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K.O. a Tel Aviv

Asaf Hanuka è un blogger israeliano che vive a Tel Aviv, ma ciò che più è rilevante: è un ottimo osservatore della realtà, un testimone estremamente realista del nostro tempo che esiste all’interno del suo stesso universo narrativo. Ah, è anche un eccellente illustratore. E in KO a Tel Aviv, volume pubblicato da Bao Publishing che raccoglie tavole autoconclusive e illustrazioni pubblicate dall’autore sul suo blog seguitissimo, possiamo bearci della sua incredibile bravura artistica e della bizzarria psichedelica più sfrenata che contraddistingue la sua produzione.
Per noi Italiani il volume potrà ricordare come struttura i graphic-diary di Zerocalcare, pagine episodiche spesso scollegate tra loro che enucleano un determinato concetto, una vicenda o un pensiero dell’autore, ma a differenza del fumettista italiano qui troviamo anche delle pagine con un’unica illustrazione.

Quello che rende indimenticabili e mirabili le composizioni artistiche di Hanuka infatti è la correlazione disturbante e apparentemente insignificante tra la concretezza, la quotidianità della scena rappresentata, e elementi fantastici, distorcenti e anomali. La base da cui parte è la sua vita, che poi per certi aspetti non è diversa dalla vita di chiunque di noi – per questo ci viene facile immedesimarci in essa e comprenderne appieno l’essenza - e gioca con il materiale a disposizione, prendendo spunto dall’attualità, da ciò che ci circonda, dalle domande che noi tutti ci poniamo, ma a cui l’autore non cerca minimamente di dare risposta; non si fa portatore di dogmatiche quanto inutili verità, ma è in grado di farci visualizzare ciò che pensiamo, di mettere su carta ciò che ci spaventa, ciò che ci tormenta, ciò che amiamo, perché anche per lui vale la stessa cosa.

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E quindi il rapporto turbolento con la moglie e il figlio, l’insoddisfazione sul lavoro, la precarietà economica, sociale, spirituale ed esistenziale, la globalizzazione, il consumismo, la (im)moralità, l’apatia, la disillusione, il senso di sconforto, la totale perdita di valori etici e morali, la contraddittorietà delle persone, il pessimismo, la perdita di identità sociale e umana sono solo alcuni dei temi sollevati nelle tavole. Il tutto condito con una sana dose di ironia e leggerezza che impediscono al lettore di sprofondare nella depressione.

E li vediamo per esempio nella serie di vignette “Le cose della vita” in cui Asaf cerca di proteggere il figlio dalla violenza che impera nel mondo e che viene sempre più alimentata dai media, finendo però poi con l’esercitarla lui stesso inconsciamente; in “I Fantastici 4” o in “Superstar” vediamo solo due esempi di tavole in cui l’autore si rappresenta come un supereroe o come una celebrità, definendosi tramite una non-identità, tramite un contrasto netto e evidente tra ciò che sarebbe meglio che fosse e ciò che invece è, mostrando appieno la pochezza della sua realtà. Ma vi sono altre storie che mettono in luce la finzione esistenziale che siamo sempre più portati a sperimentare e che spesso rischiamo di sovrapporre alle nostre vite. Non siamo in una serie TV per cui è noto il destino dei personaggi anche solo dal rinnovo del franchise dal network che lo produce o dalla conferma della presenza degli attori in una futura stagione (“Continua…”) ; non siamo neanche i personaggi di un racconto illustrato, animati unicamente da esigenze narrative e dalla mano dell’artista, vedasi “La Realtà”.

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Ricordiamo inoltre che l’autore è Israeliano di Tel Aviv e vive il conflitto perpetuo con la Palestina o con l’Iran e gli altri paesi circostanti che non vedono di buon occhio la presenza di questo staterello. Molti autori provenienti da quelle zone del mondo ne hanno parlato a lungo in libri o anche con ottimi graphic novel ma per Hanuka è diverso. Non si identifica granché con il suo popolo, non crede in Dio, non è ortodosso né tanto meno un convinto sostenitore dello Stato di Israele; vuole unicamente vivere la sua vita cercando di superare gli ostacoli che gli si pongono davanti ogni giorno. Eppure traspare questo conflitto come traspare l’attualità tutta, anche quella di cronaca. Vediamo degli stralci di immagini che ci rimandano a questi tristi eventi anche se quasi mai emergono in superficie, staccandosi dallo sfondo. Si tratta di una routine di background per l’autore, probabilmente anche meno importante di problematiche più contingenti come il pagare l’affitto e litigare con la moglie o cercare di farsi notare e amare dal figlio.

Parlando un po’ dello stile, il vero tratto caratteristico dell’opera, potremmo considerarlo a metà tra la Lowbrow Art, il Surrealismo Pop, e la fashionable paranoia di Shintaro Kago. Un’arte postmoderna a tutti gli effetti che usa geometrie folli, distorsioni visive e una liquidità di tratto senza precedenti, in grado di accostare il realismo narrativo e visivo a completi deliri surreali e psichedelici. L’interconnessione tra le vignette, le scelte tipografiche, narrative, illustrative e composizionali, cromatiche e strutturali dell’intero volume sono di gran lunga tra le più innovative e sconvolgenti che si possano trovare ad ora nella letteratura della Nona Arte.

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In parole povere questo K.O. a Tel Aviv è un opuscolo della realtà, una sorta di catalogo di casistiche concrete di scene di vita quotidiana, amalgamate alla perfezione con un potenza visiva disarmante. Al lettore il compito di trarne i dovuti insegnamenti, e di comprendere soprattutto che quando la vita ci sembra troppo dura e gli ostacoli insormontabili, si può sempre sorridere colorando la propria esistenza anche con un tocco di pura follia.

Dati del volume

  • Editore: Bao Publishing
  • Autori: Testi e disegni di Asaf Hanuka
  • Formato: 17 x 24 cm, brossurato, 96 pp, col
  • Prezzo: 14€
  • Voto della redazione: 8
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