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Giovanni La Mantia

Giovanni La Mantia

Aurea review 2015: Gli albi e i volumi

  • Pubblicato in Focus

Se nel precedente focus ho passato in rassegna quanto pubblicato dai classici settimanali, questa volta mi soffermerò sulle altre testate della casa editrice diretta da Enzo Marino.

Come sempre la parte del leone la fa Dago con il suo ventaglio di pubblicazioni, che di fatto sostengono l’Aurea. Oltre agli episodi inediti pubblicati su Lanciostory e raccolti in prima battuta su Skorpio nell’ambita sezione degli inserti da rilegare vi sono infatti altre occasioni per leggere o rileggere la saga del Giannizzero Nero.

Il mensile bonellide Nuovifumetti presenta Dago ha visto scorrere nelle sue pagine 11 storie inedite e slegate alla continuity del character. Storie scritte da Néstor Barron e Manuel Morini e approvate da Robin Wood per i disegni di cinque artisti argentini dallo stile differente: Rubén Marchionne, Sergio Ibáñez, Marcelo Valentini, Alberto Caliva e Andrés Klacik. Ognuno di loro fornisce la propria versione grafica, più o meno coerente con la versione "ufficiale". Tra questi preferisco Valentini nonostante qualche rigidità da limare. Le storie generalmente si basano su schemi narrativi più volte percorsi, ma finché il pubblico mostra il gradimento…
Inserita nella collana anche “Il nemico” di Ricardo Ferrari e Caliva: una riproposta in origine pubblicata su Lanciostory per necessità di programmazione, ma la cui sede naturale era quella del bonellide in bianco e nero.

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Ristampa Dago è l’albo bonellide più ricercato da chi vuole collezionare le storie di Cesare Renzi. Nel 2015 sono usciti solo sei albi a colori poiché tale riproposta ha visto ridurre lo scarto con la produzione inedita. Per questo motivo è nata la Nuova ristampa Dago colore – una denominazione invero poco attraente seppure sia coerente – che ripubblica mensilmente l’intera saga, con colori realizzati ad hoc e in formato bonellide, con l’inserimento di redazionali a corredo e una nuova immagine di copertina, realizzata da Vincenzo Mercogliano. Sei numeri di buona fattura, stante il valore artistico dei capitoli realizzati da Wood e da Alberto Salinas.

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A ruota ecco Dago collezione tuttocolore, anch’essa ormai tediata dall’avvicinarsi alla produzione inedita e destinata a fermarsi per un po’ di tempo. Sette volumi a colori in formato 17 x 26 cm. di buona fattura editoriale. Siamo ormai nella fase in cui Carlos Gómez ha rallentato il proprio apporto grafico e altri artisti sono sopraggiunti sulla saga principale, Joan Mundet e Marcelo Borstelmann.
Al posto suo nel 2016 inizia I monografici Dago, una nuova collezione con la medesime caratteristiche editoriali. A beneficiarne saranno le storie provenienti dal bonellide mensile in bianco e nero.

Ritroviamo il veneziano anche nel cartonato deluxe “Rigoletto”, quarto volume della sotto-saga intrecciata alle vicende di Giuseppe Verdi. Questo tomo, curatissimo, si può avere solo su richiesta all’editore. Stesso dicasi per la nebulosa sezione del print on demand, con i nuovi albi di Nippur di Lagash, Amanda e le altre serie poco o nulla pubblicizzate dall'editore.

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E per concludere, Dago è anche il cardine di AureaComix, la collezione di volumi cartonati a colori, con i suoi 5 titoli sui 14 usciti durante l’anno. Ed è talmente utile alla causa che ci permette, citandolo in questa sezione, perfino di variare finalmente il menu dedicandoci alla vera novità della collana. Ovvero la Linea BD, autentica evoluzione della vecchia Euramaster. Il fumetto di matrice francofona era già vivo nella collana ma nel 2015 la sua presenza è stata ulteriormente evidenziata con una nuova impostazione grafica e un ribasso nel prezzo di copertina.
Con i tre tomi di “Sopravvissuti, anomalie quantiche” e i tre di “Kenya” abbiamo avuto due notevoli prove del talento artistico di Leo, i due de “La guerra dei maghi” hanno avuto il merito di esaltare le tavole di Domingo Mandrafina in uno degli ultimi lavori firmati da Carlos Trillo qui in coppia con Roberto Dal Pra’. Tra questi il 19° volume dell’eccellente best-seller francofono “Largo Winch” ideato da Jean Van Hamme.
L’esperienza della Linea BD è stata così fragorosa che nel nuovo anno ha conquistato un suo spazio autonomo con il varo dei AureaComix Linea BD, adesso indipendente dalla collana classica che proseguirà con Dago (e così il cerchio si chiude).

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Quello trascorso è stato l’anno in cui si è fermato il cammino di The Garfield show nella sua incarnazione rivista, ma la testata rinascerà a brevissimo come collana di albi cartonati mono-personaggio.
Purtroppo il target si è ulteriormente abbassato e ho apprezzato poco tale rivista, specie a causa delle storielle, raffazzonate, del gatto titolare di testata (buone invece le strip classiche di Jim Davis) e de “Le elfe”, una serie insulsa e pure disegnata male.
Tra le serie rimaste fino alla fine ma con poca visibilità all’interno della rivista, spiccavano “Leonardo” e “Melusina”.

Qualche cenno infine su Lanciostory Maxi (6 albi) e Skorpio Maxi (3), le due riviste mensili originate dagli storici settimanali e di cui Comicus vi ha presentato la recensione dei rispettivi primi numeri. Entrambe hanno pregi e difetti propri delle riviste-contenitore e meriterebbero una maggiore attenzione. Il vintage delle proposte affascina, ingolosisce e conquista, ma non tutto il materiale fin qui visto si può definire irrinunciabile, in riferimento soprattutto alle storie unitarie. Il top: “Yor il cacciatore” sulla prima e “Wakantanka” sulla seconda, disegnate entrambe dall’indimenticabile Juan Zanotto.
Nel loro secondo anno di vita sono preannunciati rinforzi con l’avvio di alcune serie francofone – ancora non annunciate ufficialmente – viste sulle pagine Eura intorno agli anni ’80.

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Si conclude così questa divagazione temporale zeppo di nomi e dati, in alcuni frangenti un po’ confusionario per amore di sintesi, in ogni caso mi auguro di aver fornito uno strumento utile per orientarvi nel mare magnum delle pubblicazioni Aurea.

Aurea review 2015: Lanciostory e Skorpio

  • Pubblicato in Focus

E così un altro anno di pubblicazioni Aurea è andato in porto. Diverse gioie (per fortuna) e qualche dolore in una riflessione a voce alta da parte di un lettore di vecchia data.

Prima parte:
LANCIOSTORY e SKORPIO

Con Lanciostory e Skorpio ho trascorso un’annata divertente e appassionante: tante serie di livello elevato, tante ore di lettura rilassante con il desiderio di sapere “cosa accadrà dopo?” tipico delle riviste-contenitore – pessima definizione, ne convengo – che propongono serializzazioni in più puntate e in più volumi.

Nella mia Top list delle serie viste nell’arco dell’anno, un posto privilegiato lo occupano, in rigoroso ordine alfabetico:

Capablanca - Testa o croce (Skorpio). Torna Joan Mundet, ingiustamente bistrattato da una fetta di lettori per la sua personale versione grafica di Dago, che invece denotava un’autorialità definita. Pepe Gálvez affianca Mundet e ne agevola la creatività narrativa. La serie è in corso e appare intrigante. Vedremo gli sviluppi, per il momento è da considerarsi promossa.

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Emporio generale (Lanciostory), meraviglioso affresco, a tratti commovente e delicato, degli abitanti di una cittadina canadese. Caratteri forti e caratteristiche affascinanti in tranches de vie assolutamente coinvolgenti. Régis Loisel e il suo sodale Jean-Louis Tripp hanno realizzato un lavoro veramente bello, che merita di essere letto e riletto e, perché no, raccolto per intero nella nuova testata degli Integrali BD.

Hôtel particulier (LS), di Guillaume Sorel. Una storia bizzarra e nerissima, che appare a tratti incomprensibile e inconcludente, ma che ha in realtà uno svolgimento a orologeria. La colorazione con colori piuttosto mesti rende il tutto più straniante.

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Il mondo di Edena (LS). Forse non un capolavoro assoluto, almeno secondo i miei canoni di lettore, ma è senz’altro una serie imprescindibile per capire appieno e in un unicum la genialità e la fragilità dell’universo-Moebius. Grande merito l’aver pubblicato in unica soluzione – ancor di più in un albo a foliazione maggiorata con usuale prezzo di copertina – l’ultimo volume “I riparatori”.

Il treno degli orfani (LS). Impossibile non “tifare” per uno o per l’altro dei piccoli personaggi. Una vicenda credibile, ben raccontata da Philippe Charlot e disegnata magistralmente da Xavier Fourquemin. Finalmente una produzione delle edizioni Bamboo che mi convince pienamente.

Killer (LS), uno dei miei “pallini”. Un ritmo sincopato per uno stile di disegno che si ama o si odia, senza vie di mezzo. Matz e Luc Jacamon hanno concluso la storia probabilmente nell’unica maniera possibile. Tredici volumi per una serie sono tanti, non ho però mai avvertito cedimenti strutturali evidenti, come è accaduto per altre serie di lunga durata. Ambientazione e personaggi, anche qui, da riproporre integralmente un domani sull’imminente testata.

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La Dolce (SK). Approda in casa Aurea anche François Schuiten e lo fa con una storia densa e interessante. Spigolosa, direi. Il tratto dell’autore, valorizzato dal bianco e nero, vale da solo il biglietto d’ingresso in stazione. Già, perché “La Dolce” è il nome di una locomotiva ed è l’esatto contraltare all’effluvio che emana l’aspra vicenda narrata.

La guerra dei maghi (SK), di Carlos Trillo, Roberto Dal Pra’ e Domingo Mandrafina. Il guizzo dell’indimenticato sceneggiatore argentino si nota, così come lo stile narrativo senza fronzoli dell’autore romano. L’ottimo “Cacho” impreziosisce il tutto con disegni e colori veramente adatti alle situazioni presentate.

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Leopoldo - La historieta perduta (LS). Ancora Mandrafina per l’ennesimo capolavoro firmato insieme a Guillermo Saccomanno. Pubblicazione in corso, ma di grande prospettiva e già conclamata validità. Il fascino della nostalgia, quello dell’avventura, le citazioni del passato glorioso. Disegni magnifici che sottolineano in ogni segno un’atmosfera in cui reale e irreale s’intersecano e “vivono” allo stesso momento.

Nestor Burma (SK), un autentico classico dell’immaginario franco-belga, dai romanzi di Léo Malet all’adattamento a fumetti realizzato straordinariamente da Jacques Tardi e dai suoi efficaci epigoni Emmanuel Moynot e Nicolas Barral, quest’ultimo visto nel 2014 con la storia più recente dedicata al detective.

Riconquiste (SK). Da menzionare quanto meno per l’apporto grafico notevolissimo di François Miville-Deschênes, assistito ai testi dal bravo Sylvain Runberg. In realtà anche la storia è meritevole di considerazione.

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Tyler Cross (SK), di Fabien Nury e Brüno. Tra le più seducenti letture dell’anno, molto avvincente per il suo senso di pericolo immanente che il precipitare degli eventi trasmette. Un noir con tutte le sfumature al posto giusto.

Era evidente fin dall’inizio, rimangono fuori da questa lista ristretta tanti altri lavori di qualità, tra le serie già conosciute nelle annate precedenti a quelle di recente produzione. Giusto per menzionare sinteticamente altrettanti titoli: Antares (LS), Crociata (LS), Dago (LS), Eleonora, regina di Francia (LS), Fatale (SK), Il soldato (LS), La principessa di sangue (LS), Progetto Sirena (LS), Rani (SK), Sortilegi (LS) e Vasco (SK), Violette Nozière, amabile cattiva (LS).

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È palese come l’Aurea abbia puntato particolarmente sui volumi one-shot. Una scelta che condivido: in breve tempo viene proposto un lavoro compiuto, spesso realizzato da artisti di richiamo.

Le dolenti note.
A parte l’annosa questione della cura redazionale non esattamente perfetta con diversi errori nel lettering (quando un tempo i settimanali erano praticamente scevri da errori di battitura o punteggiatura), e una stampa tipografica che più volte ha presentato, in una parte delle tirature, problematiche nella riproduzione delle tavole a colori, concentriamoci sul fulcro di quanto si sta trattando: la produzione a fumetti.
Se da una parte, e come abbiamo visto, buona parte delle storie di scuola franco-belga sono state di un livello sopra la sufficienza con punte che vanno verso l’eccellenza e pochi casi di “puro riempitivo” e un’unica vera nota dolente relativa alla questione della “replica” inconsulta di Mister George su Skorpio, poi dirottata sul mensile Skorpio Maxi, d’altra parte si denota uno scadere generale della produzione italiana e sudamericana, ormai ridotte per numero e qualità.

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Quella tricolore si è incentrata prevalentemente sulle storie autoconclusive, sebbene in misura inferiore rispetto al passato. Una piacevole scoperta è Vittorio Astone, che ricorda in un certo senso Saverio Tenuta. Nel comparto sceneggiature la parte del leone la fa Alessandro Di Virgilio, con una serie di brevi storie biografiche che rimandano alla scuola di Mino Milani e del Corriere dei Ragazzi. Ai disegni il più prolifico (e affidabile) è Spartaco Ripa.

Le serie italiane dall’editoriale romana:

Brando (SK) di Andrea Mantelli e Luca Lamberti: ambiziosa ma nel complesso abbastanza digeribile.

Cow boy gun (LS) di Andrea Mantelli e Claudio Montalbano: trascurabile, fosse stata una miniserie breve forse l’avrei apprezzata, così è andata probabilmente oltre il suo potenziale iniziale.

Diana Wicce (LS) di Giovanni Masi e Fabrizio Galliccia: carina e leggera. Probabilmente interrotta per i nuovi impegni degli autori, traslocati verso altri lidi.

Farfalle colorate (LS) di Roberto Dal Pra’ e Rodolfo Torti: l’ho apprezzata anche se secondo me si poteva anche concludere così.

Fobie (LS) di Ottavio De Angelis ed Emiliano Albano: serie atipica e aperiodica, il disegno soprattutto non mi convince.

Galaxy Lion (LS) di Giulio Gualtieri ed Emilio Lecce: bruttarella forte, testi e disegni.

Ghigo lo sfigo (SK) di Laura Stroppi: superflua. Raramente le gag mi strappano un sorriso.

Il legionario (LS) di Ottavio De Angelis e Silvia Marino: ho preferito di gran lunga la prima miniserie, quello disegnato da Emiliano Simeoni, però la Marino non mi è dispiaciuta.

Rapa & Nui (SK) di Augusto Rasori e Giorgio Sommacal, Laura Stroppi: vedi alla voce “Ghigo lo sfigo”. Associo anche la strip inglese “Beep Peep”, ormai super inflazionata e senza più mordente.

Wild (LS) di Alessandro Di Virgilio, Davide Morando ed Edym: la quarta e conclusiva parte l’ho trovata sostanzialmente più debole – o meglio sotto le mie aspettative – rispetto al percorso precedente. Sulfurea, con spunti interessanti.

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La linea latino-spagnola.
Si è visto un alluvione di vecchi lavori brevi di Joan Boix: alcuni piacevoli, la maggior parte riempitivi, che però in una rivista antologica, dove bisogna comunque completare le pagine a disposizione, ci possono stare.
Un paio i liberi a colori scritti da Emilio Balcarce, sempre fulminanti e deliziosi.

Tra le serie di questa linea, le tre che mi sono piaciute di meno sono: Hiras, figlio di Nippur (LS e SK) di Robin Wood e Sergio Mulko, Roberto Goiriz; Il guardiano (SK) di Enrique Barreiro e Lautaro Capristo e La veneziana (SK) di Ricardo Ferrari e Laura Gulino

E poi ci sono le inglesi: Axa (SK) di Donne Avenell ed Enric Badía Romero e il sopra citato Le avventure del legionario Beep Peep (LS) di Roger Kettle e Andrew Christine che condividono il mio stesso giudizio. Se non ci fossero non ne avvertirei proprio la mancanza.

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Le copertine avrebbero forse bisogno di una rinfrescata grafica, soprattutto quella di Lanciostory. Per quella di Skorpio suggerirei se non altro un rimpicciolimento delle serie strillate. Riguardo le immagini, preferirei che ci siano sempre quelle che richiamano i contenuti interni alle singole riviste.

Prossimamente la seconda e conclusiva parte, sulle altre testate dell’editoriale romana.

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In anticipo sulle strenne natalizie giunge l’ottavo numero della collana semestrale tutta a colori dedicata a Tex. Ed è un albo dai sapori contrastanti in cui la brevità delle storie contenute non sempre è un handicap, come spesso è stato in passato per questo e per altri personaggi dell’editoriale meneghina, da sempre abituati a misurarsi su distanze ben più lunghe.
Quattro storie scritte da quattro sceneggiatori dagli stili eterogenei, quattro disegnatori tutti alla loro prima prova sul character di punta di casa Bonelli. Tre coloristi (uno di loro concede il bis) che mostrano alcune tra le differenti maniere di interpretare la loro arte applicata al disegno di matrice western. Per la verità due dei disegnatori colorano le proprie stesse tavole, valorizzandole al meglio.

Vediamo in rapida successione cosa presenta questo volume, peraltro assai ben stampato.

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• “Minaccia nelle tenebre” (testi di Mauro Boselli, disegni di Giuseppe Franzella, colori di Oscar Celestini).
Una buona storia dall’impianto horror con la guest star El Morisco in bella evidenza. Tex, Kit Carson  e Tiger Jack alle prese con una trama a tinte fosche in cui il tratto di Franzella è forse un poco penalizzato da un’ambientazione che si sviluppa prevalentemente in interni. Un innaturale senso di oppressione rende particolarmente intrigante lo svolgimento dell’azione in cui la vasta conoscenza della negromanzia da parte del “brujo” messicano è indispensabile.

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• “Sfida alla vecchia missione” (testi di Pasquale Ruju, disegni e colori di Sergio Tisselli).
La sorpresa del lotto, con i disegni e i colori del maestro emiliano che convivono in una perfetta simbiosi. La storia di un amore profondo, non banale, che va al di là delle convenzioni. Azione e introspezione illustrate con disegni di grande caratura artistica, indubbiamente adatti a una pubblicazione come questa, capace di accostare sperimentazione e consuetudine. Ruju ancora una volta dimostra di essere a suo agio nel mondo di Tex Willer, mostrandosi ormai libero dai fantasmi finalmente lontani di Craven Road.

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• “La banda Hogan” (testi e disegni di Gigi Simeoni, colori di Oscar Celestini).
L’anello debole, con una versione grafica del ranger molto personale ma che ahimè risulta ugualmente anonima. La trama poi appare debole e “telefonata”, un’autentica delusione. Lo schema è molto semplice: Tex si trova in un polveroso paese per aiutare lo sceriffo di turno, scopre quasi per caso un inganno e interviene da par suo. La novità è che stavolta non spara un colpo…
Simeoni ha dato prova di essere capace di ben altro, di segno diametralmente opposto, e avrà modo di rifarsi in altre occasioni.

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• “Chindi” (testi di Luigi Mignacco, disegni e colori di Luca Vannini).
Un bentornato a questo ottimo disegnatore che produce tavole acquerellate di notevole bellezza, dimostrando come abbia imparato bene la lezione di Alex Toth e Ivo Milazzo facendola propria senza scimmiottarla ma anzi traendone un pregevole tratto distintivo. Molto azzeccate le tonalità accese della colorazione che comunicano il calore della materia in contrapposizione alla spiritualità che viene evocata. Da parte sua, Mignacco costruisce una storia piacevole da leggere, piuttosto delicata e rispettosa della tradizione pluridecennale del personaggio, in cui è protagonista alla pari il pard Tiger.

L’albo si apre con un’illustrazione, per una volta niente affatto indimenticabile, di Tanino Liberatore, nel solco della sperimentazione di cui si accennava poco sopra. L’artista di Ranxerox non sembra decisamente in sintonia con la figura del ranger in camicia gialla né tanto meno con la rappresentazione grafica di un genere plausibilmente a lui non proprio congeniale.

In sintesi, una pubblicazione che poco aggiunge alla varietà della produzione texiana. Giusto l’assaggio di nuovi artisti che potremmo ritrovare sulla collana regolare (Franzella e Vannini) insieme ad altri che si suppongono degli unicum.
Fortunatamente, dal punto di vista narrativo, la sensazione di noia durante la fruizione è per tre storie su quattro del tutto inesistente.

Peanuts - Gli anni d’oro 1

Per la celebre strip di Charles Sparky Schulz, questo è un periodo di rinnovata fortuna nel nostro Paese.
Si moltiplicano progetti multimediali focalizzate sull’allegra brigata di ragazzini e animali. Oltre alla presente pubblicazione, in edicola possiamo trovare le ristampe della seminale rivista “d’Autore” Linus contenenti la produzione di strip e tavole domenicali risalenti alla fine degli anni ’60 e una retrospettiva sui ’50s; la medesima rivista prosegue il suo percorso nella sua più recente incarnazione edita da Baldini & Castoldi; è appena sbarcato un nuovo magazine della Panini, Snoopy e la banda dei Peanuts, dedicato al pubblico più giovane; nelle librerie di varia vi sono vecchie e nuove collane con Charlie Brown & company.
Non ultimo, semmai motore di questa e di altre iniziative, nelle sale cinematografiche è appena giunto il film in 3D Snoopy & friends – La banda dei Peanuts.

Gli anni d’oro è un gustoso allegato editoriale al quotidiano sportivo piemontese Tuttosport e al corrispettivo del centro-sud, il Corriere dello Sport-Stadio, ma la realizzazione e la cura editoriale è tutta farina del sacco della major modenese Panini Comics.
Sono previsti 12 albi in formato orizzontale con la pubblicazione di una ampia selezione di strip e tavole domenicali proposte per biennio, dal 1971-1972 della presente prima uscita al 1993-1994 dell’ultima, con una possibile estensione alla produzione antecedente se l’iniziativa avrà successo.

In questo agile volumetto, ben stampato nonostante il supporto cartaceo sia molto leggero, trovano quindi posto due annate di strisce inframmezzate dalle tavole domenicali, di impianto più sostanzioso.
Il tutto è completato da un’introduzione al mondo di Schulz e dei piccoli protagonisti, e alla presentazione della collana per i testi di Andrea Toscani.
Un compendio, giusto più di un bigino, distante com’è dall’integralità anche cronologica. Però ben fatto e consigliabile a chi si voglia avvicinare per la prima volta a questo travolgente mondo. Ma anche a chi è intimorito proprio dalle edizioni integrali e desidera avere degli assaggi caratteristici meno impegnativi in termini di tempo ed economici.

Sfilano quindi temi ricorrenti e gioviali tormentoni: dal mondo scolastico comune all’attività sportiva con il baseball capitanato da Charlie in primo piano, dai consigli della psichiatra in erba Lucy agli spassosi travestimenti e i mondi alternativi del bracchetto Snoopy e del piccolo pennuto Woodstock, passando per le parche riflessioni del pianista Schroeder e quelle più labili e curiose di Linus, il fratellino un po’ complessato della vulcanica Lucy, e le prime evoluzioni pseudo amorose di Patty, sempre pronta a coinvolgere il “suo” Ciccio/Charlie.
Leggerezza, spontaneità e opportunità di meditazione nelle tranches de vie di una compagnia in cui il divertimento va di pari passo con il dovere insito alle loro attività di piccoli uomini.
Aleggia nel compianto Schulz un forte senso di responsabilità nel caratterizzare tali scene, sempre misurate e mai volgari. I protagonisti, quelli citati e gli altri minori ma non meno importanti, hanno tutti un loro dignitoso spazio e una loro precisa collocazione nello svolgimento delle varie situazioni.

È facile per chi legge immedesimarsi in loro e rivivere il proprio “io” bambino, spensierato ma sempre presente a se stesso, senza degenerazioni esterne.
Il successo dei Peanuts si rinnova principalmente proprio per il candore dei personaggi, la loro simpatia non è forzata ma connaturata alla loro stesso modo di essere.
Non esitate dunque a lasciarvi coinvolgere, ne vale ampiamente la pena.

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