Menu

 

 

 

 

Roberto Recchioni, Matteo Casali, Riccardo Burchielli, Diego Cajelli

Roberto, cos'è Garrett? E com'è nata l'idea di sviluppare un'opera del genere?

Roberto Recchioni: La prima istanza è quella strettamente narrativa: ci andava di raccontare questa storia.
E' semplice, divertente, offre molto spazio per delle caratterizzazioni interessanti e... sorprendentemente (visto che sugli zombie sembra che si sia scritto di tutto) è anche piuttosto inedita.

La prima forma che Garrett ha assunto è stata quella del monografico di 94 pagine e lo abbiamo proposto all'Eura che però si è detta non interessata.

Quindi abbiamo dovuto ragionare l'aspetto produttivo del progetto da capo.
Ho parlato con Marco (Schiavone) e quello che è stato chiaro sin da subito è che non volevamo fare un fumetto tanto per farlo.
Una delle cose su ho sempre lavorato in questi anni è quella di dare a ogni progetto una finalità.
Quando entrai in Eura, dodici e passa anni fa, io e Lorenzo creammo Napoli ground Zero con la finalità di dare spazio e occasioni lavorative a tutta una nuova generazione di disegnatori che stavano emergendo dalla scena underground italiana.
Quando pensammo John Doe e Detective Dante, la facemmo tenendo a mente che dovevamo creare un sistema produttivo che avrebbe permesso a un fumetto formato bonellide di sopravvivere bene, pur non vendendo come una delle testate di via Buonarroti.
Con Garrett doveva essere lo stesso... dovevamo trovare un senso a questa operazione perché le operazioni senza senso di solito finiscono a prendere polvere nei magazzini.

Quindi Garrett ha due obiettivi importanti:
Il primo è rivolto al mercato interno... vogliamo che sia un'operazione commerciale valida (cioè che porti un guadagno) pur essendo "limitata" dal fatto di non andare in edicola.
Per fare questo la BD ha deciso di non andare a risparmiare sui pagamenti degli autori (che sono infatti retribuitii secondo gli standard dell'editoria Italiana e secondo i prezzi specifici degli autori stessi) ma cercando (e trovando) un sostegno da parte del distributore e delle librerie e non solo.
Garrett sarà sostenuto da una promozione che non riguarda solo internet ma anche le fiere e le librerie.
Abbiamo intenzione di metterci in viaggio e di andare a vendere i fumetti "porta a porta", come si faceva una volta (in questo senso la nostra esperienza come autori autoprodotti torna utile) e allo stesso tempo vogliamo promuovere il fumetto anche in altri ambiti non strettamente legati al consueto panorama e contiamo di arrivare in
libreria di varia con un bel TP, una volta che la miniserie sarà terminata.

Inoltre, la serie è pensata per funzionare su vari livelli:

- ha un forte richiamo per i lettori di John Doe e per quelli Vertigo... noi speriamo che questo aspetto ci aiuti nel vendere qualche copia in più nell'ambito delle librerie specializzate (dove JD, ad esempio, è un successone);

- ha un aspetto accattivante grazie a una indiscutibile qualità nei disegni;

- ha Massimo Carnevale come copertinista (e io, con una copertina di Massimo sopra la testa, sono pronto ad affrontare l'inferno).

In poche parole... crediamo di star facendo tutto il possibile per fare in maniera che questo prodotto venda e venda bene.

Quale sarà lo stile narrativo? Pare che sia un prodotto fatto ad hoc per l'esportazione, ma per quale mercato di riferimento?

RR: Questo è il secondo obiettivo che ci siamo posti:
creare un prodotto di facile esportazione.
Le storie di Garrett sono divise in episodi di 24 pagine ciascuno... praticamente dei comic-book.
Ogni storia è un capitolo di una mini-serie in otto parti (che in Italia verrà presentata in quattro albi).
I disegnatori di queste storie lavorano tutti nel mercato statunitense ad alto livello (DMZ, Loveless, Hellblazer), il copertinista è il copertinista di una delle serie di punta della Vertigo (Y the Last man)... è ovvio che il nostro fine è quello di vendere sul mercato statunitense... ma non solo, perché ogni albo di Garrett nell'edizione italiana è una storia di 48 pagine, formato adatto per una pubblicazione francese.
In pratica, abbiamo cercato di creare un forma flessibile che si potesse adattare a molti mercati internazionali e siamo convinti di poter ottenere risultati interessanti sotto questo punto di vista.
Anche la back-up story di Matteo Casali è pensata con lo stesso principio... essendo 4 episodi da 6 pagine ciascuno che andranno a comporre un "one shot" di 24 pagine.

Immagino sia necessaria una certa coerenza interna. Chi si occupa della supervisione generale, uniformando la "continuity"? E in che modo questa è stata sviluppata? Tra gli autori, o proposta da uno solo?

RR: Io scrivo.
Tito (e Marco) rileggono e qualche volta chiedono qualche ritocco.
Poi si passa al tavolo disegno.
Sotto questo aspetto... Garrett è ancora fatto "alla vecchia maniera".

Dal numero di pagine e dalle anteprime pare che sia un formato comic book. Come mai si è deciso di rimanere fedeli al bianco e nero (almeno per l'Italia) invece di sfruttare quel colore che nelle preview e nelle cover sembra molto accattivante, considerato anche che l'ambientazione potrebbe rendere molto bene a colori?

RR: Principalmente per una questione di costi e di tempo.
Volevamo uscire per questa Lucca e volevamo farlo ad un prezzo concorrenziale.
Ma non è l'unica ragione.
In Italia, storicamente, il fumetto in B/N funziona meglio del fumetto a colori.
Se Garrett uscirà in America sarà a colori.
Se uscirà per la Francia probabilmente subirà delle modifiche nella impostazione delle tavole.
Uno dei miei pallini di sempre è quello di creare prodotti in Italia per poi esportarli all'estero (mentre non sono un grande fan dell'idea di andare all'estero per fare fumetti che poi vengono importati in Italia)... ma l'Italia ha il suo modo di recepire i fumetti che è diverso da quello americano o francese.
E' stupido pensare che lo stesso prodotto debba necessariamente andare bene in ogni parte del mondo.
Garrett è un fumetto "seriale"... non l'intoccabile "opera d'autore", quindi non ha nessun problema a cambiare forma per adattarsi al mercato che lo deve recepire.

Periodicità e prezzo?

RR: Mensile (cosa di cui siamo orgogliosi).
Non vogliamo che il nostro pubblico ci aspetti per mesi (o magari per anni).
Usciremo a novembre e entro marzo il lettore avrà la storia completa tra le mani.

Il prezzo è di 5 euro per 64 pagine (48 pagine di fumetto di Garrett, 6 pagine di fumetto di "Parla con le Ombre", redazionali e extra vari).

In caso di successo, esistono già idee per una prosecuzione (o per esperimenti simili)?

RR: Se Garrett adempirà anche solo al suo scopo primario (vendere bene in Italia)... allora alcune cose cambieranno.
Perchè se questa serie avrà successo sarà la dimostrazione che il mercato delle librerie specializzate può sostenere una pubblicazione professionale (pagata il giusto agli autori e realizzata da professionisti affermati).
Quindi non è difficile ipotizzare che nel caso di un successo interno, Garrett avrà un seguito.

Stesso discorso per il secondo obiettivo.
Se dovessimo essere certi dell'esportabilità del nostro lavoro... allora tutta la parte produttiva diverrebbe più semplice.

Matteo, tu sei l'autore della storia di back-up. Che difficoltà c'è nello scrivere un one-shot di 24 pagine in micro-capitoli da 6 pagine che siano leggibili?

Matteo Casali: L'idea iniziale era di fare quattro storie autoconclusive di 6 pagine ambientate nello stesso luogo/tempo di Garrett, con Far West e Zombie a profusione. Poi però, recuperando alcune idee che già coccolavo da un po' per una storia western horror, mi sono reso conto di avere tra le mani un formato più congeniale: una storia completa di 24 pagine (molto simile al formato americano di 22 al quale mi sono ormai abituato) che potevo spezzare in quattro capitoli da 6 tavole ciascuno. Ho trovato un escamotage divertente ripensando ai capitoli con cui Jack Kirby "spezzava" le sue storie, stile che io e Davide Gianfelice, il bravissimo autore dei disegni, recupereremo anche graficamente nella "title page". In più, ogni volta avremo un piccolo cliffhanger che però, se la storia viene letta tutta d'un fiato, non spezzi troppo la narrazione.

Di cosa parla la tua storia? In che modo si integra con la storia principale? Quale sarà il suo tono?

MC: Il protagonista, tanto per cominciare, non sarà Garrett. Quando ho iniziato a lavorare al soggetto, io e Roberto abbiamo concordato che scrivere una storia di back-up con gli stessi protagonisti di quella principale avrebbe potuto confondere il lettore. Da questo e dalla rielaborazione di alcune idee che avevo (come dicevo poco fa) è nato Parla Alle Ombre, un personaggio che ho creato appositamente per GARRETT e che si muove nella stessa ambientazione fatta di zombie e cowboy dalla vita (e dalla morte) precaria. Non voglio rivelare troppo sul personaggio e sulla storia di cui sarà protagonista, ma posso dire che Parla Alle Ombre (PAO per gli amici...) ha un rapporto "speciale" con gli zombie... tanto da cavalcarne uno! Diciamo che il rude Hyle, uomo di frontiera e poco di buono che assolda PAO perché inseguito da "qualcosa", forse non ha veramente idea di cosa stia facendo e potrebbe finire per pentirsi di essersi servito di questo pellerossa con un feeling per i "pelleossa".
Il tono sarà quello di un horror non splatter ma sicuramente esplicito (in certi punti). Chi conosce il mio lavoro sa cosa aspettarsi in termini stilistici, ma mi sto divertendo un mondo, quindi non sono da escludersi alcune sorprese.
Infine, per quanto riguarda l'integrazione con la storia principale, questo primo capitolo fa storia a sé, ma è contemporaneo a tutto quello che accade in GARRETT. Se le cose avranno, come si spera, uno sviluppo ulteriore, non credo che PAO avrebbe problemi ad aggirarsi tra mesas e canyon in compagnia di Garrett o dello stesso Kid...

Riccardo, Garrett rappresenta il tuo primo approccio col western, giusto? Le serie di cui ti sei occupato finora hanno ambientazioni contemporanee, come ti sei trovato ad avere a che fare con questo genere?

Riccardo Burchielli: E’ stata una bella sfida ed una bella faticaccia. Il western, come del resto il genere horror zombie, sono due tra i più consolidati racconti di "genere" di tutta la letteratura, e per questo hanno delle regole, sia grafiche che narrative, ben precise da cui non puoi prescindere, che mediamente il lettore affezionato vuole vedere rispettate. Cioè, se su DMZ ho la possibilità di inventare di sana pianta un abito o un angolo di strada (forte del fatto che, bene o male, parlo di un mondo che vedo quotidianamente e che conosco) e la libertà di interpretazione è più ampia, nei fumetti western la fedeltà storica è fondamentale.
La documentazione, quindi, è la base. Il primo punto da cui far partire il tutto. Soprattutto per le ambientazioni. Sulle atmosfere, ovviamente ci siamo affidati anche anche all'horror e abbiamo cercato, così, di contaminare il mondo classico dei cowboy con quello più fantastico degli zombi. L'obiettivo non era quello di creare un mondo fantastico, ma quello di essere credibili e di vedere cosa sarebbe successo se nel west ci fossero stati davvero i morti viventi.
Per il resto ho cercato di essere me stesso.
All'inizio confrontavo tutto quello che facevo con i grandi disegnatori che ho sempre amato e che prima di me si sono avventurati nei racconti di cowboy e pellerossa, ma mi sono subito accorto di non essere alla loro altezza e questo mi innervosiva :). Quindi ho preso la mia strada ed ho cercato di essere me stesso. Ho lavorato come sempre, nell'unico modo che conosco, con tutti i miei pregi e difetti. L'ho fatto tenendo in testa un cappello da cowboy e nella fondina una Colt revolver a sei colpi. Spero che il mio lavoro vi piaccia.

Hai avuto dei punti di riferimento precisi per creare l'ambientazione e l'atmosfera? E, se sì, scelti da te o dagli sceneggiatori? Non parlo solo del western, ma anche dell'horror.

RB: Ovviamente quando Roberto [Recchioni, ndr] mi ha proposto il progetto aveva già organizzato buona parte dei riferimenti. E questa è stata una fortuna, perché nonostante io ami il genere western non ne sono un esperto, mentre Roberto prova una sorta sorta di feticismo verso questo mondo e ne conosce ogni dettaglio. Ovviamente sin dall'inizio ho avuto carta bianca su ogni tipo di proposta ed interpretazione e mentre affrontavo le ambientazioni ho creato i personaggi. Il confronto continuo, poi, ha portato alla realizzazione di Garrett. Come dicevo, siamo partiti dalla documentazione storica. Abbiamo consultato libri sul west e molti film e fumetti classici di questo genere.
Ci siamo dati dei punti di riferimento che fossero uguali per tutti e consultabili aldilà delle mie prove grafiche, soprattutto per le ambientazioni e le atmosfere.

Che tipo di personaggi hai dovuto "creare" e come hai scelto di rappresentarli?

RB: Con i personaggi ci siamo divertiti molto.
Graficamente non hanno niente in comune con i propri corrispettivi storici. A differenza delle
ambientazioni siamo andati aldilà dei veri riferimenti storici e ci siamo direttamente ispirati alla nostra cultura pop. Ci siamo fatti prendere la mano e ne sono venuti fuori due tipini tosti, ognuno fortemente rappresentante del mondo che rappresenta: Garrett il west, Billy l'horror nella sua accezione più rock. Ci siamo così ispirati al kevin costner di Open Range per Garrett e ci siamo buttati a testa bassa nell'hard rock per Billy coniandoloo direttamente dallo stampo di Tommy Lee dei Motley Crue. Sono molto soddisfatto di questi personaggi e credo che piaceranno molto
anche ai lettori.

Un bonellide atipico (John Doe) e una serie Vertigo (DMZ) sono i tuoi fiori all'occhiello attualmente. Cosa ti riserva il futuro? Non ti tenta qualche personaggio "in calzamaglia"?

RB: Non ho pensato ancora molto al futuro. Gli impegni su DMZ, e in questo periodo, su Garrett mi terranno impegnato ancora per un bel pò. Certo, confrontarmi con uno dei grandi personaggi del fumetto supereroistico mi piacerebbe molto. Tra i miei sogni c'è quello di poter lavorare su Batman o il Punitore, ma credo che sia presto per parlarne. Vedremo quello che succederà.

Diego, Garrett è un progetto che non ti vede coinvolto come sceneggiatore. Perchè? E di cosa ti occupi?

Diego Cajelli: Vedi il fucile che ho in mano?
E' un Ithaca 37 Calibro 12, e lo uso per la mia parte del lavoro su Garrett.
Tecnicamente spiegherò che tutto ciò che si muove nel buio, dalla parte della canna, è il Male e va sterminato.
Se ci mette molto a non muoversi più, meglio, ci si diverte tantissimo a scaricare piombo rovente su chi se lo merita.
Quello che faccio su Garrett può essere definito come "rubrica", ma io preferisco la definizione "Guida per la sopravvivenza", già perchè non è detto che tutti sappiano esattamente come gestire un Ithaca 37 Calibro 12, e c'è bisogno di qualcuno che gli spieghi per filo e per segno ciò che è giusto fare.
E ora scusami, ci sono degli strani rumori in cantina, devo andare a controllare.
E ricordati che uno sceneggiatore è sempre coinvolto come sceneggiatore, qualunque sia il suo ruolo, ti racconterà sempre una storia.



Carlo Del Grande
Torna in alto