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Velvet #1: Prima che giunga la fine

Velvet Templeton è l'avvenente segretaria del Direttore dell'ARC 7, agenzia di spionaggio con sede a Londra. L'ARC 7 dispone delle migliori spie in circolazione, e l'agente X-14 Jefferson Keller è probabilmente il più grande agente segreto al mondo. Durante una missione, l'ennesima, Keller viene ucciso in maniera anomala, e tocca adesso scoprire se tra gli uomini dell'agenzia c'è qualche talpa.

Questo l'incipit di Velvet: Prima che giunga la fine, nuova spy-story imbastita da Ed Brubaker, edita negli USA dalla Image Comics e proposta per il pubblico italiano dalla Panini Comics. Il volume in questione raccoglie i primi cinque capitoli della storia durante i quali la misteriosa Velvet proverà a ricostruire l'ultimo giorno di vita di Jeff. Durante l'indagine la protagonista dovrà ricorrere a tutta la sua abilità e scaltrezza per venire a capo di questo mistero, ma la situazione risulterà più intricata e complessa del previsto, e una serie di eventi negativi spingeranno Velvet a vestire i panni dell'indiziata principale.

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Brubaker è un abile narratore, su questo non ci sono dubbi, e in questo suo nuovo lavoro non fa altro che confermare il nostro giudizio entusiastico sul suo operato. Anche questa volta, come nelle precedenti serie noir Criminal e Incognito, pone al centro degli eventi il personaggio meno atteso, l'escluso, quello che non siede al tavolo delle decisioni importanti, ma è un passo indietro, nell'ombra, in silenzio. I riflettori non vengono puntati sugli agenti più preparati e meglio addestrati, bensì sulla segretaria, Velvet. La scelta dell'autore gli permette di apportare nuova linfa e offrire un nuovo punto di vista narrativo ad un genere letterario che spesso si limita a riproporre stancamente l'ennesima copia del personaggio creato da Ian Flemming, James Bond.

Lungo le pagine di questo volume è la stessa Velvet ad accompagnarci attraverso gli avvenimenti, con una narrazione condotta in prima persona, come un diario di bordo sul quale appuntare ogni fase dell'indagine. In questo modo riusciamo ad entrare nella vita e nei sentimenti di questa donna all'apparenza forte, ma in realtà segnata profondamente da un passato che ci verrà svelato a piccole dosi lungo il racconto. La bravura di Brubaker è quella di prendere un personaggio che ricopre un ruolo minore, conferirgli un'aura di mistero e grande spessore, dotarlo di una profondità e un'umanità in grado di creare subito empatia nel lettore.

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A questa capacità non da poco va, poi, unita quella dello storytelling. Il presente narrativo della storia è ambientato negli anni '70, ma l'autore spazia lungo tutto il periodo del secondo dopoguerra, utilizzando, dunque, il clima di tensione e precarietà che si respirava durante la guerra fredda. Mentre Velvet scosta uno dopo gli altri i veli che celano la verità dietro la morte di Keller, veniamo catapultati avanti e indietro negli anni e nei luoghi teatro di missioni suicide e intrighi politici per un nuovo assetto geopolitico. Ricorrendo all'artificio dei flashback, il racconto mantiene sempre alta la tensione, ogni pagina viene caricata di episodi che potrebbero svelare un segreto, aggiungere un altro tassello a questo puzzle così intrigato. A un certo punto, però, il lettore scoprirà che in realtà ciò che vuole conoscere è la storia, tragica, drammatica, violenta di Velvet. Cosa si nasconde dietro quell'aria severa e rigida? Quali avvenimenti hanno segnato così affondo la sua vita? Con abile mossa in fase di regia, Brubaker intreccia i fili della storia, il dramma umano della ragazza, infatti, si incrocia con quello dell'omicidio di Keller, e carica di maggiore emotività il tutto.

Grande merito deve essere riconosciuto all'ottimo lavoro di Steve Epting. I due avevano già lavorato insieme, sull'ormai celebre saga Morte di un Sogno, e l'artista che ha disegnato l'omicidio di Capitan America ci regala l'ennesima prova degna di nota alle matite. Il suo stile realistico tratteggia fisionomie ben distinguibili, in grado di imprimere la giusta caratterizzazione alla scrittura dell'amico Brubaker. Ma Epting si esalta anche nella variazione del proprio registro stilistico, passando da tonalità scure e darkeggianti ad altre più luminose e solari. Grande cura e dovizia di dettagli viene utilizzata per gli sfondi, siano essi esterni che interni, e per l'abbigliamento dei personaggi stessi.

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Velvet è un'opera che non mancherà di appassionarvi così come in passato avevano fatto le precedenti prove di Brubaker. È davvero un peccato che la proposta fatta dall'autore alla NBC per la realizzazione di una serie TV non sia andata in porto, privandoci di un prodotto che, anche in questa inedita veste televisiva, avrebbe potuto raggiungere ottimi riscontri. Ma non fa niente, godiamoci questo primo capitolo in attesa dei successivi, per conoscere chi è, in realtà, Velvet Templeton.

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Tutti i dettagli della nuova edizione di Asterix targata Panini Comics

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Vi abbiamo già riportato che Panini Comics è il nuovo editore italiano di Asterix. Ebbene, grazie ad Anteprima, possiamo ora scroprie i dettagli dell'edizione.

Eccezione fatta per lo speciale "Come fu che obelix cadde da piccolo nel paiolo del druido" (in uscita a maggio), la collana ristamperà gli albi in ordine cronologico da settembre con le seguenti caratteristiche tecniche: 21,8x28,7, C., 48 pp, col. Euro 12,90. Inoltre, ad ottobre, uscirà un'edizione deluxe di "Asterix e i Pitti", la prima avventura della serie non realizzata da Albert Urderzo, in formato 26,6x37, C., 128 pp, col. con numerosi extra e stampato su carta speciale e copertina con inserto in tela. Prezzo indicativo 34,90€.

Potete vedere tutte le informazioni, e le immagini, nella gallery in basso.

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Zenith 1 Fase Uno

Ci sono opere che, a volte involontariamente, a volte per precisa volontà del proprio autore, incarnano lo zeitgeist, lo spirito del momento storico in cui sono uscite. Opere che, quando finalmente le leggi, ti sembra di averle già lette, ma solo perché quel materiale era ispirato proprio da queste opere. Se entambe le affermazioni possono essere accolte quando si parla di un classico ritrovato come il Miracleman di Alan Moore, di cui Panini Comics da circa un anno propone la splendida ristampa rimasterizzata, lo stesso possiamo senza dubbio dire di Zenith, opera seminale di un giovane Grant Morrison raccolta dalla stessa casa editrice modenese in eleganti volumi cartonati, il primo dei quali è arrivato sugli scaffali delle fumetterie da pochi giorni.

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Uscita per la prima volta a puntate nel 1987 sulla prestigiosa rivista 2000AD, vera e propria palestra per un nutrito gruppo di giovani autori inglesi che tra la metà degli 80 e i primi anni '90 tenteranno il grande salto nel fumetto americano, come gli stessi Moore e Morrison ma anche Alan Grant e Pat Mills, Zenith raccontava cosa volesse dire essere un giovane supereroe negli anni '80 dominati dall’edonismo, dall’estetica da videoclip, e dai tormentoni da classifica pop realizzati da scaltri produttori come Stock-Aitken-Waterman per idoli dei teenager come Rick Astley e Kylie Minogue. Modellato sulle sembianza del divo per una stagione Nick Kamen, one hit wonder dell’epoca, ma dotato del sarcasmo graffiante e del ciuffo ribelle di Morrissey, idolatrato leader degli Smiths, Zenith è un supereroe pigro e svogliato, lontano anni luce dal binomio power & responsability di marvelliana memoria, che si preoccupa solo di apparire sulle copertine e scalare le classifiche con i suoi album e singoli di musica pop. Non è un campione del popolo, a parte quello di MTV; non combatte per le ingiustizie, occupazione a suo modo di vedere dannosa che ha condotto ad una morte misteriosa i suoi genitori, eroi degli anni '60 appartenenti al supergruppo Cloud 9. Non potrà però sottrarsi a lungo alle sue responsabilità, quando il ritorno di una minaccia del passato lo costringerà a scendere in campo.

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Morrison parte dal classico materiale della DC e Marvel delle sue letture d’infanzia e adolescenziali, omaggiandolo (il protagonista sembra essere uscito fuori da una versione anarcoide dei Teen Titans, la celebre serie DC sui sidekick, gli aiutanti dei supereroi adulti; l’antagonista, il superuomo nazista Masterman, è un omaggio diretto ai fumetti bellici di Roy Thomas, in particolare il marvelliano The Invaders), ma contaminandolo con una visione post punk fortemente anti-sistema. Sferzante la critica diretta alla politica del governo Thatcher, origine di tensioni sociali, che sembra creare le condizioni per l’invasione della nostra realtà da parte di creature demoniache di lovecraftiana memoria, ma bassa anche la considerazione per i politicanti, casta abietta dedita alla spartizione del potere, a cui partecipano anche vecchi e celebrati campioni del popolo, come il vecchio eroe Peter St. John, che una volta eletto volta le spalle ai bisogni della gente.

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Deciso a non ricalcare le atmosfere plumbee del Watchmen di Alan Moore, Morrison da una parte opta per uno stile in grado di riprodurre, come da lui stesso affermato, “l’ariosa superficialità della cultura pop degli anni '80”, dall’altra non sfugge al ruolo di attento critico della politica e della società di quegli anni. Lo sceneggiatore raffigura con spietata sincerità un mondo post ideologico, in cui la speranza di un mondo migliore è fallita con la sconfitta del flower power e la contemporanea scomparsa dei supereroi degli anni '60, mentre i nuovi eroi, come Zenith, possono solo combattere per un posto nel talk show del conduttore Jonathan Ross (oggi anche autore di comics, di cui è uscito in questi giorni in Italia il primo lavoro, America’s Got Power, a chiusura di un cerchio ideale) o per conquistarsi un servizio fotografico sulla rivista The Face. Un Morrison in grande spolvero insomma, pronto a lanciarsi alla conquista degli States col suo successivo incarico, e primo per una major americana, Animal Man. Al reparto grafico ottimo lo storytelling di Steve Yeowell, che diventerà un collaboratore abituale di Morrison in avventure americane come The Invisibles e Skrull Kill Crew.

Un’opera nata negli anni degli yuppies e del liberismo sfrenato, ma mai tanto attuale.

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Inumani Primo Contatto

Spesso si sente dire che l’etichetta Marvel Knights, creata dalla Casa delle Idee per permettere la realizzazione di storie più mature, autoriali e per un pubblico adulto, non è all’altezza dei prodotti sfornati dalla sua storica nemesi, la Vertigo della Distinta Concorrenza. Ed effettivamente se si fa un bilancio delle serie realizzate dall’una piuttosto che dall’altra si nota una certa discrepanza di qualità. Eppure ci sono delle belle sorprese e degli ottimi lavori anche in Marvel Knights e in particolare vi parliamo della serie Inhumans scritta nel 1998 da Paul Jenkins, allora astro nascente del fumetto americano, e disegnata meravigliosamente da Jae Lee. Una serie in 12 numeri, ora raccolti in un volumone dalla Panini Comics, che venne accolta con grande plauso di critica e pubblico e vinse ben due Eisner Awards, uno per autore, meritatissimi.
Gli Inumani, seppur apparsi per la prima volta su The Fantastic Four #45 nel 1965, non hanno mai goduto di storie in solitaria di particolare spessore e bellezza, se si escludono appunto questa serie del ’98-’99 e il graphic novel omonimo scritto da Carlos Pacheco su disegni di José Ladrönn; al momento però stanno rivivendo una sorta di rinascita editoriale, lanciatissimi nel Marvel Universe grazie allo scrittore Charles Soule.

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In questa opera in 12 numeri invece abbiamo uno sguardo a tutto tondo sul mondo di questa famiglia di esseri geneticamente superiori agli umani, sulla loro società genocratica, sulla loro vita, sulla loro mentalità e la loro diversità biologica, vero e proprio aspetto dominante della specie.
Una storia incredibilmente profonda, psicologica, a tratti estremamente angosciante e opprimente, riflessiva al punto da diventare interattiva, chiamando in causa direttamente il lettore, ponendogli quesiti, facendolo ragionare sul peso e sull’importanza delle scelte che vengono compiute dai personaggi, coinvolgendolo personalmente e mettendolo in gioco.

Il sipario si apre su Attilan, la leggendaria città degli Inumani, che ha subito numerose delocalizzazioni spaziali, dalla Zona Negativa ad Atlantide, dove si trova all’inizio di questa run. Una città circondata da una barriera potentissima che evita la contaminazione del microclima interno con l’atmosfera inquinata della Terra, e la protegge da attacchi esterni; tuttavia la quiete inumana viene minacciata da un esercito mercenario e da intrighi politici che mirano al vibranio nel sottosuolo della recentemente riemersa Atlantide.
Freccia Nera, il re degli Inumani, dovrà quindi affrontare queste minacce esterne e al contempo fronteggiare quelle interne che vedono suo fratello Maximus alle prese con una rivolta a capo degli Alfa Primitivi, specie creata in laboratorio dal genetista inumano Avadar, con lo scopo di realizzare una razza che liberasse gli Inumani da qualsiasi lavoro fisico. In questo precario equilibrio la goccia che farà traboccare il vaso sarà la trasformazione a seguito di Terrigenesi, processo che risveglia l’abilità genetica dell’Inumano in un essere biologicamente unico e superiore, in un Alfa Primitivo, gettando ombre sulla presunta perfezione genica della specie e mettendo in discussione l’effettiva direzione della loro mutazione, oltre che instillare i germi della non liceità e correttezza etica dello sfruttamento degli Alfa.

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E Jenkins descrive magnificamente questa condizione di metastabilità, di precarietà assoluta, di crisi di certezze e di completa incertezza esistenziale e sociale. Il ritmo narrativo è sapientemente ammaestrato, con lenti, esaustivi e opprimenti periodi di gestazione e sviluppo degli intrecci iniziali che sublimano in rapidi e scattanti momenti risolutivi che rimuovono in modo deciso la non azione generando un climax vibrante e mai scontato.
Ma la vera peculiarità di quest’opera è il grande lavoro di approfondimento e indagine psicologica dei personaggi che lo scrittore porta avanti sin dalla prima pagina. Non ci troviamo davanti, come sempre più spesso accade, a vuoti involucri, marionette bidimensionali che lottano unicamente per la spettacolarità dell’azione; soprattutto gli Inumani vengono analizzati molto attentamente, facendoli interagire, dialogare, mossi dal loro intelletto e dai loro sentimenti, cercando di donargli vita propria, in un lavoro introspettivo mirabile.
Non si sentono forzature narrative in questa storia: Jenkins caratterizza i personaggi comprendendo appieno la loro natura e facendoli agire senza stonature o coercizioni, in completa armonia con il loro essere.

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Molto spesso infatti ci vengono riportati per filo e per segno direttamente i pensieri dei singoli, permettendoci di capire i ragionamenti degli stessi; altre volte invece si sfrutta una voce fuori campo che chiama lo stesso lettore a mettersi in gioco e a rispondere agli interrogativi che gli pone, creando una complicità con il fruitore che porta l’interattività della lettura ad un livello superiore.
E il personaggio chiave dell’intera run, quella su cui più ci si focalizza, è re Freccia Nera. La figura muta di Blackagar Boltagon è la più comunicativa dell’intera opera, grazie soprattutto all’ottimo lavoro di Jae Lee. L’impossibilità di emettere suoni porta lo scrittore ad animarlo e definirlo tramite i suoi pensieri, lasciando all’abilità del disegnatore la comunicatività di un personaggio tormentato da dubbi, paure, responsabilità e doveri asfissianti di chi deve proteggere, accudire e governare un’intera civiltà.

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Questo ciclo di storie è una sorta di racconto di formazione dai toni shakespeariani per tutti i personaggi che lo popolano, per un’intera società; tutti dovranno “evolvere” per far fronte ai pericoli che si porranno sul loro cammino.
Ed è nella parte grafica che si accentua tutto quanto fatto da Jenkins a livello di trama. Il titanismo, l’incertezza, la paura, l’ansia e il dolore vengono perfettamente messi su tavola dall’eccezionale abilità artistica di Lee che con il suo tratto marcato e scuro, dominato da un nero denso e morbosamente attraente, incupisce ancora di più l’atmosfera, rendendola ancora più claustrofobica e soffocante. Con uno stile spesso inquietante e realistico fino all’estremo, la tavola non è accessorio ma forza motrice essenziale dell’intera opera, fusa indissolubilmente alla narrazione.

Edizione Panini cartonata di grande formato che rende al meglio le pagine illustrate dell’artista e dona il pregio meritato alla storia, con una piacevole gallery finale di artwork e studi preparatori delle tavole. Immancabile nelle librerie di chi vuole storie Marvel autoriali o semplicemente di grande bellezza.

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