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L’Orgoglio di Baghdad

L’Orgoglio di Baghdad (Planeta DeAgostini, cartonato, 168 pagine a colori, € 14,95) testi di Brian K. Vaughan, disegni di Niko Henrichon

L’Orgoglio di Baghdad Durante i recenti bombardamenti su Baghdad, quattro leoni evadono dallo zoo in cui erano stati rinchiusi. È così che inizia un’autentica lotta per la sopravvivenza, combattuta per le strade di una giungla ben più selvaggia di quella presente in natura: una città sotto assedio, messa a ferro e a fuoco per ragioni che gli animali protagonisti non riescono a comprendere. E forse nemmeno gli umani.

Ma la guerra non è che un pretesto per affrontare temi ben più ampi. I leoni non sono altro che degli attori inconsapevoli all’interno di una grande metafora che elude le aspettative. Le fondamenta su cui Brian K. Vaughan ha costruito L’Orgoglio di Baghdad non sono affatto quelle di una retorica pacifista, tanto meno quelle di un inno animalista in forma di graphic novel. Bombe e carri armati restano sullo sfondo. Il contesto bellico non è che uno scenario in grado di portare all’esasperazione le condizioni di una permanenza in vita difficilmente prorogabile.

È inevitabile che i quattro animali si facciano portatori di una critica sotterranea nei confronti del ricorso alle armi, ma è altrettanto chiaro che l’acclamato autore di Y: The Last Man ed Ex-Machina non si sia accontentato di offrire uno sguardo inedito sul conflitto iracheno. Piuttosto, egli ha colto l’occasione per maturare un’intensa riflessione sul concetto di libertà, nell’ambito della quale prendono forma svariati quesiti. Dilemmi partoriti dalla mente degli animali oppure imposti forzatamente dal senso di precarietà che pervade l’intera storia.

Confidando nella validità dell’opera, la Planeta DeAgostini ha mantenuto l’edizione cartonata così come nella sua veste originale. Ma il vero lusso è rintracciabile nell’estrema bellezza delle tavole. Niko Henrichon ha dovuto lavorarci per circa un anno, un’attesa ampiamente ripagata con una moneta fatta di animali che sembrano vivi, fondali che incupiscono e affascinano a seconda delle situazioni e una colorazione così luminosa e curata da fermare il respiro alla prima occhiata.

Sulla falsariga di quell’angoscia spiazzante provocata dal WE3 di Grant Morrison, L’orgoglio di Baghdad è l’alternativa nuda e cruda al buonismo di matrice disneyana che da sempre accompagna le storie di animali. Niente scorribande scanzonate sulle terre de “Il Re Leone”, e se “Uno zoo in fuga” è ambientato in tempo di guerra non vi è di certo tempo per i favoleggiamenti. Tutt’al più vengono a crearsi le condizioni ideali per far germogliare delle considerazioni importanti su cui, invece, si è soliti sorvolare. Domande a cui neppure Vaughan sembra voler rispondere, come se il risultato di tanto pensare non potesse essere che uno soltanto, vale a dire quell’idea secondo cui la libertà sia qualcosa di cui essere orgogliosi.



Simone Celli
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