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Simone Celli

Simone Celli

Sex Criminals 1

Una storia d’amore. Chi se ne frega delle parole grette, dei colpi alla Bonnie e Clyde, degli elementi fantastici. Una storia d’amore, ecco cos’è Sex Criminals. Un amore vero, anche se spudorato, verbalmente sboccato, fisicamente troppo acceso per sembrare soltanto un sentimento. E infatti non lo è. È amore e sesso, sesso e amore. E azione. Mescolando il tutto.

Godere ferma il tempo. È questa la chiave dell’intreccio costruito da Matt Fraction (acclamato sceneggiatore di gioielli dei tempi moderni come Hawkeye e Invincible Iron Man) e disegnato da Chip Zdarsky, illustratore - ma anche designer e giornalista – il cui nome (falso, si chiama Steve Murray) è più che altro legato a progetti indipendenti. Una volta congelate le lancette tutto si blocca. Gli unici a potersi muovere sono Suzie e Jon, che raggiungendo l’orgasmo riescono a paralizzare il mondo intero. Questo consente loro di fare qualsiasi cosa, di agire indisturbati. E di infrangere la legge. A meno che non ci sia qualcuno con lo stesso bizzarro “superpotere”. Qualcuno che, proprio come loro, sappia entrare nella Quiete - così la protagonista definisce quella stasi che è allo stesso tempo estasi – e decida di mettere fine ai loro “crimini sessuali”.

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Sullo sfondo una critica neanche tanto velata al modello educativo di un certo occidente, che attraverso i suoi inutili tabù spiana la strada all’ignoranza e agevola il diffondersi di malattie. Poi c’è la banca intesa come nemico, specchio del sentire comune in questi tempi di crisi globale. In un certo senso sono stati quei palazzi ad avere portato via il padre di Suzie e ad aver reso infelice l’impiegato Jon. Insomma, la maledetta banca ha rovinato la vita di entrambi. E ora quella stessa banca si vuole prende la biblioteca in cui lavora la ragazza: i due devono fare al più presto qualcosa. Rapinarla, ad esempio, fermando il tempo e salvando capre e cavoli. Tranne, forse, la loro fedina penale.

L’incipit avvince, originale, e ha il sapore della commedia più bizzarra. Una sorta di American Pie, ma molto più pungente, incalzante, sfrontato e divertente. Poi, a un certo punto, s’intuisce che il fantastico è alle porte, che la trama vuole andare a parare su un conflitto che strizza un occhio al sesso e l’altro a certi cliché dell’epica supereroistica. E ci si aspetta di più, forse, da queste centotrentasei pagine di geniale delirio che assomigliano tantissimo a un incipit un po’ troppo extralarge. A fare la parte del leone è il racconto della gioventù dei due protagonisti. Pare che il flashback conti più del presente, ma al di là di questo il duo Fraction-Zdarsky merita tutto il clamore che la loro epopea sessual-avventurosa ha scatenato oltreoceano, contribuendo a rendere la Image Comics una delle case editrici più creative del momento.

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Tra le righe del successo si nasconde il più grande traguardo raggiunto dallo sceneggiatore: l’aver associato il sesso compulsivo alla solitudine senza cadere nella retorica. Il punto di partenza è, sì, la classica perdita familiare, ma l'aspetto onirico, colorato e narrativamente moderno del suo raccontare rende tutto leggero, funzionale. Poeticamente sfacciato e sfacciatamente poetico. Altro che retorica. E mentre ammiccano pure i titoli dei singoli episodi (Vieni, mondo, recita il capitolo due), Fraction propone un flusso di coscienza carnale e volutamente spudorato. Non conosce freni, e nonostante questo non cade mai nella botola della volgarità. L'eloquio senza mezzi termini dei personaggi, d’altronde, è paragonabile a quello proposto d’abitudine da Garth Ennis. La differenza sta nel contesto: non la violenza, ma il sesso. Tanto, senza mai sembrare troppo, mentre si passa dalle pistole di carne a quelle di metallo (e viceversa) con eccezionale disinvoltura.

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Interessante l'io narrante scelto da Fraction per mostrarci tutto questo. È la stessa Suzie, che racconta i suoi primi approcci con autoerorismo e amplessi vari come fosse la procace conduttrice di uno show. Entra direttamente nella scena, come se sfondasse la vignetta. Il pubblico sono i lettori stessi, trascinati senza sforzo in un flusso narrativo tagliente, ironico, e caratterizzato da uno storytelling davvero apprezzabile. Complice il buon Chip Zdarsky, con il suo tratto che se ne frega dell'eccessivo realismo e propone un assetto visivo netto, preciso, spudoratamente colorato. Un po' come gli orgasmi di Suzie e Jon.

Speciale Dragonero 1 - La prima missione

Il colore non è per tutti. È un privilegio destinato a chi, in casa Bonelli, si è già accaparrato una posizione di pregio: lo status di serie regolare ormai consolidata, non tanto nel tempo quanto nell’immaginario dei lettori. E perché no, anche per volume di vendite. Nonostante sia relativamente “giovane”, Dragonero fa già parte della cerchia. Un romanzo a fumetti più quindici albi mensili: ecco i numeri maturati finora dalla saga ideata da Luca Enoch e Stefano Vietti, due veterani delle nuvolette nostrane che hanno voluto accollarsi un’impresa non facile. Quella di riportare il fantasy sotto i riflettori, ai piani alti del fumetto popolare.

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Speciale Dragonero 1 prosegue in quest’ardua missione, con in più il valore aggiunto del colore. Tra le cinque uscite extra non in bianco e nero proposte quest’estate dalla casa editrice di via Buonarroti trova infatti spazio anche questo lungo flashback, alla scoperta della prima missione non ufficiale del duo Ian-Gmor, la strana coppia al centro della serie. Da un lato un impavido umano, dall’altro un orco goliardico quanto combattivo, personaggio che definire “spalla” sarebbe a dir poco riduttivo, in quanto spesso più interessante dell’effettivo protagonista.

Con la consueta sapienza narrativa, Enoch e Vietti ci fanno fare un tuffo nel passato per comprendere meglio il presente. Un match di “gioco della palla” (una sorta di pallavolo giocata attraverso uno strano bracciale) diventa il pretesto per un racconto che parte da molto lontano. Da quando Ian, allontanatosi dall’esercito, ha deciso di arruolarsi negli scout imperiali. Ma le regole sono chiare: le spedizioni avvengono sempre in coppia, per questo non esiste scout che non abbia un compagno. Come sappiamo, la scelta del futuro Dragonero è ricaduta sul suo grande amico d’infanzia, l’orco che abbiamo imparato ad apprezzare per la sua simpatica sfrontatezza. Al cuore di tutto c’è l’avventura più classica, tra monaci da salvare ed elementali da ricacciare all’inferno, nel segno della migliore tradizione bonelliana.

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Impeccabili i disegni di Cristiano Cucina e Manolo Morrone, il cui valore si fa ancora più lampante nel bel mezzo dell’azione. A corredo, una colorazione morbida e mai invasiva che fa di questo Speciale Dragonero 1 un buon esordio. Perché il colore non è per tutti, e la sua efficacia la vedi soltanto in pagina. E qui carta canta.

Ci vorrebbe un’amica: Love

Il fumetto al servizio dell’amore. Quello adolescenziale, quello delle teenager alle prese con i primi battiti del cuore un po’ più accelerati del solito. Ed è dedicato proprio a loro questo nuovo esperimento “made in Bao Publishing”, una sorta di vademecum illustrato per imparare a gestire certi sentimenti, quei primi battiti dalla frequenza fuori scala. Come quelli di Lila, la dodicenne protagonista di Ci vorrebbe un’amica: LOVE sempre accompagnata da Webster, il suo fido porcellino d’india.

Laddove Daw distrugge (con le sue vignette della serie Lov, in cui l’amore viene affrontato attraverso botta e risposta cinici e lapidari con il risultato di farci sbellicare dalle risate), Silvia Gianatti e Manuela Nerolini provano invece a costruire. Il terreno è lo stesso, quello del rapporto di coppia affrontato a tutto tondo. Dalla fatica di dichiararsi al tentativo di non deprimersi troppo in caso di cotta non corrisposta, da come è meglio baciare fino alle tecniche per ricacciare indietro il demone della gelosia, passando per i consigli su come vivere una storia a distanza o affrontare un addio. Ci vorrebbe un’amica: LOVE è un tutorial dei sentimenti messo a disposizione delle giovani lettrici, scritto in modo semplice, diretto e per questo funzionale alla causa. I fumetti, come detto, sono lì per servire l’amore. Sono intermezzi attraverso cui il messaggio si fa ancora più chiaro, con un’ironia di fondo che conquista e non banalizza mai.

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A corredo di questo particolare progetto (primo volume di una serie dedicata ai grandi temi del diventare adulti) ci sono test, quiz e addirittura il “Meteo Zodiaco” per calcolare l’affinità di coppia attraverso l’incrocio dei segni, rappresentata graficamente attraverso delle piccole icone a forma di sole, di nuvola oppure di arcobaleno. Per il fumetto una digressione in piena regola, ma che riesce ad esaltare le potenzialità comunicative del medium. Per il pubblico delle fumetterie si tratta senz’altro di un prodotto nuovo, che parte dall’impostazione tipica di una qualunque rivista per ragazze per poi salire di almeno due o tre gradini, vuoi per la sua natura “libresca”, vuoi per il modo fresco e onesto di trattare certi argomenti, vuoi per l’immancabile cura che da sempre contraddistingue le proposte Bao.

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Shapeshifter 1

Belli, dannati e ultra-pop. Sono mostri, ma anche se figli delle tenebre sono pur sempre affascinanti. Questo fa di loro i protagonisti ideali di una saga urban-fantasy che strizza l’occhio all’immaginario horror, reimpastando gli ingredienti originari e riproponendoli con una certa freschezza. Shapeshifter è proprio questo, un mix di contaminazioni di genere, pulito nelle parole quanto nel segno, figlio dell’era Twilight ma senza per questo scimmiottare nessuno.

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Gianfranco Staltari ci fa accarezzare la solitudine dei suoi personaggi. Ma è ogni volta appena una parentesi, perché il fiume di sangue è sempre dietro l’angolo. Allo splatter tout court, però, si ammicca soltanto: il primo capitolo di quella che si presenta come un’ambiziosa miniserie è soprattutto un esempio di intrattenimento puro. E di quello buono. Quello che sa approfittare di una mitologia sempreverde, pescando a piene mani da un bacino di idee nato dalla fantasia di altri, ma senza limitarsi a sfruttare la potenza iconica di vampiri e licantropi adagiandosi sugli allori. Staltari ce la mette tutta per imbastire una trama degna di questo nome. La carne al fuoco è già tanta.

Una serie di misteriosi esperimenti ha dato il via ad una serie di mutazioni che ha portato normali essere umani a trasformarsi in mostri. Eva, dopo l'assassinio dei genitori da parte di questi esseri, inizia la sua crociata contro quella che lei chiama gli "altri". Nel frattempo, assistiamo alla trasformazione di Christina ed Eric e ai tormenti della giovane Eva. Questo, in sintesi, quanto accade in questo primo numero in cui tutto si svolge in maniera rapida e ogni ulteriore spiegazione è rimandata ai successivi numeri.

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A dar forma a questa vicenda troviamo ben tre disegnatori, uno per ogni capitolo, i cui titoli sono ispirati a note canzoni della scena rock (da The beautiful people di Marilyn Manson a Sympathy for the devil dei Rolling Stones). Francesca Ciregia illustra la progressiva sete di vendetta di Eva con un tratto essenziale e ricco di giochi di ombre. Si prosegue con Dario Viotti, già compagno di orrore di Staltari nella raccolta di racconti-lampo Schegge. Ne esce un secondo capitolo a metà tra ribrezzo e sensualità, e la sua esperienza in materia (si ricordi il suo contributo nel volume Erotico Nero) si nota eccome. A chiudere il cerchio è Marco Dominici, chiamato a raccontare visivamente un numero di situazioni maggiore rispetto a quello dei suoi colleghi, con Christian ed Eric protagonisti di metamorfosi inattese e inevitabili scie di sangue. Il suo è segno è dettagliato, preciso, maturo. Degno di un comic book.

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