Menu

 

 

 

 

Alfredo Goffredi

Alfredo Goffredi

Locke & Key vol. 2-3

Prosegue la saga della famiglia Locke e della sua permanenza nella nuova casa a Lovecraft, Keyhouse. Mentre la vita va avanti e nuove chiavi vengono alla luce, Joe Hill porta avanti la sua opera d scavo nel passato e nalla psiche dei protagonistii, mentre le macchinazioni di Dodge gettano benzina sul fuoco, permettendo di fatto alla vicenda di proseguire.

Il volume 2 ruota quasi interamente attorno all Chiave Apritesta, dall’impugnatura sagomata a forma di testa, e che permette di scoperchiare letteralmente il cranio di una persona (senza inutili spargimenti di sangue, ovviamente) per prelevare o inserire idee, ricordi e nozioni. Nel corso del volume, Hill ne esplora diversi utilizzi, lasciando all’accumularsi degli eventi il compito di giudicarne la funzionalità: cosa comporta infilarsi un libro in testa e conoscerlo a memoria? Quali sono le conseguenze di una rimozione? Qual è il valore intrinseco della paura?
Il volume 3, invece, spezza la tutt’altro che monotona costruzione imperniata attorno al mistero delle chiavi e inserisce l’elemento della Corona delle Ombre, artefatto potente quanto pericoloso che, ovviamente, ha a che fare con Keyhouse.

Entrambi i volumi hanno la strutturazione “canonica” del primo: sei capitoli di cui l’ultimo con funzione di epilogo, che divide la macrotrama in piccoli archi narrativi autonomi (anche se solo in parte) in cui si avvicendano, con miscelature differenti, mistero, oscurità, introspezione, angoscia e una piccola ma netta scia di morte. Non manca l’azione sia nella veste più investigativa, spinta dalla curiosità e votata al mistero, sia quella più adrenalinica e genuina, di cui le tante splash page del quinto capitolo del volume 3 ci danno un assaggio più che soddisfacente.
Come ci si poteva aspettare, nessuno dei due volumi fa più che togliere un po’ di polvere da alcuni dei misteri sollevati e scoprirne dei nuovi. Restiamo quindi all’oscuro della verità su Keyhouse, delle motivazioni di Dodge e dei motivi (o di parte dei motivi) che hanno portato alla morte di Rendell Locke. Conosciamo, invece, nuovi personaggi, come Jordan, Scott o Jamal, che ci aiuteranno a far leva nella personalità dei più grandi tra i fratelli Locke.

Le matite di Gabriel Rodriguez non tradiscono i livelli della prima miniserie, Benvenuti a Lovecraft, ma vi rimangono aderenti: il tratto è solido, l’inchiostratura netta, spessa e volumetrica, pone personaggi e ambientazioni a metà tra il realistico e il cartoonesco, pur senza privarli della loro tridimensionalità. L’unico limite sembra riscontrarsi nelle fisionomie, sì varie e dalla buona caratterizzazione espressiva, ma purtroppo riconducibili a una serie finita di modelli.

Locke & Key è senza dubbio una storia avvincente, che sembra tagliare i ponti con l’horror mostruoso in voga negli ultimi tempi e che poco ha a che vedere con lo stesso Lovecraft, se non l’ambientazione in New England e certe atmosfere create da Joe Hill (oltre all’elemento portante della chiave ma, di certo niente, di legato ai più noti Grandi Antichi). Quello che si può leggere su queste pagine è un tipo di paura (e di storia di paura) più vicino a quello Stephen King (e, verrebbe da dire, non a caso, considerando che Joe Hill è solo il nome d’arte di Joe Hillstrom King, figlio del re del brivido), infarcito di elementi classici tipici della filmografia fantastico-avventurosa anni ottanta, specie quella con ragazzini e adolescenti come protagonisti. Il tutto è poi reso nella più moderna forma del serial, per cui Locke & Key, nella forma così come nel contenuto, si raccoglie per episodi di brevi cicli narrativi che si innestano uno dopo l’altro a creare una storia più grande.
Locke & Key è un fumetto che difficilmente vi deluderà, specie se siete amanti delle storie dell’orrore.

Portugal

Saudade è un termine portoghese che ad un livello più superficiale si traduce con “malinconia”, ma arriva ad incarnare una profondo senso di nostalgia per qualcosa di felice, sia questo un luogo, una persona, un ricordo o un amore. Dovendo introdurre questa nuova opera di Cyril Pedrosa, quindi, è quasi impossibile non far riferimento a questo termine che lega a doppia mandata libro e origini dell’autore nato in Francia, ma figlio di migranti portoghesi.
Portugal è un’opera che non può che scaturire da un amore profondo dell’autore per il paese che gli ha dato le origini, una vicenda famigliare che copre tre generazioni ed è a cavallo tra l’autobiografia e la finzione.

Protagonista e voce narrante è Simon, fumettista prestato all’insegnamento con apparente riluttanza, figlio di portoghesi migrati in Francia. Attraverso il suo sguardo si analizza la storia personale di tre elementi fondamentali della famiglia: il nonno Abel, il padre Jean e Simon stesso, in un percorso a ritroso che va dal più giovane al più anziano alla ricerca di un’identità solo apparentemente perduta durante l’espatrio; identità che prenderà forma attraverso ripetuti e sempre più lunghi soggiorni in Portogallo.
La vicenda parte da una convention che riporta Simon a contatto con i luoghi de soggiorni estivi dell'infanzia, in una casa zeppa di cugini e altri parenti; un viaggio che lo pone di fronte alla propria immobile inadeguatezza e che provocherà la caduta della prima tessera del domino.
Nella seconda parte, con il pretesto del matrimonio di una cugina, Simon torna in Portogallo con il padre Jean, per una reunion che mette a nudo tutte le debolezze del rapporto tra l’uomo e il proprio passato, la famiglia e i due fratelli Jacques e Yiette. Un’accidentale situazione notturna farà accendere in Simon la voglia di conoscere la storia della propria famiglia; percorrerà quindi, a ritroso, le orme di suo nonno, ritornando così in Portogallo per la terza volta, verso la casa in cui l’uomo aveva vissuto da giovane.

Cyril Pedrosa è un autore di cui è stato pubblicato veramente poco in Italia; solo Tre Ombre (pubblicato nel 2008 da Edizioni BD), il breve Autobio (Oltrenero) e Portugal intervengono a rappresentare un autore che meriterebbe di essere conosciuto più a fondo. Le due opere, ad un livello superficiale, potrebbero sembrare una l’opposto dell’altra ma, nel profondo, presentano elementi similari tra cui spicca l’aspetto del viaggio con funzione di scoperta di sé: la fuga di Louis in Tre Ombre era finalizzata a trovare la forza di dire addio al figlioletto; l’immersione progressiva di Simon in Portugal è, all’opposto, il modo per intrecciare il proprio presente con un passato che lo riguarda indirettamente e ritrovare così una propria posizione nel mondo.
Se la fuga di  Louis è un caotico annaspare nella speranza di sfuggire dalla morte, quella di Simon è una ponderata traiettoria verso l’origine della (propria) vita.
A differenza di Tre Ombre, in Portugal l’aspetto metafisico permea la narrazione in modo totalmente diverso. Se nella prima opera era la morte a prender forma nei tre cavalieri neri, qui è la realtà a venire trasfigurata attraverso il gioco e la visione “romanzata” dei bambini, tramite la sensibilità artistica di Simon e durante alcuni passaggi portanti della narrazione (ad esempio la sequenza dello scambio notturno tra Simon e Jean, pagine 174-177, o quella della presa di coscienza di Simon della propria fissità, pagine 70-73); una trasfigurazione che l'autore ottiene sul piano grafico attraverso un cambiamento di stile e che viene a caricarsi di strutture semantiche e segniche.

Attraverso il disegno Pedrosa racconta, stratifica livelli narrativi sopra (o a fianco) quello principale e gioca a contrarre e dilatare il tempo della narrazione passando da riquadrature quasi opprimenti che vincolano un discorso o un monologo in uno spazio quasi asfittico, dilatandolo oltremisura o, viceversa, contraendolo con veloci contrappunti (nel capitolo finale), fino a paralizzarlo con splash page o grandi vignette in cui la realtà sembra cristallizzarsi.
Per chi avesse letto Tre Ombre e si trovasse dubbioso di fronte alla colorazione delle evoluzioni di inchiostro di Cyril Pedrosa diciamo che in Portugal il tratto dell'autore è concepito apposta per essere colorato: molto più leggero, sottile, quasi una linea chiara cui – specie nella prima parte e rispetto all'opera precedente -  sono i colori a conferire spessore ed emotività alle situazioni.
Non mancano, tuttavia, i momenti in cui l’inchiostro esplode e irrompe da sotto il colore in una tempesta di segni, ognuno carico di atmosfera e potenziato dalla scelta di una colorazione piatta, a grandi campiture, che si stende sulla pagina con due, massimo tre, tinte uniformi.
La scelta delle palette cromatiche va di pari passo con la storia. Se quindi la prima parte si serve di tinte opache  e cupe per ritrarre una vita che Simon non sa più come affrontare (al punto che le pagine sembrano accostamenti di foto in seppia, in special modo quelle che ritraggono i passaggi principali della rottura tra Simon e Claire), la seconda parte è fortemente giocata sul contrasto tra luci e ombre. Si tratta della presa di coscienza e della nascita della volontà di reagire che non può prescindere dal soppesare luci e ombre; non a caso questa parte affronta diversi passaggi chiave non solo per la crescita di Simon ma anche per lo sviluppo della vita di Jean, Jeacques e Yvette. L’ultima parte, interamente ambientata in Portogallo, è solare, quasi abbagliante: il piano cromatico incarna così la fine del dubbio, dello scavo ie della ricerca interiore, la fine di un vecchio percorso e l’inizio di uno nuovo.

La confezione scelta da Bao Publishing si rivela ancora una volta all’altezza della sua fama. Un volume cartonato di grandi dimensioni per oltre 260 pagine a colori ad un prezzo vantaggioso, il cui unico errore sta nella presenza del segnalibro che si rileva inutile: Portugal, come tutte le grandi opere, si odia o si ama, e nella seconda ipotesi (di gran lunga la più plausibile), si farà carte false pur di arrivarci in fondo tutto d’un fiato.

Un amore di cadavere

Per le vie di Parigi, la vita della giovane Zoe avanza pigramente, tra un lavoro per niente gratificante, una relazione per niente soddisfacente e una sequenza di giornate tutte uguali e per niente entusiasmanti. Lavora come hostess alle fiere e la sera torna a casa, delusa, a una convivenza priva di entusiasmo con un gretto cro-magnon di fidanzato.
Mail tran-tran sembra cambiare quando incontra Thomas, scrittore di successo (di cui, tuttavia, lei non ha mai sentito parlare), che vive segregato in casa nascosto dal mondo. I motivi e gli sviluppi di questa situazione li lasciamo allo stimolante storytelling di Pénélope Bagieu, giovane scrittrice francese che con Un amore di cadavere (originariamente pubblicato da Gallimard nel 2010 con il titolo Cadavre Exquisis) cambia formato, passando dalle strip di Joséphine a una storia più articolata.

Un amore di cadavere ha il sapore di una una commedia sentimentale degli anni ’50-’60 catapultata nella contemporaneità. Sul palco, ancora una volta, l’inestinguibile conflitto tra sessi, visto da un’ottica femminile emancipata che assegna alla donna il ruolo di guida e musa e all’uomo la parte statica (Thomas che è recluso in casa e il ragazzo di Zoe che è l’elemento più immobile della storia, praticamente un sasso antropomorfo).
Se i personaggi possono apparire come macchiette narrative stereotipate (la ragazza lassista e disorientata, il troglodita, lo scrittore impacciato e dal grande ego, l’editor territoriale), la forza dello stile della Bagieu dona loro tutta la tridimensionalità di cui hanno bisogno, investendoli di personalità e di una forte caratterizzazione attraverso uno stile semplice, fatto di poche linee e di tanta capacità espressiva. I personaggi acquistano così una loro identità e si ritrovano ad avere una serie di sfaccettature che li rende umani: in questo l'autrice sembra essere chiara, la salvezza arriva per chi è in grado di cambiare strada, di uscire dal solco creato per provare a essere una persona, se non diversa o migliore, almeno con qualcosa in più. A far da contraltare a questo moto evolutivo c'è la situazione incarnata dal ragazzo di Zoe (non a caso privo di un nome proprio), che permane nel suo stato primitivo per tutto il volume.
Zoe è l’esatto opposto di Josephine, la protagonista dell’omonica serie di strip: l'eroina di Un amore di cadavere incarna la donna di successo, sempre al passo coi tempi, sempre informata su tutto e in forma. Simile è, invece, il trattamento che le riserva l’autrice, scegliendo di presentarla al lettore mettendo il risalto il suo lassismo, la sua propensione per il junk food e il suo atteggiamento talvolta da ragazzina. Delle strip vengono mantenuti anche l’ironia – certo, adattata a una struttura narrativa più lunga – e il brio narrativo.

I disegni catturano per la loro semplicità e freschezza, figli di un gusto tipicamente cartoonesco i cui genitori potrebbero essere il lavoro del primo Genndy Tartakowsky ("Dexter’s Laboratory", "Powerpuff Girls") e la sensibilità e l’attenzione al dettaglio tipiche di casa Pixar. Grazie a questo stile vivace, Pénélope Bagieu realizza una storia a scorrimento rapido, sui cui disegni il lettore si vorrà soffermare a lungo e che abbandonerà solo con la promessa di ritornarvi in seguito.
La colorazione è semplice, a campiture uniformi e sembra andare di pari passo con l’umore della protagonista, se non addirittura con l’andamento della sua vita: l’appartamento di Zoe ha colori opachi e spenti, il posto di lavoro ha tinte più accese ma accostamenti chiassosi, mentre la casa di Thomas passa da verdi delicati e rilassanti a una gamma di colori più passionali, per poi sbiadire quando la segregazione autoimpostasi dal romanziere diverrà un problema di convivenza, e sarà il mondo esterno, allora,  a far sognare la giovane. Inutile dire che il finale sarà brillante.

Una fiaba contemporanea e che della contemporaneità ha tutti i vizi e le virtù. Un libro in grado di sorprendere, scritto certamente con un occhio alle lettrici, ma che non mancherà di divertire anche il pubblico maschile.

Rica Takashima, tra manga e performance

Per tornare alla speciale, clicca qui.

RicaTakashima_newbookcoverNel 1995 Rica Takashima inizia, quasi per caso, una collaborazione con la rivista Anise, che la porta a disegnare manga per la prima volta nella sua vita. Arriva da esperienze nel campo della grafica legate principalmente al mondo televisivo, ma con questa opportunità ha finalmente la possibilità di raccontare una storia che, a tratti, sente sua.

Inizia così la pubblicazione di Rica'tte Kanji?!, che racconta, episodio per episodio, la storia dell'amore tra le due giovani protagoniste, Rica e Miho, la loro complicità e la vita assieme.
Oltre quindici anni dopo, Rica'tte Kanji?! arriva in Italia tra i primi titoli della neonata Ren Books, casa editrice di fumetti LGBT (a fianco trovate la cover della nuova edizione USA, di prossima pubblicazione).
Per saperne qualcosa di più abbiamo raggiunto l'autrice, Rica Takashima, e abbiamo parlato dei suoi esordi, della sua opera e del suo impiego (nato parallelamente) nel mondo degli happening artistici.

Italian/English version

Scroll down for the english version

(Intervista a cura di Alfredo Goffredi, traduzione di Alfredo Goffredi e Guido Maggiore)

Ciao Rica, benvenuta su Comicus. Puoi presentarti brevemente ai nostri lettori?

Mi chiamo Rica Takashima e vivo una doppia vita. Una come autrice di manga e un’altra come artista e performer. Aggiungo inoltre che sono nata in Giappone, a Tokyo, e quattro anni fa mi sono trasferita a New York.

Hai iniziato la tua carriera come illustratrice e performer. In che modo sei arrivata a lavorare nel mondo dei fumetti? Cosa significa per te?

Non mi sarei mai aspettata di diventare un’autrice di manga... Mi è capitato per caso. Un giorno un mio amico, che è caporedattore di una rivista di manga, mi ha chiesto: "Ti andrebbe di disegnare manga per la mia rivista?". Ho pensato che sembrava divertente e ho iniziato a disegnare. Per me era come un hobby, pensavo di poterlo fare una o due volte, per poi smettere per sempre, ma ormai sono più di dieci anni che disegno manga in piccoli lavori. Sono un’autrice di manga “lumaca”.

Se dovessi nominare qualche autore che ti ha aiutato a definire il tuo stile di narrazione e di disegno, chi potrebbe essere?

Kiriko Kubo. Ero dubbiosa sullo stile di disegno da adottare. Non avevo alcuna idea, non avevo mai avuto un mio stile prima. Volevo solo non dover impiegare troppo tempo nel disegnare manga, perché a quel tempo il mio lavoro principale era fare grafica per programmi televisivi e per la pubblicità. Sapevo che disegnare manga richiedeva molto tempo, così pensai di farlo nel modo più semplice possibile. Lo stile di Kiriko Kubo è molto semplice e mi piace. Così ho preso come riferimento il suo stile per creare i miei disegni.
Per quanto riguarda la narrazione non c'è un autore a cui mi sono ispirata. Ho solo disegnato le storie che avrei voluto leggerle.

Il tuo stile di disegno attuale è molto semplice se paragonato alle tue opere precedenti, ma di certo non peccano di inadeguatezza artistica. Perché questa scelta?

All'Università d’Arte ho imparato lo stile Giapponese tradizionale. Ad esempio lo stile dei motivi sui kimono e sulle sciarpe. Di solito preferisco lavorare su disegni realistici e delicati, ma impiegano molto tempo. Riguardo i manga ho preferito servirmi di uno stile semplice per risparmiare tempo. In quel periodo lavoravo nel settore commerciale dei media, ero molto impegnata e avevo alcuni assistenti che andavano e venivano dal mio ufficio per aiutarmi. Ho pensato che servendomi di uno stile molto semplice per i manga, mi avrebbero aiutato coi disegni, ad esempio con altri personaggi e con gli sfondi, pur non avendo mai avuto esperienza nei mondo del fumetto. Così è nato il mio stile personale di disegno riguardo i fumetti. Peraltro, sai che la paga per scrivere un manga è davvero molto bassa? Generalmente un editore paga 80 dollari per una pagina che richiede all'incirca 8 ore per essere completata. Ci sono spese necessarie, come i materiali per disegnare e le fonti da consultare, ma l'editore non li paga mai. Più disegni più diventi povero, è un circolo vizioso. Molti autori protestano contro questa consuetudine ma l'editore non vuole stare a sentire. Il mio modo di lavorare è l’antitesi di questo approccio.


La storia che racconti è solo in parte autobiografica. Ti identifichi in Rica (come suggerisce il nome) o hai nascosto alcune parti di te anche in Miho e in altri personaggi?

Quando sono entrata in contatto con la comunità lesbica ero molto agitata e mi sono affidata alla protagonista, Rica, per esprimere queste sensazioni. Rika è il mio ideale. È una donna onesta, solare, indipendente e libera da ogni preoccupazione. Inoltre ha i propri ritmi e le proprie capacità relazionali per aiutare gli altri. Io invece non sono così perfetta (ovviamente!). Penso che tu hai ragione nel dire che mi nascondo nel personaggio di Miho; non ha voglia di studiare ma vuole avere successo con facilità. Io voglio divertirmi, essere pigra, avere una ragazza gentile e carina e così via (ride). Michiru è il tipo di ragazza con cui vorrei provare ad uscire; è figa, ricca e intelligente, e forse anche brava a fare l'amore (ride).

Hai pensato a un particolare target di lettori mentre scrivevi Rica’tte Kanji?!? Ho avuto la sensazione che la tua storia abbia voluto raccontare qualcosa da una parte, e dall’altra parte abbia voluto creare uno scenario rassicurante per le lettrici donne omosessuali.

Il manga è apparso su Anise Magazine, la prima rivista in Giappone di autrici lesbiche per lettrici lesbiche, il che significa che l'ho disegnato per lettrici lesbiche (o LGBT). La rivista aveva un tema per ogni numero, ad esempio per il primo numero era "Ni-chōme" [Shinjuku Ni-chōme, o più semplicemente Ni-chōme, in giapponese significa Area 2, è il secondo distretto della zona si Shinjuku] il quartiere LGBT, così ho disegnato la storia che racconta l'avventura di Rica a Ni-chōme; in un altro numero dal tema "sesso" ho disegnato la storia dell'agitazione legata al fare sesso.
Con la sospensione di Anise Magazine nel 2003 non dovevo più disegnare manga a tema o con le caratteristiche richieste dall'editore della rivista. Ero libera di scrivere la storia che volevo e ho scelto di disegnare la storia di un'infanzia e il background famigliare di Rika e Miho.

L’idea del Giappone che abbiamo qui in Italia è che è un Paese molto conservative. Cosa significa, oggigiorno, essere omosessuali in Giappone?

Mi è un po' difficile capire chiaramente il significato della domanda, ma se ti riferisci al rigore della politica conservativa in Giappone, sono d'accordo con te.
Penso che cose come il diritto alle unioni civili e simili per le persone LGBT possano migliorare non così facilmente in Giappone.


Ad ogni modo, adesso tu vivi negli Stati Uniti che, d’altro lato, sembra essere un Paese dove tutto è possibile. In che modo ciò ha influenzato la tua arte?

Si, trasferirmi è stato un bene per me. C'è una speranza, nonostante sia difficile abituarsi a una nuova cultura e a una nuova società. Ci sono meno possibilità per avere un lavoro in campo artistico in Giappone, dove non ci sono abbastanza musei d'arte e gallerie; per questo motivo mi sono trasferita a New York. La città mi ispira a creare nuovi progetti. In questi quattro anni mi sono finalmente sistemata, ora voglio dare il via alla creazione e promozione di nuovi progetti.

In Italia è da poco nata un'etichetta che pubblica esclusivamente fumetti a tematica LGBT, inserendosi in una nicchia ancora vuota. Credi che una simile specializzazione tematica sia un punto di forza e riconoscibilità o rischia di essere un rinchiudersi in un proprio ghetto?

Sono rimasta sorpresa nel sapere che è il primo fumetto pubblicato su questo tema in Italia. Credo che sia stupendo. Non capisco quali siano esattamente i rischi, non ne vedo come non vedo alcunché di negativo. Mi sono sentita onorata sapendo che il mio libro a fumetti era stato scelto per essere pubblicato in Italia. Credo che le novità funzionino sempre meglio nel mondo.
Onestamente ero molto agitata quando il mio fumetto apparve su Anise Magazine nel 1995. Credo che quasi tutti gli autori quando firmano un proprio lavoro per la prima volta si sentano sia agitati che entusiasti.
È come un piccolo uccellino che cerca di volare per la prima volta. I genitori saranno di sicuro agitati, ma è bastato solo il momento in cui hanno spiccato il volo volano nel cielo, faranno quindi il tifo per lui e vorranno che voli verso il miglior luogo possibile.

Tra le opere da loro proposte, oltre al tuo Rica'tte Kanji?! ci sono Virtus di Gengoroh Tagame, Baciando il cielo di Kotaro Takemoto, Nakayoshi Wanko di Inaki Matsumoto e Shirtlifter del canadese Steve MacIsaac. Conosci qualcuno di questi titoli? Se sì, cosa pensi di questa prima selezione?

Sono una fan delle illustrazioni del signor Tagame e seguo il suo account twitter.
Ho visto le immagini dei manga del signor Takemoto e del signor Matsumoto su internet ma non ho mai letto i loro libri, mentre non conosco il lavoro del signor MacIsaac. Mi scuso di non poter rispondere a questa domanda!

Parlando con Nino Giordano e Fabio Freddi di Ren Books è emerso come la maggior parte dei fumetti mainstream strumentalizzino o banalizzino la questione dell'identità sessuale. Qual è il tuo parere in proposito?

Credo che l'aspetto principale dei fumetti LGBT siano la fantasia, il coming out, i disagi familiari, le problematiche sociali e altro ancora. L'aspetto che più mi interessa al momento è quello della scoperta felice di sé e dell'altro, che include la propria scoperta sessuale. Credo di essere stata bisessuale per molto tempo, e recentemente sospetto di essere una MTF (ride) [Male to female]. È interessante come la nostra sessualità cambi col tempo, o come ce ne accorgiamo successivamente. Voglio vederla così.

Leggendo Rica'tte Kanji?! non si trova alcuna strumentalizzazione, piuttosto un'analisi di questa realtà e una sorta di introduzione per chi non conosca realmente questo mondo. Quali erano le tue intenzioni mentre lo scrivevi?

Beh, dal momento che internet era limitato al tempo, ho disegnato di proposito dettagli e suggerimenti che fornissero tali informazioni. Sai, "com'è un evento di sole donne?" o "com'è un evento lesbo?".

Parallelamente al fumetto porti avanti il lavoro con l'Aozora Art e i "Kodashi-Kun" o "Peek-a-boo board". Puoi raccontarci quali idee e intenzioni stanno dietro a questo particolare tipo di performance?

Ho iniziato un progetto artistico partecipativo, "Aozora Art (Blue sky art)" per le strade di Harajuku, a Tokyo, nello stesso periodo in cui ho iniziato a disegnare fumetti. Questo è un progetto artistico a cui i passanti possono partecipare e creare opere d'arte attraverso le Peek-a-Boo Boards. Fino ad ora i temi del progetto sono stati la famiglia, il matrimonio, la sessualità, il genere, la laurea, l'arruolamento, la scuola, ecc.
Dal momento che vivo a New York ho iniziato a pensare a un'opera che colleghi nazionalità e razza.

Quali progetti hai per il futuro? So che sei al lavoro su un nuovo fumetto, ce ne puoi parlare?

La signora Erica Friedman e io stiamo lavorando sul nuovo omnibus di Rica. In aggiunta al vecchio Rica'tte Kanji?! ci sono diverse storie a puntate di Rica dall'antologia Yurimonogatari, altre storie nuove e storie intitolate FIght! Cutey Belet tratte da Doujinshi autoprodotte tra il 1995 e il 1998. Metteremo tutto questo assieme in un flip book online, quindi in seguito in un libro cartaceo e in un e-book.
Dal momento che siamo tutti volontari questo lavoro proseguirà molto lentamente, quindi per favore tenete d'occhio il nostro nuovo e-book! Dovrebbe venire pubblicato al più tardi quest'estate. La versione online è leggibile gratuitamente.
Vogliamo che questo libro raggiunga le persone che hanno l'esigenza di leggerlo.

In conclusione:
L’intervista è stata davvero difficile per me. Ho avuto l’impressione che Alfredo abbia letto a fondo non solo il mio manga, ma che abbia anche precedentemente visto le mie illustrazioni e altri miei lavori. Le domande erano molto dettagliate. Ho dovuto riflettere molto prima di rispondere, ma è stato molto divertente il tempo che ci ho dedicato. Grazie mille.

Grazie di tutto. Ciao.

 


 

English version

RicaTakashima_newbookcoverHello Rica, Welcome to Comicus. Can you briefly introduce yourself to our readers?

My name is Rica Takashima. I wear two hats, one as a manga graphic novelist and the other as a public art artist. More explaining, I was born in Tokyo, Japan and emigrated to New York City four years ago.

You have started as illustrator and performer; how did you end up working for comic-books? What does this mean to you?

I never imagined that I would be a manga graphic novelist… It happened to me coincidentally.
One day, my friend who is the editor in chief of a manga magazine asked me “Are you interested in drawing manga for my magazine?” Then I thought it sounded like fun, and I just started drawing. It was like a hobby for me, I believed that I could draw manga one or two times, and I could stop forever. But more than a decade I keep drawing manga in small jobs. I’m a snail manga-person.

If you had to name some author who helped you how define your style and your storytelling, who would they be?

Kiriko Kubo, I was puzzled what drawing style should I adopt, I had no idea because I didn’t have any my style from before. I just wanted not to take much time in drawing a manga. Because at that time my main job was commercial art for TV shows and advertisements. I knew that drawing manga takes a lot of time, so I thought I should make it very simple way as possible. Kiriko Kubo’s manga style is very simple, and I like it. So I referred to her style to create my drawing.
About story telling, there was no author I liked to refer to. I drew the story kind of just I would want to read.

The graphical style you use is very simple if compared to your previous works, but surely not due to an artistic inadequacy. Why this choice?

At the University of the Arts, I was learning in traditional Japanese design. For example, the design of pattern in kimonos and scarves. Usually, I like working on fine, realistic and delicate drawings.
But it takes a lot of time. I preferred to go with simple way for manga drawing to save time.
At that time, I had been working in the commercial media industry. I was very busy and a few assistant members were in and out of my work place to help me. I thought that in using very simple manga style, they could help me to draw manga, for instance, other characters and backgrounds, even though they never had any experience working on comics. That is exactly the story of how my comic style was created. By the way, do you know the payment for a manuscript of the manga is actually very cheap?
A general publishing company pays $80 /a sheet, it takes approximately 8 hours from sketch to be completed. There are necessary expenses like material costs and references costs to draw.
But the publisher never paid it. You fall into poverty as you draw and draw. It is vicious circle. Many manga artists protest this bad habit, but the publisher does not accept it. My way is the antithesis of their approach.

I have read that the story you told is only partially autobiographical. Do you identify yourself with Rika (as the name would suggest) or did you hide a part of yourself also in Miho and in the other main characters?

When I went into lesbian communities, I was so anxious, and I entrusted a main character, Rica to express such feelings. Rika's character is my ideal.
She is honest, bright, independent and unworried woman. Also she has her own pace and social skill to help others. I'm not so perfect (of course!). I think you are right that I am hiding myself in Miho’s character. She doesn’t want study but wants to get succeed easily. I want to play, to be lazy, have a nice and cute girl friend, or so(laugh). Michiru is my type whom I want to try dating a little bit. She is cool, rich, smart, and even good at making love, perhaps (laugh).

Did you have in mind a particular target of readers while you were writing Rica'tte Kanji?!? I had the feeling that this story wants to narrate something on one side, and on the other side wants to create a reassuring backdrop for the homosexual female readers.

The manga was appeared in named Anise magazine, the first magazine for lesbians by lesbians in Japan, that meant I drew it for lesbians (or LGBT) readers. The magazine had a theme in each issue, for instance, the first issue featured “the 2-chome,” a town of LGBT, then I drew the story that Rica’s adventure in the 2-choume town. In the other issue featured “a sex,” I drew a story of nerves feelings for having a sex.
After the Anise magazine was suspended in 2003, I didn’t have to draw my manga on the theme or the feature ordered by the editor of the magazine. I was able to write to any story which I wanted. I choose and drew a story of a child hood and a family background of Rika and Miho.

The idea of Japan that we have in Italy is that of a very strict Country. What does it mean, nowadays, to be homosexuals in Japan?

It is a little bit difficult to me to understand the meaning of the question clearly, but if you mention about the strict and conservative in political in Japan, I agree with you.
I think it’s not easy that the right of the partnership of LGBT or kind of things go to progress well in Japan.

However, I know that you currently live in the States which, on the contrary, seems to be a country where everything is possible. In which way did this influence your art?

Yes, moving here was good to me. It is difficult to adopt new culture and social though, there is a hope. I think that there are less chances to get jobs in art industry in Japan. There are not enough art museums and galleries in Japan. That is why I moved New York City. The city inspires to me to create a new projects. I have finally settled down in the past four years, I want to kick off to promote and create some new projects now.

In Italy it has not been a long time since a label has published comic books LGBT themed, starting a new niche. Do you think that such thematic specialization is a strong thing or there is the risk to close yourself in your own ghetto?

I was surprised to know that’s the first time that comic book was published on this theme in Italy.
I think it is fabulous. I don’t understand what the risks means clearly, I don’t feel any risk or anything negative. I feel very flattered that my manga book was selected to be published in Italy. I believe that new things always work better to the world.
Honestly said, I felt really nerves when my manga appeared in Anise magazine in 1995. I think that when the most of creators work in their own name in the first time, must feel both nervous and excited. Compare the art works to chicks, the parents must be nervous with seeing their toddlers tries to flying in the sky at the first time moment.
But just after the moment when their feet left the ground and fly in the sky, the parents want to cheer them up and fly to the best place as possible.

Among the other works, besides your Rica'tte Kanji?! there are Gengoroh Tagame’s Virtus, Kotaro Takemoto’s Baciando il cielo, Inaki Matsumoto’s Nakayoshi Wanko and the Canadian Steve MacIsaac’s Shirtlifter. Do you know any of these titles? If so, what do you think about this selection?

I am a fan of Mr. Tagame’s illustration and follow his twitter account. I have seen the manga picture of Mr.Takemoto and Mr. Matsumoto on internet, but haven’t read their books. I don’t know Mr. MacIsaac’s book. I ‘m sorry that I can’t answer in this question.

Speaking with Nino Giordano and Fabio Freddi of Ren Books, it has come out that most of the mainstream comics exploit or trivialize the sexual identity matter. What is your idea about it?

I think that the main elements of LGBT comics are fantasy, coming out, family mutter, social issues, and others. To me, the most elements I am interested in is this theme "self and soul-discovering in happy way." It is also including in own sexual-discovering.
I believed that I was a bisexual women for a long time, and I recently suspect I am actually a MTF(laugh). It is interesting how our own sexuality changes by age, or how we noticed our sexuality afterwards. I want to read the story like that.

By reading Rica'tte Kanji?! One finds an analysis of this reality and a sort of introduction for those who don’t really know this world. What were your intentions while you were writing it?

Well, since we had a limited internet at that time I drew the details and the tips to provide the information on purpose. You know, "What seems only woman event? “ or “How looks a lesbo event like?."

Together with the comic-book, you are continuino your work with the Aozora Art and the "Kodashi-Kun" or "Peek-a-boo board". Can you tell us what ideas and what intentions are behind this particular type of performance?

I started a participable art project, “Aozora Art (Blue sky art)” on the streets of Harajuku, Tokyo, at the same time I started drawing manga. This is an art project that passer-by can participate and create art works with using the Peek-a-Boo cut out Boards. Theme of the project until now are family, marriage, sexuality, gender, graduation, enrollment, school, etc… I began to think about and try an art work to relate nationality and race, from I live in NYC.

What are your projects for the future? I know you are working on a new comic book, would you tell us about it?

Ms. Erica Friedman and I am working on the new Rica omnibus book now. In addition to the last Rica‘tte Kanji?! there are several serial Rica stories from Yurimonogatari anthology book in the past, other new stories, and stories from Doujinshi titled Fight! Cutey Belet (self publishing in 1995-1998). We put them all together in online flip book. Next, a paper book and an e-book. Since we're all volunteers things go very slow, but please looking forward to new our e-book! It should be out this Summer at least. You can read online version by free. We want this book to reach to the people who need to read it.

In the end:
This interview was very difficult to me.
I felt that Mr. Alfredo has deeply read not only my manga work, also my illustrations and art works in the past. The questions are very detailed, I have to think and reflect myself to answer, but it was very fun I spent my time on it. Thank you very much.

Thank's a lot for your helpfulness. Bye!

Sottoscrivi questo feed RSS