Intervista a Hope Larson: viaggio a fumetti tra memoria, arte e adolescenza... e anni '90
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In occasione del suo arrivo in Italia, abbiamo incontrato Hope Larson a Pomigliano d’Arco (NA), ospite del FLIP – Festival di Letteratura Indipendente, durante un incontro alla presenza di tanti ragazzi e ragazze. Illustratrice, fumettista e sceneggiatrice, Larson è una delle voci più originali del fumetto contemporaneo statunitense, oltre che vincitrice di due Eisner Awards e New York Times bestseller. L'artista ha esordito giovanissima nel mondo del graphic novel pubblicando opere di successo come La mia lunga estate e Vento del sud (Editrice Il Castoro), oltre che a Magia di sale, realizzata insieme alla disegnatrice Rebecca Mock per Tunué.
Nel corso della sua carriera ha collaborato anche con grandi realtà editoriali come DC Comics, firmando una run di Batgirl, e ha saputo costruire un linguaggio tutto suo, dove scrittura e disegno si intrecciano per raccontare in modo profondo e autentico l’adolescenza, l’identità e il cambiamento.
Prima del suo incontro al FLIP abbiamo incontrato Larson che ci ha parlato del suo ultimo libro Fa’ come vuoi (Tunué), un’opera personale e intensa ambientata negli anni ’90, dove sperimentazione grafica, prosa e illustrazione si fondono in un diario visivo che esplora la memoria, il desiderio di esprimersi e la forza dell’arte come strumento di crescita.
Si ringrazia la traduttrice del libro Martina Fermato per la collaborazione.
Ciao, Hope. Benvenuta in Italia. Quali sono le tue impressioni sul nostro Paese?
È la prima volta che vengo in Italia, ho vissuto un anno in Francia in passato. È tutto molto diverso dall'America, è tutto molto "vecchio" nel senso che lì l'architettura antica non esiste, è un Paese molto più giovane. Inoltre l'ho trovata molto più pedonale rispetto all'America. Una cosa strana che ho notato è che per esempio in America nessuno più fuma, mentre qui vedo molto gente fumare ed è molto strano per me.
Conosci qualche fumettista italiano o hai mai letto fumetti italiani?
No, purtroppo no. Ma mi piacerebbe molto avere dei consigli a riguardo.
Parliamo di Fa' come vuoi, il tuo ultimo lavoro arrivato in Italia per Tunué. Come nasce l'idea per quest'opera? La protagonista Christine scrive un diario, elemento portante della narrazione. Ti sei ispirata a un diario che avvi da ragazza o l'ispirazione è arrivata altrove?
No, in realtà da giovane, né in qualsiasi altro momento, ho mai avuto un diario. Invece ho sempre avuto degli sketchbook. L'idea per il libro mi è venuta quando sono tornata nel quartiere in cui vivevo da una ragazzina, che è lo stesso in cui si trova Christine nel libro. Ho girato, camminato un po' in giro e ho lasciato che i luoghi mi suggerissero una storia.
La scelta per questo formato proviene dal fatto che lavoro professionalmente nel fumetto da 20 anni, e venivo da una sequenza di tre graphic novel consecutivi, quindi avevo bisogno di una pausa e di provare a fare qualcosa di diverso, di sperimentare, così come fa Christine nel suo diario.
Nel farlo, nello sperimentare e quindi utilizzare prevalentemente una scrittura in prosa (alternandola a illustrazioni e tavole a fumetti), è stato per te immediato o hai incontrato delle difficoltà? Quanto ti sei sentita a tuo agio nel farlo?
Sì, è stato molto complesso per me e non tanto per il fatto di utilizzare la prosa per la prima volta, ma per il fatto che fosse integrata, che dovesse interagire col disegno. Questa cosa ha creato non poche difficoltà. Sembrava di perdermi in tutte quelle parole perché ce n'erano molte di più di quelle che ero abituata a usare. Fortunatamente ho avuto un editor davvero meraviglioso che mi ha aiutata moltissimo a tagliare tutto ciò che andava tolto e così siamo riusciti a realizzare la storia che volevo raccontare.
Per quanto riguarda invece le tecniche grafico-artistiche utilizzate, hai alternato stili molto diversi fra loro. Questo ha rappresentato un maggior stimolo creativo per te? Magari hai preso ispirazione proprio da quei sketchbook personali di cui mi accennavi prima?
Entrambe le cose. Volevo ispirarmi e sperimentare con questi stili, che probabilmente non avrei mai usato per un intero graphic novel. Sì, è stato molto stimolante e in realtà è proprio quello che volevo fare, cioè sperimentare e utilizzare tutti questi stili diversi che mi permettevano di fare un po' di tutto senza dovermi impegnare a farlo per 200 pagine. Questo è anche il primo libro che ho realizzato in digitale, l'ho scritto su un iPad. Stavo sperimentando con le possibilità di lavorare digitalmente perché finora avevo lavorato solo su carta e ho potuto provare le infinite opzioni offerte dal digitale che chiaramente la carta non ti dà.
La storia è ambientata negli anni '90. Oltre a darti la possibilità di attingere dai tuoi ricordi personali, quanto è centrale il periodo storico scelto per l'identità del racconto?
È chiaramente una storia che ho scritto anche per me stessa, in quanto ero un’adolescente negli anni '90 e volevo intenzionalmente essere nostalgica, mi sono presa questo spazio per essere nostalgica. Tuttavia, uno dei motivi principali per cui ho scelto di ambientare la storia in questo periodo è perché volevo che non ci fossero gli smartphone e quindi i messaggi, le interazioni continue, che ci fosse dunque spazio fra le interazioni, ci fosse la possibilità di sviluppare dei fraintendimenti o delle complicazioni che con la comunicazione immediata dei nostri giorni non esistono più.
Nelle tue opere, l'arte ha sempre un ruolo centrale per l'affermazione dei tuoi protagonisti, che sia una forma d'arte collaborativa come la musica o più profondamente personale e riservata come il disegno, come appunto accade in Fa' come vuoi. Credi davvero che l'arte abbia un potere salvifico per le persone?
Sì, lo penso davvero, sinceramente. Io sono un'artista e di solito non mi sento a mio agio quando non sto creando, quando non sto facendo arte in qualche modo. Le persone parlano spesso di arte come qualcosa di terapeutico, come se si potesse sostituire alla terapia. Questa cosa mi dà molto fastidio, perché l'arte non si sostituisce alla terapia ma è un impulso umano e, sinceramente, non so dove sarei se non avessi questo nella mia vita. È un qualcosa che abbiamo dentro tutti noi e che ci permette davvero di andare dove altrimenti non sarebbe possibile.
Sono circa 20 anni che realizzi fumetti. Come pensi che il tuo approccio e la tua visione dell'arte siano cambiati da allora? Pensi di essere cambiata come artista? Cambieresti qualcosa dei tuoi primi lavori?
Ci sono alcuni libri che vorrei non aver scritto, ma allo stesso tempo non so se cambierei qualcosa tornando indietro perché tutte le cose che ho fatto, tutti gli sbagli che ho commesso, sono serviti a essere l'artista che sono oggi e ad aver lavorato su questi libri che invece amo e di cui sono orgogliosa.
Lavori sia da sola che in coppia con altre artiste, come Rebecca Mock e Brittney Williams. Inoltre, hai lavorato per un'azienda come la DC Comics su una run di Batgirl, quindi su un personaggio non tuo e inserito in un grosso universo narrativo. Preferisci avere totale libertà o ti stimola lavorare con altri artisti o per un personaggio e un'azienda per cui devi seguire determinate regole?
Tutti questi modi di lavorare hanno i loro pro e i loro contro. È una domanda difficile a cui rispondere. Penso che mi piaccia di più lavorare come autrice unica dove mi occupo sia della scrittura che dei disegni, ma lavorare con Rebecca Mock su Magia di sale e gli altri libri, lavorare insieme a questa artista virtuosissima, mi ha dato l'impressione di come sei lei attingesse a piene mani dal mio cervello tirando fuori quello che stavo immaginando, rendendo il libro graficamente migliore di quanto avrei mai potuto fare da sola.
Riguardo la DC, hai ragione, era davvero limitata perché lavoravo in un sistema aziendale e quindi avevo tanti paletti. Ma d'altro canto il personaggio di Batgirl ha decenni di storia alle spalle, con molti autori che hanno lavorato su di lei, ed è stato davvero divertente scriverlo perché era come mettere le mani in cesta di giocattoli e tirare fuori quello che volevo per scrivere il personaggio come volevo io.
Hai lavorato sia per il pubblico middle grade che per quello YA. Hai mai pensato di scrivere qualcosa per un target più maturo?
Ho provato a lavorare a qualcosa per un pubblico più adulto, però mi rendo conto che in America non c'è tanto mercato per le cose che vorrei scrivere, quindi mi ritroverei alquanto isolata. Ma, a parte questo, io genuinamente preferisco scrivere per i più giovani che sono molto più empatici, quindi lo preferisco.
Un'ultima domanda riguarda il tuo futuro, cosa ci aspetta a noi lettori? Su cosa stai lavorando?
Cosa c'è nel mio futuro? Beh, sto sempre scrivendo e disegnando fumetti! Ho pubblicato un nuovo libro negli Stati Uniti all'inizio di quest'anno intitolato Very Bad at Math che parla di una ragazza delle medie molto scarsa in matematica e ora sto lavorando a un seguito sullo stesso personaggio.
Nella gallery in basso trovate un po' di immagini della mostra allestatita dal Flip.