Il richiamo di Alma, intervista a Vanna Vinci
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In occasione dell'uscita del volume Il Richiamo di Alma di Vanna Vinci, pubblicato da Bao Publishing, abbiamo colto l'occasione per intervistare l'autrice di questa affascinanente e misteriosa opera, che abbiamo recensito qui.
Intervista a cura di Gennaro Costanzo e Giorgio Parma.
Nata a Cagliari, formazione a Milano e insegnamento alla Accademia di belle arti di Bologna. Come è entrata Trieste nella tua vita?
Intanto vorrei precisare che la mia formazione è legata comunque a Cagliari, perché il corso di grafica all'istituto europeo di design l'ho frequentato nella sede di Cagliari.
Sono arrivata a Trieste alla fine degli anni novanta perché Dario e Mariuccia Fontana mi avevano invitato a fare un incontro nella loro mitica libreria di piazzetta Barbacan. Devo dire che è stato un colpo di fulmine, non ero nemmeno arrivata in città, ero ancora sulla costiera prima del Castello di Miramare, che ero già innamorata. Non so perché. Del resto è difficile spiegare i grandi amori. Forse è questa strana atmosfera lattescente in cui tutto il golfo è immerso, questa sostanza immateriale di cui sembrano fatti il cielo, il mare, la città e le navi in rada. So che anche mio nonno era affascinato da Trieste. Ed è un posto dove mi piacerebbe abitare.
Cosa ti ha spinta a lavorare ad un adattamento a fumetti de Il Richiamo di Alma di Stelio Mattioni? Cosa ti ha colpito del libro?
L'idea di fare una versione a fumetti de Il richiamo di Alma me l'ha data Alessandro Mezzena Lona, che, oltre a essere un amico e una persona che conosce bene il mio lavoro, è un grande lettore appassionato di fumetti. Ho letto il romanzo di Mattioni quando stavo lavorando a un altro mio libro ambientato a Trieste che era Aida al confine. Ho capito subito che era una storia perfetta per me. Il protagonista che vaga per la città in cerca di questo essere così evanescente e nello stesso tempo così presente. Poi, questa descrizione precisissima e quasi ossessiva per le strade, i palazzi e le case, che è una cosa che davvero mi appartiene tantissimo. E forse anche questa inconsistenza, una storia in cui non succede nulla, non si sa niente della protagonista e quasi nemmeno della voce narrante. È tutto un mistero, come una malia.
Nel passaggio fra libro e fumetto, qual è stato il cambiamento più significativo che hai apportato?
Be'... Di sicuro sono stata costretta a tagliare moltissime parole e scene del libro, cosa che per me è stata davvero difficile. Era la prima volta che adattavo a fumetti un romanzo e un romanzo che ho amato. Quindi, da lettrice e amante della parola scritta, rinunciare a interi periodi è stato difficile. Poi credo che il ritmo sia un po' cambiato, forse nel libro risulta un po' più lento. Ho deciso di mantenere il testo narrativo nelle didascalie in modo da rimanere fedele al romanzo, ma anche così da rallentare la velocità di lettura e creare una sorta di distanza tra il racconto delle cose e le cose che avvengono nella storia. Questa distanza è presente in modo cruciale anche nel romanzo. E per me era molto importante che venisse mantenuta anche nel fumetto. Dunque ho deliberatamente evitato di usare solo sequenze di azioni in presa diretta.
In una passata intervista hai dichiarato che ti interessano molto le parabole discendenti dei tuoi personaggi, il processo di ascesa fino al collasso finale, ed è soprattutto nella fase finale di "decadenza" che ti soffermi. Vedasi principalmente la figura della Casati. Eppure il personaggio di Alma apparentemente si distacca da questa condizione. Forse è più la figura dell'io narrante che va incontro al susseguirsi di fallimenti in una sorta di continuo smarrimento. Come ti sei rapportata al personaggio?
Non è stato facile perché è stata la prima volta, se si esclude la piccola biografia di Marc Bolan che avevo fatto per Il Mucchio, che affrontavo un protagonista maschile. Nello stesso tempo questo girovagare indolente, alla ricerca di qualcosa o qualcuno totalmente evanescente, che corrisponde anche a una ricerca di se stessi, assomiglia molto ad altri miei libri, ad Aida, a Gatti neri cani bianchi, e anche a Guarda che luna e L'età selvaggia. E del resto assomiglia molto anche a me, io amo girovagare. Forse la bellezza decadente in questo caso è proprio la città. E io sono ossessionata dalla città, dal paesaggio cittadino e anche proprio dalla città di Trieste. Dunque da questo punto di vista, la storia è davvero "mia'.
Inizialmente la pubblicazione di questo fumetto avveniva a puntate sul quotidiano Il Piccolo di Trieste. Come è avvenuto poi il processo di rielaborazione dell'episodicità iniziale per creare un unica trasposizione di più largo respiro? Ti sei sentita particolarmente "costretta" da questo tipo di narrazione a puntate, oppure si è creata una particolare atmosfera che non si ritrova nel libro?
L'occasione di realizzare la versione a fumetti del libro è stata determinata dalla disponibilità da parte de Il Piccolo Di Trieste di ospitare delle tavole a scadenza settimanale per diversi mesi. Le tavole erano 28 con una scadenza di due alla settimana. L'idea mi piaceva molto, primo perché era perfetto inserirla nel quotidiano locale, secondo perché mi allettava fare delle tavole grandi da stampare in carta di giornale. Così ho cercato di capire se riuscivo a far stare tutto il romanzo in quello spazio, che in realtà non era poi poco, visto che le tavole erano molto grandi e permettevano un numero elevato di vignette. Ho capito che un capitolo stava più o meno in una tavola, escludendo delle eccezioni. Così, ho fatto una scaletta e ho tagliato e adattato il testo, poi ho cominciato a disegnare. Ho lavorato tutta l'estate, perché con quella scadenza era impossibile andare in vacanza. Ma sono stata contenta, sia delle tavole sia del ritmo.
Pensavo che per farne un libro avrei dovuto rimontare tutto, aggiungendo nuove sequenze e cambiando il testo delle didascalie. Quindi un lavoro piuttosto complesso che avrebbe alterato tutto il ritmo delle pagine del Piccolo.
Poi, ho mandato il pdf delle pagine a Michele Foschini per farglielo vedere e lui ha avuto questa idea di dividerlo in orizzontale. Cosa che ha permesso di mantenere la gran parte delle sequenze inalterate e di aggiungere e modificare pochissime vignette.
Il libro mantiene quindi tutto il ritmo e le sequenze del Piccolo ma nello stesso tempo, la divisione in orizzontale ha creato un rallentamento e una dilatazione del tempo che sarebbe stata nociva per il giornale, ma è perfetta per il libro.
L'evanescenza di Alma, il suo essere effimera ma al contempo di una potenza visiva e significativa estreme, una specie di richiamo sincretico stilnovistico-romantico di donna-angelo, di Ewigweibliche, di cosa è effettivamente tropo? L'aura mistica che la ammanta, l'impossibilità a raggiungerla a cosa alludono secondo te?
Ho discusso moltissimo con Alessandro, e con altri amici su questo tema. Chi sia, e cosa sia Alma, è difficile dirlo. Certo la componente mistica è dichiarata, viste le varie effigi della Madonna cui Alma viene paragonata. Io credo però che Alma sia come uno spirito fatto di atmosfera, di aria, forse della stessa sostanza di cui sembra formato il golfo e la città stessa. Alma è per me come un lare, una divinità piccola che presiede a un luogo quotidiano che è la città. Io credo che Alma sia una raffigurazione dell'anima della città. E in un senso più generale, anche il senso della vita, della verità. E sì, che sia anche la percezione dell'essenza del femminile, della donna, agli occhi dell'uomo.
Al contempo una e molteplice Alma non ha un unico volto. Alma compare sotto diverse sembianze. È stata una sfida cambiare spesso le fattezze di un personaggio mantenendo comunque una parvenza di somiglianza?
Be'... Di sicuro era una sfida, visto che una delle regole del fumetto è proprio che il personaggio debba essere riconoscibile sempre. Però, come dicevamo prima, credo che Alma sia anche la rappresentazione della donna, a tratti aerea, imprevedibile, cangiante e ineffabile. Dunque l'importante per me non era tanto che ci fosse una somiglianza reale tra le apparizioni di Alma, che una volta è bionda, una è rossa, un'altra è grassa, o magra, o timida e ancora sfrontata, ma che fosse presente in tutte questa sorta di distanza, di espressione liquida persa nell'atmosfera.
Hai paragonato il finale "Se ti ami, amami", epigrafe ermetica sulla lapide di Alma, al "si, lo voglio si” conclusivo dello stream of consciousness interiore di Molly Bloom nell'Ulisse di James Joyce. Nel libro dello scrittore irlandese però il sì diventa insignificante congiunzione, soprattutto nel flusso di coscienza, simbolo di una immobilità morbosa, paralisi fisica e morale di un'intera popolazione; nel graphic novel si sente molto la vicinanza con alcune tematiche di Joyce. Credi che anche il protagonista, "immobilizzato", possa essere identificato come un Ulisse che si prefigge come meta, forse mosso dal subconscio, la riconquista della sua vitalità, la sua Anima?
Ho citato il finale dell'Ulisse solo per una questione personale. Sono due finali che ogni volta che li leggo mi commuovono. Il finale di Joyce perché è una dichiarazione totale di accoglienza della vita, del tempo, dell'amore e del sesso. È una sorta di amplesso panico. E poi, diciamocelo, dopo averlo letto tutto, quel Sì, lo voglio, sì... è una vera liberazione (e lo dice una che da adolescente l'ha letto tre o quattro volte, mantenendo la netta sensazione di non averci capito nulla...). Il finale di Alma mi dà sempre i brividi, perché "Se ti ami, amami" è come riferirsi a una coscienza di sé, a un amore per se stessi, a una percezione sentimentale di se stessi. E questa sensazione profondissima, inspiegabile, è il momento in cui il mistero di Alma, il mistero della vita, può forse essere avvertito. Ma mai spiegato, come riferisce la didascalia che ho voluto mettere in neretto. Ed è anche un grande contatto col passato, col passato del personaggio, e col passato remoto dell'uomo. Sì, è un finale molto misterioso e forse arcaico.
In passato hai detto che La bambina filosofica è alquanto autobiografica; le tue esperienze personali, il tuo io, compare anche in alcuni aspetti de Il richiamo di Alma? Anche in La Casati - la musa egoista? Cerchi spesso di far trasparire qualcosa di te dalle tue opere?
Sarebbe molto difficile il contrario. In effetti la bambina filosofica è senz'altro la parte più riconoscibile di me, anche la più quotidiana e la più familiare. La Casati... sì, credo che una parte di me tema si riconosca, e tema di riconoscersi, nella marchesa, o per lo meno in quello che la marchesa rappresenta. Una donna fuori dagli schemi, assolutamente immune all'idea del futuro e sparata verso l'abisso come un razzo. È una mia paura, una deriva che potrei percepire in me, un lato oscuro.
Cosa sento di me in Alma? Forse la capacità di percepire, in dati momenti, la sospensione del tempo, e la sostanza precisa e anche incomprensibile della vita e della morte... Ma forse è qualcosa che hanno tutti... Non so.
Stai già lavorando su di un altro progetto al momento? Se sì, puoi darci qualche anticipazione?
Adesso sto lavorando a delle tavole autoconclusive sempre per Il Piccolo di Trieste, scritte da Alessandro Mezzena. Sono piccole biografie di una pagina, un po' vere un po' inventate, la serie si chiama infatti Vite inventate.
Bao ripubblicherà la raccolta di Sophia, la ragazza aurea e Sophia nella Parigi ermetica, e vorrei aggiungere delle brevi tavole biografiche sugli alchimisti presenti nella storia.
Sempre per Bao sto lavorando a una biografia a fumetti del regista maledetto di Hollywood Erich Von Stroheim, che è una mia fissazione da diversi anni. Almeno da quando ho trovato a casa la prima sua biografia tradotta in italiano e pubblicata da Bur nella vecchia collana beige nell'aprile del 1964 (che sono il mese e l'anno in cui sono nata).
Poi credo che comincerò e tornerò a lavorare sulla bambina... ma con calma!
Ho anche degli altri progetti, ma me li tengo per me, almeno per ora.
Recentemente grazie ad un'iniziativa di Art Mural sei stata scelta per realizzare un murales sulla parete esterna di un edificio a Bruxelles che andrà ad unirsi a più di 50 murales dedicati a fumettisti e da loro realizzati. L'opera necessita di crowdfunding a cui potete contribuire qui. Che sensazione hai provato relativamente a questa gratificazione?
Non l'ho vista come una gratificazione, ma più che altro come una occasione unica per vedere un mio personaggio alto venti metri troneggiare su una strada della capitale dell'Unione Europea. Sì, mi è venuto un attacco di titanismo... Mi sono subito immaginata la bambina filosofica grande come Godzilla! Adesso vediamo se Art Mural riesce a trovare i fondi... Ma il solo pensiero è un bel flash! Aha!