotage usato dagli alieni come diversivo per infiltrarsi non solo nella comunità meta-umana, ma in ogni organo di potere, S.H.I.E.L.D. compreso, così come nella società civile. Il segnale dell’imminente invasione esplode quando Luke Cage e compagni (Thor e I Nuovi Vendicatori #109), dopo uno scontro con la Mano, assistono alla trasformazione del cadavere di Elektra, che rivela le sembianze di un alieno mutaforma. Fin da House of M si scopre che Hank Pym, Freccia Nera, e poi via via Susan Storm, Jarvis, Dum-Dum Dugan, diversi cadetti di Camp Hammond ed altri personaggi minori sono in realtà agenti extraterrestri agli ordini dell’impero, nascosti alla magia, alla tecnologia più sofisticata ed alla telepatia mutante, grazie ad un complesso processo di alterazione genetica e psichica. Se gli skrull non sono stati i diretti responsabili della pazzia di Scarlet e della Guerra Civile, hanno sicuramente approfittato di queste tragedie, influenzandone alcuni eventi.
L’impatto è devastante. Il sospetto e la sfiducia dilagano nella comunità meta-umana che va ancora una volta in pezzi.
Da questi presupposti parte il racconto di Secret Invasion #1. Nuovi e potenti Vendicatori vengono attratti con un sotterfugio nella Terra Selvaggia dove scoprono una nave skrull zeppa di eroi creduti morti e copie un po' retrò degli stessi Avengers accorsi. Lo S.H.I.E.L.D. cade in mano agli invasori e New York è sotto assedio.
Ma la reazione è impressionante, e sfocia in una lotta senza quartiere tra gli eroi della Terra, coadiuvati addirittura dai criminali di Hood, contro i loro alter ego alieni e le truppe d’assalto imperiali.
Bendis ci tiene incollati alla pagina dall’inizio alla fine, torturandoci col dubbio sulla vera natura di Tony Stark, deliziandoci con il ritorno di un personaggio irresistibile come Nick Fury, shoccandoci con l’ascesa ed il trionfo di Norman Osborn e dei suoi Thunderbolts, signori della nuova era che, a ragione, Ben Urich ha definito “Dark Reign”.  

Dopo un crossover psichedelico, emozionale, all’insegna della magia come "House of M", dopo la strage di Stamford e l’impegnata, epica, "Civil War", la Marvel propone un mega-evento di argomento decisamente più leggero, di taglio fantascientifico, coinvolgente e godibilissimo, in breve squisitamente comics.
Le pregevoli tavole di Yu rivelano il suo tratto inconfondibile, aspro, nervoso e sono capaci di spaziare da arrembanti battaglie campali a corpi di ammaliante sensualità come la protagonista Spider-Woman, alias regina Veranke.

Ethan Van Sciver, quest’anno a Lucca, ha invitato anche gli italiani a farsi avanti, lamentando la penuria di autori comics di talento per spiegare come mai le serie cruciali ed i mega-eventi Marvel o DC finiscano sempre nelle stesse mani: Bendis, Millar e Brubaker da una parte, Johns, Morrison dall’altra. Un’affermazione condivisibile su di una problematica a cui si spera nuove leve e giovani promesse possano dare una risposta; ma ciò che più importa al lettore oggi sono le ottime storie che i due colossi americani stanno producendo con buona continuità.
Senza paura di smentite o di proteste dei più nostalgici, si può affermare che non abbiamo mai goduto e letto tanta qualità nel fumetto supereroistico americano.

Tex Speciale 23 - Patagonia

Inutile girarci attorno, meglio essere diretti e schietti come questo personaggio: il Tex Speciale di quest’anno, "Patagonia", è un grande fumetto. Ci era stato preannunciato dall’assaggio di alcune tavole di Pasquale Frisenda, ne abbiamo avuto la conferma dopo averlo letto. Un’opera completa, squisita sia dal punto di vista grafico che letterario.  
L’abbiamo ripetuto più volte ma forse mai abbastanza: Mauro Boselli è uno straordinario autore, capace di spaziare dall’avventura, al western, all’horror, e se Bonelli ha potuto e può vantare un genio come Tiziano Sclavi ed un maestro come Alfredo Castelli, può essere orgogliosa di annoverare tra le sue eccellenze creative un inesauribile cantastorie così impegnato ed erudito.

"Patagonia" conduce lontano Aquila della Notte e suo figlio Kit, in Argentina, nella Pampa; così distante dalla sua Arizona e dai suoi Navajos, Boselli realizza una storia di Tex indimenticabile.
È un’occasione straordinaria per raccontarci una tragedia poco nota. Un olocausto seppellito nel silenzio e nell’indifferenza, soprattutto qui in Europa, parte di un genocidio di ancora più vaste proporzioni che ha investito tutte le popolazioni native dell’America, dai Grandi Laghi alla Terra del Fuoco.
Tex accetta la richiesta di aiuto ed un immane viaggio per essere al fianco di un vecchio amico, il maggiore Mendoza, incaricato dal governo di Buenos Aires di trovare i responsabili di massacri e devastazioni portati ad alcuni degli avamposti fortificati argentini ad opera delle tribù ribelli, capeggiate dal capo Calfucurà.  
La missione per Tex Willer è a fianco dell’esercito e a capo della squadriglia di intrepidi gauchos, per garantire giustizia ai coloni trucidati e per scongiurare la guerra con le popolazioni e le tribù di indios locali.

Boselli regala avventura, emozioni e colpi di scena, espressioni di coraggio e nobiltà d’animo uniche così come la meschinità e l’infamia dell’odio razziale di alcuni personaggi. Una ragione di stato ed una militare che ancora una volta saranno coniugate da Tex nella sua ottica molto personale, che riuscirà ancora una volta a non deludere nessuno. Come solo lui può fare.
Le tavole di Frisenda sono complesse, sontuose, e per 240 pagine riescono ad essere rigogliose di particolari e traboccanti di energia e plasticità.

Un fumetto come Tex giova allo spirito e questo speciale a maggior ragione; ci si ritrova di fronte a quei piccoli e grandi principi, a quei  valori irrinunciabili che seppelliamo troppo spesso con compromessi, o annacquiamo nell'espediente quotidiano.
A simbolo assoluto di giustizia e libertà i comics hanno eretto alieni da Krypton o supersoldati, noi italiani un uomo comune, anche se impareggiabile combattente, dallo spirito luminoso e sconfinato come le praterie che cavalca.
Sottoscrivi questo feed RSS