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Antonio Ausilio

Antonio Ausilio

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4 Words About: Parker Girls

  • Pubblicato in Focus

4 Words About, ovvero "Per chi apprezza il dono della sintesi".
Parker Girls


Orgogliosamente indipendente, da più di tre decenni Terry Moore porta avanti la sua idea di fumetto, senza ammettere alcuna concessione alle mode del momento. In questo volume (che raccoglie l’omonima miniserie pubblicata tra il 2022 e il 2023) torna per l’ennesima volta a una dei suoi - e nostri - personaggi preferiti, Katina “Katchoo” Choovanski di Strangers in Paradise, che viene provvisoriamente reintegrata nelle Parker Girls per tentare di scoprire cosa ci sia dietro la morte di una di loro. Action, mistery, denuncia dello strapotere della tecnologia (il “cattivo” Zackary May è evidentemente ispirato a Elon Musk) miscelati in un’appassionante trama tritageneri dal ritmo serrato e pieno di ironia. Senza dimenticare le strepitose protagoniste, che il tratto parzialmente cartoonesco di Moore rende ancora più affascinanti.

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Dati del volume
Editore: Bao Publishing
Autori: Testi e disegni di Terry Moore
Genere: Azione
Formato: 16x24, 144 pp., B., b/n
Prezzo: 21€
ISBN:  9791256211111
Voto: 8

Comic(US) Book #3: Universo Ultimate, Venom War e Conan il Barbaro

  • Pubblicato in Focus

In questa nuova puntata di Comic(US) Book, ampio spazio per le serie Ultimate. Poi uno sguardo al crossover Venom War e a qualche altra uscita Marvel e DC. Infine, usciamo dall’alveo delle due major del fumetto americano per occuparci di Conan il Barbaro.

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Ultimate Spider-Man 12
Spider-Man - Dodici
Ultimate Spider-Man continua a mostrarci un Jonathan Hickman molto diverso dall’autore che abbiamo conosciuto finora. Amante delle trame cervellotiche e dei personaggi di portata cosmica, vederlo all’opera con ambienti domestici, rapporti umani e persone comuni, produce un effetto straniante. Tuttavia, per quanto rimaniamo convinti che una serie come questa non rientri propriamente nelle sue corde, la gestione dello scrittore americano non può certo dirsi inadeguata. Anche (o soprattutto) quando – come in questo numero - di vero e proprio supereroismo non vi è quasi traccia. Coerentemente allo spirito natalizio dell’albo, Hickman lascia spazio alle dinamiche familiari dei Parker/Watson, approfittandone pure per introdurre nuovi comprimari che, con ogni probabilità, acquisiranno un’importanza maggiore nelle storie a venire. E se lo “zucchero” sparso per gran parte delle pagine dovesse cominciare a risultare indigesto, ci pensano le inquietanti tavole finali a ricondurre la vicenda su binari più avventurosi.
Lo stesso dicasi per i disegni di Marco Checchetto, per nulla penalizzati dall’assenza di scene d’azione che, generalmente, rappresentano il vero punto di forza dell’artista veneto.
Voto: 7

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Ultimates 7
Ultimates - Sette
La serie più interessante del nuovo Universo Ultimate. Eravamo abbastanza scettici che lo sceneggiatore Deniz Camp fosse in grado di donare il giusto spessore agli “Avengers” di Terra 6160, ma ci siamo dovuti ricredere. Questo numero, in particolare, è probabilmente uno dei migliori della collana. Maggiormente a suo agio quando può approfondire la psicologia dei personaggi, o far emergere, con metafore più o meno scoperte, i temi politici e sociali di attualità, l’autore di origini filippine mostra come i diversi componenti del team reagiscono alle terribili conseguenze dello scontro con Bruce Banner, raccontato nell’episodio precedente, e alla percezione che ha di loro il resto della popolazione, in occasione dell’anniversario dell’attacco alle Stark Tower, che ha causato parecchie vittime civili.
Scrittura raffinata, scandita da dialoghi che si sposano alla perfezione alle caratteristiche dei vari protagonisti, tra i quali ci piace ricordare soprattutto Destino (una delle figure più affascinanti e sfaccettate degli ultimi anni), Occhio di Falco e She-Hulk.
Juan Frigeri, ai disegni, forse non è l’artista capace di valorizzare al meglio i testi di Camp, mancando a volte di espressività e dinamismo, ma tutto sommato la serie non ne risente più di tanto.
Voto: 7

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Ultimate Universe – Un anno dopo

Ancora Deniz Camp ai testi per questo one shot che segna il giro di boa per l’Universo Ultimate a un anno di distanza dalla chiusura della Città, a Latveria, in cui è rimasto prigioniero il Creatore. Facciamo la conoscenza dell’agenzia nota come H.A.N.D., che su Terra-6160 ha preso il posto dello S.C.H.I.E.L.D., diventando una sorta di polizia segreta al soldo della versione perversa di Reed Richards, incaricata di eliminare ogni potenziale minaccia al suo regime. A guidarla il Nick Fury di questo universo alternativo. Ma sarà davvero così?
Pur se meno convincente rispetto alla sua gestione degli Ultimates, Camp approfondisce le personalità e le ambizioni di molti dei villain che abbiamo imparato a conoscere nelle nuove testate Ultimate, benché, nonostante un colpo di scena ben calibrato, non aggiunga niente di significativo alle trame in corso. 
Piuttosto bruttini i disegni di Jonas Scharf.
Voto: 6

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Ultimate Black Panther 11
Pantera Nera - Undici
Serie un po’ sottovalutata che paga il fatto di non essere, per ora, direttamente collegata alle saghe più importanti del nuovo Universo Ultimate. Ciononostante, questo T’Challa alternativo è ben caratterizzato (lo stesso dicasi per i personaggi principali che gli ruotano attorno), sebbene – tolto il matrimonio con Okoye e poco altro - non si discosti in maniera rilevante dalla sua versione “originale”. Bryan Hill è bravo a mantenere il ritmo della narrazione su un buon livello, evitando che le varie sottotrame si intreccino in modo incongruente, oltreché a far sì che questo numero serva a preparare il terreno per lo scontro tra Pantera Nera e Khonshu, preannunciato fin dall’esordio della collana.
Sul versante grafico, Carlos Nieto concede una pausa a Stefano Caselli, riuscendo a conservare parte della vigoria del tratto di quest’ultimo, ma non la stessa accuratezza nelle anatomie e nella raffigurazione dei volti dei singoli character.
Voto: 6

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Ultimate X-Men 10
X-Men - Dieci
Questa è, in assoluto, la serie Ultimate più complicata da giudicare. Dobbiamo dire che l’idea di creare un vero e proprio manga, inserito a pieno titolo nelle vicende di Terra-6160 è in sé molto intrigante. Contemporaneamente, però, risulta inevitabile chiedersi quanto a lungo un simile esperimento possa durare. Comics e manga presentano caratteristiche e linguaggi sensibilmente diversi, pertanto, sebbene una contaminazione tra le due scuole fumettistiche sia sempre possibile, più difficile è pensare che queste riescano a convivere sotto lo stesso tetto per un tempo indefinito.
A ogni modo, se facciamo finta di considerare Ultimate X-Men un prodotto del Sol Levante, la maniera in cui Peach Momoko ha sfruttato i temi di fondo dei mutanti Marvel per ricavarne un fanta-horror inquietante e suggestivo, per ora non ci dispiace affatto.
Voto: 6,5

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Fantastici Quattro 25 (459)
Fantastici Quattro – La storia in cui Johnny Storm viene soffocato da un alieno
Saremmo tentati di liquidare questo numero scrivendo semplicemente che si tratta dell’ennesimo episodio che cerca di contaminare – malamente - il supereroismo fantascientifico dei Fab Four con i toni da family comedy di un serial TV americano degli anni Ottanta. Tuttavia, pur continuando a non capire come gli editor Martin Biro, Annalise Bissa e (un evidentemente “distratto”) Tom Brevoort possano pensare che questo sia il giusto indirizzo per la serie, vogliamo provare a essere costruttivi: dato che Ryan North sembra poco incline agli scenari drammatici, cercando costantemente di risolvere ogni vicenda con ironia e leggerezza, perché non sfruttare una simile “dote” su altri personaggi maggiormente in linea con tale impostazione ed evitare questo strazio alla prima, storica testata pubblicata dalla Marvel?
Voto: 4,5

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Iron Man 2 (137)
Iron Man – La Guerra Stark-Roxxon parte 2: muoviti velocemente e rompi le cose
A quanto pare ci avevamo visto giusto e la bella impressione che ci aveva lasciato il primo numero si è subito confermata in quello successivo. Anzi, a dirla tutta, la prosa di Spencer Ackerman appare persino salita di livello: dialoghi taglienti e incisivi, intrighi ben congegnati, personaggi tridimensionali e una buona scelta dei tempi narrativi.
Peccato per i disegni: Julius Ohta non dà proprio la sensazione di essere un autore in grado di aiutare la testata a crescere ulteriormente di qualità.
Voto: 7

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Marvel miniserie 286
Venom War 3
Una precisazione d’obbligo: noi riteniamo che Al Ewing sia uno scrittore di valore. Il problema è che, non di rado, gli capita di fare scelte a dir poco farneticanti, tanto da indurci a dubitare dei nostri convincimenti. L’intera saga Venom War, a riguardo, ne è probabilmente l’esempio più lampante. Già la premessa rasenta la demenzialità, con Eddie Brock e suo figlio Dylan che decidono di darsele di santa ragione su un ring, per stabilire chi dei due debba continuare a rimanere in simbiosi con Venom e scongiurare in questo modo un futuro distopico. Come se ciò non bastasse, abbiamo anche una sceneggiatura risibile, che serve solo a giustificare l’arrivo di quasi ogni altro simbionte conosciuto e amenità varie a contorno come i cadaveri avvolti da simbionti morti, definiti – non è uno scherzo! - zombionti.
Ciliegina sulla torta, i disegni di un Iban Coello mai visto così sotto tono.
Incommentabili le pagine finali di ogni capitolo dedicate a Cavallo Venom.
Voto: 4

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Wolverine: vendetta 1

Inizia l’attesa miniserie realizzata da Jonathan Hickman e Greg Capullo (quest’ultimo al suo rientro in Marvel dopo parecchi anni). La storia, ambientata in un possibile futuro, vede Wolverine impegnato in una missione per salvare quello che resta dell’Occidente, dopo che l’esplosione dell’asteroide M e la conseguente morte di Magneto, ha generato un EMP di inaudita potenza, che ha fatto precipitare nell’oscurità un’area molto vasta della Terra.
Una premessa intrigante, che però, per ora, pare il classico tentativo di creare un blockbuster a tavolino, senza la giusta convinzione da parte degli autori coinvolti. Hickman si limita a imbastire una trama in cui abbondano i colpi di scena e i personaggi di contorno (molti dei quali amati dai fan dell’artigliato canadese) che, tuttavia, procede per accumulo e non con una narrazione in grado di emozionare il lettore. Capullo, invece, forse penalizzato dalle chine di Tom Townsend, sembra piuttosto lontano dall’artista che abbiamo imparato ad apprezzare su Spawn e Batman.
Evitate l’edizione Red Band. Un po’ di sangue e qualche sbudellamento in più non valgono la maggiorazione di 2€ rispetto alla versione standard.
Voto: 5,5

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Wolverine 2 (457)
Wolverine – Sangue e debito
Rispetto all’episodio iniziale della sua gestione, Saladin Ahmed aggiunge un minimo di approfondimento psicologico ai personaggi, presentandoci una versione inedita della possente creatura cannibale Wendigo, nota per essere stata il primo avversario affrontato da Wolverine, quando esordì in una storia di Hulk negli anni Settanta.
Cionondimeno, abbiamo trovato ancora una volta ripetitivo l’accostamento dell’istinto animale del protagonista alla natura omicida del mostro, per giustificare la decisione di Logan di salvarlo dagli assalti delle forze speciali canadesi. Una scelta che appare come un (velleitario) tentativo da parte dello scrittore di Detroit di nascondere la mancanza di un’idea precisa dell’indirizzo da dare alle serie.
Inoltre, benché efficaci nelle scene d’azione, i disegni approssimativi di Martin Coccolo sembrano sempre meno adeguati a una testata di questa importanza.
Voto: 5,5

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Super Son – Sogni veridici
"One shot long size" legato ad Absolute Power e dedicato a Jon Kent, che racconta il difficile tentativo delle amazzoni di liberare il figlio di Superman dal controllo di Brainiac Queen, dopo che quest’ultima lo aveva trasformato in un cyborg al suo servizio. Sina Grace e Nicole Maines imbastiscono una discreta trama a incastri, in cui volutamente confondono il lettore, che spesso non è in grado di capire se sta osservando la realtà o un parto mentale del protagonista. Un po’ troppo prevedibili gli intermezzi sentimentali, benché quelli in compagnia di Dreamer regalino qualche emozione in più.
Dei due disegnatori John Timms e Travis Mercer preferiamo sicuramente il primo. Il suo tratto forse eccede in spigolosità, ma ci piace la sua iperdinamicità e la sua ricchezza nei dettagli.
Voto: 6,5
Superman – “Odio la magia”
Altro tie-in di Absolute Power, in cui Joshua Williamson si diverte (i lettori meno) a impegnare Superman in una scorribanda con Zatanna in uno dei meandri magici del cosmo DC. Storia di passaggio, in attesa di tornare alle trame in sospeso. Scialbi disegni “computerizzati” di Jamal Campbell.
Voto: 5,5

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Conan il Barbaro 8 (26)
Conan - Gelida fede parte III: gli dei del Nord – Gelida fede parte IV: il mondo nascosto
Uno dei rari albi spillati rimasti in Italia che non ospita serie Marvel o DC, ma che può contare su un personaggio che proprio la Casa delle Idee ha reso popolare nei fumetti. Ora i diritti del Cimmero sono in mano alla Titan Comics, la quale ha arruolato una schiera di autori che paiono davvero a loro agio con gli scenari fantasy dell’era Hyboriana. A partire da Jim Zub, da cui – dobbiamo riconoscerlo - non ci saremmo mai aspettati una prosa così solenne e risolutamente mirata a esaltare l’eroismo del protagonista.
In questo numero si conclude la saga – ispirata al racconto di Robert E. Howard La figlia del gigante dei ghiacci - che ha portato un giovane Conan a combattere nel gelido Nordheim.
Da nostalgici di John Buscema, confessiamo di preferire ai disegni il titolare della serie Roberto De La Torre, erede artistico del grande autore italo-americano, dato che Doug Braithwaite, che ha realizzato entrambi gli episodi, ci sembra più bravo come copertinista che come illustratore delle pagine interne.
Voto: 7

4 Words About: Ultimate Universe: Un anno dopo

  • Pubblicato in Focus

4 Words About, ovvero "Per chi apprezza il dono della sintesi".
Ultimate Universe: Un anno dopo


Ancora Deniz Camp ai testi per questo one shot che segna il giro di boa per l’Universo Ultimate a un anno di distanza dalla chiusura della Città, a Latveria, in cui è rimasto prigioniero il Creatore. Facciamo la conoscenza dell’agenzia nota come H.A.N.D., che su Terra-6160 ha preso il posto dello S.C.H.I.E.L.D., diventando una sorta di polizia segreta al soldo della versione perversa di Reed Richards, incaricata di eliminare ogni potenziale minaccia al suo regime. A guidarla il Nick Fury di questo universo alternativo. Ma sarà davvero così?
Pur se meno convincente rispetto alla sua gestione degli Ultimates, Camp approfondisce le personalità e le ambizioni di molti dei villain che abbiamo imparato a conoscere nelle nuove testate Ultimate, benché, nonostante un colpo di scena ben calibrato, non aggiunga niente di significativo alle trame in corso. Piuttosto bruttini i disegni di Jonas Scharf.

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ultimate un anno dopo

Dati del volume
Editore: Panini Comics
Autori: Testi di Deniz Camp, disegni di Jonas Scharf
Genere: Superoistico
Formato: 17x26, 40 pp., S., col.
Prezzo: 5€
ISBN:  9791221910131
Voto: 6

Biancaneve, la recensione del live-action Disney

  • Pubblicato in Screen

Non avevamo dubbi che fosse soltanto una questione di tempo. Era davvero possibile pensare che la Disney potesse resistere alla tentazione di portare sul grande schermo la versione live action del suo lungometraggio di animazione più famoso, dopo i successi ottenuti con le trasposizioni di altri suoi celebri classici? Certamente no, benché, quando il progetto venne ufficializzato nel 2016, i boss della major californiana non potevano di sicuro immaginare che il mondo sarebbe cambiato in maniera così repentina. In quegli anni, l’Occidente stava vivendo un momento particolarmente favorevole dal punto di vista politico e sociale, soprattutto grazie alla lunga presidenza di Barack Obama, che aveva portato con sé non solo un’attenzione maggiore verso i diritti civili e i temi ambientalisti, ma anche il ritorno in auge di rivendicazioni sostenute da varie minoranze e di istanze promosse da associazioni in lotta per la parità di genere. Tanti elementi che sembravano preannunciare l’avvento di una comunità dei popoli più inclusiva. Per cui, quale migliore occasione di trasformare Biancaneve nel manifesto di questo movimento, che all’epoca pareva inarrestabile?

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Ecco, dunque, la scelta di affidare il ruolo della protagonista a Rachel Zegler, un’attrice di origini colombiane (piuttosto distante, quindi, dall’immagine classica del personaggio dei fratelli Grimm), di rimuovere i sette nani dal titolo – decidendo, inoltre, di utilizzare la motion capture per rappresentarli all’interno della pellicola - e avanti così con altre soluzioni controverse in nome di un politically correct estremamente radicale. Purtroppo per la Disney, tuttavia, nel marzo del 2020 - il mese nel quale era stato fissato l’inizio delle riprese (in seguito posticipate a causa della pandemia di Covid 19) – apparve sempre più evidente l’esistenza di una profonda spaccatura nella società statunitense, ulteriormente esacerbata dalla prima presidenza di Donald Trump, che ha dato voce a una folta rappresentanza di persone fermamente contrarie a questa nuova visione del mondo. Poi, a creare altri problemi alla produzione, oltre all’emergenza sanitaria appena menzionata, ci si sono messi di mezzo gli scioperi degli attori e degli sceneggiatori di Hollywood e l’osceno ritorno della guerra come metodo per risolvere le dispute. In particolare, il massacro compiuto da Hamas il 7 ottobre 2023, che ha scatenato la sanguinosa offensiva israeliana delle settimane successive, ha apparentemente generato una divisione all’interno del cast, in quanto Gal Gadot (che interpreta la Regina Cattiva) ha pubblicamente preso le difese di Israele, il suo paese natale, mentre la Zegler si è schierata con il popolo palestinese. E a dispetto di foto recenti in cui le due attrici sono state ritratte assieme sorridenti, la preoccupazione che le numerose polemiche che hanno circondato il film (senza dimenticare le critiche feroci piovute sui social alla messa in onda online dei suoi trailer) potessero portare a veri e propri fenomeni di disordine pubblico o a forme di dissenso ancora più gravi, ha spinto i vertici della casa cinematografica a convertire la première di Los Angeles in una proiezione per pochi intimi, con un red carpet ridotto ai minimi termini. Tutte cose che rischiano pericolosamente di penalizzare gli incassi della pellicola e di spostare l’attenzione lontano dal suo reale valore artistico.

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Riguardo quest’ultimo – che è il vero aspetto che ci interessa - non vogliamo certo affermare di far parte di coloro che giudicano un film sulla base di alcune immagini promozionali, sebbene la chiara intenzione di far assomigliare il più possibile la versione live action al capostipite animato del 1937 (come già successo con molte delle trasposizioni precedenti), ci aveva fatto seriamente temere per il risultato finale. Timori che, sfortunatamente, si sono rivelati più che fondati visto che, nonostante un inizio abbastanza promettente, contrassegnato da coloratissimi allestimenti scenici e un lungo e coinvolgente numero musicale, l’arrivo nella vicenda della Regina Cattiva determina non solo la progressiva – e narrativamente giustificata - discesa di una cappa oscura sul reame di Biancaneve, ma anche la fine di ogni tentativo di dare alla pellicola un’identità precisa. Riferendoci proprio alla protagonista: come si fa a pensare che acconciature e costumi elaborati per un film ormai vicino ai novant’anni d’età possano apparire credibili in un’opera contemporanea? È vero che stiamo parlando del personaggio di una fiaba, tuttavia, vedere la povera Zegler abbigliata come una bambola e costretta a sfoggiare un taglio di capelli assolutamente inadeguato ai suoi lineamenti, ci ha lasciati alquanto perplessi. Per tacere poi dello sconcertante trattamento riservato ai sette nani (ovviamente mai chiamati così), la cui natura digitale contrasta in maniera netta con la concomitante presenza di attori in carne e ossa. L’inevitabile uso massiccio della CGI, necessaria, tra le altre cose, a ricreare gli animaletti del bosco (i quali, detto per inciso, risultano quasi sempre più verosimili di Cucciolo e compagnia) avrebbe dovuto far presagire a coloro che hanno imposto simili scelte il rischio di dare al pubblico l’impressione di essere spettatore non di un prodotto cinematografico ma di un algido e banale videogame (a quanto pare, le amare lezioni apprese da Robert Zemeckis non hanno insegnato nulla). Rischio che, neanche a dirlo, si concretizza puntualmente a ogni inquadratura in cui compaiono i nani, ridotti persino a protagonisti di sciatti e infantili siparietti comici.

L’unica decisione che ci sentiamo di condividere è la sostituzione del Principe Azzurro con un simpatico mascalzone a capo di un gruppo di ribelli che si oppone alla Regina (lo interpreta il giovane attore di belle speranze Andrew Burnap), il quale, oltretutto, è il solo personaggio che si esprime con dialoghi di un certo livello. Ma è il guizzo estemporaneo di una trama che appare costantemente come la brutta copia di quella elaborata per l’opera originale. E la colpevole principale di ciò è senza dubbio l’unica sceneggiatrice accreditata Erin Cressida Wilson (è noto, tuttavia, che alla stesura dello script hanno partecipato pure Greta Gerwig, Chris Weitz e diversi altri autori), da cui era lecito aspettarsi una buona dose di coraggio in più. Possiamo anche essere d’accordo che la storia di Biancaneve, divenuta ormai patrimonio universale, si presti alla diffusione di un messaggio maggiormente inclusivo. Perché, allora, non spingere in maniera convinta in questa direzione, anziché limitarsi a un cast multietnico e a brevi sussulti femministi, che odorano tanto di semplice strategia commerciale? Senza considerare la generale mancanza di spessore di gran parte dei comprimari, utili esclusivamente a riempire gli spazi vuoti offerti dalle varie scenografie.

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Cosa dire poi della regia? Che Marc Webb non fosse un cineasta visionario e raffinato lo sapevamo già dai suoi film precedenti (per chi non se lo ricordasse, ha girato anche i due lungometraggi di Spider-Man con Andrew Garfield). Evidentemente, però, quando il copione che gli viene fornito non si dimostra adeguato e la produzione concede poco spazio alla creatività, la sua direzione diventa scolastica e totalmente anonima.
Un fiasco colossale, quindi? Saremmo davvero tentati di concludere la nostra analisi in questo modo, ma sarebbe ingiusto nei confronti di coloro che hanno lavorato con impegno per garantire alla pellicola un minimo di qualità. Prima fra tutti Mandy Moore, autrice delle belle e trascinanti coreografie. Meritano un encomio pure il compositore Jeff Morrow e i songwriter Benj Pasek e Justin Paul che, con la collaborazione di Jack Feldman, hanno realizzato le nuove, piacevolissime canzoni. Infine, una menzione speciale per le due interpreti principali, entrambe decisamente in parte: Rachel Zegler è una solare e credibilissima Biancaneve, perfettamente a suo agio nei passaggi musicali (come già aveva dimostrato nel remake di West Side Story di Steven Spielberg) e in grado di esprimere una sincera purezza d’animo. Mentre Gal Gadot è parsa quasi divertita nell’esibirsi in atti di malvagità assoluta.

In chiusura, dunque, non resta che porsi una domanda: con tanti talenti a disposizione e un budget stimato tra i 240 e i 270 milioni di dollari, come ha fatto la Disney ad arrivare a un esito così modesto? Che qualcuno ci aiuti a rispondere, perché noi non ne siamo proprio capaci.

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