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Luca Tomassini

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4 Words about: Marvel Masterseries - Fantastici Quattro di John Byrne 1: Ritorno alle origini

  • Pubblicato in Focus

4 Words About, ovvero "Per chi apprezza il dono della sintesi".
Fantastici Quattro di John Byrne 1: Ritorno alle origini


Nel 1981, reduce da un ciclo leggendario su Uncanny X-Men, John Byrne prende in mano Fantastic Four come autore completo. La testata non naviga in buone acque,e i tempi gloriosi di Lee & Kirby appaiono lontani. Byrne, che è cresciuto con le loro storie, propone fin da subito un approccio semplice ma programmatico: "Back to the basics". L'autore ricondusse il Quartetto alla proprie origini, seppur in un contesto moderno: i Fantastici Quattro sono prima di tutto una famiglia, poi esploratori, solo in terza battuta supereroi. Nelle sue prime storie, pubblicate in questo volume, Byrne riportò in scena tutto il cast principale di avversari e comprimari del Quartetto, donandogli nuovamente spessore, con un ritorno all'epica, all'ambizione e alla grandezza che dovrebbero sempre caratterizzare la testata dei F4. I disegni plastici, improntati ad un ideale di bellezza, contribuirono a scolpire per sempre nella memoria la reputazione di questo ciclo come uno dei migliori mai apparsi sulla serie.

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Editore: Panini Comics
Autore: Testi e disegni di John Byrne
Genere: Superoistico
Formato: 15X23 cm, 416 pp., B., Col.
ISBN: 9791221912623
Prezzo: 11,90 €
Voto: 8,5

Cortona Comics 2025: fumetti sotto il sole della Toscana

  • Pubblicato in Focus

Negli ultimi anni le grandi fiere di settore, grazie alla contaminazione con realtà collaterali (videogiochi, cosplay etc.), hanno aumentato a dismisura i propri numeri raggiungendo dimensioni gargantuesche, che le hanno rese difficilmente frequentabili dai veri appassionati del fumetto. Ma a questo fenomeno ne è corrisposto un altro, per la fortuna degli amanti della Nona Arte, ovvero il fiorire di piccoli festival a dimensione d’uomo sparsi un po’ per tutta la nostra penisola.
Uno dei più giovani (ma che può vantare una location davvero invidiabile) è Cortona Comics, giunto alla sua terza edizione, che si svolge nella magnifica cornice di Cortona (AR). Uno dei centri toscani più visitati, con un centro storico meraviglioso che lo colloca a pieno diritto tra i borghi più belli d’Italia, cartolina ideale di immaginario tipico toscano che ha fatto breccia nel cuore di tanti turisti giunti da ogni angolo del globo per visitarla. Cortona è stata anche il set di film di successo che hanno contribuito a promuovere la sua bellezza nel mondo, come La vita è bella e Sotto il sole della Toscana.
Un’intuizione da applaudire, quella avuta dall’organizzatore Domenico Monteforte e dal direttore artistico Filippo Conte: collocare un festival del fumetto in una cornice che non ha rivali per la sua bellezza mozzafiato.

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Particolarmente suggestivo è il sito in cui si svolge la manifestazione: il Chiostro di Sant’Agostino che, con l’adiacente Chiesa (oggi usata come centro congressi), è un esempio straordinario di architettura gotica risalente al 1300. Un set suggestivo che ha ospitato nei tre giorni del Festival (31 maggio – 2 giugno) una parata di top artist Marvel/DC davvero straordinaria, partendo dai “padroni di casa”, Marco Santucci e Maria Laura Sanapo, per proseguire con Giuseppe “Cammo” Camuncoli, Carmine Di Giandomenico, Elena Casagrande, Gabriele Dell’Otto e terminare con una vera e propria leggenda come Scott Hampton. Il grande illustratore di Batman: Urla nella notte, una graphic novel dai toni adulti e crudi che nei primi anni ’90 lasciò il segno, e che abbiamo incontrato senza nascondere una certa emozione. Nutritissima anche l’allegra “pattuglia” di autori Disney, con presenze prestigiose come quelle di Silvia Ziche, vincitrice dello “Jac” d’Oro, premio alla carriera dedicato a Jacovitti e protagonista di una mostra personale. Menzione speciale anche per Michela Frare, autrice del trittico di “Puccini illustrato”, e protagonista di una mostra allestita al MAEC di Cortona, che è parte del progetto “Museo e Fumetto”. Impossibile non citare la presenza di un artista Disney molto amato come Casty, e poi ancora D’Ippolito, Freccero, Enrico Faccini, Ivan Bigarella e MArco Palazzi.

Molto nutrita anche la rappresentanza della scena autoriale italiana, con artisti di livello come Daniele Caluri, Stefano Zattera, Teresa Cherubini, Mariateresa Conte, Francesca Romana Torre, le ultime tre protagoniste di altrettanti preziosi workshop. Ricordiamo anche la presenza immancabile di Umberto Sacchelli, co-organizzatore del festival e “papà” delle mascotte Piuma e Cittino. A Sacchelli è stata dedicata anche una bella mostra personale, incentrata sulla saga fantasy di cui è autore, Le Cronache di Arda, pubblicata da Mirage Comics.
Non è mancato lo spazio per un “crossover” culturale rappresentato dalla visita al festival di Ghali, il noto rapper protagonista di un concerto a Cortona che si è svolto nella serata di sabato 31 maggio.

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Cortona Comics è un evento da segnare in grassetto nel calendario delle manifestazioni di settore: impossibile, per chi scrive, non provare un forte senso di malinconia una volta tornato a casa. Nostalgia per il concentrato di grande fumetto, arte, storia e perché no, prelibatezze culinarie irrinunciabili.
Ma soprattutto nostalgia per la bellezza, di cui Cortona è capitale mondiale. Per concludere, in basso trovate un ricco reportage fotografico dell'evento.

ARF! Festival 2025, resoconto: un sogno a fumetti nel cuore di Roma

  • Pubblicato in Focus

Si spengono i riflettori sulla undicesima edizione di ARF! Festival, vivace kermesse romana dedicata alla Nona Arte che in pochi anni si è imposta come una delle fiere più apprezzate del settore. Il motivo, facilmente intuibile e confermato da molti addetti ai lavori, è semplice: in un momento storico in cui le convention cercano i grandi numeri, gonfiandoli con elementi accessori che poco hanno a che fare il fumetto, ARF è per scelta propria e missione autoassegnatasi una celebrazione del fumetto in quanto tale, nudo e puro, libero da orpelli che possono certamente fare colore ma che alla lunga snaturano le fiere di settore. La scelta, qualitativamente vincente, di non dover essere schiavi dei numeri, consegna ai visitatori una fiera a dimensione d’uomo e piacevole da visitare. Complici le belle giornate che solitamente graziano Roma in questo periodo dell’anno, la visita ad ARF! Festival è, per i romani e non solo, un irrinunciabile e gioioso momento di spensieratezza che inizia nel momento in cui si attraversano le strade caratteristiche del quartiere che lo ospita, uno dei più autentici di Roma: Testaccio. “Core de Roma”, rione popolare amatissimo dai cittadini con la sue tipiche palazzine corredate dagli altrettanti tipici cortili, pensati tanto tempo fa in nome di una concezione virtuosa dell’edilizia, destinata più alla comunità che al profitto.

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Una splendida passeggiata nel cuore pulsante di Roma (che già assegna ad ARF già una marcia in più rispetto all’altra fiera cittadina, Romics), che conduce lo spettatore fino all’ex Mattatoio e alla “Città dell’Altra Economia”, due spazi recuperati da amministrazioni che hanno avuto sempre un occhio di riguardo nei confronti della cultura e che sono stati restituiti ai cittadini come preziosi spazi espositivi e di divertimento.
Il Festival ha replicato sostanzialmente la formula vincente degli anni precedenti, costituita da conferenze e lectio magistralis di assoluto prestigio ospitate nella Sala Talk (con la supervisione di Mauro Uzzeo), incontri con gli autori nello spazio dedicato “Best Nine” e una nutrita presenza di artisti nell’apposito e ormai celeberrimo Arfist Alley, che si avvale come sempre della direzione di un artista affermato a livello internazionale come David Messina. La novità principale riguarda proprio l’Arfist Alley che ha abbandonato la precedente collocazione, ora dedicata all’editoria “indie”, per posizionarsi in un contesto più adeguato ad accogliere il gran numero di visitatori accorsi per ricevere firme, sketch e commission dai propri artisti preferiti. Tra questi, star della matita come la superospite Becky Cloonan, giunta a Roma per presentare il suo Somna, opera realizzata in tandem con Tula Lotay vincitrice dell’Eisner Award (in Italia per Star comics), Ivan Brandon, Alessandro Cappuccio, Sara Pichelli, Jacopo Camagni, Michele Bandini, Emilio Laiso, Federico Mele, Federico Sabbatini, Eleonora CarliIni, Elisabetta D’Amico, Carola Borelli e tanti altri.

La presenza più preziosa di tutte, ci permettiamo di dirlo, è stata quella di una vera e propria leggenda del fumetto britannico, l’autore che con il suo seminale Luther Arkwright (di cui Tunué ha pubblicato l'attesissimo finale) ha anticipato e influenzato il movimento della British Invasion: Bryan Talbot, protagonista di un affollato firmacopie e di una lectio magistralis di altissimo livello, moderata con competenza da Gianluca De Angelis. Abbiamo avuto l’occasione di scambiare poche parole preziose con il maestro Talbot, un gentiluomo d’altri tempi. Altri incontri a cui abbiamo avuto la fortuna di presenziare sono stati quelli con la già citata Becky Cloonan, gentile e disponibilissima con i fan, e con Gigi Cavenago, artista eccelso noto al grande pubblico per il lavoro svolto con successo su Dylan Dog, che da qualche anno si sta dedicando all’animazione con risultati straordinari, basta pensare alle sequenze dei film animati dello Spider-Verse a cui ha contribuito o alla recentissima hit di Netflix Love, Death and Rockets.

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Un ruolo importante nell’offerta di ARFestival l’hanno giocato anche quest’anno, come d’abitudine, le belle mostre allestite per l’occasione: di ottimo livello quelle dedicate ad un nome storico del fumetto italiano come Davide Toffolo, all’artista messicano Tony Sandoval, e al sorprendente Jon McNaught. Le tavole di quest’ultimo, tratte da Hors Scène (edito da Dargaud) ci hanno particolarmente colpito per la loro apparente semplicità, che nasconde invece una forte carica emotiva accentuata da un uso molto particolare del colore.
Uno “spotlight” particolare è stato dedicato anche al fumetto indipendente, con le belle mostre dedicate rispettivamente a SantaMatita e a Nicoz Balboa.
In chiusura vogliamo rivolgere un apprezzamento e un ringraziamento a tutto lo staff di ARF! Festival, partendo dai responsabili per arrivare ai tanti addetti impiegati, infaticabili, cortesi e accoglienti. Ci vediamo il prossimo anno!

In basso trovate una ricca gallery realizzata durante l'evento.

Thunderbolts*, recensione: segnali di ripresa del Marvel Cinematic Universe

  • Pubblicato in Screen

Il motivo principale per il quale Thunderbolts* (con l’asterisco, il motivo sarà chiaro alla fine del film) non aveva nulla da perdere e anzi, rivelarsi una sorpresa imprevista, è che praticamente nessuno aspettava con impazienza la pellicola diretta da Jake Schreier. Perché il “post-Endgame” dei Marvel Studios si è rivelato inaspettatamente complicato, segnato da troppi insuccessi che hanno disperso la credibilità che gli Studios si erano guadagnati nei loro primi 11 anni di vita e che hanno compromesso la programmazione della tormentata “Multiverse Saga”, capitolo attualmente in corso della continuity cinematografica di Avengers e soci. Come se non bastasse, al momento tutte le attenzioni e le aspettative degli appassionati sono rivolte a due pellicole con protagonisti personaggi blasonati come Superman e i Fantastici Quattro, che la prossima estate verranno chiamati al capezzale di un genere in profonda difficoltà come quello dei cinecomic per cercare di salvarlo da una crisi che sembra irreversibile. In tutto questo, l’arrivo nelle sale dei Thunderbolts è passato in sordina, avvolto nel disinteresse più o meno generale che ha riguardato la maggior parte delle pellicole recenti targate Marvel Studios. Nel momento in cui scriviamo non sappiamo se il film riceverà una buona accoglienza o meno al botteghino, ma le recensioni che stanno arrivando da oltreoceano sono positive e, dopo averlo visto in anteprima, possiamo confermare le buone impressioni sulla pellicola.

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Ma prima di parlare del film, rispondiamo ad una domanda inevitabile per il pubblico generalista che non è cresciuto a pane e fumetti: chi sono i Thunderbolts?
Dopo una breve apparizione su The Incredible Hulk, i Thunderbolts originali esordiscono nell’estate del 1997 per mano di Kurt Busiek e Mark Bagley ma in realtà, come i lettori scoprono con lo scioccante e geniale finale che chiude il primo albo, si tratta di personaggi già noti dietro mentite spoglie: i Signori del Male, storici avversari degli Avengers guidati dal Barone Zemo, mascherati da eroi. “Lupi travestiti da agnelli” per ingannare l’opinione pubblica e convincerla di essere degni di sostituire Vendicatori e Fantastici Quattro, allora creduti morti nello scontro con il temibile villain Onslaught. Il gruppo ha conosciuto nel tempo varie incarnazioni, che di volta in volta hanno recuperato alcuni membri della formazione originale oppure hanno completamente tagliato i ponti con essa. La seconda incarnazione più conosciuta dei T-Bolts è quella guidata da Norman Osborn nelle storie firmate da Warren Ellis e Mike Deodato Jr. che poi si tramuteranno, con l’aggiunta di altri personaggi come Sentry (tenete a mente questo nome) nei Dark Avengers del periodo “Dark Reign”.
Come potete ben capire era piuttosto improbabile riuscire a condensare decenni di trame a fumetti in un’ unica pellicola e i Marvel Studios hanno deciso, mantenendo lo spirito delle storie di provenienza, di seguire una strada più compatibile con la continuity MCU (che, lo ricordiamo, non segue alla lettera le vicende del Marvel Universe a fumetti). I Thunderbolts cinematografici sono un “mucchio selvaggio” di criminali in cerca di redenzione, antieroi in cerca di riscatto e ex eroi falliti con un luminoso futuro ormai alle spalle.

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Il film è il punto in cui convergono le trame del cinematografico Black Widow e del televisivo The Falcon & The Winter Soldier, con il recupero di molti personaggi di entrambe le produzioni. Ritroviamo la bravissima Florence Pugh nei panni di Yelena Belova, la “Vedova” che dopo aver perso la sorella Natasha Romanoff è diventata agente sul campo per conto della luciferina Valentina Allegra De Fontaine (interpretata da una Julia Louis-Dreyfus in grande spolvero). De Fontaine assegna a Yelena missioni sporche, allo scopo di fare piazza pulita del suo passato non proprio integerrimo. Il segreto più controverso custodito da Valentina è il progetto Sentry, una sperimentazione abbandonata (o no?) volta a creare un nuovo e onnipotente superumano che possa colmare il vuoto lasciato dagli Avengers: non vogliamo fare spoiler, ma Yelena sarà costretta a riconsiderare la sua posizione e le sue alleanze quando troverà sulla sua strada vecchie conoscenze come John Walker, U.S. Agent (Wyatt Russell), la criminale Ghost (Hannah John-Kamen, suo “padre” Red Guardian (David Harbour) e Bucky Barnes (Sebastian Stan), l’ex Soldato d’Inverno oggi deputato non molto convinto del suo ruolo, ma assolutamente deciso a fermare la De Fontaine e i suoi progetti. E poi c’è Bob, che delle sperimentazioni volute da Valentina è la più pericolosa.
Bob/Sentry, la cui apparizione in costume (perfetto) non è stata anticipata dal materiale promozionale, è forse il personaggio dalle radici fumettistiche più prestigiose in una sporca “mezza dozzina” di personaggi dei quali in partenza al pubblico probabilmente non importava nulla.

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A sorpresa sono proprio le basse aspettative la chiave per la riuscita del film. Perché questa ammucchiata di personaggi di seconda o terza fascia funziona eccome, e da una accozzaglia iniziale nasce un gruppo credibile. Florence Pugh è attrice di livello e nei panni di Yelena regala una interpretazione intensa, così come Wyatt Russell, con la sua sbruffonaggine ereditata dai geni di papà Kurt, è un U.S. Agent perfetto. John Walker può essere detestabile, ma incarna l’umanissimo limite di non poter corrispondere alla grandezza delle proprie aspirazioni: che nel caso di John si traduce nell’impossibilità di essere come Steve Rogers. Sebastian Stan conferma tutto il suo carisma nei suoi panni ormai più che decennali di Bucky Barnes, e si ritaglia la parte di protagonista per la scena più tamarra del film, in cui in sella ad una moto e fucile a canne mozze in mano vince la sfida con una serie di furgoni blindati. Rimandando ovviamente alla famosa scena di Terminator 2, ma anche ad un modello fumettistico tipicamente anni ’90 che ha anticipato proprio il Winter Soldier a fumetti: Jack Monroe ovvero Nomad, un altro sidekick sfortunato di Captain America. Sorprende il ritorno di Hannah John-Kamen nei panni di Ghost, che era stata la villain dell’ormai lontano Ant-Man 2, ma è un ritorno che si fa apprezzare. Un po’ meno quello del Red Guardian di Harbour, a cui spetta il ruolo di mattatore spara battute a cui i film MCU non sanno rinunciare. Molto buona l’interpretazione di Lewis Pullman nella parte di Bob Reynolds/Sentry, fedele all’originale, anche per quanto riguarda l’inevitabile arrivo di Void: i fan dei fumetti potranno essere contenti.
Enter the Void (ci sia consentita la citazione cinematografica): il vuoto che diventa condivisione di gruppo dei traumi individuali e che forgerà il rapporto tra lupi solitari trasformandoli in un gruppo.

Film in cui l’azione si sposa bene con l’introspezione psicologica, diretto con sicurezza da Jake Schreirer (regista dal curriculum finora scarno ma per fortuna più dotato di alcuni carneadi scelti per le produzioni MCU degli ultimi anni), Thunderbolts* è come una di quelle giornate libere per le quali non hai fatto programmi: magari esce fuori una sorpresa, e finisce pure che ti diverti.

P.S. Non pensiamo ci sia bisogno di dirvelo dopo 17 anni di film targati Marvel Cinematic Universe, ma il suggerimento è quello di restare in sala per le due scene post - credits: la seconda è di importanza storica per questo universo cinematografico e vi farà fare un balzo sulla sedia.

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