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Speciale Batman '89: Parte III - L'avant - garde della nuova estetica

Speciale Batman '89: Parte III - L'avant - garde della nuova estetica

Parte I - Parte II

Tim Burton cominciò a lavorare al film mentre girava Beetlejuice – Spiritello Porcello, commedia soprannaturale con venature horror che confermò il suo gusto per l’umorismo nero e per i personaggi stravaganti. Nei piani della Warner, la pellicola doveva essere una sorta di esame di maturità per il giovane regista prima di affrontare le riprese di Batman e avrebbe dovuto fornire allo studio la prova della bontà della scelta fatta. Prima di iniziare davvero a lavorare sul film, Burton dovette sbarazzarsi delle tracce lasciate da chi aveva lavorato al film prima del suo arrivo. Prima tra tutte, la sceneggiatura di Tom Mankiewicz. Il suo script di Batman prendeva in prestito la struttura con cui aveva realizzato, anni prima, la sceneggiatura del Superman di Richard Donner. I genitori di Bruce Wayne morivano durante la seconda scena, dopodiché il film si sarebbe concentrato sull’allenamento fisico e mentale necessario per trasformare il giovane Bruce in Batman. La seconda parte della pellicola avrebbe visto Bruce coinvolto in un triangolo amoroso con la bella Silver St. Cloud e il gangster Rupert Thorne, responsabile della morte dei suoi genitori, che si sarebbe servito del Joker come arma contro il Cavaliere Oscuro. La storia concepita da Mankiewicz era una origin story piuttosto standard, simile per struttura a molti cinecomic che sarebbero stati girati in seguito, ma lontana anni luce dalla visione di Burton. Il copione doveva essere completamente riscritto. Serviva un autore che condividesse la stessa visione del filmaker.

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Fu Bonni Lee a presentare a Burton Sam Hamm, un giovane sceneggiatore che finora aveva venduto una sola sceneggiatura, quella di Mai gridare al lupo (1983). Hamm aveva saputo che la Warner stava lavorando a Batman, e aveva pregato per mesi la Lee di dargli la chance di adattare il mito del Cavaliere Oscuro per il grande schermo. La sintonia fra Burton e Hamm fu immediata e totale. Grazie al lavoro del duo, Batman si trasformò dalla origin story prevista inizialmente alla storia di una leggenda urbana di cui tutta Gotham parla, una creatura della notte che perseguita i criminali, come nella visione di partenza di Uslan. Inoltre, Hamm sostituì i personaggi di Silver St. Cloud e Rupert Thorne, che provenivano dalla run fumettistica di Steve Englehart e Marshall Rogers, rispettivamente con Vicki Vale, giornalista e vecchia fiamma di Bruce Wayne nei fumetti, e Carl Grissom, boss mafioso di sua creazione. Nella prima pagina del nuovo script, Gotham City veniva descritta come “se l’inferno fosse sbucato fuori dal terreno e continuasse a proliferare”. Per visualizzare sullo schermo l’efficace descrizione di Gotham proposta nella sceneggiatura di Hamm, Burton chiese ed ottenne la collaborazione di uno scenografo che stimava molto e che aveva sperato di coinvolgere senza successo in Beetlejuice: Anton Furst.

Furst era, oltre che un rinomato scenografo, uno studioso ed esperto di design, con una vasta conoscenza di stili architettonici internazionali. Burton gli spiegò che, nella sua visione, Gotham era essenzialmente una New York cresciuta senza alcun piano regolatore, con ammassi di edifici stipati e costruiti in verticale. Furst era sulla stessa lunghezza d’onda del regista. Seguendo le sue indicazioni, optò per un mash-up conflittuale di stili, ispirato tanto al futurismo post-moderno dell’architetto giapponese Shin Takamatsu quanto all’espressionismo tedesco e all’opera del tedesco Albert Speer, architetto del Reich: il tutto con una spruzzata retrò della New York decò anni ’40. La giustapposizione di questi stili faceva si che gli elementi fossero pressati nello spazio per farli sembrare opprimenti. L’idea di Burton e Furst era quella di creare per i personaggi di Batman un universo che fosse tutto loro, convinti che quello che non aveva funzionato nel Superman di Donner era stata la scelta di girare gli esterni nella vera New York. Nella concezione del duo, i personaggi del film erano così estremi che avevano bisogno di un ambiente costruito appositamente per loro. Questa Gotham era un luogo dove una creatura della notte come Batman e una inarrestabile forza del caos come il Joker potevano avere un senso. Un posto oscuro, violento e senza tempo. Un misto di passato, presente e futuro concepito in modo che nessuno potesse stabilire l’epoca in cui il film fosse ambientato. Come risultato di questa felice scelta creativa, il film è visivamente intrigante ancora oggi ed è, come la sua Gotham, senza tempo. Il contributo di Anton Furst a Batman sarà determinante per la riuscita del film, secondo solo a quello di Burton, e la sua versione di Gotham City diventerà talmente iconica da influenzare addirittura il fumetto di provenienza. Benjamin Melkiner confiderà a Micheal Uslan che di fronte alla Gotham di Furst anche il monumentale set di Ben-Hur, da lui prodotto, sarebbe impallidito. Il look impresso dallo scenografo inglese alla pellicola avrebbe ispirato lo stile dark decò, utilizzato da Bruce Timm e Paul Dini per la splendida Batman: The Animated Series, capolavoro d’animazione trasmesso a partire dal 1992 che continuerà il discorso stilistico iniziato dalla pellicola di Burton.
Potete vedere alcune immagini nella gallery in basso.

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Grazie al contributo di Furst, Gotham diventò a tutti gli effetti un “personaggio” del film. A questo punto bisognava trovare un Batman credibile. Negli anni precedenti all’arrivo di Burton, erano stati considerati per il ruolo tutti i principali attori del periodo, soprattutto star di film d’azione: Harrison Ford, Tom Selleck, Kevin Costner e Dennis Quaid. A un certo punto, Mel Gibson fu molto vicino ad ottenere la parte. Ma Burton non era d’accordo. Nella sua visione, non c’era un solo motivo al mondo per cui una nerboruta star d’azione, con un fisico alla Stallone o alla Schwarzenegger, avrebbe dovuto mettersi un costume da pipistrello. Serviva qualcuno che potesse trasmettere al pubblico solamente con lo sguardo la sensazione di essere un uomo segnato da una tragedia. Un uomo che, per dirla con le parole del regista, “avesse negli occhi l’energia selvaggia di uno che è costretto a indossare un vestito da pipistrello. L’idea è che se avesse trovato un buon analista non si sarebbe mai travestito da pipistrello. Non l’ha trovato, quindi è questa la sua terapia”. La scelta di Burton cadde sulla star della sua ultima fatica, Beetlejuice, un attore fino a quel momento conosciuto dal grande pubblico soprattutto per le sue doti di commediante: Micheal Keaton. Ma appena la Warner annunciò che la star di Mister Mamma, Night Shift – Turno di notte e Gung-Ho avrebbe interpretato Batman, gli appassionati del fumetto reagirono scandalizzati. Lo studio venne inondato da cinquantamila lettere di protesta. Esattamente quello che accadde quasi trent’anni dopo col casting di Ben Affleck prima e Robert Pattinson dopo, ma senza che ci fossero internet o i social a veicolare gli umori negativi del pubblico. Il caso montò come la panna, tanto che il prestigioso Wall Street Journal dedicò un articolo in prima pagina alla vicenda. Le azioni della Warner subirono un tracollo. I fan temevano che il coinvolgimento di Keaton comportasse una sterzata del progetto verso un tono comico e farsesco. In breve, un ritorno alle atmosfere della serie tv.

Tra i fan atterriti dalla scelta c’era anche Micheal Uslan. Proprio quando tutte le tessere del mosaico sembravano mettersi a posto, il produttore non riusciva ad accettare la scelta di Keaton. Troppo grande era la paura che il suo desiderio di vedere un Batman finalmente dark sullo schermo venisse compromesso. Ma Burton lo rassicurò invitandolo alla proiezione di un montaggio preliminare di Fuori dal tunnel (Clean and Sober), un film drammatico non ancora uscito in cui Keaton interpretava un agente immobiliare alle prese con l’abuso di sostanze, una deviazione dalle commedie per cui l’attore era conosciuto in precedenza. Dopo aver visto la prova notevole di Keaton in questo film, Uslan si convinse delle eccellenti doti interpretative dell’attore. Burton spiegò al produttore che la chiave per interpretare Batman non era una mascella quadrata, ma fornire una versione credibile di Bruce Wayne: Wayne era la chiave del film, non il suo alter-ego. Un uomo talmente ossessionato da essere quasi psicotico, compulsivo nel suo bisogno di uscire di notte vestito da pipistrello e picchiare i criminali. Un uomo terrorizzato dalla possibilità di essere salvato dall’amore di Vicki Vale, che potrebbe distrarlo dalla sua missione. Un uomo che nasconde un segreto, la cui origine è limitata ad un breve flashback. Keaton chiese e ottenne inoltre che alcune battute del personaggio fossero tagliate per aumentare l’aura di mistero intorno al personaggio. Quando il film uscì, tutti dovettero ricredersi dei pregiudizi iniziali e amarono la performance dell’attore. Il Bruce Wayne assorto e pensieroso di Micheal Keaton è oggi considerato un classico.

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La Warner aspettava di poter valutare l’esito commerciale di Beetlejuice prima di dare il semaforo verde alle riprese di Batman. Una volta assicuratosi del successo della pellicola, lo studio diede l’ok al sospirato lungometraggio sul Cavaliere Oscuro. Ma gli studi Warner di Burbank non potevano ospitare l’enorme set di Gotham City costruito da Anton Furst e dai suoi collaboratori. Jon Peters e Peter Guber scelsero quindi di trasferire la troupe in Inghilterra, presso gli studi Pinewood, per due motivi: risparmiare sui costi grazie ad una minore tassazione e, soprattutto, allontanarsi dalla pressione e dalle aspettative da cui il film era circondato. Le riprese iniziarono ufficialmente nell’ottobre del 1988 e si protrassero fino al gennaio successivo. Tim Burton, che aveva solo 30 anni e due piccoli film all’attivo, si trovava a gestire uno dei budget più ingenti forniti adun regista nella storia del cinema e un progetto complesso e ambizioso da traghettare in porto.

Le riprese non furono esenti da difficoltà. Il copione aveva bisogno di continue correzioni, ma uno sciopero del sindacato degli sceneggiatori a cui apparteneva bloccò Sam Hamm in USA, impedendogli di partecipare alla riprese. Le integrazioni necessarie vennero effettuate da Warren Skaaren e Charles McKeown, che approfondirono lo spessore psicologico di Bruce Wayne ma si lasciarono andare ad alcune "licenze poetiche", vedi il ruolo del Joker nella morte dei coniugi Wayne. A pochi giorni dall’inizio delle riprese Sean Young, scelta per la parte di Vicki Vale, cadde da cavallo e si ruppe una gamba. In quella che fu una provvidenziale e azzeccatissima scelta di casting, una delle più grandi dive del decennio, Kim Basinger, venne chiamata per sostituirla. L’attrice accettò dall’oggi al domani, volando immediatamente a Londra. La Basinger conferì al suo personaggio, oltre alla sua straordinaria bellezza, sensualità, fascino e carisma. Il cast fu completato da Billy Dee Williams (Harvey Dent), Pat Hingle (Jim Gordon), Micheal Gough (Alfred), Robert Wuhl (Alexander Knox) e Jack Palance (Carl Grissom).

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Le condizioni di lavoro sul set furono particolarmente probanti. Per conferire al film l’aspetto notturno desiderato dall’autore e dalla produzione, si girò di notte per tre mesi, nel freddo inverno inglese, e per tutto il tempo la troupe non vide mai la luce del sole. Al costumista Bob Ringwood toccò il compito di ridisegnare il costume di Batman, in modo che risultasse credibile nonostante fosse indossato da un attore dal fisico ordinario come Keaton. Il blu venne trasformato in nero e vennero aggiunte delle fasce muscolari nella zona addominale. Il cambiamento venne contestato dai fan, ma ironicamente il Batman dei fumetti avrebbe adottato lo stesso look a metà degli anni ’90, quando Bruce Wayne tornò a vestire i panni del Cavaliere Oscuro dopo l’esilio forzato a seguito della saga Knightfall. Nessuno ebbe invece nulla da dire sull’aspetto della Batmobile, concepito con il suo consueto gusto art decò da Anton Furst e costruita da Julian Caldow e dal suo team, utilizzando come base una Chrevrolet Impala sulla quale vennero montate delle mitragliatrici Browning.

Intanto, sul set, non tutto filava per il verso giusto. Leggendarie furono le intemperanze di Jon Peters, che Burton riuscì a contenere con l’abilità di un veterano. Tra le tante obiezioni di Peters, una riguardava il compositore scelto dal regista per scrivere la colonna sonora, Danny Elfman, leader del gruppo Oingo Boingo alla sua terza collaborazione con Burton. Le perplessità del produttore svanirono quando Burton lo invitò ad ascoltare, in diretta, l’orchestra che eseguiva la “marcia” di Batman diretta da Elfman. Secondo i presenti, Peters scoppiò a piangere commosso e col suo cellulare chiamò i dirigenti della Warner in USA per fargli ascoltare quello che sarebbe diventato uno dei più iconici commenti musicali cinematografici di tutti i tempi. La sinfonia composta da Elfman era insieme misteriosa, eroica, cupa, avventurosa, commovente e lirica. Il contributo del musicista si rivelerà determinante per la riuscita del film. Peters volle raccogliere tutta la musica scritta da Elfman per il film in un album che riscosse un enorme successo. Ma un altro musicista, una delle icone musicali del periodo, contribuì con entusiasmo alla pellicola: Prince.

Prince

Il caso volle che Mark Canton, uno dei produttori associati del film, fosse stato anche il produttore di Purple Rain e pensasse che coinvolgere Prince sarebbe stata una grande mossa commerciale. La Warner, che aveva il musicista sotto contratto, fu entusiasta dell’idea. Meno entusiasta fu Burton, che aveva paura di penalizzare la musica di Elfman; oltretutto il regista voleva realizzare una pellicola non facilmente connotabile in un’epoca precisa e temeva che la presenza delle canzoni di Prince avrebbe causato proprio questo. Ma il dado era ormai tratto: il folletto di Minneapolis, dopo una visita entusiastica al set londinese, si mise al lavoro gettandosi a capofitto nell’atmosfera di Gotham City. Il risultato fu un concept-album di straordinario successo, intitolato semplicemente Batman. Batdance, il singolo di lancio, esplose come una bomba nell’estate dell’89. Nel video, Prince interpretava Gemini, un personaggio di sua creazione, un essere per metà Batman e metà Joker. Burton inserì alcune delle canzoni dell’album nel film, per la gioia della Warner Bros. che vendette milioni di copie di questo secondo LP associato al film.

Il regista riuscì a portare a termine la lavorazione del film, nonostante alcune divergenze creative con la produzione che lo amareggeranno e lo spingeranno a riprendere la strada di Gotham con Batman – Il Ritorno del 1992, una pellicola ancora più dark e pessimista del prototipo ma più vicina alla sensibilità del suo autore.
Batman uscì negli Stati Uniti il 23 giugno 1989, ottenendo un successo clamoroso. Divenne il primo film a superare la barriera dei 100 milioni di dollari nei primi 10 giorni di programmazione. Fu il maggior incasso del 1989, raccogliendo oltre 500 milioni di dollari in tutto il mondo, e il maggior successo in assoluto nella storia della Warner Bros., oltre che un fenomeno culturale multimediale e di merchandising quale mai si era visto prima. Il pianeta venne travolto da una Bat-mania dilagante. Nelle strade delle maggiori città era impossibile non incrociare persone con addosso magliette, felpe e cappellini con il logo di Batman. Ovunque si ascoltava tanto il commento musicale di Elfman quanto le canzoni di Prince. Michael Uslan raccontò di aver capito quanto il film fosse penetrato nella cultura popolare quando, assistendo in tv ad un servizio sulla caduta del Muro di Berlino, vide che uno dei ragazzi festanti che si erano arrampicati in cima al muro indossava un cappellino col Bat-logo.

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Il successo commerciale della pellicola era fuori discussione, ma quello che rendeva più felici gli autori era che la visione artistica di Tim Burton, Anton Furst, Danny Elfman e di Michael Uslan, col quale tutto era cominciato, non solo era stata accettata con entusiasmo ma era diventata il nuovo standard nel ritrarre il Cavaliere Oscuro e il suo mondo. Uslan aveva realizzato il suo sogno: per tutti, adesso, Batman era la creatura della notte, un raddrizzatore di torti che perseguita i criminali, in un contesto urbano dark e tenebroso. Il “Bat-Tusi” era ormai lontano, sepolto nell’album dei ricordi.

Batman lanciò definitivamente la carriera di Tim Burton, che divenne uno dei più grandi registi americani dei nostri tempi, anche se l’Academy non ha mai concesso un meritato riconoscimento al suo genio. Col passare degli anni, la critica europea lo ha invece inserito tra i più grandi maestri della nostra epoca, tributandogli premi come il Davide di Donatello alla carriera.
Anton Furst venne invece insignito dell’Oscar per la strepitosa scenografia di Batman, mentre Peter Young vinse quello come set designer. Furst, artista di grande sensibilità, si tolse purtroppo la vita nel 1991, a 47 anni, gettandosi dall'ottavo piano di un palazzo di Los Angeles. Il suo lavoro e il suo talento non saranno mai dimenticati.
Danny Elfman è ancora oggi il compositore prediletto di Tim Burton, di cui ha musicato quasi tutte le pellicole, formando un binomio indissolubile al pari di quelli storici tra Alfred Hitchcok e Bernard Herrmann, Steven Spielberg e John Williams.
Benjamin Melkiner, il “Leone di Hollywood”, come veniva chiamato durante i suoi anni d’oro alla MGM, si è spento nel 2018 alla venerabile età di 105 anni.
Jon Peters e Peter Guber hanno continuato la loro carriera di produttori di successo, senza però raggiungere mai più i fasti di Batman.

Michael E. Uslan è stato accreditato come produttore esecutivo di tutti i film del franchise di Batman dal 1989 ad oggi, compreso il recentissimo Joker. È possibile incontrarlo in tutte le maggiori convention degli USA, dove parla con piacere dell’interpretazione monumentale di Joaquin Phoenix nel film sul Principe Pagliaccio del Crimine e, con orgoglio e malinconia, della realizzazione del Batman del 1989. Ma quello che conta di più è che Michael è ancora oggi il ragazzino che si chiudeva in camera a leggere i suoi fumetti preferiti: è ancora the boy who loved Batman. La dedizione con cui ha lavorato tutta la vita alla realizzazione del suo sogno, facendo allo stesso tempo ai lettori di comics dell’epoca il più grande regalo che avessero mai ricevuto, sarà riconosciuta e celebrata per sempre.

Il Batman del 1989 compie trent’anni e da allora molti film tratti dai fumetti sono arrivati sullo schermo, compresi alcuni di notevole qualità. Ma nessuno di questi ha segnato la cultura popolare come il film di Tim Burton che cambiò per sempre la percezione che il pubblico aveva dei film tratti dai fumetti, conferendogli dignità artistica, rispetto e prestigio e preparando il terreno per tutto quello che sarebbe arrivato dopo. Per la lunga e travagliata strada che ha portato alla sua realizzazione, la qualità dei creativi coinvolti, le innovazioni portate al genere, le attese suscitate e l’esito artistico finale, è possibile dire che non c’è più stato un film come Batman e mai più potrà esserci.

(3 - continua) - Leggi la parte 4

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