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La legge non fa sconti (oltre il 15%)

limite_scontiIn effetti, si sentiva l’urgenza che il nostro Parlamento, data la congiuntura economica e finanziaria, prendesse misure concrete e mirate in una materia tanto fondamentale per i destini del Paese quanto gli sconti sui libri. Chi si aspettava che la soluzione a tutti i nostri problemi risiedesse in una misura di questo tipo, tanto da meritare in un momento come questo tempo ed energie da parte dei nostri rappresentanti?
Fatto sta che nel 2008, primo firmatario l’on. Ricardo Levi del PD, è stato presentato un disegno di legge volto a regolamentare la disciplina sui prezzi (cioè sugli sconti) dei libri. Dopo tre anni di appassionate (immaginiamo) discussioni in merito, nel giugno di quest’anno la Camera dei Deputati, votando in maniera bipartisan, ha trasmesso il testo definitivo alla Presidenza della Repubblica. Dunque gli effetti della legge sono entrati in vigore a partire dal 1° settembre 2011.

Al di là delle ironie sul fatto che questa norma, in questo momento, appaia quanto meno una distrazione rispetto a questioni più urgenti, ci troviamo anche noi a occuparcene, come appassionati di lettura in generale, ma in particolare anche come appassionati di fumetti, che è poi l’interesse specifico del nostro sito.
Come ormai molti di voi sapranno, la norma in questione fissa per legge un tetto massimo agli sconti praticabili sul materiale librario, individuandolo al 15%: dal 1° settembre un libro (fumetti compresi) non potrà essere scontato oltre il 15%.
Le eccezioni previste sono marginali: libri usati; volumi artigianali; pubblicazioni a tiratura limitata; tomi antichi; edizioni esaurite o fuori catalogo; tetto del 20% in favore di organizzazioni non profit o in occasioni particolari (per esempio alcune fiere). Il tetto del 15% non si applica inoltre a libri pubblicati da almeno 20 mesi, a condizione che il rivenditore non se ne sia rifornito da almeno 6 mesi. Infine è prevista, ma solo per gli editori, la possibilità di avviare campagne promozionali per non più di un mese all’anno, in cui si possa eccedere il tetto del 15% di sconto. Di sicuro i redattori della norma sono stati attenti ai dettagli…

Vediamo la situazione ad oggi. Attualmente è pratica comune, da parte dei grandi editori (Mondadori, Feltrinelli, Rizzoli, ecc.), lanciare dei periodi promozionali con sconti che si aggirano di solito attorno al 25-30%. Altri rivenditori presso i quali non è raro trovare simili offerte sono le librerie nelle grandi catene di supermercati (Coop, Auchan, ecc.), il cui range di sconti va solitamente dal 15% al 30%. Ma soprattutto, gli effetti di questa norma saranno evidenti per quanto riguarda il commercio online, con portali come Feltrinelli.it, Ibs.it e Amazon.it che dei forti sconti (fino al 40%, in alcuni casi oltre) hanno fatto uno dei propri punti di forza. E non è un caso che negli ultimi giorni di agosto tutti questi negozi online abbiano colto l'ultima occasione per proporre sconti piuttosto generosi.
In molti di questi casi il venditore poteva persino andare in perdita, ma era una legittima strategia per attirare clientela. Metteva fuori mercato i piccoli venditori che non potevano sostenere simili sconti? Forse sì, ma d’altra parte le piccole librerie continuano a funzionare anche in ragione della loro dimensione “romantica”: se tutti i lettori fossero compratori dalla perfetta razionalità economica, le librerie tradizionali avrebbero probabilmente chiuso i battenti già da un po’. Invece così non è, segno, tra le altre cose, che la peculiare dimensione "da bottega" e il tipo di fruizione ad essa legato (rapporto col libraio, consultazione dei volumi, ricerca fisica tra gli scaffali, ecc.) non sono sostituibili per via di un semplice discorso di convenienza economica, offerto da altre realtà più impersonali quali appunto internet e le grandi catene di distribuzione. Il lettore consumatore non segue una logica di pura razionalità economica, ma intavola comportamenti che seguono anche l'affettività, l'emotività, oppure altri tipi di razionalità.
Sempre a sostegno della nuuova legge, per altro, l'argomentazione secondo cui la concorrenza si sposterà dagli sconti ai prezzi di copertina risulta piuttosto debole: a parte che è tutto da dimostrare che gli editori possano decidere di abbassare i prezzi (e sappiamo come girano queste cose in Italia), anche se così fosse a quel punto non si capisce bene dove sarebbe la differenza.

È ovvio, per chi come noi ama acquistare volumi senza disporre di particolari capacità economiche, che misure del genere incideranno in primo luogo sui lettori e sulla loro possibilità di acquistare più volumi approfittando di sconti elevati. Quanti di voi fanno (facevano) incetta di libri e fumetti in periodi con promozioni intorno al 25-30%, magari aspettando proprio quelle occasioni?
Ma il bello è quanto recita l’articolo primo della legge, quando al secondo comma ne elenca le finalità: “Tale disciplina mira a contribuire allo sviluppo del settore librario, al sostegno della creatività letteraria, alla promozione del libro e della lettura, alla diffusione della cultura, alla tutela del pluralismo dell’informazione”. È peculiare l’idea di promuovere “il libro e la lettura”, nonché la “diffusione della cultura”, rendendoli economicamente meno accessibili per tante persone, soprattutto in un periodo in cui il potere d’acquisto delle famiglie si abbassa. E poi si lacrima su quanto poco leggano gli italiani.

Certo, la legge ha in sé anche la finalità, espressa in maniera esplicita dai suoi promotori, di favorire le piccole realtà, ovvero le piccole librerie e i piccoli editori (“sviluppo del settore librario”, “sostegno della creatività letteraria”, “tutela del pluralismo dell’informazione”). Passi per le piccole librerie (fumetterie comprese), che non dovranno più sopportare la concorrenza delle grandi catene e di internet, d’ora in poi costretti a praticare sconti pressoché analoghi ai loro. Ma il discorso sui piccoli editori lascia spazio quanto meno a qualche dubbio. Ne coglie le criticità Serena Sileoni di Liberilibri, che sulle pagine del Fatto Quotidiano nota come, paradossalmente, a farne le spese potrebbero essere proprio i piccoli editori: da un lato perché in occasioni quali le fiere l'editore avrà meno possibilità di proporsi in maniera interessante (sotto il profilo economico) ai visitatori; dall'altro proprio in ragione del fatto che, restringendosi le offerte online, i piccoli perderanno importantissime vetrine per i loro prodotti, di per sé meno diffusi rispetto a quelli dei grandi editori. Aggiungiamo che se anche si verificasse l’evenienza che gli editori inizino ad abbassare i prezzi, tra grandi e piccoli editori chi avrà più possibilità e forza economica di abbassarli?

Nello specifico del fumetto, poi, è possibile abbozzare un paio di ragionamenti in più. Al di là del materiale nostrano (e neanche tutto), è facile prevedere come una certa fetta di lettori che abbia familiarità con le lingue straniere possa indirizzare i propri acquisti al mercato estero, sfruttando siti come Bookdepository.co.uk o Play.com: qui potranno trovare gli stessi identici volumi presenti nel mercato italiano, a prezzi decisamente più contenuti rispetto a quelli che la nuova legge imporrà come base minima di fatto. E non è escluso che, anche in questo caso, siano gli editori più piccoli, magari licenziatari di pochi ma fortunati titoli esteri, a soffrirne maggiormente. Se così fosse, il risultato portato nel settore fumettistico da questa legge sarebbe quello di spostare una buona fetta degli scambi del tutto fuori dal mercato italiano, scontentando praticamente tutti gli attori nostrani, dall’editore al rivenditore, grandi o piccoli che siano. Altro che legge anti-Amazon, come è stata soprannominata…

Ora, se la situazione procederà in questo modo, o se i rivenditori potranno aggirare l'ostacolo (3x2, buoni sconto generici, ecc.) rimane tutto da vedere. Certo è che, ancora una volta, il consumatore ringrazia.

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