La recensione di Monolith, il primo film Bonelli
- Scritto da Gennaro Costanzo
- Pubblicato in Screen
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Monolith catalizza l’interesse attorno a sé per essere il primo film (co)prodotto da Sergio Bonelli Editore (con Sky Cinema e Lock & Valentine) e che, dunque, dà il via a una nuova fase di questa storica realtà italiana. Cosa ci riserverà il futuro, considerando anche il rientro a casa dei diritti di personaggi quali Dylan Dog e Nathan Never è da vedere, al momento possiamo concentrarci su questa pellicola, di cui esiste anche una versione a fumetti di cui vi abbiamo parlato qui (e che si differenzia nello svolgimento da quella cinematografica).
Il soggetto, scritto da Roberto Recchioni, è tanto semplice da poter essere riassunto in una manciata di parole e ha come suo fulcro il rapporto uomo-tecnologia declinato alla sicurezza: ovvero, un’auto progettata per proteggere chi è al suo interno al tal punto da diventare una pericolosa trappola. Un soggetto che sarebbe stato oro colato per un episodio di Black Mirror, la nota serie Netflix.
Sandra, ex pop star, ha dovuto accantonare la sua carriera e la sua giovinezza troppo in fretta, intrappolata in una vita che sembra non soddisfarla, un figlio da accudire e un matrimonio destinato al fallimento. È proprio per un sospetto tradimento che la protagonista si dirige a Los Angeles con il suo bambino nella Monolith, auto futuristica ultra-sicura e completamente computerizzata che si avvale di un’interfaccia di nome Lilith. Imboccata una strada nel mezzo del deserto, Sandra si troverà fuori dalla sua inaccessibile auto dopo aver investito un cervo. In mezzo al nulla, con il figlio intrappolato all’interno, fra l’oscurità della notte e le temperature desertiche del giorno, la ragazza vivrà un incubo per cercare di salvare la vita del proprio bambino.
Il regista Ivan Silvestrini e il team di autori, fra cui Mauro Uzzeo al lavoro anche sul fumetto, spogliano la storia di ogni elemento accessorio per arrivare subito al dunque e concentrarsi sulla protagonista, Sandra, una donna tratteggiata in maniera molto umana. Sono le sue scelte, spesso dettate dalla frustrazione, a portarla in questa situazione: non è una madre e una donna perfetta, e le sue debolezze vengono ben sottolineate. La sua è una lotta, dunque, non solo contro il tempo e le avversità del deserto, ma anche per rimediare ai propri errori e riappropriarsi della propria vita. Per farlo, dovrà contare unicamente sulle proprie forze, non ci sarà nessun deus ex-machina esterno pronto a risolvere una situazione che diventerà sempre più drammatica col passare dei minuti.
Una madre che lotta per salvare suo figlio e una donna che lotta per dominare una tecnologica che le si è rivolta contro. Da questo punto di vista, Monolith rappresenta l’antagonista del film, un’auto tanto futuristica e asettica nell’aspetto da sembrare irreale e fuori luogo, un corpo estraneo, forse a monito di quello che la tecnologica può diventare.
La trasposizione cinematografica riesce a sostenere meglio l’esile trama del soggetto rispetto a quanto possa fare il fumetto, e il film mantiene un ottimo ritmo per tutta la sua durata, saggiamente non eccessiva. La sceneggiatura è solida e il regista riesce bene a cogliere gli elementi portanti del soggetto e a conferirgli credibilità. Il fulcro di tutto è rappresentato dal personaggio di Sandra, interpretata da Katrina Bowden, la cui convincente interpretazione riesce a reggere tutto l’impianto del film, considerando che la vediamo praticamente sempre sullo schermo dall’inizio alla fine e, per la maggior parte del tempo, completamente sola.
La tensione che Monolith emana è palpabile e il film assolutamente gradevole. Tutto sembra funzionare bene, tuttavia la pellicola scorre senza incidere più di tanto e alla fine della visione non rimane molto allo spettatore. Manca qualche elemento, una qualche intuizione, che possa farle fare il salto di qualità.
Il film sarà nella sale dal 12 agosto.