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MW 1

MW n.1 (di 3) (Hazard edizioni, 216 pagine, b/n, brossurato con sovracopertina, € 7,50) testi e disegni di Osamu Tezuka

È l’alba, numerosi poliziotti appostati nel bosco aspettano di assistere alla consegna del riscatto di un rapimento, ma il rapitore è più scaltro e riesce ad allontanarsi dopo aver ucciso anche il padre del bambino rapito. L’inseguimento ha fine in una chiesa dove il criminale, dopo essersi confessato con un sacerdote che sembra conoscerlo molto bene, riesce a scappare…
MW è la sigla di un gas tossico usato dall’esercito americano durante la guerra in Vietnam. Un grosso quantitativo di questo gas è stoccato in una piccola isola del Giappone abitata da una comunità di pescatori, finché, a causa di un incidente, il gas fuoriesce e stermina la popolazione, lasciando solo due superstiti… Unico legame tra questi eventi due persone: Michio Yuki e Iwao Garai. Il primo è il rapitore sfuggito alla polizia, il secondo il sacerdote che lo ha confessato, i due sono sopravvissuti alla strage dell’isola, ma se per Iwao Garai l’evento ha dato inizio al pentimento che lo ha portato a diventare sacerdote, per Michio Yuki, ancora bambino all’epoca del fatto, è stato l’inizio di una vita vissuta a stretto contatto con la morte.
Osamu Tezuka spiazza di nuovo i suoi lettori, offrendo loro un personaggio spietato e, almeno in apparenza, votato interamente al male. Non c’è pietà in Michio, le uniche manifestazioni di sentimenti vagamente affettuosi sono quelle verso Iwao, ma il rapporto che li lega è corrotto e, da parte di Iwao, visto come degradazione morale e fisica, una vera e propria discesa all’inferno. Lo stile di Tezuka è come sempre perfettamente adeguato alla storia che racconta, adottando di volta in volta le soluzioni più adatte per creare nel lettore le sensazioni che l’autore desidera. Questa volta, pur sapendo e intuendo ciò che Michio ha subito da bambino, il lettore non solo non si affeziona, ma non riesce nemmeno a giustificare i crimini che commette, solo in parte motivati dalla comprensibile, anche se non condivisibile, sete di vendetta.
Se con Ayako Tezuka aveva dimostrato di saper creare personaggi degradati e dalla morale contrastata, ora con Michio Yuki crea un eroe nero totalmente amorale nel cui animo, almeno per ora, non fa breccia nessun sentimento edificante e che persegue i suoi obiettivi senza alcuno scrupolo. Un personaggio forse più attuale ora che nel 1976, anno in cui apparve per la prima volta, a riprova della grandezza di un autore per il quale, anche in Occidente, possiamo sempre più comprendere l’appellativo di “dio dei manga”.

Stefano Menchetti

Andrea Antonazzo
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