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Marvel Comics. Una storia di eroi e supereroi

Versione breve: questo libro è magnifico. Va assolutamente comprato.

Seguirà versione lunga. Che però tocca corde talmente personali da richiedere un prologo autobiografico.

Fino ai 20 anni, sono stato un estimatore dei fumetti DC. Fan è una parola troppo grossa: da adolescente, non avevo quasi mai letto fumetti seriali di supereroi, con qualche eccezione come il Batman della Glénat e della Play Press, e quasi sempre con interesse moderato. Fino ai 16 anni, le mie uniche escursioni nel mondo degli eroi in calzamaglia erano state  Watchmen, Il ritorno del Cavaliere Oscuro (nella mitica traduzione di Enzo Baldoni, tanto disinvolta quanto affascinante) e The Killing Joke. Il che forse spiega perché, nell’accostarmi a pubblicazioni seriali, quest’ultime risultassero invariabilmente perdenti nei confronti di quelle che erano - ma io ancora non lo sapevo - irraggiungibili pietre miliari.

Finché in un giorno del 2000, quasi per caso, incappai nelle collezioni Comic Art dei Grandi eroi Marvel: volumoni rossi che ristampavano in italiano i Marvel Masterworks. Non conoscevo la Marvel: sapevo solo che era la casa editrice dell’Uomo Ragno (di cui a suo tempo avevo comprato qualche albo, più che altro perché mi piacevano i disegni di Erik Larsen) e che era la principale rivale della DC. Ma andavo in cerca di nuove letture, e così comprai un volume.

E dopo ne comprai un altro. E un altro. E un altro ancora.

Gesù. Che roba. Mai letto niente di simile. Erano storie avventurose, erano mozzafiato, erano divertentissime. Davvero molto lontane dai corretti, raffinati, ma così normali Superman e Batman storici, che avevo conosciuto grazie alle antologie Dagli anni ’30 agli anni ‘70 della Milano Libri. E altrettanto dissimili dalle cupe e labirintiche elucubrazioni di Alan Moore e Frank Miller. Non capivo, ma vagamente intuivo, che le storie di Capitan America e Hulk, pur avendo una loro statura artistica, miravano soprattutto alla pancia e al cuore del lettore. Lo spirito di chi le aveva confezionate non era quello di un poeta, ma di un bravissimo imbonitore da circo. E che diavolo erano quei motivi di cerchi e linee a zig zag che Jack Kirby piazzava dappertutto? Circuiti? Bottoni? Comunque sia, li adoravo.

Caso volle che la mia scoperta della Marvel storica coincidesse con l’arrivo di Bill Jemas e Joe Quesada alla direzione della Marvel moderna, e quindi con la rivoluzione che avrebbe portato la Casa delle Idee ad assumere un nuovo volto fatto non solo di periodici cartacei, ma anche di innumerevoli blockbuster cinematografici. Inoltre, sempre nello stesso periodo, cominciai ad allargare il mio interesse ad altre serie DC: Superman, Wonder Woman e poi tutta la DC storica.

Il risultato: un’abbuffata di supereroi che durò anni. Scoprivo nello stesso momento il Superman di Byrne, gli X-Men di Claremont e gli Ultimates di Mark Millar. E mi ritrovavo coinvolto in discussioni con altri appassionati - discussioni a volte rispettose e pacate, ma molto più spesso esagitate e portate avanti fino all’oltranzismo - su continuity, trame e significato di personaggi principali e secondari. Onestamente non era poi così infrequente azzannarsi per partito preso. Però alcune discussioni sono state anche stimolanti, per quanto viziate più o meno tutte da un problema di fondo: erano quasi sempre scontri di opinioni soggettive, sostenute dal fanatismo, ma raramente fondate su basi concrete e obiettive.

Né era così facile risalire alle cosiddette fonti. Di solito, gli unici elementi che facevano testo erano opinioni di fan di antica data o note e rubriche apparse su albi vecchi e nuovi. Ma, personalmente, non mi sentivo sempre incline a guardare con fiducia a queste basi. Certi ricordi, e anche certi articoli, erano resi meno credibili da posizioni parziali e denigratorie o -come avveniva assai più spesso- filoaziendaliste. L’aver scoperto la Marvel relativamente tardi mi ha sempre impedito di provare per i personaggi della Casa delle Idee, che pure ho spesso amato, la stessa passione che ho provato per altri fumetti scoperti quando ero bambino. Ma ho la sensazione che un minor coinvolgimento emotivo abbia anche contribuito a farmi avere un maggior distacco verso voci che - questa era la mia impressione - per un motivo o per un altro, e non sempre premeditatamente, cantavano solamente la mezza messa.

Due anni fa, ho smesso con gli albi seriali di supereroi. Ne avevo abbastanza. E, anche se continuo a tenermi aggiornato sul settore, farei davvero fatica a sentire per i fumetti attuali di eroi in costume lo stesso interesse e la stessa passione che ho provato per dieci anni. Provo un affetto lievemente maggiore per certi personaggi DC, ma questa mia predilezione è puramente personale. E nulla ha a che vedere con l’oggettiva constatazione che, nel corso della sua storia, la Marvel ha conosciuto un numero assai maggiore di storie qualitativamente importanti e interessanti rispetto alla sua più accanita concorrente.

Ma restava sempre quel dubbio. Supereroi con superproblemi, certo. Continuity serrata, chiaro. Ma al di là di tutte queste ovvietà - che ormai sono diventate luoghi comuni - quel era la vera storia? Cosa era, ed era stata, la Marvel?

Ed ecco che Sean Howe, giornalista e appassionato di fumetti, arriva con la risposta. Marvel Comics - Una storia di eroi e supereroi (in originale Marvel Comics: The Untold Story) è una trattazione completa ed esauriente dell’intera storia della Marvel, dai tempi della Timely Comics all’arrivo di Stan Lee, alla bancarotta del 1996, alla rinascita, fino al film sui Vendicatori di Whedon. E ci sono tutti i protagonisti di una vicenda che dura ormai da quasi ottant’anni: da Stan Lee (che, almeno a giudicare dalla vita che ha avuto e continua a fare, potrebbe essere la prova vivente che i miracolati esistono) a Kirby, da Shooter a Quesada, con parti consistenti dedicate a grandi del passato ingiustamente dimenticati:  Gerber, Starlin ed Englehart.

Tutti i nomi che ci si può aspettare, insomma, ma nessuna delle storie che ci si immagina. Perché, anche se ovviamente il libro comprende molte osservazioni sullo stile narrativo Marvel (e non è impossibile che si riesca a scoprire qualche chicca storica finora trascurata, come per me è stata la scoperta della serie di Shang-Chi - Master of Kung Fu), questa è la storia di un’azienda. E dei rapporti, quasi sempre difficili, spesso degenerati, tra i suoi impiegati.

Non che Howe descriva certe situazioni, come gli scontri tra Lee e Kirby o alcune sgradevoli posizioni assunte da Shooter e Jemas, con piglio pruriginoso e gossiparo. Al contrario, il valore del testo sta proprio nell’oggettività con cui racconta la storia della Marvel tenendosi a distanza tanto dall’esaltazione, quanto da critiche parziali e negative, grazie a un’accuratissima documentazione. Ma proprio l’obiettività dell’autore contribuisce a rendere certi capitoli quasi sconvolgenti e a porre sotto una luce completamente nuova storie, personaggi e autori. Alcuni, come John Byrne, ne escono veramente malissimo.

Marvel Comics - Una storia di eroi e supereroi è una vera sberla per chi, della Marvel, ha conosciuto solamente le saghe mutanti e i crossover tra Vendicatori. La possibilità di comprendere finalmente quanto una particolare evoluzione di un personaggio, o una certa bega di continuity, siano semplicemente insignificanti rispetto alle vicende umane che si dipanano dietro le quinte basterebbe da sola a rendere questo libro un acquisto obbligato per tutti gli appassionati. Anche perché quanto succedeva negli uffici della Marvel aveva spesso una ripercussione diretta sulle storie. Perché quel particolare autore riprendeva sempre vecchi personaggi invece di inventarne di nuovi? Perché in quel momento veniva scritta quella particolare saga? La risposta, spesso, non è riconducibile esclusivamente a una libera scelta creativa.

Anche se Howe non manca di raccontare aneddoti divertenti (per esempio sulle modalità lisergiche con cui lo scoppiatissimo Englehart scriveva negli anni ’70) e non si può non apprezzare la vitalità che ha sostenuto la Marvel nel corso di tutta la sua storia, il libro lascia una profonda amarezza. Anche a una prima lettura, è impossibile non pensare a quanto sia incredibilmente ingiusto il sistema che regola le proprietà intellettuali in America, sia alla Marvel che alla DC. Certi trattamenti riservati ad alcuni autori, ridotti sull’orlo dell’indigenza o quasi, dopo aver creato personaggi noti e amati da tutti, fa gridare vendetta al cielo. C’è da chiedersi se con un sistema differente, più umano, un’azienda di questo peso avrebbe potuto sostenersi (e, anche se non ne conosco granché le logiche interne, a vedere la Bonelli sembrerebbe di sì: che Dio ce la conservi). Ma, se così non fosse, mi chiedo quanti accetterebbero di continuare a leggere a cuor leggero le avventure dei loro personaggi preferiti con la consapevolezza delle terribili situazioni che hanno sofferto certi scrittori e disegnatori, sfruttati fino all’osso e poi messi da parte come stracci.
Si potrà obiettare che le storie vanno separate dalle vicende umane che le hanno prodotte: giustissimo, ma visto l’atteggiamento amichevole e familiare che la Marvel ha sempre mantenuto nei confronti dei suoi lettori (una delle caratteristiche storiche che la distingueva maggiormente dalla aziendalista DC), forse un approfondimento come quello del testo di Howe non guasterebbe: equivarrebbe a sentire l’altra campana, per così dire. E in ogni caso, basterebbe la tristissima vicenda delle tavole di Jack Kirby, sottratte e poi restituite al Re solo in minima parte, a far vedere la propria collezione di Marvel Masterworks con occhi diversi.

Anche se la Marvel moderna non sembra altrettanto iniqua e draconiana di quella del tempo che fu (ma certe vicende hanno avuto degli strascichi anche recenti, per esempio in occasione della produzione dei film), il testo di Howe è comunque utile anche per orientarsi nel panorama fumettistico contemporaneo. Una vasta sezione è dedicata alla genesi della Image Comics negli anni ’90, anche se l’attuale orientamento della casa creata da Todd McFarlane non è comunque trattato; eppure, nulla come certe storiche vicende legate a progetti creator-owned aiuta indirettamente a capire perché la Image contemporanea sia riuscita a conquistarsi uno spazio così rispettabile nel campo dei fumetti americani. E anche perché i lavori Image siano oggi qualitativamente i migliori, e di gran lunga, di tutto il panorama statunitense (opinione personale, ma generalmente - credo - piuttosto condivisa).

Libro da leggere, rileggere, straleggere. Ottima la traduzione italiana, ma il titolo è davvero fuori luogo: questa non è una storia di eroi né di supereroi, ma solamente di esseri (fin troppo) umani.

Dati del volume

  • Editore: Panini Comics
  • Autori: Di Sean Howe Prefazione di Marco M. Lupoi
  • Formato: cartonato con sovraccoperta, 13,5×21,5 cm, 586 pp.
  • Prezzo: € 29,90
  • Voto della redazione: 8
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