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Quando venne annunciato dalla Avatar Press, Providence fu etichettato dalla stessa casa editrice come il "Watchmen horror" di Alan Moore. Una dichiarazione forte considerando il valore del capolavoro di Moore e la sua importanza storica. D'altronde, e il ragionamento vale non solo per gli scrittori ma anche per musicisti, registi, etc., quando una o più delle proprie opere raggiunge un riconoscimento così ampio, è difficile poi mantenere alto il livello qualitativo nel tempo. I fattori, spesso, sono determinati da un effettivo calo di qualità, dovuto magari a scarsa ispirazione, o al non essere più al passo coi tempi, o appunto alle alte aspettative. Quante volte siete rimasti delusi dai nuovi dischi di vecchie e gloriose rock-band, ad esempio? Ecco, questo è il punto. Non sempre quello degli artisti è un percorso semplice e sono pochi coloro che riescono a mantenere un livello alto o dignitoso fino alla fine.

Il percorso che porta Moore a scrivere Providence è articolato. Innanzitutto, legato ad aspetti economici, ma siamo qui maggiormente interessati al puro aspetto creativo. Qualche anno fa, Antony Johnston realizza una versione a fumetti de Il Cortile, vecchio racconto di Moore facente parte di un'antologia perduta in gran parte e ispirata a Fungi from Yuggoth, un noto ciclo di sonetti scritto da Howard Phillips Lovecraft. L'opera, interessante e valida (che trovate in entrambe le versioni italiane di Neonomicon), ispira Moore che prosegue in prima persona le vicende narrate dando vita a una miniserie in 4 parti, chiamata appunto Neonomicon, edita dall'Avatar Press e disegnata, come il precedente racconto, da Jacen Burrows. L'opera, che ottiene un buon riscontro di pubblico e critica, spinge Moore a proseguire il discorso dando vita appunto a Providence, serie in 12 parti di cui il volume Panini Comics raccoglie i primi 4 albi.

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Gli eventi qui narrati precedono di vari decenni quelli di Neonomicon (in cui vengono citati più volte i protagonisti di Providence). Siamo nell'America del primo dopoguerra, Robert Black è un giornalista omosessuale ed ebreo che, dopo il suicidio di una persona a lui cara, lascia il suo incarico per andare alla ricerca (per una sua forte suggestione) di una trascrizione di un antico testo alchemico di origine araba risalente all'ottavo secolo dopo Cristo. In realtà il tutto è solo un pretesto per un viaggio nella faccia nascosta della società, ovvero quel mondo sotterraneo celato a tutti in cui si annidano i più cupi segreti e le più primitive pulsioni. Ma laddove la deviazione, la perversione e il razzismo affiorano in Lovecraft, in Moore sono esplicitati e mostrati nella loro crudezza.

Quello che interessa maggiormente ad Alan Moore è creare un'opera che analizzi, riassetti, rielabori ed espliciti il mondo di Lovecraft. Lo sceneggiatore prende a piene mani dall'opera di Lovecraft e dalla sua vita, fonde gli elementi e li porta nel nostro mondo reale, mescola e fa propri personaggi e tematiche dello scrittore in un continuo gioco di rimandi. Ogni capitolo riporta a uno specifico racconto di Lovecraft, ogni personaggio trova il suo corrispettivo nel fumetto. È naturale, dunque, sottolineare come nonostante Providence sia assolutamente apprezzabile da solo, senza una conoscenza più o meno approfondita delle opere di Lovecraft si perda tutto lo sforzo letterario, sottolineiamo sopraffino, fatto da Moore. Sfumature, dettagli, reinterpretazioni che tolgono all'opera molto senza un'adeguata conoscenza del materiale originario.

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Dal punto di vista narrativo, la costruzione della vicenda di Moore è molto introspettiva e procede lenta. Lo scrittore inglese pone grande attenzione a tratteggiare i profili dei protagonisti e cura minuziosamente i dialoghi e il contesto in cui le azioni dei personaggi si svolgono. Lo sceneggiatore, inoltre, ricorre all'utilizzo di intere pagine di prosa (espediente già utilizzato in opere come Watchmen o La Lega degli Straordinari Gentlmen) alla fine di ogni capitolo a fumetti. Possiamo, dunque, leggere fra un albo e l'altro alcuni estratti dallo zibaldone di Robert Blanck, oppure documenti di cui viene in possesso il protagonista. Le pagine dallo zibaldone approfondiscono tendenzialmente le vicende che il protagonista vive scritte in prima persona, tuttavia questo espediente appare un po' superfluo in quanto non aggiunge molto a ciò che possiamo leggere dalle tavole a fumetti. Più interessanti sono le note di avvenimenti che non vediamo nel fumetto vero e proprio e gli allegati esterni (opuscoli e scritti) che vengono inseriti.

Lo stile delle tavole resta invariato per tutta la durata del racconto (e qui possiamo far riferimento alla soluzione analoga, ma diversa nella composizione, dello schema fisso delle tavole di Watchmen): 4 vignette orizzontali che solo raramente variano, come nella scena della fuga da Lilith nel sotterraneo nell'albo 2, in cui da orizzontali diventano verticali per aumentare il ritmo all'azione, o come per le occasionali splash page.

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Burrows è molto ordinato nella costruzione grafica della vicenda e, come per Dave Gibbons, è ancorato ai fissi schemi impostigli da Moore. Ma il suo lavoro non è semplicemente funzionale ma minuzioso e artisticamente degno di nota in quanto riesce a conferire un'ottima caratterizzazione dei personaggi e a riportare su carta, e in maniera maniacale, la scenografia storica del periodo traducendo alla perfezione tutto il mondo descritto da Moore/Lovecraft.

Per quanto riguarda l'edizione Panini, nulla da eccepire. Davvero ottima la confezione del volume nella linea 100% HD, con la copertina cartonata morbida, una notevole qualità di stampa e tavole nel formato originale (rispetto a quello propostoci da Bao Publishing con il volume di Neonomicon, ristampato da Panini), a cui si aggiungono la sempre impeccabile traduzione di Leonardo Rizzi e l'apparato critico curato da Antonio Solinas.

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Tornando, dunque, al discorso fatto in apertura, è ancora presto per fare un paragone fra Watchmen e Providence, ma francamente poco ci importa stabilire se la nuova opera possa avvicinarsi o meno al capolavoro dello sceneggiatore inglese. Quello che ci interessa sottolineare è che se punti di contatto ci sono, questi vanno ricercati nella scrupolosità della ricerca e della narrazione e nella distruzione/costruzione di un mondo. Providence è un'opera monumentale, un'operazione narrativa che difficilmente vediamo fare a un autore di fumetti, ed è che questo che rende ancora oggi interessante Alan Moore: non si tratta del lavoro di una vecchia gloria, ma di un'opera viva di chi ha ancora molto da dire.

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Alan Moore contro il mondo dell'editoria: "è un disastro"

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Alan Moore non è certo un personaggio banale e, in tutte le sue uscite, conferma di avere sempre qualcosa di originale da comunicare.
In un video del 2011 registrato presso la St James Library, nella sua Northampton, in occasione del "Save our library day", un Moore molto sobrio e poco eccentrico interviene per sostenere la protesta contro la chiusura delle librerie locali.

Durante l'intervento, rivolgendosi ai giovani scrittori, l'autore di Watchmen, From Hell, The Killing Joke ecc.,  dispensa consigli e avvertimenti.
Scrivere ogni giorno, fare autocritica, non pensare al denaro durante il lavoro creativo.
Quindi entra duro sul mondo della grande editoria, sostenendo che molti autori "famosi e ben noti" non hanno nulla a che vedere con la scrittura. E gettando ombre su lavori molto popolari come quelli di Dan Brown.
È un disastro, "un pasticcio" dice perentorio riguardo l'industria editoriale. "Conosco autori brillanti che non riescono a farsi pubblicare" e ne individua la causa nella paura delle case editrici di rischiare sulla narrativa.
Pertanto il suo consiglio è "auto-pubblicatevi. Non fate affidamento su altre persone".

Quanto si tratti di autentica coscienza sociale e quanto, invece, queste dichiarazioni siano da inquadrare nel contesto della polemica che sarebbe divampata di lì a poco nei confronti della DC Comics per i diritti di Watchmen e la pubblicazione di Before Watchmen non possiamo saperlo.

Per quanto nelle ultime uscite stia ora prevalendo la vena eccentrica su quella sobria, Moore si conferma, comunque, unica voce di dissenso, tra gli artisti affermati e di successo, nei confronti dello status quo nel mondo dell'editoria americana.

(Via IO9.com)

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Alan Moore parla di Electricomics e rivela che è al lavoro su un film

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Vi abbiamo parlato in una precedente news di Electricomics, dell'applicazione ideata da Alan Moore che consente una fruizioni dei comics in digitale completamente gratuita e open source.

il sito Wired ha avuto modo di intervistare Moore su questa sua nuova esperienza, partendo proprio dal capire da dove l'autore abbia tratto l'idea per creare Electricomics. "In origine era un'idea incorporata in un'altra più grande e folle. Inizialmente stavo preparando un progetto cinematografico sul quale sto ancora lavorando, che abbattesse l'odierna corrente che vuole la creazione di una pellicola non solo per le sale ma anche per una distribuzione su più piattaforme, cosa che detesto". Continua Moore approfondendo il concetto, "Ho pensato 'piuttosto che vendere un gioco basato sul progetto, sarebbe più interessante creare un videogame con il quale giocano i personaggi nel film'. L'idea, dunque, era creare qualcosa all'interno del mondo immaginario e vedere se potesse essere importato nel nostro mondo non immaginario. Partendo da questo principio di esportare idee da mondi finti abbiamo immaginato una scena in cui un personaggio che attraverso il parcheggio di un ospedale vede un gruppo di ragazzi che legge un fumetto su un device immaginario chiamato Spindle. [Era] una forma di strip che in maniera evidente utilizzi il nuovo effetto e le caratteristiche che i fumetti in digitale hanno apportato al media".

Lo scopo di questo format "è mostrare le possibilità che questo nuovo media, oltre l'idea ovvia di prendere un fumetto ed aggiungergli campane e fiocchetti. Una delle prime cose che potrebbero essere realizzate con questa nuova tecnologia è quella di aggiungere effetti luminosi a fumetti che probabilmente sarebbe migliori senza. Non sono sicuro se quello che stiamo facendo siano o meno fumetti. Forse ci vorrà un anno o due per poter esprimere un giudizio perché sono davvero interessato ma non sono sicuro se si tratti di un sotto genere di comics o qualcosa di completamente nuovo".

Attualmente disponibile sull'applicazione troviamo Big Nemo scritto dallo stesso Moore per le matite di Colleen Doran e basato sul classico di McCay Little Nemo. "Big Nemo è il titolo della prima strip cui ho pensato quando ho iniziato ad immaginare questa nuova tecnologia. È ambientata negli anni '30, e senza anticipare nulla, il titolo dice tutto. Little Nemo non è più piccolo e non siamo più nel 1920. L'America tra questi due decenni con la Grande Depressione. Cosa potrebbe essere successi ad un ragazzo della middle class negli anni '30?".

Gli script di Moore sono notoriamente ricchi di dettagli e particolari. Scopriamo se il modus operandi dell'autore è cambiato per adeguarsi a questo nuovo format. "È cambiato molto in questi ultimi anni. C'è stato un periodo in cui avevo molto lavoro da fare e arrivavo a scrivere anche tre pagine di script per una singola tavola. A quel punto ho iniziato a guardare al lavoro di autori giovani come Garth Ennis. Ricordo che in una delle sue lettere, Garth citava un verso di una sceneggiatura che aveva scritto. Era solo una frase e ho pensato che fosse una bella parte di una descrizione di una tavola, ma poi ho capito che era si trattava dello script della pagina intera, un solo rigo. Per quanto mi sforzassi di catalogarlo come il segno della pigrizia di una generazione più giovane, era funzionale con tutte le informazioni necessarie presenti. Sono partito da questo per confrontarlo con i miei script. Mi portano ancora via molto tempo nel realizzarli, ma adesso sono meno lunghi. Non posso ancora dire se Electricomics ha cambiato il mio modo di scrivere fumetti, non la vedo così, perché come ho detto prima non sono ancora sicuro se questo conti come fumetti".

Conclude Moore: "Questa tecnologia è nuova. Ci offre la possibilità di compiere alcuni errori orrendi così come alcuni successi importanti. Ci vorrà del tempo affinché questo strumento possa evolversi, probabilmente non tanto visto il ritmo con il quale si sta evolvendo il mondo oggi giorno, ma potrebbe servire anche un decennio. Non abbiamo modelli cui ispirarci visto che nulla di simile è stato realizzato prima. Abbiamo bisogno di una nuova estetica maggiormente appropriata a queste nuove possibilità. Questa è la sfida principale ed in questa direzione stiamo muovendo i primi incerti passi".

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Disponibile Electricomics, l'app di fumetti creata da Alan Moore

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Vi abbiamo già parlato in una precedente news del progetto sul quale stava lavorando Alan Moore, ovvero un'applicazione che permettesse la fruizioni dei comics in digitale completamente gratuita e open source.

Questo progetto è diventato realtà e l'app è già disponibile sui dispositivi iOS. Come rivelato sul proprio blog dalla figlia di Moore, Leah, in un post, sarà possibile leggere quattro storie a fumetti: Big Nemo, di Alan Moore e Colleen Doran; Red Horse, di Garth Ennis e digitalmente colorata da Frank Victoria; Sway, di Leah Moore e John Reppion disegnata da Nicola Scott; Cabaret Amygdala Presents: Second Sight, di Peter Hogan e Paul Davidson.

Inoltre, Electricomics offrirà la possibilità di utilizzare un creator tool, in modo che il fruitore possa partecipare alla fase di realizzazione del fumetto stesso, ed avere un controllo di ciò che sta leggendo.

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