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Dylan Dog 362: Dopo un lungo silenzio

 

 


Essere Tiziano Sclavi e scrivere una nuova storia di Dylan Dog è come essere i Pink Floyd e lavorare a un nuovo album. Rischi di restare schiacciato dal peso del tuo stesso nome dovendo confrontarti con un passato ingombrante e con la consapevolezza che difficilmente il nuovo lavoro avrà un’incidenza come quelli realizzati precedentemente. Tiziano Sclavi e Dylan Dog, un binomio simbiotico tanto perfetto e riuscito da diventare icona di una generazione, oltre che una pagina indimenticabile del fumetto. Tornare ora, dopo un lungo silenzio, dopo anni passati lontani dai riflettori è una scelta ammirevole, ma rischiosa. E a noi gli impavidi piacciono.

 

Il bianco della cover, del frontespizio e dell’editoriale, oltre che evocative e simboliche per la storia narrata, sembrano dire: Sclavi è di nuovo fra noi, non serve aggiungere altro. È così in effetti. Ti accorgi, pagina dopo pagina, di un’intensità che ad essere onesti non ti aspettavi. Non per sfiducia, sia chiaro, ma proprio per il discorso accennato sopra, le aspettative erano state messe da parte, bisognava che fossimo soli con l’albo in mano e la mente sgombra, nient’altro. Ma la scrittura di Scalvi ti sconvolge nella sua purezza più totale e tocca le giuste corde nella maniera più onesta e sentita. Ti disperi, ti commuovi e ridi a una battuta sciocca (“Ragazzo mio! È veramente PERO rivederla, come dite voi giovani.” “Ehm… forse “FICO”?”).

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Il lungo silenzio è quello che sentiamo quando sprofondiamo negli abissi delle nostre debolezze, quando ci arrendiamo alla paura, alla nostre dipendenze, quando siamo soli. Non esistono mostri, ci dice Sclavi, li creiamo noi. E solo noi possiamo salvarci, noi e magari chi ci sta accanto. La società offre i mezzi per la perdizione e per la salvezza, siamo noi a doverli cogliere nella consapevolezza che vivere “sani” e nel giusto è un impegno duro da portare avanti. Sclavi narra tutto questo trascinando Dylan nell’abisso dell’alcolismo, e con lui viviamo un senso di angoscia molto forte. Siamo lì, con un Groucho tanto umano da commuoverti, a vivere questo dramma. Una storia intimista, personale e potente, in cui l’autore “maltratta” la sua creatura, lo riporta nel tunnel dell’alcolismo, ma è in fondo un atto d’amore perché è sentita, necessaria potremmo dire.

 

Un ritorno che diventa reunion perché al fianco di Sclavi ritroviamo Giampiero Casertano che, conscio dell’importanza dell’evento, sforna una prova memorabile e altrettanto sentita, grazie a tavole potenti e drammatiche. Il suo Dylan è un classico che non stanca mai, la sua matita delinea nel volto del personaggio tutta l’angoscia che la storia vuole trasmettere. Le tavole, nonostante i tanti dettagli, sono ariose e ci sono un alto numero di primi piani, proprio per permettere di guardare negli occhi i personaggi e leggere la loro anima attraverso di loro.

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Dopo un lungo silenzio Sclavi è dunque tornato e lo fa con una storia che non ha la pretesa di inserirsi nel pantheon della serie, ma che è onesta e ottima e che è al tempo stesso contiene tutta la poetica del suo autore. Non potevamo chiedere di meglio.

Dati del volume

  • Editore: Sergio Bonelli Editore
  • Autori: Testi di Tiziano Sclavi, disegni di Giampiero Casertano
  • Formato: brossurato, 17x26 cm, 98 pp, b/n
  • Prezzo: 3,20€
  • Voto della redazione: 8
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