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Leonardo Cantone

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Royal City 1 di Jeff Lemire, recensione: Fuggire non è mai la scelta giusta

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Scendere a patti con il proprio passato, ripercorrere i luoghi della propria infanzia o della propria adolescenza con gli occhi di adulto è un’esperienza che, prima o poi, in un modo o in un altro, tutti realizzeranno. Jeff Lemire, con Royal City, parte proprio da questo presupposto, scrivendo e disegnando interamente la serie edita, in Italia, da Bao Publishing.
Un grave malessere del padre Peter, costringerà tutta la famiglia Pike – composta dalla moglie Patti e dai tre figli, Patrick, Tara e Richard – a fare i conti con il proprio passato e a rivedere il proprio presente. Sull’intera famiglia aleggia, infatti, il “fantasma”, l’immagine, di Tommy, figlio e fratello strappato prematuramente all’esistenza.

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La storia imbastita da Lemire è corale e non c’è un vero e proprio protagonista. La trama segue, infatti, le vicende dei quatto familiari che gravitano attorno al capezzale del padre in coma dopo l’infarto. Questo stratagemma narrativo permette all’autore di indagare diverse tematiche capaci di interessare la vita di un individuo: la volontà e il bisogno di scendere a patti con la propria esistenza, la ribellione dalla pastoie sociali e familiari, il bisogno di affermazione e indipendenza identitaria, l’anelito alla libertà. Ma le diverse direttrici intraprese dal racconto – almeno questa prima parte narrata nel volume – confluiscono verso un unico tema, ovvero quello della fuga. Tutti i personaggi fuggono da qualcosa, ognuno di loro cerca altro, ognuno di loro crede che la propria vita non gli abbia concesso tutte le possibilità e, in un modo o in un altro, cercano un riscatto. Il vero conflitto dei protagonisti è che questo riscatto non può avvenire: le “ingiustizie” che sentono gravare sulle loro spalle non sono colpa della Vita, del Destino e nemmeno di Royal City – assunta a simbolo di decadenza esistenziale – ma della loro incapacità di affrontare i conflitti, che siano personali, interpersonali o semplicemente quelli del quotidiano. Tommy, “visto” dai membri della famiglia, è diverso per ognuno di loro: ha un’età differente, una personalità differente, ma rappresenta sempre la necessità di affrontare se stessi e le battaglie della vita.

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Il testo di Lemire non si dilunga mai in verbose o stucchevoli battute, ma cerca sempre di essere asciutto e non patetico, nonostante che la complessità dei temi affrontati nell’arco del volume possano permettere una trattazione più romanzata. Lemire, sfrutta le “regole” narrative del fumetto, affidando la voce fuori campo, il commento alla vicenda, al personaggio più adatto a una ricostruzione narrativa: Patrick, scrittore in crisi, incapace di trovare l’ispirazione e la forza per creare un nuovo romanzo. Qui, forse, l’unica pecca del racconto: è intuibile che Patrick tornerà a scrivere, utilizzando gli eventi che si stanno svolgendo come nucleo narrativo del suo prossimo lavoro. Ma queste sono speculazioni che attendono risposta con il volume seguente.

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Il tratto dell'artista è estremamente marcato, nervoso, spesso caricaturale che tende ad una raffigurazione quasi espressionista dei personaggi e del mondo che abitano. Questa scelta rafforza la sensazione di disperazione dei protagonisti e la loro condizione di alienazione nei confronti degli eventi. Difatti i momenti onirici si confondono con quelli reali, sancendo il legame tra queste due dimensioni esistenziali e marcando la percezione alterata in cui vivono i membri della famiglia Pike. Lo stesso uso del colore, ad acquerello, descrive l’intero racconto attraverso intenzioni cromatiche non realistiche, finalizzate, dunque, a restituire questa visione snaturata, confusa, ma anche ricca di sfumature in attesa di essere colte.

Il volume si arricchisce di un interessante dietro le quinte in cui lo stesso autore presenta i diversi studi per il logo della serie e le illustrazioni promozionali.
Royal City si palesa, dunque, come un lavoro estremamente personale di Lemire, in cui sono evidenti le volontà catartiche dell’autore che ha deciso di affrontare tematiche universali per poter riflettere sulle conflittualità della vita e sulle sfide – grandi o piccole che siano – che l’esistenza pone davanti il percorso di tutti.

 

Annunciati titoli e autori delle opere DC Ink e DC Zoom

  • Pubblicato in News

La DC Comics aveva già annunciato un paio di collane rivolte ai lettori più giovani: DC Zoom rivolto ai lettori delle scuole medie e DC Ink pensato per gli adolescenti.

"Volevamo tornare a quello che avevamo nei fumetti: gli archi narrativi per i lettori più giovani" aveva detto al New York Times il vicepresidente della DC, Bobbie Chase, editor di entrambe le linee.

Fino ad ora erano state annunciate una storia su Harley Quinn della scrittrice di She-Hulk Mariko Tamaki con opere di Steve Pugh e una incentrata su Mera, dall'autrice Danielle Paige mentre il disegnatore era ancora ignoto. Entrambe le storie saranno sotto l’etichetta DC Ink.

Ma la casa editrice ha, ora, pubblicato l’elenco delle opere di queste due nuove collane, con gli autori ad esse collegate.

Per la DC Ink:
Batman: Gotham High di Melissa De La Cruz (Alex & Eliza, Blue Bloodsseries, Witches Of East End)
Batman: Nightwalker – Graphic Novel di Marie Lu (Legend)
Teen Titans – di Kami Garcia (Beautiful Creatures)
Under The Moon: A Catwoman Tale – di Lauren Myracle (Internet Girls, Kissing Kate)
Wonder Woman: Tempest Tossed – di Laurie Halse Anderson (Speak And Chains)

Mentre, per la DC Zoom:
Batman Tales: Once Upon A Crime –  scritto da Derek Fridolfs  e disegnato da Dustin Nguyen (Batman: Li’l Gotham)
Batman: Overdrive – di Shea Fontana (DC Super Hero Girls)
Black Canary: Ignite – di Meg Cabot (The Princess Diaries)
Dear Justice League – di Michael Northrop (Tombquest)
Green Lantern: Legacy – di Minh Lê (Drawn Together)
Super Sons – di Ridley Pearson (Kingdom Keepers)
Superman Of Smallville – scritto da Art Baltazar e disegnato da Franco (Tiny Titans)
Superman Smashes The Klan – di Gene Yang (Avatar: The Last Airbender, New Super-Man).

I Maestri del Mistero. I delitti della Rue Morgue e altri racconti da Edgar Allan Poe: recensione

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Il maestro dell’orrore e della suspense Edgar Allan Poe ha ispirato, spaventato e incantato numerosi artisti provenienti da media diversi, con sensibilità e pratiche artistiche diverse che, in circa un secolo e mezzo, si sono dedicati alla materia narrativa dello scrittore di Baltimora.
Le Edizioni Star Comics, per la collana I Maestri del Mistero (curata da Roberto Recchioni), hanno affidato ad un trio creativo l’adattamento a fumetti de I Delitti della Rue Morgue e di altri tre racconti scritti da Poe.

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Il cartonato si apre con la storia di cui porta il titolo: I Delitti della Rue Morgue, scritto da Michele Monteleone e disegnato da Oscar. La trama è nota a tutti gli appassionati di Poe e del genere mistery, e non solo: alcuni efferati omicidi vengono commessi a Parigi e, mentre la polizia brancola nel buio, il detective Auguste Dupin, insieme all’anonimo narratore del racconto, cercano di risolvere il mistero dietro la morte di Madame L'Espanaye e di sua figlia. Essendo, la vicenda raccontata, molto nota da quasi due secoli (Poe la scrisse nel 1841), Monteleone e Oscar scelgono un felice approccio narrativo che si concentra più sulla messinscena che sul mero svolgimento della trama. Evidente dai divertenti rimandi metanarrativi è la presenza dello stesso Poe all’interno del racconto, non come solo easter egg: essendo il narratore del romanzo (come del fumetto) nascosto dall’anonimia, i due autori hanno scelto di rappresentarlo attraverso la caricatura dello scrittore di Baltimora. Evidente, inoltre, è il taglio da “libro game”: come nell’altro adattamento del duo Monteleone-Oscar, La Lettera Rubata, numerosi sono gli accorgimenti visivi che interrompono lo svolgimento della trama a favore di una ricostruzione grafica degli indizi esaminati dal detective Dupin. Tale stratagemma narrativo strizza l’occhio al lettore che si ritrova a decifrare gli indizi e a collocarli all’interno di quella che è una vera e propria mappa del luogo in cui svolgono le indagini.

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L’adattamento del famoso racconto orrorifico Il Gatto Nero (ancora una volta una storia di grande fama) vede alla sceneggiatura Jacopo Paliaga che – strizzando l’occhio a un approccio dal sapore cinematografico – lascia all’arte di Oscar il compito di narrare la vicenda dell’uomo ossessionato dal gatto di nero di casa, a tal punto da commettere involontariamente l’assassinio della moglie: l’adattamento, infatti, non ha alcun dialogo, né alcuna voice over, l’unica voce che emerge è all’inizio e alla fine. Il risultato è una veloce discesa nella follia e nell’ossessione dell’uomo protagonista, come se non si stesse leggendo un racconto a fumetti, ma piuttosto guardando un breve cortometraggio animato. Paliaga e Oscar hanno anche il compito di adattare Lo Scarabeo D’Oro, racconto dal sapore avventuroso e non solo mistery, il cui protagonista è ossessionato – il tema dell’ossessione (in diverse declinazioni) è il fil rouge dei quattro racconti – da un pezzo di carta (in cui era avvolto uno scarabeo d’oro) che crede possa nascondere la parte di una mappa del tesoro. Il personaggio Edgar Allan Poe torna come anonimo narratore, e ritornano le sospensioni narrative dedicate alla ricostruzione degli indizi. Paliaga, dunque, si allinea agli intenti narrativi del volume, arricchendolo con un testo strutturato sul continuo interscambio tra presente e passato. Dimensioni temporali che convergeranno alla fine del racconto.

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I disegni di Oscar descrivono visivamente tutte e quattro le storie e lo fanno con un tratto caricaturale, spesso deformato, che delinea i personaggi attraverso una fisionomia esasperata, matrice estetica su cui regge il grande movimento all’interno delle tavole e delle vignette.
Il volume, infine, è ricco di contenuti extra: ogni storia è intervallata da un testo scritto dagli sceneggiatori con il compito di descrivere le suggestioni che ruotano attorno alle opere di Poe da loro selezionate per l’adattamento. Gustosi sono gli approfondimenti in calce al cartonato, dedicati allo scrittore e ad alcune curiosità legate alla sua figura.

Anteprima di Star Wars: DJ: Most Wanted

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Con l’uscita di Star Wars: Gli Ultimi Jedi, il vasto affresco di personaggi si arricchito di DJ, misteriosa e ambigua figura interpretata da Benicio Del Toro. È stata diffusa l’anteprima del fumetto one shot dedicato a questo nuovo personaggio.

Gli autori che hanno il compito di raccontare la storia di DJ e i legami con la saga, saranno Ben Acker e Ben Blacker ai testi e Kev Walker ai disegni. Tutti e tre gli autori hanno già esplorato l’universo di Star Wars: i primi si sono occupati dei testi di Star Wars: Join the Resistance e Star Wars: The Last Jedi – The Storms of Crait, mentre il secondo ha lavorato sulla mini Star Wars: Doctor Aphra.

Chi è DJ? Cosa faceva prima di incontrare FInn e Rose nella buia cella della ricca città dii Canto Bight?
In attesa di avere risposte, di seguito trovate le prime tavole di Star Wars - DJ: Most Wanted # 1 in uscita il 31 gennaio. La cover è ad opera di Java Tartaglia.

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