È un Dylan Dog che uccide sé stesso e che ritorna alla vita quello che vediamo in "...e cenere tornerai", un albo che è figlio diretto degli eventi della ormai famosa "fase 2". Un Dylan che sprofonda nell'incubo peggiore di tutti, che fa paura ad ognuno di noi: la perdita della propria identità, di tutte le nostre certezze fino a non riconoscere e accettare più la realtà che ci circonda. Un "born again" in piena regola, che smonta, ricompone, defragga e aggiusta gli errori di sistema, ma sopratutto che ridefinisce ulteriormente la figura l'Indagatore dell'Incubo.
La realtà che circonda Dylan sembra fittizia, così come la Londra da cartolina dei suoi albi finora descritta. Con un fare quasi autistico Dylan si è aggrappato troppo a quella "gabbia" che ora è distrutta, che lo protegge nonostante i pericoli. Si rinchiude in casa, ma nonostante questo è ora esposto ai rischi, ai giudizi e agli occhi della gente, fragile, criticabile, il suo mondo sta cadendo a pezzi. Chiara manifestazione meta-fumettistica del Dylan che c'era e quello che c'è, di quello che i lettori e gli autori vogliono e no. Ma chi è il vero Dylan, quali sono i suoi valori, i suoi affetti, cosa gli appartiene realmente? Oggetti e persone, scenari di una vita sfumano e diventano indefiniti, indistinguibili.
La crisi arriva tutta dai precedenti albi, il castello di carta che crolla attorno a Dylan ormai sempre più alla canna, sempre più in bolletta. Ha dovuto fare i conti con sé stesso, con la propria visione dell'amore, con John Ghost, con il pensionamento di Bloch e l'arrivo dell'ispettore Carpenter che gli ha reso difficile la vita. E dunque, la paranoia (giustificata?), l'intimazione di sfratto. Troppo, pure per chi è abituato a "combattere fantasmi". Quando ti crolla il mondo addosso, quando perdi la fiducia in te stesso, allora non c'è nulla di più spaventoso. E così, la follia, il rigetto, che si può sconfiggere solo affrontando sé stessi, risalendo dal basso. Magari accettando l'aiuto di volontari di un centro di assistenza per senza tetto. Mai l'Indagatore dell'Incubo era caduto così in basso.
Eppure, alla fine, dopo un travagliato percorso, c'è la forza di risalire, di rimettersi in sesto, seppur cambiato e disilluso. Significativa, in tal senso, la scena in cui Dylan, recuperata la sua lucidità, tenta di invano riconoscere "la fiamma del mese", la donna che l'ha aiutato a risalire nel suo momento più buio. Ma è amaro il boccone da digerire, Dylan scende a patti con la propria fragilità, la propria umana imperfezione che si manifesta anche dinanzi all'amore. E anche questo serve a crescere, a guarire.
Paola Barbato, Raul e Gianluca Cestaro ci offrono quello che è a tutti gli effetti un instant classic. Asciutta e diretta come non mai la sceneggiatrice, tanto bravi e efficaci i due artisti a rendere con le matite tutta l'angoscia che la storia trasmette. Ci sono numerose tavole di estrema bellezza e tante scene efficaci, in un viaggio nell'apparente follia della mente di un uomo, che svia e fa perdere la strada allo stesso lettore, fra risvegli, citazioni, allegorie.
Nonostante una leggera forzatura iniziale, dovuta più ai precedenti fill-in che hanno interrotto l'effetto domino degli eventi della "fase 2", "...e cenere tornerai" è esattamente il tipo di albo che ti fa reinnamorare di Dylan Dog. Inquieta il racconto e le due tavole finali, quando ormai tutto sembrava tornato al suo posto viene gettata un'ombra sul mondo di Dylan che si estenderà per il prossimo futuro e di cui, preoccupati per le sorti dell'Indagatore dell'Incubo, attendiamo gli sviluppi.