Menu

I Classici di Repubblica Serie Oro

Bobo Novecento – I Classici del Fumetto di Repubblica Serie Oro 22 testi e disegni di Sergio Staino


Un secolo fatto a brani, reso appetibile dal genio di Sergio Staino. «La Repubblica» propone la lettura di Bobo Novecento al n. 22 della collana “I classici del fumetto. Serie Oro”. E la proposta pare vincente. La selezione delle storie – necessaria, vista la vastissima produzione del poliedrico autore toscano - ‘costruisce’ per i lettori della testata fondata da Eugenio Scalfari un Novecento scandito dai nomi illustri della nostra Sinistra.
Nove capitoli intitolati a Turati, Gramsci, Togliatti, Berlinguer, Natta, Occhetto, D’Alema, Veltroni e Fassino. Nove diverse filosofie di pensiero della sinistra italiana filtrate dalla lente ironica, amara, disincantata e idealista di Bobo, intellettuale comunista legato ancora, con un cordone ombelicale un po’ scomodo, alle nostalgie di un partito rivoluzionario, marito dell’americana e femminista Bibi, padre di Ilaria e Michele (nomi, tra l’altro, dei figli di Staino) e amico di Molotov, compagno e agguerrito nostalgico del tempo che fu.
Nato a Piancastagnaio, in provincia di Siena, nel 1940 e laureato in Architettura, Staino giunge ai fumetti per ragioni economiche comprensibili (docente di materie tecniche alle scuole medie, doveva pur mantenere decorosamente moglie e figlia!). Crea dalla sua stessa costola un personaggio eternamente combattuto tra il vecchio mondo, più idealista forse, e il nuovo, più frenetico e soggetto alle dure leggi del mercato, tra un capitalismo imperante e la nostalgia di qualcosa che solo i più adulti possono ricordare sia mai esistito.
Ma le ragioni politiche, le ragioni della sua stessa esistenza, dei suoi discorsi con i compagni di partito, delle sue scenate con la moglie, dei continui sforzi per educare i figli, sono ragioni di vita. E la famiglia («[…] i figli sono come i popoli: giovani, belli, entusiasti ma… fragili!!! […] Vuoi che tua figlia diventi vittima della degenerazione borghese? Vuoi che si perda tra droga, violenza e rock demenziale?» - grida l’angelo custode/tentatore di Stalin), la scuola («[…] concludo augurandomi che un sano spirito laico e materialista trionfi nella nostra scuola!» grida concitato durante una riunione dell’“Associazione Scuola e Costituzione”), la politica (l’album di famiglia ne testimonia il suo interesse precoce) e la morale («Mica dovrò pagare anche le intenzioni?» s’interroga kantianamente) entrano a far parte di un unico motivo: quello della coerenza verso i propri principi e le proprie radici storiche e sociali. Non senza contraddizione. Bobo è infatti spesso assalito da dubbi che gli impediscono di scegliere tra due possibilità, quasi ad evidenziare che spesso non è possibile scegliere e che una visione manichea della vita non è attuabile.
In queste storie egli è spesso, infatti, un personaggio fuori dal tempo, fuori dalla linea diacronica che dovrebbe far seguire al ‘prima’ il ‘dopo’. Segno, questo, che la sua storia è la storia di tutti quegli individui che hanno lottato, che hanno almeno provato a far sentire la propria voce, a volte (diciamo anche il più delle volte) anche senza riuscirci. Lo scacco, la sconfitta, la caduta sono certo tratti caratterizzanti delle vicende raccontate da Staino, ma le sue strisce e le sue vignette non danno soltanto ai lettori, come grida Ilaria ormai adolescente riferendosi a se stessa, la «miopia» e la «scoliosi» ereditati dai genitori ma anche «il senso della giustizia, gli ideali egualitari, lo spirito di tolleranza, la voglia di cambiare il mondo». Certo, è una battaglia continua. Ma la lezione amara a volte si addolcisce un po’ tra le pagine. Tutto questo, signori, è un fumetto: è Bobo Novecento.

Nadia Rosso


Marvels – I Classici del Fumetto di Repubblica Serie Oro 19 testi di Kurt Busiek, disegni di Alex Ross

Quando nel 1993 la Marvel Comics pubblicò Marvels, pochi conoscevano i nomi di Kurt Busiek e Alex Ross. Oggi, grazie a questo fumetto da molti considerato una delle storie più belle mai prodotte dalla “casa delle idee”, i due autori hanno ottenuto notevoli soddisfazioni artistiche. Marvels è una svolta nel mondo del fumetto perché ribalta il punto di vista dal quale viene osservato il racconto. Phil Sheldon è un fotografo attivo sin dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. La sua macchina fotografica diviene l’obiettivo di mezzo secolo di storia, un’epoca nostalgica in cui sembra che l’uomo non possa far altro che guardare la nascita dei supereroi e vedere la fine del genere umano. Marvels non è una storia di supereroi ma è la storia di un uomo e al tempo stesso di tutti quegli uomini che provano meraviglia, paura, odio e amore per i supereroi e che cercano di vivere una vita normale dove la normalità è solo finzione. C’è la consapevolezza di non essere più al centro del mondo, l’uomo non è più artefice del proprio destino ed è costretto a guardare dal basso uomini più potenti che hanno la facoltà di decidere il destino delle loro vite. L’importanza che ha avuto Marvels per il fumetto americano non è poca e la bellezza dell’opera è dimostrata anche dall’affetto che il pubblico le dimostra a ogni sua ristampa. Notevole è l’impatto visivo delle tavole di Ross che, quasi immedesimandosi in Sheldon, fa da fotografo alla vicenda con i suoi dipinti. Ma ancor di più il protagonista sembra raccontare la passione con cui Busiek fa il suo mestiere e narra le sue storie. Grazie all’iniziativa di Repubblica, questo capolavoro ora raggiungerà le case di migliaia di italiani, che sono d’altra parte invitati a non lasciarsi scappare questa incredibile opera. Questa è la quarta volta che Marvels viene presentato nel nostro paese. Le precedenti edizioni in volume erano sicuramente più lussuose, ma anche quest’ultima presenta i suoi pregi. Primo tra tutti un prezzo davvero contenuto per un opera del genere ed inoltre un inedito dietro le quinte di Alex Ross sulla realizzazione dell’opera.

Gennaro Costanzo


Zio Paperone & co. – I Classici del Fumetto di Repubblica Serie Oro 3 testi e disegni di Don Rosa

C’è chi tende a non considerare ‘veri fumetti’ quelli della Disney, forse perché Topolino è letto soprattutto dai giovanissimi. Eppure anche con i personaggi di Zio Walt si possono fare comics di altissimo livello, soprattutto quando ad occuparsi di loro ci sono grandi autori come Don Rosa, l’erede di Carl Barks.
Con The life and times of $crooge McDuck, Rosa riscrive e aggiorna la vita di zio Paperone, raccontandone particolari inediti e mostrando sotto una luce nuova eventi già conosciuti. Nei diciassette episodi della saga, dunque, possiamo conoscere tutto sul papero più avaro della Terra: l’infanzia in Scozia, la storia della Numero 1, l’arrivo in America, il primo incontro con Amelia, l’inizio della ‘guerra’ con i Bassotti, l’amore per Doretta Doremì, la nascita di Paperino... Settant’anni di avventure in giro per il mondo (dal 1877 al 1947), inserite nella vera storia del periodo (compaiono, tra gli altri, Buffalo Bill e Geronimo), che ci mostrano un Paperone piuttosto al di fuori del consueto cliché: cercatore d’oro nel Klondike, dove inizia ad accumulare la sua straordinaria fortuna. Rosa, invece, rende tutto molto più complesso e anche epico. Il suo Scrooge affronta sconfitte, delusioni e drammi e si indurisce di conseguenza: a suo modo è un eroe, che solo grazie ai nipoti riuscirà ad uscire dal guscio in cui lo ha rinchiuso il suo desiderio di ricchezza.
Questo non è un fumetto per bambini, tutt’altro: è una storia molto matura, nonostante sia leggibile da tutti (i momenti divertenti non mancano mai). Non a caso viene trattato anche il tema della morte - ovviamente senza esagerare - estraneo nei fumetti dei topi e paperi disneyani.
Pregevolissimi anche i disegni, molto curati: Rosa distribuisce il suo racconto in uno spazio relativamente ristretto (una saga simile potrebbe occupare anche il doppio delle pagine), tuttavia riempiendo di particolari le sue vignette. Originariamente costituita da dodici capitoli, la storia, nelle sue dimensioni attuali, figura ancora più completa ed interessante. E’ davvero impossibile non lodare l’impegno dell’autore del Kentucky: per realizzare questa epopea si è documentato a lungo sul lavoro del maestro Barks ed ha persino chiesto aiuto ai migliori esperti d’America sulla famiglia dei paperi.
Non ho l’abitudine di usare la parola ‘capolavoro’, ma stavolta ne vale proprio la pena: The life and times of $crooge McDuck, vincitore del premio Eisner nel 1995, è una pietra miliare del fumetto moderno e merita di stare nella libreria di ogni appassionato.

Francesco Vanagolli



Michel Vaillant - I Classici del Fumetto di Repubblica Serie Oro testi e disegni di Graton

Con Michel Vaillant ho un rapporto particolare. Il suo nome mi riporta agli anni dell’infanzia, quando ne leggevo le avventure sul Corriere dei Piccoli/Ragazzi e sugli indimenticati Albi Ardimento. All’epoca i miei primi amori fumettistici si dividevano tra i comics di super-eroi, Jacovitti, Magnus e i fumetti della scuola franco-belga; tra questi ultimi, nonostante rimanessi giustamente appassionato dalle splendide avventure di Bernard Prince, Luc Orient, Ric Roland, Blueberry o Dan Cooper, ce n’era uno che era il mio preferito, quello che aspettavo con più ansia: Michel Vaillant. Non capivo neanch’io perché inizialmente. Le avventure di Vaillant erano quelle con l’ambientazione più “normale”, trattavano di uno sport che non mi coinvolgeva particolarmente, non c’erano costumi colorati o super-poteri, ne vendicatori solitari, avventurieri o alieni. Però c’era l’Avventura in ogni suo aspetto e personaggi caratterizzati perfettamente, pur con le loro ingenuità e stereotipi. Quelle pagine trasudavano tutto ciò che può rendere interessante un fumetto: emozione, tensione, coraggio e temerarietà, senso dell’onore e dell’amicizia, della famiglia e del riscatto; c’era il dramma, la commedia e l’azione più pura, c’era spesso persino suspense, mistero e spionaggio industriale degni di un romanzo giallo, e dei disegni bellissimi. Jean Graton, appassionato ovviamente di motori, riusciva a trasportare tutti gli elementi che rendono coinvolgente un fumetto in un’ambientazione inedita, quella del mondo delle corse automobilistiche. La sua perizia grafica era mozzafiato: le macchine, le piste, i box come anche le città e gli esterni in generale erano resi con un realismo incredibile, senza però mai lasciar trasparire freddezza nel suo tratto. Piloti del “mondo reale” come Villeneuve, Senna o Andretti apparivano a fianco di Vaillant come comprimari, avversari o amici. I personaggi potevano sembrare ad un osservatore superficiale stereotipati: i buoni e i cattivi erano subito identificabili anche graficamente, i malvagi avevano sempre i nasi più lunghi o gli occhi più sottili e il cattivo più cattivo di tutti, il potente e spietato Leader, sembrava essere uscito da un film di James Bond. Ma leggendo le storie ci si rendeva conto di quante sfaccettature avessero in realtà protagonisti e comprimari; i buoni avevano le loro debolezze e i cattivi non erano esenti dalla redenzione.
Le avventure di Michel Vaillant vanno avanti ininterrottamente dal 1957, curate sempre per testi e disegni da Graton e negli ultimi anni dal suo studio, di cui continua a supervisionare l’operato nonostante l’ormai avanzata età. Gli episodi proposti nello speciale di Repubblica sono un’ottima selezione decisamente rappresentativa e danno una buona panoramica del suo mondo e delle multiformi atmosfere che presenta. Mancano a mio avviso degli episodi fondamentali come il primo immortale “La Grande Sfida”, forse un po’ datato ma fondamentale nell’introduzione del protagonista e del suo più grande amico (inizialmente rivale) Steve Warson, principale comprimario della serie; manca anche quel piccolo capolavoro del thriller che è “Il Fantasma di Le Mans”, dove le caratteristiche del malvagio Leader e della sua scuderia vengono tratteggiate magistralmente. Ma pensandoci bene sono poche le avventure di Vaillant che non avrebbero meritato di essere proposte, e tutto sommato quelle presentate nel volume danno una panoramica esaustiva dell’essenza di questo particolare e appassionante fumetto, fornendo inoltre la possibilità di leggere due degli episodi inediti più recenti prodotti dallo studio Graton. Un volume consigliatissimo per tutti gli amanti del fumetto d’avventura più puro e sincero.


Fausto Colasanti


Watchmen – I Classici del Fumetto di Repubblica Serie Oro 26 testi di Alan Moore, disegni di Dave Gibbons

Se si dovesse scegliere tra i 12 capitoli che compongono la saga di Watchmen quello più rappresentativo, io opterei senza dubbio per il quarto, quello dedicato al Dottor Manhattan e intitolato L’Orologiaio. Il motivo è semplice: nonostante i continui salti temporali, nella storia in questione la vita di Jon Osterman sembra avere la precisione che soltanto gli ingranaggi di un orologio possiedono. Merito di Alan Moore ovviamente, che in questo racconto tende ad accentuare una delle tante caratteristiche che l’opera nel suo complesso contiene. Pagina dopo pagina tutto ha uno scopo ben preciso e niente sembra inutile, tanto che anche un elemento in apparenza insignificante come potrebbe essere una zolletta di zucchero qui ha una propria storia che viene raccontata all’interno della storia principale (o meglio delle storie principali). L’orologiaio in questione dunque è lo stesso Moore, che ci racconta un’epopea supereroistica attraverso la quale ridefinire la struttura del supereroe stesso. I giustizieri di questo mondo alternativo al nostro (diverso nella forma, forse, ma non nella sostanza) sono odiati dalla gente. Ma del resto, come si potrebbe avere fiducia di un uomo che ha tutti i crismi della mediocrità e che si eccita soltanto indossando un costume o di un pazzo con il complesso di Edipo e dai metodi fascistoidi? Questi sono solo alcuni dei tanti aspetti di Watchmen, che può contare molteplici piani di lettura e che quindi può essere maggiormente apprezzato attraverso una serie di riletture. Ben venga dunque un’edizione economica di questo fumetto imprescindibile per ogni appassionato. Edizione che pure contiene dei vistosi difetti, a partire dall’assenza delle 12 copertine originali (anche se un paio di esse sono riprodotte in piccolo nelle pagine introduttive insieme a dei disegni di Gibbons creati per l’edizione francese e inediti in Italia). Come dicevamo all’inizio, la precisione e la complessità dell’opera sono tali che anche le copertine possono avere un peso. Del resto, se questo è uno dei capolavori del fumetto lo è anche perché riesce a sfruttare al meglio tutti i meccanismi di questo medium e qui anche la copertina diviene un elemento prettamente narrativo. In questo caso infatti ogni cover rappresenta non soltanto la scansione temporale della storia, con l’orologio che segna il progressivo avvicinarsi alla conclusione della storia e al probabile meltdown (e qui potremmo anche riallacciarci al discorso iniziale), ma anche, a tutti gli effetti, la prima vignetta di ogni singolo capitolo. Peccato anche che alcune (poche a dire il vero) tavole siano state scansionate e non riprodotte attraverso le pellicole originali. Fatto che comunque non penalizza le illustrazioni di Dave Gibbons, disegnatore inglese con una cura per il dettaglio notevole. È anche merito suo se questa storia è un capolavoro, e d’altronde non potrebbe essere altrimenti. In ogni caso questo volume presenta anche dei pregi notevoli, come la traduzione/adattamento di Gino Scatasta, docente universitario e fratello del ben più famoso Luca. Questa traduzione è più libera e quindi più scorrevole di quella già buona di Alessandro Bottero per la precedente edizione italiana della storia. Questo e la robusta maneggevolezza del volume lo rendono più portato a una continua rilettura, che darà al lettore l’occasione per apprezzarne ogni singola sfaccettatura. Che l’abbiate già letto o meno, non fatevi dunque scappare Watchmen in una edizione, questa, finalmente alla portata di tutti.

Andrea Antonazzo



L’Uomo Ragno - I Classici del Fumetto di Repubblica Serie Oro 1 testi di Brian M. Bendis, disegni di Mark Bagley

Parlare di Uomo Ragno a proposito di Ultimate Spider-Man è, se non altro, un’imprecisione grossolana. Gli editor Panini che curano la collana, nel presentare questo primo volume, hanno optato per una semplificazione, forse legittima, considerando il target degli allegati ai quotidiano. Ciononostante, viene da storcere un pò il naso a noi appassionati: pensando all’Uomo Ragno, la nostra mente va a Stan Lee, Steve Ditko e, naturalmente, a John Romita Senior. Questi autori hanno consegnato alla Storia un personaggio che è entrato di diritto e si è stabilito in modo permanente nell’immaginario collettivo.
Ultimate Spider-Man (USM) è altro.
Affidata alle sceneggiature del poliedrico Brian M. Bendis ed alle matite dell’instancabile Mark Bagley, USM si propone di presentare un Uomo Ragno del 2000, una versione libera da quarant’anni di quella continuità narrativa che per alcuni (lettori e autori) rappresenta un peso più che un valore aggiunto. Ecco così nascere la linea Ultimate (letteralmente: definitiva), di cui USM è capostipite, destinata a chi di cloni, morti e resurrezioni non sa e non vuole sapere nulla: l’Uomo Ragno riparte da zero.
La serie, che negli USA raggiungerà a breve la soglia dell’ottantesimo numero, gode di una freschezza e di un’omogeneità frutto di un team creativo che non l’ha mai abbandonata.
L’ambientazione è naturalmente contemporanea: Peter Parker è un liceale che vive l’adolescenza travagliata che tutti si trovano a vivere. Bulli, primi amori ed amicizie sono all’ordine del giorno. A ciò si aggiungono due eventi che gli cambieranno la vita per sempre: la morte dello zio Ben e l’acquisizione di superpoteri. Ed è forse questo uno degli aspetti che più distanziano questo Uomo Ragno da quello degli anni ’60: il Peter Parker del 2000, specialmente nelle sue prime missioni da supereroe è goffo. È un ragazzino che da un giorno all’altro s’inventa supereroe, con tutti i problemi, anche di ordine pratico, che ne conseguono.
Il corposo volume che ha aperto il nuovo ciclo dei Classici di Repubblica presenta i primi tredici numeri della serie americana (corrispondenti ai primi sette dell’edizione italiana, edita da Panini Comics). Una lettura scorrevole, leggera ma non banale, divertente, ma anche tragica ed appassionante.
Non è IL capolavoro di Lee/Ditko, ma vale la pena vedere come se la cava una Zia May decisamente più giovane di quella tradizionale alle prese con Internet ed un nipote a cui è costretta a fare discorsi sui metodi contraccettivi.
È l’Uomo Ragno nato ai tempi della globalizzazione, ma da qui a definirlo il definitivo ce ne passa...

Carlo Del Grande



Kingdome Come - I Classici del fumetto di Repubblica Serie Oro testi di Mark Waid, disegni di Alex Ross

La nuova generazione degli Eroi porterà il mondo all’apocalisse.
Nonostante le minacce supercriminali siano state da loro sconfitte, essi non sono mossi dai nobili ideali che spronavano i loro padri, ma piuttosto agiscono seguendo la propensione che hanno alla violenza, al narcisismo, al desiderio di surclassare ed umiliare il collega coi superpoteri.
Questo è il dna dei superesseri del nuovo millennio, in barba ai forse troppo ingenui ideali di Superman e soci, ormai tutti o quasi mandati in prepensionamento.
A tutto questo, come dicevamo, va aggiunta la prossima fine del mondo, o almeno le visioni che ha di essa padre Norman MacCay, che dopo aver assistito sul letto di morte Wesley Dodds (il celebre Sandman della Golden Age), ha da lui ereditato una certa capacità di preveggenza.
Di questo ne è anche consapevole Lo Spettro, il supremo spirito vendicativo dell’universo DC, che decide di mostrare a padre Norman MacCay come e perché il mondo si trova sull’orlo del baratro.
Il motivo, infatti, non è da ricondursi semplicemente alle scellerate azioni dei giovani nuovi eroi, ma piuttosto alle colpe dei padri che sistematicamente ricadono sui figli.
E’ l’insicurezza di Superman, nel non volere assumere il ruolo di leader, che condanna la JLA al disgregamento. E’ l’ostinazione e la paranoia di Batman a renderlo schiavo di se stesso, e della sua guerra al crimine. E’ l’orgoglio di Wonder Woman a farla fallire nella sua missione di pace, e a farle perdere il titolo di Principessa delle Amazzoni.
Seppur riluttanti, però, i padri si vedono costretti ad agire per frenare la follia dilagante dei propri figli adottando la soluzione peggiore, e imponendo la propria forza ed autorità al mondo intero.
Questo porterà ad ulteriori divisioni tra loro, e alla riorganizzazione dei vecchi nemici, che questa volta, però, hanno una potentissima arma dalla loro parte.
A salvare la situazione, quindi, può essere solo un gesto di eroismo puro, semplice quanto ingenuo.
E qui sta tutto il messaggio di Waid. Un messaggio contro gli autoritarismi, contro gli eroi che si ergono a padri padroni dell’umanità. Essere eroi, per Waid, vuol dire mettersi al servizio della collettività, fino al sacrificio estremo.
Insomma, anche nel terzo millennio, da grandi poteri derivano grandi responsabilità, e non grandi autorità.
Menzione d’onore, forse superflua, va ai dipinti di Alex Ross, che impreziosiscono l’ottimo lavoro di Waid.
Mai prima d’ora abbiamo ammirato i supereroi del DC Universe realizzati in maniera così espressiva. La perfezione nella realizzazione delle masse muscolari esprime appieno il senso di potenza che il lettore deve percepire, quando si narra di superesseri. Inoltre la passione di Ross nel voler attribuire ai volti dei suoi eroi le espressioni dei divi di Hollywood garantisce al lettore anche un livello di narrazione non verbale. Bastano le espressioni di Bruce Wayne a cospetto di Luthor a farci comprendere che ha in mente molto più di quello che dice, e che come al solito ha già vinto la sua battaglia, nonostante le apparenze.
Due parole infine su questa edizione italiana, pregevole per prezzo contenuto e qualità della carta, ma criticabile per quanto riguarda l’adattamento delle tavole, che risultano ridotte in dimensioni rispetto all’edizione originale americana.

Fausto Ruffolo



Francesco Farru
Torna in alto