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Valerio Coppola

Valerio Coppola

Addio a Tony DeZuniga

  • Pubblicato in News

tonydezunigaAlle porte degli 80 anni, ci ha lasciati questo venerdì Tony DeZuniga, nome storico del fumetto made in USA. Le condizioni di salute del disegnatore erano diventate problematiche nel mese di aprile ed erano parse subito serie. Nel corso dell'ultimo mese, la comunità fumettistica statunitense si era mobilitata, anche attraverso il Free Comic Book Day, per supportare le cure dell'artista.

Attivo dalla fine degli anni '60, DeZuniga si segnala come il primo autore di origine filippina a sfondare nel mondo del fumetto, aprendo la strada ad altri illustri colleghi. Dagli anni '70 è attivo sia in DC Comics che in Marvel. Nell'ampio repertorio per l'editore di Superman e Batman, in particolare DeZuniga crea graficamente l'amato e iconico personaggio del cacciatore di taglie sfigurato Jonah Hex, nonché l'originale Black Orchid. Anche per la Casa delle Idee il disegnatore lavora pressoché a tutti i maggiori personaggi, ma viene ricordato in particolare per il suo lavoro sulle serie dedicate a Conan il barbaro, sia come disegnatore, sia come inchiostratore di John Buscema, segnando pagine di grande valore artistico.
Nel 2010, pur ritiratosi, aveva ripreso in mano il personaggio di Jonah Hex realizzando le matite di Jonah Hex: No Way Back.

La redazione di Comicus esprime il proprio cordoglio alla famiglia e si unisce ai fan nel ricordo di un grande autore.

La spada selvaggia di Conan 7

Prosegue la raccolta in lussuosi volumi cartonati di Savage Sword of Conan, serie che a differenza della parallela Conan the Barbarian si concentrava sulle avventure del cimmero senza preoccuparsi della continuity o di un qualunque ordine cronologico; con lo stesso team creativo della collana sorella, La spada selvaggia manteneva un gusto più letterario, concedendosi adattamenti più liberi dai vincoli della continuity e più ancorati ai racconti originali, puntando l’attenzione innanzitutto sul valore delle singole storie.
Il settimo volume della raccolta ripropone la prima metà delle storie datate 1979. Ai testi, come sempre, l’inossidabile Roy Thomas, vero padre fumettistico di Conan e capace di reinventarlo su un nuovo medium definendolo per i decenni a venire; ai disegni si alternano invece i fratelli John (autore abituale delle matite) e Sal Buscema.

La bravura ai testi di Thomas è affidata per lo più all’ampio uso del narratore esterno: nelle numerosissime didascalie che affollano la tavola, lo scrittore riversa una copiosa prosa dall’alto tasso descrittivo. Questo escamotage restituisce un forte impatto da diversi punti di vista: prima di tutto, Thomas è capace di replicare il lessico elegante e insieme brutale di R.E. Howard, generando un link immediato tra queste pagine e quelle scritte dal creatore di Conan; in secondo luogo il fiume di parole fa sì che il lettore venga catapultato nell’atmosfera del racconto, stimolando in lui sensazioni che la nuda scena non potrebbe fornire, se non per alcune suggestioni nei disegni; in ultimo, la minuziosa descrizione dei processi sia interni che esterni ai personaggi, permette loro di dedicarsi completamente all’azione senza soffermarsi in grandi dialoghi, con il risultato che il fumetto si avvicina quasi al libro illustrato.

Si avvicina, ma non lo è. Entrambi i fratelli Buscema sono professionisti indiscussi nell’arte del fumetto: se da un lato Sal ha il suo punto di forza in uno storytelling di grande efficacia, dall’altro, nel confronto con il fratello John, soffre per un’impostazione meno visionaria e audace, nonché per un tratto spigoloso meno affascinante. John, invece, conferma soprattutto su queste pagine la sua indiscussa grandezza: i corpi scultorei del “Michelangelo del fumetto” esprimono tutta la loro massa e il loro peso, la carnalità del brutale mondo di Conan esplode da ogni vignetta mentre, anche nell’immaginazione dei luoghi più esotici, Buscema si conferma il perfetto complemento di Thomas dal punto di vista narrativo. Il disegnatore dimostra, inoltre, grande visione anche nello studio dell’inquadratura, giocando di continuo su profondità e piani sovrapposti, con il risultato, per esempio, di produrre scene di lotta dall’enorme spettacolarità, in cui il lettore si sente travolto dalla mischia, tra corpi d’uomini e di cavalli che sembrano catturare altri momenti di una “Battaglia di Anghiari”. A fissare il tutto, gli inchiostri corposi di Tony DeZuniga (anche se il miglior John Buscema rimane quello chinato dal raffinato Alfredo Alcala, qui assente).

Così, in un turbine di avventure questo volume raccoglie storie che vedono Conan in diverse fasi della sua vita e che spaziano per buona parte della pangea dell’Era Hyboriana, dall’Oceano occidentale al Mare di Vilayet, dall’estremo nord hyperboreano al sud kushita. Quasi metà del tomo è occupata dalla lunga saga “Conan il bucaniere”, che da sola abbraccia un ampio e variegato spettro geografico, nonché una molteplicità di temi e situazioni, dalla guerra all’intrigo politico, dalla religione alla magia, dall’avventura per mare a quella nei deserti; e come sempre non mancano città misteriose, donne avvenenti e fiumi di sangue.
Il Conan di Thomas e Buscema, molto più dell’originale di Howard, è questo: un uomo la cui vitalità è da sé una forza della natura, senza distinzioni tra interiorità e corporeità, solitario per inclinazione eppure capo per elezione. Dove passa Conan, nulla può rimanere lo stesso e tutto è destinato a morire o cambiare, nonostante non sia mai il barbaro a cercare i guai che si trova tra i piedi.

Con storie di questa portata, peccato solo per alcuni difetti che riguardano l’edizione. In primo luogo, la scansione non ottimale delle tavole, che si traduce in vignette leggermente sfocate, con una conseguente sofferenza nella resa delle chine (pecca già presente in volumi precedenti, ma sempre in misura ridotta, mentre qui parliamo della maggior parte delle pagine). Inoltre, alcuni scivoloni nel lettering, anche importanti, che in un volume di questa qualità sfigurano in maniera particolare.
Ad ogni modo, le storie contenute mantengono, a distanza di trent’anni, una tale potenza, e i disegni rimangono una tale gioia per gli occhi, da riuscire a far dimenticare questi pur importanti difetti.

Sailor Moon Anime Comics 1-2

C’è di sicuro un’operazione nostalgia in questo Sailor Moon Anime Comics lanciato da GP. Dopo l’ultima edizione del manga originale, a sua volta targata GP, questa nuova serie raccoglie la semplice conversione in fumetto del cartone animato tanto amato da più di una generazione. Cosa ben diversa da un adattamento. In queste pagine vengono riproposte pari pari le puntate del cartone animato (tre a volume), attraverso una sequenza di fermi immagine trasformati in vignette, quasi tutte in formato televisivo e pertanto molto uniformi.

Non siamo, dunque, di fronte a un fumetto: non c’è uno studio dello storytelling, della costruzione della pagina, della scansione fumettistica dei tempi. È solo un cartone animato costretto nelle pagine di un fumetto, per altro con una qualità dell’immagine piuttosto mediocre, tanto che la volontà di impostare la lettura da destra a sinistra, come se si trattasse di un manga, finisce per fare a pugni con la scelta (più sensata) di riproporre finanche la sigla e la nomenclatura italiane. Francamente, se ne poteva fare a meno.

Il Silenzio dei Nostri Amici

Il razzismo segregazionista e le lotte per i diritti dei neri negli Stati Uniti degli anni ’60 sono uno dei luoghi più frequentati dalla letteratura e dalla fiction americane, sia perché toccano nervi probabilmente tuttora scoperti, sia perché la loro storia è stata caratterizzata anche da tragedie di grande portata simbolica ed emotiva. Per questo, dopo tanti decenni di film, libri, fumetti, rappresentazioni teatrali e brani musicali, quelle storie sono sempre più esposte al rischio di subire il proprio stato di topos, generando una distanza tra il racconto e il suo pubblico. Così, uno dei meriti maggiori di un graphic novel come Il Silenzio dei Nostri Amici è proprio quello di far respirare in pieno la vicinanza di una storia simile, la percezione che quelle esperienze abbiano riguardato davvero persone come noi, anche negli atti più semplici del loro quotidiano.

La storia narrata riguarda avvenimenti realmente accaduti tra il 1967 e il 1968 nella città texana di Houston, sede di forti tensioni razziali e teatro di un segregazionismo ancora oggi acuto. Qui la famiglia (bianca) di Mark Long, si trovò a stringere rapporti con quella dell’attivista per i diritti dei neri Larry Thomas (nel romanzo trasformato in Thompson), finendo per vivere da una diversa angolazione l’impatto di tutta la vicenda razziale. Da questo presupposto reale, dunque, è lo stesso Long, coadiuvato da Jim Demonakos, a costruire la storia de Il Silenzio dei Nostri Amici, inserendo nel corso degli eventi reali elementi di fiction più funzionali alla narrazione.
Non è tanto l’ispirazione reale o la dimensione autobiografica, però, a regalare al racconto quella vicinanza rispetto al suo lettore. Piuttosto, si tratta dello spessore emotivo che Long e Demonakos infondono ai personaggi e alle loro interazioni: uno spessore che esprime la propria carica nei gesti più piccoli e banali, capaci di comunicare la sensazione di una realtà molto più profonda di qualunque pedissequa cronaca fattuale. In questo modo, molto più dell’assalto della polizia sui manifestanti neri, a trascinare il lettore nella disarmante verità del racconto è la sequenza del primo incontro tra i bambini della famiglia nera e quelli della famiglia bianca, scena quanto mai semplice eppure dalla potenza narrativa ineguagliabile.

A condurci attraverso le fasi di questo incontro tra due mondi diversi e separati, sono in particolare i personaggi di Larry e del padre di Mark, Jhon Long. Questi due uomini iniziano la costruzione di un rapporto di stima reciproca, inizialmente non privo di diffidenza, che porterà le due famiglie a conoscersi e a intessere una vera e propria amicizia, in un contesto in cui una cosa tanto semplice aveva, sul piano pubblico, una portata dirompente. Mentre gli autori non perdono mai di vista il lato più pubblico e storico degli eventi di quei mesi, il vero motore della narrazione rimane l’intimità delle famiglie e l’azione di questi due padri entrambi impegnati, ognuno a proprio modo, a salvare i figli da un mondo che vorrebbe separare gli uni dagli altri. Finché i due piani della storia, pubblico e privato, diventano esplicitamente un tutt’uno, per poi risolversi nel luogo letterario tipico della crisi del vecchio ordine in favore del nuovo, ossia davanti alla giustizia.

Solo le ultime pagine, in un epilogo che tende a consacrare la crescita pubblica e personale raccontata nel romanzo, cedono vagamente alla retorica, anche se, nell’economia generale della storia, questo peccato risulta trascurabile. Nel resto del libro gli autori rimangono sempre attenti a rappresentare uno spaccato di umanità il più realistico possibile, con tutti i difetti del caso e sempre con un linguaggio delicato. Questa funzione, per altro, viene egregiamente assolta dai disegni di Nate Powell, cui è demandata gran parte della forza narrativa dell’opera, che non di rado elimina del tutto le parole per lasciare spazio al semplice racconto per immagini. Le tavole di Powell ricercano il massimo effetto espressivo, non tanto nel volto dei personaggi, quanto piuttosto nell’ambientazione: nei cieli grandi e nuvolosi, plumbei e perennemente gravidi nei loro acquerelli grigi, riecheggia la pesantezza del mondo in cui si muovono i protagonisti. La costruzione della tavola è ragionata per favorire il maggior impatto narrativo, con una dislocazione dinamica di vignette i cui contorni variano e svaniscono di continuo per ottenere il miglior effetto espressivo, anche in termini di inquadrature.

Il volume, con la consueta cura editoriale targata Bao, presenta la particolarità di una copertina “setata” molto piacevole al tatto, e si conclude con una postfazione di Long incentrata sul sostrato storico del racconto. Nella lettura di questo graphic novel, però, capire cosa sia effettivamente accaduto e cosa sia invece frutto di integrazioni narrative, ha un’importanza relativa: ciò che conta, e che resta, è la forte sensazione di onestà e verità che traspare dalle parole e dalle belle figure che popolano queste pagine.

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