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La Parentesi

C’è un inizio e c’è una fine, ma prima di quei due punti fermi c’è sempre dell’altro. Un altro inizio e un’altra fine, ma per Judith, un tempo, era impossibile ricordarli. Lei ha vissuto così, dentro una maledetta parentesi, fatta di limiti che la sua mente aveva reso invalicabili. Era malata. Epilessia, anzi, tumore al cervello. Un male che le aveva tolto la consapevolezza di tutto, anche di quello stesso male. Quasi. Poi le cose sono cambiate. E per la giovane donna di Tours, ormai tornata alla vita, è venuto il tempo di raccontare.

Élodie Durand ha scritto e illustrato l’autobiografia dei suoi anni migliori, resi i peggiori da una malattia che, alla fine, ha dovuto arrendersi di fronte alla scienza e alla forza di chi vuole andare avanti. La Parentesi è la riproduzione di una giovinezza complicata, fatta di un dolore quasi inconsapevole ma comunque onnipresente. Riuscire a raccontarla così, con o senza uno pseudonimo, non è soltanto bravura. È coraggio. Saper scavare tra certi ricordi, soprattutto nei meandri di una memoria che spesso non è più tale, è qualcosa di eroico. La Durand condivide con il mondo la claustrofobia di un’esperienza che non dimenticherà mai. E sembra un paradosso, visto il tipo di malattia, ma la voglia di vivere che ne è scaturita è la cicatrice più bella e vistosa che si porta dietro. Vanno in scena le tappe del suo ritorno a una quasi normalità, sin dai primi vagiti del male, tra un attacco epilettico e un ricordo nascosto all’improvviso sotto lo zerbino della mente.

I disegni assomigliano spesso a delle bozze. Tra il troppo bianco della vita quotidiana e il troppo nero dei momenti di smarrimento, si dà concretezza a un’alternanza che impressiona e, quasi quasi, soffoca. Ma il vero tesoro sono gli schizzi dei tempi andati, usati come intermezzi e che risalgono al periodo della malattia. Erano nati per aiutare Élodie a non perdere la bussola, per fissare nomi e concetti, e per urlare il dolore almeno attraverso la voce della grafite. Oggi restano le perle di memoria di chi la memoria la stava perdendo man mano. A vederle sembrano quasi elementari. La verità è che sono sensazioni stilizzate, un’intimità incapsulata che parla più delle parole. Teste che si staccano, occhi che si spalancano perché incapaci di capire, la mente come gabbia, vortici al posto del cranio a raffigurare la disperazione soffocata di chi fuori minimizza ma poi grida disegnando.

Il premio dei lettori di Libération e quello vinto ad Angoulême nel 2011 come rivelazione dell’anno sono il degno corollario di un dono grafico composto da tanti frammenti di vita e da una speranza sottile che percorre le pagine come un ricordo che non sai mai se arriverà fino alla fine. A mettere una pezza sui buchi della memoria c’è una famiglia bella come poche, che non perde mai la testa di fronte a una figlia che non ha più padronanza della sua. Il “nido” ne esce benissimo, anche grazie alle pillole di dolcezza che ha saputo spargere qua e là tra le tante situazioni raccontate, taglienti, ma soprattutto amare come poche.
La Parentesi non è un lento precipitare dentro l’abisso. A leggere ci si accorge subito di una leggerezza quasi innaturale. Il lieto fine, poi, è palese già dalla quarta di copertina. È che il cuore di tutto non è la meta, ma il viaggio, un’enciclopedia di sensazioni che turba chi legge quasi più di chi le ha vissute. O così sembra. Perchè se il male ti toglie la consapevolezza di tutto, compresa quella dello stesso male, allora non c’è modo nemmeno di maledirlo.

Dati del volume

  • Editore: Coconino/Fandango
  • Autori: Testi e disegni di Élodie Durand
  • Formato: brossurato, 224 pag. in b/n
  • Prezzo: € 17,50
  • Voto della redazione: 8
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