Pochi giorni fa è stata annunciata dalla casa editrice Drawn and Quarterly la pubblicazione della versione inglese del fumetto Sadbøi di Berliac, autore argentino della scena underground in particolare del filone gaijin manga, ossia fumetti di tipo orientale realizzati da autori occidentali. Tuttavia si sono da subito riversati una moltitudine di reclami da parte dei lettori diretti proprio a questa scelta editoriale, sia sulle pagine social dell'editore che tramite canali più privati, che richiedevano a gran voce la rimozione di questo titolo dal catalogo.
Il motivo di tali richieste è da ricercarsi in un articolo pubblicato dall'autore in cui Berliac parla della sua condizione di artista "misto" paragonandosi a un trans MTF. Questo breve testo è la fonte principale delle critiche che vengono mosse all'artista, tacciato come transfobico e razzista. Potete vedere l'articolo qui sotto con la traduzione dei pezzi incriminati.
"Gay-Jin: Il manga non è un genere, è un gender.
Per me cominciare a fare manga è stato l'equivalente artistico (cioè esistenziale) di un "coming out". Mi definisco mangaka proprio come un uomo transessuale si definisce donna. I retini, le scritte giapponesi e le linee cinetiche sono il trucco e parrucco che ho rubato alla mia invidiata sorella.
Se essere un mangaka è qualcosa più grande di me stesso (uno "spirito"), allora ne sarò penetrato attraverso una costante appropriazione di tutto ciò che rende il manga(ka) quello che è. Ogni traccia di ciò che non è manga o non è giapponese dentro il mio corpo e il mio linguaggio non sarà altro che una cicatrice dove una volta c'era il pene. I miei occhi tondi e la mia lettura da sinistra a destra sono la mia mela di Adamo.
Sulla destra trovate la mia postazione di lavoro. È l'equivalente del vestito da sera più prezioso di un travestito, dato che mi fa sentire, a livello corporeo, il significato gestuale del fare manga: il rifiuto del me stesso precedente.
Questo nuovo essere-mangaka non è: esiste solo in un processo di costante riformulazione e non è costituito da innate caratteristiche come la nazionalità e la razza (proprio come il gender non è definito dall'organo sessuale con cui siamo nati). E come si inserisce il mio lavoro in questo schema? Se non altro, il mio manga rappresenterà l'espressione estetica di questa inversione morale generalizzata: da cartoonist a mangaka, da caucasico a giallo, dall'"occidente mascolino" all'"oriente effemminato", in breve, da padrone a oppresso".
D+Q ha quindi ricercato questo materiale, informandosi sulle pubblicazioni e sulle idee dell'autore, arrivando alla conclusione espressa in un post di scuse pubbliche che l'editore ha pubblicato da poco sul sito ufficiale. Una pubblica ammissione di colpa per non aver indagato a sufficienza sul passato e sulle ideologie dell'autore argentino, dichiarandosi contrari alle sue considerazioni e di conseguenza, impossibilitati a mantenere i rapporti con il fumettista. Sadbøi non verrà quindi più pubblicato in inglese dalla casa editrice in questione.
Di seguito vi forniamo la traduzione del post di pubblica ammenda comparso a questo indirizzo.
"Questa primavera, il nostro ufficio redazionale ha accettato un'opera presentataci dal disegnatore Berliac. Il romanzo grafico era Sadbøi, che è stato visto come una dichiarazione sul trattamento degli immigrati: la sfida di un'aspettativa di conformazione agli ideali sociali in un mondo che condanna prematuramente gli outsider.
Abbiamo trascurato una ricerca sull'autore al di là del libro presentato, e solo ora ci rendiamo conto di come questo rappresenti un disservizio nei confronti di pubblico e autore. Non avevamo familiarità con il lavoro di Berliac, nè di produzione scritta o disegnata, tra cui compare un saggio precedentemente pubblicato che paragona l'appropriazione culturale con le persone transgender e la conseguente discussione pubblica che ne è emersa nel 2015. Non siamo d'accordo con il saggio, la sua difesa, o il tono e l'aggressione mostrati da lui in questo e nei successivi dibattiti.
Nelle ultime 48 ore abbiamo ricevuto tweets e email, e abbiamo letto i post che ci dicono che abbiamo sbagliato a pubblicare questo libro. Non tutti quelli che discutevano di Berliac e del suo lavoro avevano le stesse opinioni, ma tutti questi contributi ci hanno fatto riflettere e condurre quelle ricerche che avremmo dovuto condurre nel considerare la presentazione. Ci siamo chiesti se avremmo acquisito questo libro sapendo ciò che sappiamo adesso e abbiamo dedotto che non lo avremmo fatto. Un autore merita il pieno sostegno da parte dell'editore. E noi non possiamo più fornirlo. Pertanto, abbiamo deciso che D+Q non pubblicherà Sadbøi.
Non ci aspettiamo che chiunque accetti e gradisca quello che pubblichiamo - questa è una parte importante di un paesaggio vibrante editoriale - ma stiamo rivedendo le nostre pratiche di acquisizione per garantire al meglio il nostro sostegno al nostro pubblico, ai nostri autori e al nostro staff in futuro.
Ci scusiamo per i nostri errori e la nostra mancata (dovuta) diligenza. Ci dispiace. Grazie a tutti coloro che ci hanno scrito: teniamo in considerazione le vostre considerazioni".
Alla fine di tutta questa diatriba, quello che emerge è una modifica di un piano editoriale, un passo indietro di uno degli editori più importanti del mondo, a seguito di pressioni esterne da parte del pubblico, che da molti potrebbe essere vista come nient'altro che censura basata unicamente su ideologie che hanno a che fare con un articolo postato ormai due anni fa dall'autore, sempre che non ci siano altre motivazioni finora non rese note da entrambe le parti. Sul caso ci sarebbe da dibattere molto, e già in rete cominciano a scatenarsi le prime discussioni anche accese, soprattutto sui social.
Cosa ne pensate? È giusto che un editore non pubblichi un'opera per via delle posizione dell'autore riguardo a determinate tematiche sociali? O che faccia marcia indietro come in questo caso, con un danno d'immagine non trascurabile (sia per la scarsa conoscenza degli autori selezionati, sia per le motivazioni di tale scelta)?