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Il richiamo di Alma, intervista a Vanna Vinci

In occasione dell'uscita del volume Il Richiamo di Alma di Vanna Vinci, pubblicato da Bao Publishing, abbiamo colto l'occasione per intervistare l'autrice di questa affascinanente e misteriosa opera, che abbiamo recensito qui.

Intervista a cura di Gennaro Costanzo e Giorgio Parma.

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Nata a Cagliari, formazione a Milano e insegnamento alla Accademia di belle arti di Bologna. Come è entrata Trieste nella tua vita?
Intanto vorrei precisare che la mia formazione è legata comunque a Cagliari, perché il corso di grafica all'istituto europeo di design l'ho frequentato nella sede di Cagliari.
Sono arrivata a Trieste alla fine degli anni novanta perché Dario e Mariuccia Fontana mi avevano invitato a fare un incontro nella loro mitica libreria di piazzetta Barbacan. Devo dire che è stato un colpo di fulmine, non ero nemmeno arrivata in città, ero ancora sulla costiera prima del Castello di Miramare, che ero già innamorata. Non so perché. Del resto è difficile spiegare i grandi amori. Forse è questa strana atmosfera lattescente in cui tutto il golfo è immerso, questa sostanza immateriale di cui sembrano fatti il cielo, il mare, la città e le navi in rada. So che anche mio nonno era affascinato da Trieste. Ed è un posto dove mi piacerebbe abitare.

Cosa ti ha spinta a lavorare ad un adattamento a fumetti de Il Richiamo di Alma di Stelio Mattioni? Cosa ti ha colpito del libro?
L'idea di fare una versione a fumetti de Il richiamo di Alma me l'ha data Alessandro Mezzena Lona, che, oltre a essere un amico e una persona che conosce bene il mio lavoro, è un grande lettore appassionato di fumetti. Ho letto il romanzo di Mattioni quando stavo lavorando a un altro mio libro ambientato a Trieste che era Aida al confine. Ho capito subito che era una storia perfetta per me. Il protagonista che vaga per la città in cerca di questo essere così evanescente e nello stesso tempo così  presente. Poi, questa descrizione precisissima e quasi ossessiva per le strade, i palazzi e le case, che è una cosa che davvero mi appartiene tantissimo. E forse anche questa inconsistenza, una storia in cui non succede nulla, non si sa niente della protagonista e quasi nemmeno della voce narrante. È tutto un mistero, come una malia.

Nel passaggio fra libro e fumetto, qual è stato il cambiamento più significativo che hai apportato?
Be'... Di sicuro sono stata costretta a tagliare moltissime parole e scene del libro, cosa che per me è stata davvero difficile. Era la prima volta che adattavo a fumetti un romanzo e un romanzo che ho amato. Quindi, da lettrice e amante della parola scritta, rinunciare a interi periodi è stato difficile. Poi credo che il ritmo sia un po' cambiato, forse nel libro risulta un po' più lento. Ho deciso di mantenere il testo narrativo nelle didascalie in modo da rimanere fedele al romanzo, ma anche così da rallentare la velocità di lettura e creare una sorta di distanza tra il racconto delle cose e le cose che avvengono nella storia. Questa distanza è presente in modo cruciale anche nel romanzo. E per me era molto importante che venisse mantenuta anche nel fumetto. Dunque ho deliberatamente evitato di usare solo sequenze di azioni in presa diretta.

In una passata intervista hai dichiarato che ti interessano molto le parabole discendenti dei tuoi personaggi, il processo di ascesa fino al collasso finale, ed è soprattutto nella fase finale di "decadenza" che ti soffermi. Vedasi principalmente la figura della Casati. Eppure il personaggio di Alma apparentemente si distacca da questa condizione. Forse è più la figura dell'io narrante che va incontro al susseguirsi di fallimenti in una sorta di continuo smarrimento. Come ti sei rapportata al personaggio?
Non è stato facile perché è stata la prima volta, se si esclude la piccola biografia di Marc Bolan che avevo fatto per Il Mucchio, che affrontavo un protagonista maschile. Nello stesso tempo questo girovagare indolente, alla ricerca di qualcosa o qualcuno totalmente evanescente, che corrisponde anche a una ricerca di se stessi, assomiglia molto ad altri miei libri, ad Aida, a Gatti neri cani bianchi, e anche a Guarda che luna e L'età selvaggia. E del resto assomiglia molto anche a me, io amo girovagare. Forse la bellezza decadente in questo caso è proprio la città. E io sono ossessionata dalla città, dal paesaggio cittadino e anche proprio dalla città di Trieste. Dunque da questo punto di vista, la storia è davvero "mia'.

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Inizialmente la pubblicazione di questo fumetto avveniva a puntate sul quotidiano Il Piccolo di Trieste. Come è avvenuto poi il processo di rielaborazione dell'episodicità iniziale per creare un unica trasposizione di più largo respiro? Ti sei sentita particolarmente "costretta" da questo tipo di narrazione a puntate, oppure si è creata una particolare atmosfera che non si ritrova nel libro?
L'occasione di realizzare la versione a fumetti del libro è stata determinata dalla disponibilità da parte de Il Piccolo Di Trieste di ospitare delle tavole a scadenza settimanale per diversi mesi. Le tavole erano 28 con una scadenza di due alla settimana. L'idea mi piaceva molto, primo perché era perfetto inserirla nel quotidiano locale, secondo perché mi allettava fare delle tavole grandi da stampare in carta di giornale. Così ho cercato di capire se riuscivo a far stare tutto il romanzo in quello spazio, che in realtà non era poi poco, visto che le tavole erano molto grandi e permettevano un numero elevato di vignette. Ho capito che un capitolo stava più o meno in una tavola, escludendo delle eccezioni. Così, ho fatto una scaletta e ho tagliato e adattato il testo, poi ho cominciato a disegnare. Ho lavorato tutta l'estate, perché con quella scadenza era impossibile andare in vacanza. Ma sono stata contenta, sia delle tavole sia del ritmo.
Pensavo che per farne un libro avrei dovuto rimontare tutto, aggiungendo nuove sequenze e cambiando il testo delle didascalie. Quindi un lavoro piuttosto complesso che avrebbe alterato tutto il ritmo delle pagine del Piccolo.
Poi, ho mandato il pdf delle pagine a Michele Foschini per farglielo vedere e lui ha avuto questa idea di dividerlo in orizzontale. Cosa che ha permesso di mantenere la gran parte delle sequenze inalterate e di aggiungere e modificare pochissime vignette.
Il libro mantiene quindi tutto il ritmo e le sequenze del Piccolo ma nello stesso tempo, la divisione in orizzontale ha creato un rallentamento e una dilatazione del tempo che sarebbe stata nociva per il giornale, ma è perfetta per il libro.

L'evanescenza di Alma, il suo essere effimera ma al contempo di una potenza visiva e significativa estreme, una specie di richiamo sincretico stilnovistico-romantico di donna-angelo, di Ewigweibliche, di cosa è effettivamente tropo? L'aura mistica che la ammanta, l'impossibilità a raggiungerla a cosa alludono secondo te?
Ho discusso moltissimo con Alessandro, e con altri amici su questo tema. Chi sia, e cosa sia Alma, è difficile dirlo. Certo la componente mistica è dichiarata, viste le varie effigi della Madonna cui Alma viene paragonata. Io credo però che Alma sia come uno spirito fatto di atmosfera, di aria, forse della stessa sostanza di cui sembra formato il golfo e la città stessa. Alma è per me come un lare, una divinità piccola che presiede a un luogo quotidiano che è la città. Io credo che Alma sia una raffigurazione dell'anima della città. E in un senso più generale, anche il senso della vita, della verità. E sì, che sia anche la percezione dell'essenza del femminile, della donna, agli occhi dell'uomo.

Al contempo una e molteplice Alma non ha un unico volto. Alma compare sotto diverse sembianze. È stata una sfida cambiare spesso le fattezze di un personaggio mantenendo comunque una parvenza di somiglianza?
Be'... Di sicuro era una sfida, visto che una delle regole del fumetto è proprio che il personaggio debba essere riconoscibile sempre. Però, come dicevamo prima, credo che Alma sia anche la rappresentazione della donna, a tratti aerea, imprevedibile, cangiante e ineffabile. Dunque l'importante per me non era tanto che ci fosse una somiglianza reale tra le apparizioni di Alma, che una volta è bionda, una è rossa, un'altra è grassa, o magra, o timida e ancora sfrontata,  ma che fosse presente in tutte questa sorta di distanza, di espressione liquida persa nell'atmosfera.

Hai paragonato il finale "Se ti ami, amami", epigrafe ermetica sulla lapide di Alma, al "si, lo voglio si” conclusivo dello stream of consciousness interiore di Molly Bloom nell'Ulisse di James Joyce. Nel libro dello scrittore irlandese però il sì diventa insignificante congiunzione, soprattutto nel flusso di coscienza, simbolo di una immobilità morbosa, paralisi fisica e morale di un'intera popolazione; nel graphic novel si sente molto la vicinanza con alcune tematiche di Joyce. Credi che anche il protagonista, "immobilizzato", possa essere identificato come un Ulisse che si prefigge come meta, forse mosso dal subconscio, la riconquista della sua vitalità, la sua Anima?
Ho citato il finale dell'Ulisse solo per una questione personale. Sono due finali che ogni volta che li leggo mi commuovono. Il finale di Joyce perché è una dichiarazione totale di accoglienza della vita, del tempo, dell'amore e del sesso. È una sorta di amplesso panico. E poi, diciamocelo, dopo averlo letto tutto, quel Sì, lo voglio, sì... è una vera liberazione (e lo dice una che da adolescente l'ha letto tre o quattro volte, mantenendo la netta sensazione di non averci capito nulla...).  Il finale di Alma mi dà sempre i brividi, perché "Se ti ami, amami" è come riferirsi a una coscienza di sé, a un amore per se stessi, a una percezione sentimentale di se stessi. E questa sensazione profondissima, inspiegabile, è  il momento in cui il mistero di Alma, il mistero della  vita, può forse essere avvertito. Ma mai spiegato, come riferisce la didascalia che ho voluto mettere in neretto. Ed è anche un grande contatto col passato, col passato del personaggio, e col passato remoto dell'uomo. Sì, è un finale molto misterioso e forse arcaico.

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In passato hai detto che La bambina filosofica è alquanto autobiografica; le tue esperienze personali, il tuo io, compare anche in alcuni aspetti de Il richiamo di Alma? Anche in La Casati - la musa egoista? Cerchi spesso di far trasparire qualcosa di te dalle tue opere?
Sarebbe molto difficile il contrario. In effetti la bambina filosofica è senz'altro la parte più riconoscibile di me, anche la più quotidiana e la più familiare. La Casati... sì, credo che una parte di me tema si riconosca, e tema di riconoscersi, nella marchesa, o per lo meno in quello che la marchesa rappresenta. Una donna fuori dagli schemi, assolutamente immune all'idea del futuro e sparata verso l'abisso come un razzo. È una mia paura, una deriva che potrei percepire in me, un lato oscuro.
Cosa sento di me in Alma? Forse la capacità di percepire, in dati momenti, la sospensione del tempo, e la sostanza precisa e anche incomprensibile della vita e della morte... Ma forse è qualcosa che hanno tutti... Non so.

Stai già lavorando su di un altro progetto al momento? Se sì, puoi darci qualche anticipazione?
Adesso sto lavorando a delle tavole autoconclusive sempre per Il Piccolo di Trieste, scritte da Alessandro Mezzena. Sono piccole biografie di una pagina, un po' vere un po' inventate, la serie si chiama infatti Vite inventate.
Bao ripubblicherà la raccolta di Sophia, la ragazza aurea e Sophia nella Parigi ermetica, e vorrei aggiungere delle brevi tavole biografiche sugli alchimisti presenti nella storia.
Sempre per Bao sto lavorando a una biografia a fumetti del regista maledetto di Hollywood Erich Von Stroheim, che è una mia fissazione da diversi anni. Almeno da quando ho trovato a casa la prima sua biografia tradotta in italiano e pubblicata da Bur nella vecchia collana beige nell'aprile del 1964 (che sono il mese e l'anno in cui sono nata).
Poi credo che comincerò e tornerò a lavorare sulla bambina... ma con calma!
Ho anche degli altri progetti, ma me li tengo per me, almeno per ora.

Recentemente grazie ad un'iniziativa di Art Mural sei stata scelta per realizzare un murales sulla parete esterna di un edificio a Bruxelles che andrà ad unirsi a più di 50 murales dedicati a fumettisti e da loro realizzati. L'opera necessita di crowdfunding a cui potete contribuire qui. Che sensazione hai provato relativamente a questa gratificazione?
Non l'ho vista come una gratificazione, ma più che altro come una occasione unica per vedere un mio personaggio alto venti metri troneggiare su una strada della capitale dell'Unione Europea. Sì, mi è venuto un attacco di titanismo... Mi sono subito immaginata la bambina filosofica grande come Godzilla! Adesso vediamo se Art Mural riesce a trovare i fondi... Ma il solo pensiero è un bel flash! Aha!

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Lucca 2014: Bao Publishing - Missione quinquennale

  • Pubblicato in News

Michele Foschini, Caterina Marietti e Leonardo Favia hanno presentato le novità editoriali di BAO Publishing, all'alba del quinto compleanno della casa editrice milanese che avverrà il 21 dicembre 2015.

- Gli appunti di Boulet in edizione italiana, con copertina, prefazione e note di traduzione firmate da Zerocalcare.
Due uscite di oltre 200 pagine l'anno.

- Due nuovi volumi di Dylan Dog (speciale Sette Anime Dannate, e il #69 Caccia alle Streghe di Tiziano Sclavi e Pietro Dall'Agnol), quattro nuovi volumi di Orfani (cover variant di Cavenago) le prime due storie del Samurai i Roberto Recchioni e Andrea Accardi a colori (con carta speciale stile libri giapponesi dell'800). Edizioni di estremo pregio ricche di extra inediti o mai visti. Per il trentennale di Dylan Dog uscirà un albo speciale (dal titolo ancora non definitivo, forse Mater Dolorosa), testi di Recchioni e disegni di Gigi Cavenago, in contemporanea BAO e Bonelli.

- Volume di pregio con gran parte del lavoro di Lorenzo Bartoli, con disegni di Massimo Carnevale. Il ricavato non andrà alla casa editrice.

- Ogni mese almeno un'uscita seriale made in USA tra le più interessanti e acclamate degli ultimi anni. Volume 4 di Saga in contemporanea con l'uscita americana.
Gennaio 2015: Rachel Rising 5
Febbraio 2015: Sex Criminals 1
Marzo 2015: Pretty Deadly 1
Aprile 2015: Lumberjanes 1 e Black Science 1
Maggio 2015: Rocket Girl 1
Luglio 2015: Chew 10
Agosto 2015: Lumberjanes 2 e Sex Criminals 2
Settembre 2015: Saga 2015
Ottobre 2015: Pretty Deadly 2
Novembre 2015: Black Science 2
Dicembre 2015: Rocket Girl 2

- Saga 4 uscirà in edizione variant con copertina di Massimo Carnevale, che verrà inclusa nel paperback americano.

- Torna Cyril Pedrosa: a settembre BAO pubblicherà il nuovo libro di Pedrosa, che avrà parti in prosa e parti a fumetto. Il titolo non è ancora stato deciso dall'autore.

- Nemo - River of Ghosts di Alan Moore e Kevin O'Neil, in uscita ad aprile 2015.

- Ristampa dei due libri di Sofia di Vanna Vinci, in uscita ad aprile 2015. Volume corposo, con più di 200 pagine con materiale extra e inserti speciali. Tre tecniche speciali di stampa per la copertina. In più, nel 2016 la biografia a fumetti di Eric Von Stroheim, regista hollywoodiano del cinema muto, sempre realizzata dalla Vinci.

- Nuovo volume BaBao di Sualzo, con il ritorno di Gaetano e Zolletta. Nel 2016 inoltre esce 21 giorni alla fine del mondo, sempre di Sualzo, scritto a quattro mani con la moglie Silvia Vecchini.

- Nuovo libro ancora senza titolo di Maurizia Rubino, storia di un orso e una bambina che si innamorano in un universo narrativo ostile.

- La principessa spaventapasseri di Federico Rossi Edrighi, fiaba contemporanea ambientata in un generico paesino inglese, in uscita a settembre 2015. Un libro con chiavi di lettura per un pubblico di tutte le età.

- Le Città viste dall'alto: La generazione di Flavia Biondi, storia di una piccola famiglia toscana, e altri due libri firmati da Marta Baroni ed Elisabetta Romagnoli.

- Fish di Bianca Bagnarelli

- Astrogramma di Lorenzo LRNZ Ceccotti.

- Building Stories di Chris Ware, in autunno 2015.

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Bao e il settimo splendore, intervista a Leonardo Favia. Anteprima esclusiva

Per leggere la recensione de Il settimo splendore, clicca qui.
Nella gallery in basso, potete ammirare un'anteprima esclusiva de Il settimo splendore.

Nato a Bari nel 1982, Leonardo Favia è Executive Editor presso Bao Publishing.
Il suo primo romanzo a fumetti edito dalla casa editrice milanese, intitolato Il settimo splendore, disegnato da Ennio Bufi e colorato da Walter Baiamonte, sarà a breve disponibile al Lucca Comics & Games 2014 in anteprima e in vendita in libreria a partire dal 13 novembre 2014.

Ciao Leonardo, e benvenuto su Comicus.

Favia01Partiamo da Il settimo splendore, tuo primo libro a fumetti edito da Bao Publishing, disponibile per il pubblico già a partire dalla prossima edizione del Lucca Comics & Games e in uscita in libreria il 13 novembre.
Come è nata l’idea dietro quest’opera? Come è stata sviluppata e quanto tempo di lavorazione ha richiesto?

La storia è una riflessione sulla memoria, sui nostri ricordi d'infanzia che contribuiscono a formarci come persone, pur essendo questi solo frutto della percezione in un'età in cui non è chiara la comprensione degli eventi che ci circondano. La storia ha un'origine lontanissima, addirittura sui banchi di scuola del liceo, e ha visto molte versioni prima di arrivare alla stesura definitiva. Per quanto riguarda la lavorazione di sceneggiatura, disegni e colorazione (del mitico Walter Baiamonte), parliamo di un annetto di lavoro che, per centoventi tavole, è un ritmo abbastanza serrato.

Il libro parla di un viaggio alla ricerca di verità taciute per lungo tempo, di famiglia e di crescita individuale. Quanto c’è di autobiografico nell’opera? E quanto invece è frutto della tua immaginazione?
Per fortuna la mia vita è molto più semplice e lineare di quella di Modì, il protagonista. I viaggi di infanzia a Parigi sono effettivamente avvenuti, e il tornare costantemente in una città che mi era vicina ed estranea al tempo stesso mi ha permesso di analizzare come fosse la mia percezione della città a cambiare, e non necessariamente la metropoli stessa. Un altro tema importante nella storia è quello del sacrificio, delle scelte che facciamo nel momento in cui non possiamo più smettere di temporeggiare, e decidere definitivamente chi siamo. Ho applicato questo a una famiglia dalle dinamiche complicate, e da lì ho sviluppato la trama. Diciamo che sono un grande amante dei classici "What If" applicati alla vita quotidiana, e mi piace esplorarne gli sviluppi.

Come in tutte le opere della collana “Le città viste dall’alto”, anche qui vi è una città, protagonista silenziosa, ma onnipresente: Parigi. A cosa è dovuta questa scelta? Cosa rappresenta la capitale francese nella tua vita?
Il libro è una dichiarazione di amore a Parigi, per quanto il ruolo della metropoli nella storia sia alquanto in chiaroscuro. Rappresenta una parte importante dei miei ricordi infantili e lì ci sono stati passaggi importanti della mia vita personale.

Ennio Bufi è l’artista che si è occupato della parte grafica de Il settimo splendore. Sappiamo che non è la tua prima collaborazione con il disegnatore. Puoi raccontarci qualche aneddoto a riguardo? Come vi siete conosciuti? E come vi siete ritrovati a lavorare su questo libro assieme? Quali sono, in termini pratici, le vostre dinamiche lavorative?
Io ed Ennio abbiamo collaborato per diversi anni su progetti totalmente diversi (le avventure a fumetti di Geronimo Stilton), e un anno siamo stati invitati per un tour in California per il Free Comic Book Day. Da lì è nata una grande amicizia (facilitata dalla “pugliesità” di entrambi), che ci ha fatto promettere che un giorno avremmo lavorato insieme su qualcosa di nostro. Qualche anno dopo Michele [Foschini] e Caterina [Marietti] della Bao avevano espresso il desiderio di dare alle stampe un libro realizzato da Ennio, io avevo la storia già pronta e ogni pezzo è caduto al suo posto. In fase di sceneggiatura, cerco di essere pignolo sui passaggi che reputo fondamentali, per le “scene madri” di cui devo essere assolutamente sicuro della riuscita, altrimenti tendo a dare libertà al disegnatore, soprattutto se c'è una profonda conoscenza pregressa.

Il settimo splendore parla, fra le tante altre cose, anche di un tema delicato e spesso scomodo: la malattia mentale. Quanto queste tematiche così attuali nella società attuale, specialmente fra i giovani, ti hanno toccato da vicino? Cosa pensi a riguardo?
Ho riflettuto attentamente prima di affrontare questi temi, soprattutto perché sono estranei alla mia vita personale, e troverei odioso se si avvertisse dell'artificiosità in argomenti così delicati. Durante la lavorazione, il complimento più grande che mi è stato rivolto è stato quello di essere riuscito a ricreare le tensioni e i silenzi di una famiglia interrotta, pur non avendo alcun tipo di esperienza diretta al riguardo.

Da tempo lavori come editor (e ora anche sceneggiatore) per Bao Publishing. Come e quando è iniziato questo rapporto lavorativo con la casa editrice milanese? Cosa puoi raccontarci della vita di redazione in Bao?
Sono in Bao dal primo giorno, e questa è forse la cosa che mi riempie più di orgoglio. Mi ero trasferito a Milano nella speranza di lavorare come sceneggiatore e mi sono ritrovato coinvolto in un progetto folle e coraggioso come quello di aprire una casa editrice. Ormai al quinto anno, siamo cresciuti per dipendenti, libri a catalogo e riconoscimento pubblico; a permetterci di mantenere un equilibrio tra questa espansione e la cura nei confronti dei libri pubblicati sono i sentimenti di amicizia e di coesione che ci legano. La vita in redazione è frenetica, ma il fatto che ci guardiamo le spalle a vicenda ci permette di lavorare con serenità.

Bao è oramai una realtà consolidata nel panorama fumettistico nazionale, e non solo, anche grazie a una folta squadra di talenti. Zerocalcare, punta di diamante del team e bomber di sostanza, Cyril Pedrosa fantasista e rifinitore dal tocco preciso e delicato, Stefano Simeone e Alberto Madrigal instancabili ali sulle fasce, solo per citarne alcuni. In questo “Dream Team” in che ruolo ti vedi?
Faccio la traversa? No, a parte gli scherzi, mi vedo molto di più in un ruolo a bordo del campo, gli editor fanno un lavoro oscuro che raramente emerge. Questa sortita in campo (e qui la chiudiamo con la similitudine calcistica) è stata elettrizzante, e aver lavorato in questi anni con gli artisti e amici che hai citato (in minima parte) mi ha insegnato più di quanto potessi sperare.

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Parliamo del tuo passato, delle tue “origini segrete”: come e quando è nato il tuo amore per la nona arte? Quale è stato il tuo percorso di formazione artistica?
A parte i Topolino che leggevo “ereditandoli” dalle mie sorelle, sono cresciuto leggendo Bonelli, il primo acquisto ponderato fu un Almanacco della Paura 1996. Per tutto il liceo sono andato avanti leggendo solo italiani, ero un lettore distratto, non facevo distinzione di sceneggiatori o disegnatori, tutto veniva racchiuso dal titolo della testata, che fosse Dylan Dog, Dampyr o Martin Mystère. Il mio periodo di puro nerdismo è cominciato tardissimo, al primo anno di Università, quando alcuni amici mi hanno introdotto ai volumi Vertigo e mi hanno aperto il terzo occhio. Da The Sandman in poi, ho capito che volevo scrivere, e volevo scrivere fumetti. Sempre quegli amici mi hanno permesso di accedere a collezioni di fumetti fantasmagoriche, saltando a piè pari le parti dimenticabili, per seguire gli highlight della storia del fumetto. Dopo aver studiato giornalismo a Bari, sono passato prima per Bologna (studiando sceneggiatura per il cinema) e infine a Milano.

Sei nato e cresciuto a Bari, città recentemente nominata come “la più felice d’Italia”. Quanto pensi che questa abbia influenzato il tuo percorso di vita, oltre che quello artistico? Quali sono i vantaggi che il nascere a Bari ti ha dato? E, di contro, quali sono gli svantaggi, dato che Bari è oggettivamente una città fortemente periferica del mondo dell’editoria a fumetti?
Purtroppo, ho dovuto abbandonare Bari per cercare di realizzare il mio sogno, lavorare nel fumetto. Non saprei fare un distinguo tra i pro e i contro della città, so solo che, per una crescita personale, ritengo che sia necessario allontanarsi dal posto in cui si è nati. Bisogna sempre sacrificare qualcosa per raggiungere un obiettivo, e diciamo che io sono un grande amante delle strade in salita, le sfide mi entusiasmano.

Sei un artista giovane e promettente, uno di quelli che, sostanzialmente, ce la sta facendo. Cosa ti sentiresti di consigliare a coloro che, più giovani di te, si vogliono affacciare nel mondo del fumetto?
Premesso che mi imbarazza la definizione artista-giovane-promettente, per chi vuole avvicinarsi al mondo del fumetto, do un consiglio e una speranza. Il consiglio è di farsi trovare pronti, di essere competenti ma non saccenti, disponibili ma non disperati, educati ma non timidi; la professionalità, intesa come approccio a libri, persone e ruoli, è la qualità che paga di più, a patto di trovare interlocutori seri. La speranza è che il mondo del fumetto è molto aperto alle new entry, alle nuove idee, anche se questa mancanza di “selezione all'ingresso” ti costringe a distinguerti per personalità.

Chiudiamo con uno sguardo al futuro: quali sono le tue aspettative riguardo Il settimo splendore? E, guardando ancora più avanti, stai già lavorando a qualche nuovo progetto?
Spero che il libro metta ad altri la voglia di scrivere. I libri che ho più amato mi hanno sempre dato il desiderio di scrivere, di mettermi alla prova. L'idea di avere un effetto simile su qualcun altro è potentissima. Ah, e spero che venda anche vagonate di copie. O che almeno vada in pari, il rovescio della medaglia del lavorare nella casa editrice che ti pubblica è che quando poi arrivano i dati di vendita non c'è alcun tipo di “filtro con la realtà”.
Per i nuovi progetti, avrei una storia che mixa viaggi nel tempo, musica rock e storie adolescenziali. Devo solo trovare un disegnatore paziente e una casa editrice che mi pubblichi.

Grazie per la tua disponibilità, ci vediamo presto al Lucca Comics & Games.

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Il settimo splendore

Per leggere l'intervista a Leonardo Favia e l'anteprima del volume, clicca qui.

Il passato, si sa, spesso nasconde scomodi segreti e fantasmi che sarebbe auspicabile non risvegliare: accade, a volte, che un figlio si trovi costretto a confrontarsi con verità sui propri genitori delle quali sarebbe stato meglio non venire mai a conoscenza.

Diciamocelo, nel corso dell’infanzia, o perlomeno nella maggior parte dei casi, vediamo i nostri genitori con occhi privi di oggettività: nostro padre è il nostro Superman personale, forte e coraggioso, senza macchia, mentre nostra madre rappresenta uno scudo indistruttibile dietro il quale trovare riparo dai nostri fallimenti, paure e ansie.
Arriva però un giorno nel quale i figli si emancipano dai loro genitori, e nella loro indipendenza arrivano alla consapevolezza che coloro che ci hanno dato la vita sono semplicemente uomini e donne, con i loro pregi, ma anche con i loro difetti.
A volte capita che questo processo, altrimenti fisiologico, risulti assai traumatico e destabilizzante: ciò avviene quando scopriamo che qualcosa che avevamo eretto a certezza assoluta crolla improvvisamente e irrimediabilmente, scatenando conseguenze spesso terribili da affrontare.

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Il settimo splendore, romanzo a fumetti scritto da Leonardo Favia e disegnato da Ennio Bufi, edito da Bao Publishing, narra la storia di un figlio, Modì, che parte alla volta di Parigi alla ricerca di verità nascoste sul passato di sua madre, nata in Francia e che proprio nella capitale aveva perso la vita in circostanze drammatiche.
Fra le strade e i vicoli di Parigi, Modì avrà modo di fare numerose conoscenze e di ricostruire, a poco a poco, la difficile esistenza della propria mamma, costellata di misteri e tragicità. Nel corso della sua ricerca, il Nostro avrà modo di fare nuove conoscenze, alcune delle quali determinanti per la sua vita, e di riscoprirsi come individuo, trovando uno scopo e una direzione, alla ricerca di una verità apparentemente irraggiungibile perché sepolta nel passato.

Il settimo splendore è un libro che riflette sull’importanza della memoria, custode sempiterna dei nostri trascorsi, ma talvolta fonte ingannevole, in quanto frutto di una percezione soggettiva,  quando si tratta dei ricordi della nostra infanzia, età nella quale, appunto, non si è ancora in grado di cogliere ogni sfumatura degli eventi vissuti.
Il passato di Modì è infatti quello di un bambino cresciuto in un contesto difficile, in una famiglia “spaccata” a causa della separazione dei propri genitori. A questo si aggiunge il peso di una madre afflitta da seri problemi psicologici, che ne hanno condizionato la vita fino alla sua prematura fine.

Ed è proprio l’attenta analisi psicologica dei protagonisti uno dei meriti maggiori dello sceneggiatore, il quale riesce, con delicatezza e attenzione, a parlare di un tema assai spinoso da raccontare: sia Modì che la mamma sono infatti personaggi che le persone “normali” non faticherebbero a definire "instabili".
Ma chi è veramente una persona instabile? Probabilmente questi sono semplicemente esseri umani nati con una sensibilità diversa, più profonda e intensa, che porta a somatizzare in maniera più accentuata le varie vicissitudini che la vita ci impone di affrontare: in un mondo frenetico e superficiale, quale è quello in cui viviamo, capita spesso che dentro questi soggetti qualcosa si rompa, a volte in maniera irrimediabile, trasformando la vita in un vortice di ansie e preoccupazioni, di frenesia e paura, dal quale diventa sempre più difficile uscire.

Il settimo splendore è una storia che parla di crescita individuale, di presa di coscienza e coraggio, quando è troppo tardi per continuare a temporeggiare: evolversi o soccombere, dunque, con la consapevolezza che ogni crescita impone un sacrificio.
Cosa siamo quindi disposti a sacrificare veramente per crescere e superare i nostri limiti e le nostre paure?

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Il lavoro di caratterizzazione dei personaggi, protagonista “in primis”, è encomiabile: Favia riesce a creare in Modì un character a tutto tondo, dotato di una complessità emotiva e psicologica straordinaria, ricco di sfaccettature che rendono il Nostro, in una parola, umano.

Come già detto, la storia si svolge a Parigi: la capitale francese è vera e propria protagonista, silenziosa ma onnipresente, del racconto.
La città che ci viene presentata non è però quella “da turista”, quanto piuttosto quella dei vicoli e dei Cafè, dei lampioni dalla luce gialla e della scalinate nascoste.
Parigi è quanto mai rappresentata in maniera sincera e romantica, in un vero e proprio tributo dell’autore a una città archetipo per ogni artista.

Se la città ci appare più bella che mai grande merito va dato all’artista che si è occupato della parte grafica del libro: Ennio Bufi riesce, con il suo tratto morbido e ricercato, a infondere vita ad ognuna delle 120 e passa pagine de Il settimo splendore.
Il lavoro compiuto sulla resa espressiva dei personaggi, oltre che sulle precisa resa delle scenografie, contribuisce in maniera rilevante a dotare l’opera di quella piacevole gravità emotiva che ogni lettore apprezzerà.

Non si può non sottolineare, in questo senso, il pregevole lavoro compiuto da Walter Baiamonte ai colori: con i suoi pastelli dalle tonalità cangianti il colorista riesce al meglio a esprimere il “mood” in continua evoluzione del racconto.

Il settimo splendore, dunque, parla di crescita e sacrificio, perdita e dolore, paura e coraggio: in sostanza, parla di vita.
Perché Modì potrebbe essere potenzialmente ciascuno di noi, dato che, nella vita, ogni essere umano si trova a dover compiere delle scelte che ne influenzeranno il destino, scelte a volte difficili, a volte doverose, e non necessariamente giuste.
Arriva per tutti il giorno nel quale dobbiamo decidere chi vogliamo essere, e, una volta presa una decisione, iniziare a correre verso il nostro futuro, senza mai fermarsi a guardare indietro, nella speranza che ciò che c'è ad aspettarci sia migliore di ciò che ci siamo lasciati indietro.

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