Comunque vada a finire in termini di successo al botteghino o di accoglienza della critica, a James Gunn bisogna almeno riconoscere il merito di essere riuscito a fare in modo che l’uscita di un film dedicato a Superman venisse di nuovo considerato un evento da non perdere. In effetti, complice anche la generale stanchezza verso i cinecomic, mostrata negli ultimi anni dagli spettatori, l’Uomo d’Acciaio pareva non essere più un personaggio in grado di spingere il pubblico a riempire le sale cinematografiche. Molti hanno accusato di questo il povero Zack Snyder, la cui visione troppo dark di Superman e soci (che, per inciso, a noi non è mai piaciuta) è stata, tuttavia, una precisa scelta stilistica, perfettamente in linea con le sue opere precedenti. In realtà, i veri colpevoli sui quali puntare il dito sono i dirigenti della DC Films, per l’approccio a dir poco dilettantesco con cui hanno cercato di fronteggiare i successi dei Marvel Studios, rischiando seriamente di ridimensionare pesantemente l’importanza di uno degli universi fumettistici più noti al mondo.
Tra i fattori che di sicuro hanno giocato a favore di Gunn ci sono la fama acquisita con i tre film dei Guardiani della Galassia e il buon lavoro svolto nelle sue prime incursioni in casa DC (il lungometraggio The Suicide Squad – Missione suicida e la serie televisiva di Peacemaker), ma non bisogna neppure sottovalutare l’accorta e intelligente campagna promozionale, che ha trovato nei coinvolgenti trailer usciti negli ultimi mesi la sua massima espressione. Proprio i trailer, però, hanno messo in evidenza una potenziale criticità della pellicola, dato che, anche gli osservatori meno attenti, per quanto distratti dalle trascinanti musiche di John Murphy e David Fleming (che omaggiano in maniera chiara quelle composte da John Williams e Hans Zimmer per le precedenti trasposizioni su grande schermo dell’Uomo d’Acciaio) hanno notato le brevi scene in cui compaiono altri supereroi in azione, il che ha ingenerato in alcuni il timore che il regista americano non riesca a fare a meno di utilizzare nelle sue storie un numero elevato di comprimari, con la conseguenza di annacquare la vicenda principale, pur di concedere un minimo di spazio a tutti. Qualche perplessità l’ha suscitata anche la presenza di Krypto, il cane di Superman, che è sembrato suggerire un tono del film eccessivamente leggero. Due motivi di preoccupazione che, purtroppo, vista la pellicola in anteprima, hanno realmente pesato negativamente sul risultato finale.

Per quanto riguarda il primo punto, Mr. Terrific, la Lanterna Verde Guy Gardner, Hawkgirl (personaggio che nella trama non ha nessuna ragion d’essere) e Metamorpho vengono inseriti nella narrazione in maniera del tutto pretestuosa e senza una valida giustificazione, se non quella di permettere a Gunn di divertirsi con i suoi soliti siparietti comici, facendo apparire alcuni passaggi come una versione in salsa kryptoniana di Star-Lord e compagnia. Il paradosso è che a farne le spese è la redazione del Daily Planet, dove, tolti Lois Lane e Jimmy Olsen, altri comprimari storici – Perry White incluso - vengono mostrati quasi solo per accontentare i fan. A proposito di Krypto, invece, le sue scorribande faranno di sicuro la felicità dei bambini e forse sorridere qualche adulto di bocca buona, ma il minutaggio a lui dedicato doveva essere senz’altro inferiore. Tali mancanze, tuttavia, potrebbero essere considerate secondarie se la trama nel suo complesso dimostrasse di possedere uno spessore più elevato. Qualità che, al contrario, si palesa solo a tratti. Quando c’è da mettere il cuore davanti ai muscoli oppure occorre far emergere la purezza d’animo e il senso di giustizia del protagonista, Gunn torna a essere il fuoriclasse che conosciamo e stilare un elenco dei momenti della pellicola dove sono i sentimenti a farla da padroni sarebbe persino troppo lungo. Basti citare il commuovente finale, che non lascerà indifferenti neppure i più cinici tra gli spettatori.

Se, però, parliamo delle parti supereroistiche vere e proprie, allora il discorso cambia, tanto che l’unica scena di combattimento degna di nota si esaurisce in una convenzionale scazzottata, quasi totalmente priva di pathos. Non possiamo, poi, non segnalare la scoperta intenzione del regista di utilizzare gli avvenimenti raccontati come metafora della società occidentale o di crisi geopolitiche tuttora di attualità. Il messaggio è così chiaro e netto che non è possibile fraintenderlo, ma, per quanto i temi affrontati siano assolutamente condivisibili (l’impiego delle fake news come fattore destabilizzante delle istituzioni, il dominio incontrastato del capitale, lo sdoganamento della guerra come mezzo per risolvere le contese), la maniera con cui vengono argomentati – soprattutto i riferimenti all’invasione dell’Ucraina e alla drammatica situazione di Gaza – ci è parsa un po’ semplicistica, a tratti pure parodistica (si pensi al ridicolo dittatore in combutta con Lex Luthor), finendo addirittura per depotenziarli invece che metterli in evidenza.

Venendo agli interpreti, sulla bravura di Rachel Brosnahan avevamo pochi dubbi, Superman ha solamente confermato lo straordinario talento di un’attrice, per la quale è facile presagire un futuro luminoso a Hollywood. La sua recitazione priva di sbavature viene abilmente sfruttata da Gunn per far emergere la Lois Lane arguta e determinata (ma anche fragile, a volte) che abbiamo imparato ad amare nei comic book. Lo stesso dicasi per Nicholas Hoult, che ha già avuto, in passato, un’esperienza significativa nei cinecomic, avendo impersonato il mutante Bestia in due film degli X-Men. Di lui è ben nota la capacità di tratteggiare character sopra le righe, estremizzandone gli aspetti distintivi. Non sorprende, quindi, la sua fenomenale performance nei panni di Lex Luthor. Un malvagio senza speranza, visibilmente compiaciuto della sua mancanza di scrupoli. Meno scontata, invece, la prova offerta da David Corenswet. Il giovane attore di Philadelphia, però, si è rivelato una scelta azzeccatissima, esibendosi in un’interpretazione dell’Uomo d’Acciaio che definire esemplare è poco, in particolare nei tanti passaggi in cui occorreva mettere in primo piano l’umanità del personaggio.
Per quanto riguarda il resto del cast, vale la pena citare solo Edi Gathegi, che, a dispetto di una caratterizzazione un po’ stereotipata, ci regala un Mr. Terrific più che dignitoso.
Superman è un film con luci e ombre, non il capolavoro in cui molti confidavano, benché la nostra sincera speranza è che siano le prime a risaltare, altrimenti per la tanto agognata riscossa dei cinecomic bisognerà attendere ancora a lungo.
Voto: 6,5