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Somnia – Caccia al tesoro, recensione: all’inseguimento del Sogno

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Il sogno, nella sua forma di “desiderio” è la propulsione che ha accompagnato il genere umano da sempre. I tentativi per raggiungerlo hanno permesso all’uomo di mutare, evolversi, espandersi oltre i propri confini fisici e mentali. Il sogno, dal più piccolo e quotidiano a quello più universale, alberga in ogni individuo e, in numerose e articolate forme, è stato interpretato, rimaneggiato, utilizzato dall’uomo per tradurlo ed esperirlo in diverse forme artistiche. Il sogno non è certo una novità narrativa, ma la sua natura universale lo rende potente motore di una storia e rappresenta il fulcro centrale attorno a cui ruota Somnia – Caccia al tesoro di Liza E. Anzen e Federica Di Meo.

Alec è un ragazzo, un ladruncolo (anche se ama definirsi “cacciatore di tesori”), dalla straordinaria inventiva che insegue un sogno. Non proprio il suo, ma quello del padre: andare sulla Luna e prendere il grandissimo tesoro che vi sarebbe nascosto. Accompagnato dal robot Deva, da lui costruito, e guidando un formidabile camper, vive alla giornata cercando di trovare un modo per raggiungere il satellite. L’improvvisa comparsa sul sedile del passeggero di un misterioso stregone mette in moto una serie di eventi che porteranno la compagnia a svelare il grande mistero dietro al Somnia, un oggetto magico capace di esaudire ogni desiderio.

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Somnia – Caccia al tesoro lo si potrebbe etichettare nel bacino del cosiddetto “euromanga”: un sincretismo di palese matrice nipponica, realizzato da artisti occidentali; non una semplice rielaborazione grafica, quanto un ibrido culturale ed artistico.
La sceneggiatura della Anzen ha ritmo, riuscendo a bilanciare tanto la necessaria e diluita spiegazione degli eventi, quanto i momenti marcatamente più divertenti che alleggeriscono la tensione. La scelta delle “situazioni” è proprio il ponte con la cultura del manga, a cominciare dalla premessa fantasy centrale del volume: la continua ibridazione tra magia e tecnologia che, anche grazie al tono del racconto, inquadra la storia per un pubblico principalmente giovanile. La struttura narrativa, con tanto di plot twist finale, coinvolge e incuriosisce il lettore che si ritrova a voler scoprire la soluzione alle numerose traiettorie narrative che si sviluppano durante la trama.

Il disegno della Di Meo coglie perfettamente l’estetica del manga e le tipiche sequenze dall’azione vorticosa e dai layout estremamente articolati. Tavole dalla straordinaria matrice illustrativa si alternano a tavole dalla ricchissima composizione. Il colore (sempre della Di Meo) gioca un ruolo fondamentale permettendo effetti luministici e grafici che quasi sopraffanno lo sguardo del lettore e lo catapultano nel mondo fantasy della storia. Il volume cartonato della Panini Comics sostiene l’ipertrofico disegno luminoso della Di Meo permettendogli di esprimersi al meglio.

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Somnia – Caccia al tesoro è la lettura ideale per gli amanti del fantasy e della cultura fumettistica giapponese, ponte ideale tra uno stile narrativo occidentale e uno grafico da manga, e lettura perfetta per un pubblico giovane, felicemente abituato all’ibrido narrativo e capace di cogliere le numerose suggestioni multimediali (animazione e videogiochi, ad esempio) che il fumetto intercetta.

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X-Men Grand Design 1, recensione: la storia dei mutanti vista da Ed Piskor

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Se dovessimo in qualche modo etichettare Ed Piskor, potremmo definirlo un biografo o un documentarista a fumetti. Nella sua pur breve ma apprezzata carriera, l’artista americano classe 1982 ha scritto e disegnato Wizzywig, biografia fittizia di un hacker che ripercorre, mescolando realtà a finzione, lo sviluppo del movimento hacker fra la fine degli anni ’70 ad oggi. Più celebre è, naturalmente, la sua opera Hip-Hop Family Tree in cui l’autore narra anno dopo anno la nascita del sopracitato movimento musicale ricostruendo e mettendo in ordine eventi e personaggi con la precisione di un vero storico. La sua opera, infatti, è davvero una sorta di documentario a fumetti apprezzato tanto dagli appassionati del genere quanto dagli amanti dei fumetti.

Essendo un autore a cui piace narrare le proprie passioni, dopo l’hacking e l’Hip-Hop, un quasi incredulo Piskor si mette al lavoro su progetto dedicato ai mutanti di casa Marvel. Il suo entusiasmo è visibile da un contenuto speciale del primo volume di X-Men Grand Design in cui il fumettista intitola “Sogno di una vita” una raccolta di foto da bambino e di vecchi disegni in cui mostra la sua sconfinata passione per i mutanti.

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Il progetto non si allontana molto da quello di Hip-Hop Family Tree, Piskor mette in ordine e narra le vicende dei mutanti a partire dalla loro origine fino agli anni ’80. Si va, dunque, dall’infanzia di Charles Xavier e di Erik Magnus Lehnsherr fino alla nascita degli X-Men e alla loro affermazione. Nel fare questa operazione, l’autore mette in prospettiva gli eventi del passato con quello che avverrà in futuro, in special modo con l’avvento della Fenice che, come noto, si impossesserà del corpo di Jean Grey. In particolare, questa sottotrama è al centro della narrazione di Piskor con la quale, evidentemente, vorrà portare al culmine (oltre che alla conclusione) la sua miniserie. Ricordiamo che X-Men Grand Design è composta da 4 albi di formato doppio e che finora sono usciti i primi due, raccolti entrambi nel volume Panini Comics.

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Dal punto di vista visivo, il grande formato proposto da Panini Comics, ovvero un brossurato 23.4X33 (lo stesso utilizzato per Hip-Hop Family Tree), consente di poter godere appieno delle tavole ricche di dettagli e, soprattutto, di testo e che ridotte avrebbero risentito di molto nella lettura e nella leggibilità delle stesse. Piskor applica una colorazione alle proprie tavole che simula la resa di stampa dei vecchi albi, e la carta “ingiallita” amplifica l’effetto dando il tocco vintage voluto. Lo stesso tipo di colorazione è stato applicato al primo albo degli X-Men di Stan Lee e Jack Kirby interamente riproposto per intero nel volume come gradito extra.

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L’opera, sicuramente ambiziosa, risulta riuscita nel suo intendo: Piskor si districa in decenni di storie e rivedere in maniera coerente e pressoché corretta gli eventi creando una narrazione che coinvolgerà tanto i vecchi fan, che si troveranno non solo davanti a un’ottima lettura ma anche a una ricostruzione rispettosa del passato, tanto i nuovi fan che vogliono conoscere la storia del celebre gruppo Marvel.

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Gurt e L’ascensore dei mondi 1, recensione: l'adrenalica opera di Isaak Friedl e Oscarito

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Nell’ampia mole di fumetti che Panini Comics propone ogni mese possiamo trovare alcune interessanti e inedite chicche. La casa editrice modenese, infatti, nota principalmente per la proposta di alcune delle più importanti licenze del mondo (su tutte quella Marvel Comics), sta di recente aumentando la produzione di fumetti del tutto originali. È il caso di Gurt e L’ascensore dei mondi, opera realizzata da Isaak Friedl (Sottobosco, Dylan Dog) e Oscarito (L’Isola del Tesoro, Sappy), team giovane e interessante per un fumetto tanto fuori di testa quanto accattivante.

Gurt Boznikov è un baffuto e spericolato postino in grado di consegnare la posta nei luoghi più inaccessibili e disparati. Il suo mondo non è il nostro, è un pianeta distorto e pieno di creature mostruose e bizzarre. Dopo una visita medica, il suo dottore comunica al malavitoso Don Ombroso una particolarità interessante: Gurt ha due stomaci, il che lo rende perfetto per una missione speciale. Per convincere il postino, il boss minaccia la sua famiglia e promette di non far loro del male solo se Gurt accetta di recarsi al Dolphin Hotel e prendere un misterioso ascensore. Protetto da un potente guardiano, l’unico modo per salire su di esso è batterlo fisicamente o bere un veleno mortale. Due prove insuperate finora ma, con i suoi due stomaci, Gurt può superare la prova e portare uno zaino dal contenuto misterioso in un altro mondo. Non ci dilunghiamo ulteriormente sulla trama che prenderà una piega del tutto folle e adrenalinica.

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Isaak Friedl costruisce un mondo bizzarro e ricco senza particolare sforzo, la realtà rappresentata appare originale e ben riuscita e il protagonista e i comprimari decisamente interessanti. Il suo stile diretto e asciutto, che punta all’action, ricorda molto quello di Mark Millar, e in effetti la sua opera non sfigurerebbe nel Millarword. Forse il suo limite è quello di spingere troppo sull’acceleratore e di lasciare  il lettore spaesato per i continui cambi di situazione.

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Friedl è coadiuvato da Oscarito che dà vita a questa splendida realtà sia con le sue matite grottesche e spigolose, che si esaltano nella raffigurazione di assurdi personaggi dall’eccellente resa mimica, e si innestano in tavole iper-dinamiche e dalla gabbia libera. Ma è soprattutto grazie alla sua colorazione digitale che sfuma in una sorta di effetto pastellato, ben reso dai tratteggi, che il risultato finale è una gioia per gli occhi.

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Al termine della lettura si resta un po’ con l’amaro in bocca e toccherà attendere la prosecuzione della vicenda per vedere se Friedl riuscirà a mantenere coerente e avvincente l’intreccio narrativo fin qui costruito. Il rischio che le cose possano sfuggire di mano è sicuramente presente, ma fin qui Gurt e L’ascensore dei mondi riesce a stuzzicare la curiosità del lettore. Panini Comics, oltre all’edizione base, offre anche una variant ad opera di Paul Pope e un’ulteriore versione con tanto di busta postale decisamente originale.

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Rick and Morty: volume uno, recensione: dalla serie animata al fumetto

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Fin dal principio, fumetto e animazione sono sempre stati strettamente connessi fra loro e personaggi nati per un medium, spesso e volentieri, vengono impiegati anche nell’altro. È per questo assolutamente comune vedere character dei fumetti divenire cartoon e viceversa. Tuttavia, se questa pratica ha funzionato molto bene per quanto riguarda il passaggio da comics ad animazione, l’opposto decisamente meno. È facile ricordare, grazie anche a una diffusione più ampia e capillare, serie animate di successo e di alta fattura tratte dai comics, un po’ meno frequenti sono le serie a fumetti tratte da cartoni animati che hanno mantenuto uno standard qualitativo alto. 

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Uno dei casi migliori, in tal senso, è quello di Topolino e degli altri personaggi Disney che hanno goduto di fumetti di qualità eccellente. In questo caso è facile, anche, individuare come una delle componenti di questo successo sia dovuto al fatto che il fumetto abbia intrapreso una strada totalmente differente e indipendente rispetto ai cartoon, senza dunque scimmiottamenti di sorta. Infatti, uno dei fallimenti maggiori di queste operazioni deriva dal voler replicare la formula proposta nei cartoni animati su carta, non tenendo presente la diversità del medium e cercando di operare una semplice trasposizione della formula originale che risulta però già fallimentare in partenza. Da aggiungere, inoltre, che spesso queste serie a fumetti vengono realizzate col solo scopo di sfruttare il successo del brand e sono affidate a team artistici minori.
All’uscita del volume Panini Comics dedicato a Rick and Morty, la domanda che ci poniamo dunque è: riuscirà questa serie ad essere all’altezza della sua fonte originaria?

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Creata da Justin Roiland e Dan Harmon per Adult Swim (e disponibile su Netflix), Rick and Morty segue le vicende di un impacciato adolescente e di suo nonno, un brillante quanto pazzo scienziato, in una serie di folli e paradossali avventure in altre dimensioni. La serie fantascientifica, ispirata fortemente alla saga di Ritorno al futuro, presenta uno humor nero e trame dense intrecciate fra loro, e si avvale di un’eccellente scrittura. Un prodotto complesso da trasporre su carta, ma che grazie alla Oni Press e agli artisti coinvolti Zac Gorman e CJ Cannon, il risultato non è per nulla negativo.

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Intendiamoci, siamo distanti anni luce dal cartone, e gli autori ce la mettono tutta per riproporre tutti gli stilemi della serie e la sua follia narrativa e creativa. Non a caso, le prova più convincente è rappresentata dai primi 3 albi (di 5) contenuti nel primo volume Panini Comics. Queste storie, infatti, compongono una lunga avventura che consente agli autori di scrivere una trama più complessa e articolata. Le due storie successive, però, mantengono un ottimo livello di originalità, seppur presentano trame condensate in sole 18 tavole. In appendice, troviamo 5 storie brevi da 4 pagine ciascuna che completano la proposta dei comic-book originali.

In attesa dei nuovi episodi, la serie a fumetti di Rick and Morty riesce ad essere un buon surrogato, seppur lontano dai fasti del cartoon. Testi e disegni riescono a riprendere il mood originale dello show e a trasporlo in maniera fedele. Non indispensabile per i fan della serie, ma sicuramente godibile e accattivante grazie anche al prezzo proposto (128 pagine a 12€).

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