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Lamberto Lamarina

Lamberto Lamarina

Focus On: Sherlock

  • Pubblicato in Screen

Steven Moffat è un nome ben noto ai molti appassionati del serial britannico Doctor Who: fan da sempre della serie, è stato uno degli artefici della fortunata incarnazione moderna e, nelle ultime stagioni, anche produttore esecutivo e coordinatore della serie. Ma non è stato questo l'unico successo dello scrittore scozzese, giacché il suo esordio risale al 1988 con un drama di lunga durata per il canale inglese ITV, seguito da diversi progetti con buon riscontro di pubblico, inclusa una mini-serie dedicata ad una revisione moderna del romanzo di Stevenson, Jekyll. E quella di rileggere i classici della letteratura inglese pare essere proprio un pallino dell'autore, visto che poco dopo aver preso dalle mani di Russel T. Davies le redini del Dottore, mise in cantiere con il collega e amico Mark Gatiss una versione contemporanea del noto personaggio di Conan Doyle, Sherlock Holmes.

La struttura dei serial inglesi difficilmente risponde ad una griglia rigida come le controparti d'oltreoceano, variando tanto nella lunghezza delle stagioni quanto nella durata dei singoli episodi, e questo Sherlock non fa eccezione: le stagioni sin qui prodotte sono di fatto composte da tre film di un'ora e mezza ciascuno, prendendo spunto ognuno più o meno liberamente da un romanzo dell'investigatore, andando ben al di là del semplice adattamento ai tempi moderni. Troviamo quindi uno Sherlock Holmes che non fa uso del noto cappello e pipa (sebbene vengano citati spesso come “inside joke”), non è cocainomane (ma afflitto dalla dipendenza al tabacco cui pone rimedio con cerotti alla nicotina), il suo socio Watson è sempre un dottore militare reduce dall'Afghanistan (una caratteristica che i corsi e ricorsi della storia hanno consentito di mantenere), rappresentato in modo meno “passivo” dell'originale e con un rapporto più umano con l'investigatore. Lo straordinario Benedict Cumberbatch, visto di recente nel film "La talpa", presta il volto al detective, mentre il dottor Watson è interpretato da Martin Freeman, in futuro nei cinema come protagonista dell'adattamento di "The Hobbit".

C'è una netta differenza stilistica fra le due stagioni della serie fin qui trasmesse, caratterizzate da una crescente personalizzazione dello stile di Moffat tanto nella regia quanto nella scrittura. Se i primi tre episodi offrono una rilettura moderna ma tutto sommato classica del personaggio, le cui manie e incredibili capacità deduttive sono inserite in un contesto narrativo famigliare, con tratti auto-ironici e leggeri che stemperano i potenziali eccessi, la stagione appena conclusasi pone invece l'accento su una forte caratterizzazione del protagonista, sottolineata da una regia più personale e ambiziosa, a volte persino debordante, che nella scrittura cerca una maggiore complicità con lo spettatore. Lo stile di Moffat nella seconda stagione è figlio di quello presente nel Doctor Who, ma con maggior libertà creativa ed espressiva, portando con sé pregi (soluzioni registiche e narrative di impatto, maggior empatia con i personaggi) e difetti (scrittura debordante, alcune trovate visive puramente edonistiche, sceneggiatura a tratti effettistica e claudicante). Non è un caso che gli episodi scritti da altri autori siano più tradizionali, sacrificando però quel mordente che, pur con tutti i limiti illustrati, caratterizza a fondo la serie facendo breccia in chi la segue: l'episodio fin qui peggiore ("The hounds of Baskerville", seconda stagione) non per nulla appartiene ad uno di essi. Il risultato finale è un serial originale e molto "personale", non particolarmente innovativo ma capace come pochi di catturare e coinvolgere lo spettatore, che è in definitiva lo scopo di qualunque telefilm. E il cliffhanger con cui si è conclusa la seconda stagione ha dato molto da pensare a tutti i suoi fan.
Una curiosità: il fratello di Sherlock, Mycroft Holmes, è interpretato da Mark Gatiss, co-creatore della serie.

Network: BBC One
Produzione: BBC Wales, Hartswood Films
Prima messa in onda GB: 27/07/2010
Prima messa in onda ITA: 18/02/2011
Stagioni: 2 (rinnovata)
Episodi: 6

Focus On: Nurse Jackie

  • Pubblicato in Screen

I cosiddetti “medical drama” hanno da sempre rappresentato un filone narrativo molto redditizio per le emittenti statunitensi, declinato in diverse e sempre efficaci variazioni: la soap di General Hospital, il realismo di E.R., la declinazione romantica di Grey's anatomy... un genere che sembra non tramontare mai, universale come pochi (si pensi anche alle controparti nostrane). Una vitalità sicuramente figlia dell'adattamento ai gusti del pubblico, fino ad arrivare ad House, che con il suo protagonista ruvido e sopra le righe ha portato una ventata di "scorrettezza controllata" sulle reti generaliste, pur restando ben lontani dai temi più difficili che invece vengono raccolti con spavalderia dalle emittenti via cavo, intente a lanciare serie sempre più trasgressive e alternative. E l'infermiera Jackie Peyton rappresenta, in questo senso, la versione "nera" del Dr. House .

Creata da Lix Brixius, Linda Wallem e Evan Dunsky (tre autori di cui solo quest'ultimo vanta un trascorso televisivo importante con C.S.I.), Nurse Jackie è composta da dodici episodi di mezz'ora per stagione, incentrati su un'infermiera le cui indubbie doti umane e lavorative vengono contro-bilanciate da una crescente dipendenza dagli anti-dolorifici, che la spingono sempre più in un abisso di bugie, tradimenti e bassi stratagemmi, un personaggio tutt'altro che positivo tanto da aver fatto incazzare non poco le infermiere statunitensi. La spirale negativa in cui la protagonista precipita di stagione in stagione viene immersa in un contesto da commedia che ne smorza nettamente l'impatto drammatico, mantenendo la serie costantemente sopra le righe in uno stile narrativo comune a molte altre serie come Breaking Bad e Weeds.

Dopo una prima stagione d'esordio esplosiva e destabilizzante, la seconda è stata caratterizzata dal consolidamento delle trame e dei personaggi, mentre la terza (terminata lo scorso giugno) ha mostrato segni di stanchezza, dando la sensazione di voler vivere di rendita più che cercare di evolversi.
Interamente retta sulle spalle della straordinaria Edie Falco, la serie già dalla seconda annata aveva scelto di concentrarsi sulla "discesa all'inferno" della protagonista, ma nell'ultima andata in onda si è assistito ad un progressivo gioco al rialzo, spingendo l'asticella della (im)moralità di Jackie sempre più in là, ingabbiando i pur pochi episodi in uno schema che trovare già logoro in una serie così giovane è quantomeno preoccupante.
L'aver scelto di manicheizzare i personaggi di contorno, più funzionali all'alleggerimento dei toni della serie che altro, porta ulteriormente un senso di ripetitività e avvitamento che butta all'aria tutta la forza narrativa che era ben presente negli esordi, al punto che il consueto cliffhanger finale è praticamente telefonato, tanto è perfettamente incastrato nella logica della discesa nell'abisso della protagonista.
La scrittura resta pregevole nelle interazioni, nelle battute, nella scelta di narrare la tragedia di una tossicodipendente evitando toni cupi e disperanti, ma se dopo 36 episodi (oltretutto di mezz'ora) il gioco mostra già la corda, allora c'è decisamente qualcosa che non va.
Ci si può solo augurare che per la quarta stagione, la cui premiere è prevista per l'8 di aprile, gli sceneggiatori trovino il modo di spezzare la "routine", altrimenti tutta la bravura della Falco andrà irrimediabilmente sprecata.
Una nota: Steve Buscemi ha diretto sei episodi della serie, divisi tra la prima e la terza stagione.

Network: Showtime
Produzione: Showtime, Lionsgate Television
Prima messa in onda USA: 08/06/2009
Prima messa in onda ITA: 05/03/2010
Stagioni: 3 (rinnovata)
Episodi: 36

Focus On: Alphas

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I telefilm a tema soprannaturale o fantastico sono sempre stati una componente ricca e ben presente nell'offerta televisiva americana, spesso presentando un mix di altri generi in modo da renderli appetibili al di fuori del pubblico dei puri appassionati. Il “sottogenere” supereroistico non ha mai avuto grandi fortune, anche quando cercava un traino con adattamenti di film o fumetti, ed è quindi rimasto sempre poco esplorato, ma negli ultimi anni la tendenza pare essersi invertita, complice probabilmente il rinnovato interesse del cinema per i franchise soprattutto della Marvel. Va detto che, nonostante i molti progetti, quelli realmente di successo restano ben pochi: al di là della lunga corsa di Smallville, solo Heroes ha potuto vantare un buon seguito, mentre altre serie come The 4400 o Mutant X hanno fondamentalmente solo vivacchiato per qualche annata. All'elenco si è aggiunta nell'anno appena passato anche questa Alphas.

Creata da Zak Penn e Michael Karnow, la serie prende il nome da alcuni esseri umani nati con una piccola deformazione nel cervello che li dota dei poteri più disparati (forza, controllo mentale, sensi iper-sviluppati...), la cui esistenza è tenuta segreta dal governo. Un gruppo di Alphas, guidati dal dott. Rosen, cerca per conto del governo altri Alphas per portarli a collaborare o, in caso decidano di darsi al crimine, per rinchiuderli in una struttura adeguata.
Sullo sfondo, un'organizzazione terroristica di Alphas (Red Flag) porta avanti la propria lotta convinta che gli umani "normali" non li accetteranno mai. Il tema portante non è certamente nuovo, e fa palesemente riferimento agli X-Men della Marvel, con il dott. Rosen che ad ogni episodio assomiglia sempre più a Charles Xavier, fino a ricalcarne pienamente il ruolo nell'episodio conclusivo della prima stagione. Ma come spesso succede nei serial di questo tipo, le connotazioni fantastiche fanno quasi sempre da sfondo a trame più classiche di impianto mistery-drammatico, con una spolverata di sentimentalismo che dovrebbe, almeno in teoria, attrarre un pubblico più mainstream.

Il pilot era promettente, mostrando un approccio al mondo superomistico diverso da quello già visto nei citati Heroes o The 4400, con un personaggio come il dott. Rosen che si presentava eccentrico e dalle motivazioni non proprio limpide (e che può vantare un interprete di grosso calibro come David Strathairn).
Purtroppo, le promesse sono state tutte disattese: in breve Rosen è diventato buonista e privo delle "eccentricità" mostrate inizialmente, i protagonisti sono rimasti dei bozzetti senza personalità, del tutto mancanti di carisma e fin troppo schematici. E trovandosi a gestire un personaggio difficile come quello di Gary (un autistico in grado di leggere ogni tipo di segnale), si è scelto di impoverirlo delle proprie caratteristiche riducendolo ad una macchietta.
Nemmeno le storie sono incisive, a volte decisamente tremende (come "Catch and release", che vede come guest star Summer Glau, nota per essere presente in tutti i serial fallimentari), altre con premesse intriganti che vengono però sviluppate in modo maldestro (come "A short time in paradise" o "Blind spot").
Una prima stagione priva di una vera direzione, di personaggi carismatici, incapace a creare un contesto narrativo sufficientemente complesso e articolato.
La serie si è trovata sull'orlo della cancellazione, venendo infine rinnovata per una seconda stagione a partire dall'estate prossima, ma con un cambio non indifferente nel team produttivo: Ira Steven Behr (noto per il suo peraltro ottimo lavoro su Star Trek: Deep Space Nine) verrà sostituito da Bruce Miller, che per il canale aveva già gestito Eureka, affiancando un altro orfano di DS9 come Robert Hewitt Wolfe.
Se questa sostituzione porterà ad un miglioramento della serie, ovviamente è tutto da vedere.
Una curiosità: la serie è ambientata nello stesso universo narrativo di altri due telefilm dello stesso network, Eureka e Warehouse 13.

Network: SyFy
Produzione: Universal Cable Production
Prima messa in onda USA: 11/07/2011
Prima messa in onda ITA: inedita
Stagioni: 1 (rinnovata)
Episodi: 11

Focus On: The Big Bang Theory

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La tradizione delle sit-com americane è lunga e ben radicata nella TV statunitense, e se pure in tempi recenti lo status quo sia stato ampiamente scardinato dalla reti indipendenti, in quelle generaliste gli schemi vengono ancora rispettati con una certa continuità. Un nucleo centrale di protagonisti, attorniati da diversi comprimari fortemente caratterizzati, in cui è presente almeno un personaggio politicamente scorretto o comunque “fuori” dagli schemi sociali, che a seconda del genere e del tema può essere frontale o di sfondo. Spesso è accaduto che uno dei comprimari sia entrato nel cuore del pubblico, portando i produttori a dargli sempre più spazio fino a divorarsi tutta la scena: i casi più eclatanti sono quelli di Happy Days e Casa Keaton, ed anche questo The big bang theory.

Creata da Chuck Lorre, un esperto del genere che già aveva dato vita a un successo come Dharma & Greg (e che firma le sue serie con le “vanity card” al termine di ogni episodio), la serie si incentra su un gruppo di nerd le cui vite vengono scombussolate dall'arrivo di Penny, una nuova inquilina nell'appartamento di fronte a Sheldon e Leonard, diventando l'oggetto delle attenzioni amorose di quest'ultimo. Se questo è il trio principale, a completare il cast ci sono Howard e Raj, cui poi si sono aggiunti altri comprimari, fornendo un quadro di personalità più o meno eccentriche dai cui conflitti e peculiarità scaturiscono le situazioni comiche. Il successo è stato inaspettato e travolgente, tanto da aver già confermato almeno 7 stagioni ed un ingaggio crescente per i tre protagonisti, ma è sicuramente al personaggio di Sheldon Cooper che va buona parte del merito.

I riferimenti a fumetti, film, telefilm e scienza che strizzano l'occhio al pubblico più nerd (ma sempre modulati in modo da rendere la battute accessibili a chiunque), mescolati con gli schemi più classici delle sit-com sentimentali sono sicuramente alla base del successo della serie, ma già dalla prima stagione è stato il personaggio di Jim Parsons a rubare la scena a tutti gli altri, ricevendo via via sempre più attenzione da parte degli autori, fino alla terza stagione di fatto Sheldon-centrica, dove le sue manie vengono sempre più accentuate e poste in primo piano ad ogni episodio, fino ad arrivare ad un vero e proprio “salto dello squalo” nella quarta stagione con l'episodio "The Cruciferous Vegetable Amplification". Nelle ultime due annate gli autori sembrano essersi posti un freno, tornando a rendere più armoniose le trame, ma l'inserimento dei nuovi comprimari fissi (la Amy di Mayim Bialik e la Bernadette di Melissa Rauch) pare aver già esaurito la propria carica di freschezza, trovandosi negli episodi più recenti a ripetere stancamente gli stessi schemi ad appena la quinta stagione. Gli ascolti sono sempre in crescita, così come i riconoscimenti per gli interpreti (in primis il bravissimo Parsons), quindi non c'è purtroppo da aspettarsi un cambio di marcia nella produzione.
Una curiosità: nella prima versione del pilot, mai andata in onda, il personaggio di Sheldon presentava già le proprie manie ma in maniera molto meno accentuata, mostrando anch'egli un interesse nei confronti di Penny (in questa occasione non interpretata da Kaley Cuoco e con un nome diverso, Katie), elemento che poi è stato del tutto sradicato dal personaggio per renderlo ancor più “straniato” dagli altri. E al posto di Raj e Howard c'era una loro controparte femminile, Gilda, che si mostrava “minacciata” dall'arrivo della nuova inquilina.

Network: CBS
Produzione: Warner Bros
Prima messa in onda USA: 24/09/2007
Prima messa in onda ITA: 19/01/2008
Stagioni: 5 (in corso)
Episodi: 111 (17 – 23 – 23 – 24 - 24)

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