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Paolo Pantalone

Paolo Pantalone

The Spirit 1- Angel Smerti

Era il 1940 quando dal genio del leggendario Will Eisner nacque The Spirit, un supereroe mascherato dietro al quale si celava l’identità del criminologo Danny Colt.
The Spirit è stato uno dei personaggi più importanti del fumetto americano rappresentando per molti il punto di partenza fondamentale per tutto il genere super-eroistico che seguirà negli anni successivi.
A distanza di più di 70 anni della versione originale, la DC Comics si è proposta nel 2011 di riprendere questo storico personaggio nell’ambito del progetto Firstwave creato da Brian Azzarello.
In Italia, la pubblicazione di questa operazione è curata dalla Bao Publishing.
In questo volume 1 sono pubblicati i primi sette capitoli della serie scritti da Mark Schultz (1-3) e David Hine (4-7).

Nei primi tre capitoli la storia è incentrata tra lo scontro fra il protagonista e Angel Smerti, un’affascinante superkiller proveniente dall’Europa, che viene chiamata dai boss della criminalità di Central City infastiditi dalle azioni di disturbo perpetrate dal supereroe mascherato.
Nella seconda parte dell’albo invece gli episodi sono incentrati sulle vicende legate ai traffici di droga a Central City; la figura principale di questi episodi è rappresentata da Octopus, un criminale potentissimo che governa la città pur non apparendo mai in prima persona ai singoli boss che agiscono sotto di lui.

La fedeltà alla storia originale è molto forte, soprattutto nel rispetto dello spirito del racconto di Eisner, pur essendoci delle micro-differenze fra cui soprattutto quella legata al personaggio dell’aiutante di Spirit, Ebony, che nella versione originale era un maschio mentre in quella Firstwave diventa una ragazzina, anche se dai tratti e dal carattere mascolini.
Il punto di forza maggiore dell’albo sia in termini di soggetto che in termini di illustrazioni e colorazione è rappresentato dall’ambientazione noir delle storie; sia in quelle scritte da Schultz che in quelle di Hine la connotazione con forti richiami agli anni dell’opera originale è molto marcata e funziona bene proprio perché il personaggio stesso di The Spirit così come concepito, raccontato e illustrato non può che essere collocato in un’ambientazione di questo tipo.
Tra le due diverse parti spiccano delle differenze in termini di risultato finale. Schultz riesce a lavorare molto bene in termini di caratterizzazione dei personaggi, soprattutto se si considera l’antagonista Angel Smerti o la figlia del commissario Dolan, mentre la sua storia appare costruita in maniera un tantino artificiosa. I capitoli scritti da Hine, invece, sono molto più solidi anche in termini di sceneggiatura, risultando nel complesso più completi e con una trama generale più intrigante.
In entrambe le parti si può notare che un elemento distintivo è la forte centralità dei personaggi femminili, pur essendo rappresentati caratteri molto diversi fra loro, come le sopracitate Angel Smerti, affascinante nemesi del protagonista, Ellen, la grintosa figlia del commissario Dolan, e Ebony, la combattiva ragazza di strada, fonte di informazione per Spirit.

In conclusione, questa versione di The Spirit è sicuramente un esperimento ben riuscito che da un lato va a riprendere nella maniera giusta gli elementi caratterizzanti della serie originale, ma dall’altro riesce ad avere una struttura narrativa tale da risultare comunque un’opera valida anche se la si considerasse come un lavoro ex novo.

Il Sesto

Il concetto dietro Il Sesto, fumetto edito da Nicola Pesce Editore scritto da Lucio Perrimezzi e disegnato da Francesca Follini, appare all’inizio come abbastanza semplice; il tema dell’uomo immortale che vive lo scorrere delle varie epoche è stato infatti sviscerato nel passato in diversi modi sia in ambito cinematografico che letterario. 
Man mano che si va avanti ci si rende conto però che questo racconto riesce ad avere una sua personalità, andando a trattare tematiche tutt’altro che banali con il particolare rapporto del protagonista, Trevor Between, con la sua condizione.
La sua difficoltà di vivere l’immortalità in un mondo mortale che scorre contribuisce a un tormento personale che contraddistingue fortemente il suo carattere; il tempo che passa per tutti ma non per lui fa capire che, pur avendo a disposizione tutta la quantità di tempo che vuole, la vita sua e di tutti noi è fatta soprattutto di momenti da vivere e anche un uomo che sa di non morire può vivere nel rimpianto di occasioni perse e persone che non potranno mai più far parte della sua esistenza.

Il personaggio di Trevor Between non viene affatto delineato come un privilegiato della sua condizione, quanto piuttosto come una personalità dannata che passa da un amore all’altro alla ricerca di una felicità e serenità che, paradossalmente, sa di non poter far durare in eterno.
Durante questa ricerca, finirà per veder scomparire ciò che gli è più caro e sarà costretto a intraprendere un lungo percorso in cui affronterà tutti i suoi drammi interiori per riconquistare ciò che ha perso tragicamente.

Il racconto si caratterizza in diverse velocità e stili: un inizio più leggero in cui vengono introdotti gli eventi più materiali della storia e della vicenda del protagonista, una parte centrale che punta maggiormente sul percorso introspettivo che lui dovrà intraprendere per arrivare al suo scopo e un finale ben confezionato che fa leva anche sull’emotività della storia.
Tra riferimenti alle sacre scritture e tematiche sovrannaturali la vicenda ha dei passaggi poco fluidi e più pesanti nella parte centrale; il tema dell’aldilà e dell’immortalità, trattato maggiormente in questa parte, non manca di richiami concettuali al mondo di Neil Gaiman, nonostante il paragone sia per certi versi ardito in quanto, pur essendo un ottimo lavoro, non riesce ad arrivare a quei livelli di eccellenza.

In conclusione, Il Sesto è sicuramente un racconto degno di nota: un soggetto ben scritto, fatto di spunti interessanti, una sceneggiatura che per larghi tratti appare convincente e ottimi disegni che riescono a gestire bene il passaggio di stile fra i diversi momenti della vicenda.
Tuttavia, come detto, alcuni momenti nella parte centrale del racconto non hanno la stessa vivacità del resto dell’albo. Il tutto finisce per dare anche un senso di occasione persa a un’opera a cui bastava poco per fare un'ulteriore salto di qualità.

Dragonero 1 – Il sangue del drago

Nel Luglio 2007 si affacciava nelle edicole Dragonero, il primo Romanzo a Fumetti Bonelli scritto da Luca Enoch e Stefano Vietti e disegnato da Giuseppe Matteoni.
Questo albo rappresentava una novità assoluta sotto diversi aspetti: da un lato si proponeva una nuova tipologia di racconto, in quanto si apriva la stagione degli albi unici che è poi proseguita successivamente in altri romanzi e nella fortunata serie Le Storie, dall’altro veniva pubblicato per la prima volta dalla Bonelli un fumetto fantasy.
Questo genere, inteso soprattutto nella sua accezione più classica, fino a quel momento non era mai stato esplorato in maniera significativa dall’editoria nostrana, fatta eccezione per sporadici racconti, tra cui si ricorda soprattutto la Trilogia della Spada di Ghiaccio di Topolino, che però si appoggiava parzialmente anche ai canoni narrativi della parodia Disney con tanti riferimenti ai romanzi storici del genere.

Il successo di Dragonero ha portato la casa editrice a dare continuità al racconto, decidendo nel 2010 di dare allo stesso team di autori la possibilità di realizzare una nuova serie regolare, di cui Il sangue del drago rappresenta il numero uno.
La storia riparte come seguito del racconto originale. Aver letto il romanzo non è necessario in quanto i primi quattro numeri della serie saranno introduttivi del mondo di Dragonero, però sicuramente se un lettore ha già chiari alcuni concetti, come per esempio cos’è un Tecnocrate o perché il sangue di drago ha un’importanza di primo piano nelle vicende del protagonista, la lettura di questo numero uno risulterà più completa.

Il racconto del primo numero si svolge su due orizzonti temporali: nel presente, il giovane scout imperiale Ian, già protagonista del romanzo, si troverà a indagare su un misterioso traffico illecito di armi insieme alla sua compagnia, fatta dagli stessi componenti già presenti nel precedente racconto -ossia l’orco orco Gmor, la giovane elfa Sera e Myrva, membro della gilda dei Tecnocrati nonché sua sorella.
Le vicende del presente portano però il protagonista ad aprire anche un lungo flash back intrecciato alla trama principale, durante il quale egli ricorda la violenta caccia degli umani nei confronti degli orchi. Questo episodio, che sembrava appartenere solo al suo passato, avrà invece forti legami con il presente poichè i trafficanti sono in possesso di un’arma devastante, il fango pirico, che il protagonista aveva già incontrato nella caccia agli orchi e che pensava di aver distrutto.
Nella trama inoltre non mancano alcuni riferimenti agli eventi del romanzo: il protagonista ha sviluppato dei poteri extra-sensoriali grazie al precedente contatto con il sangue di drago e viene ripreso il disagio provato dall’elfa Sera quando nel racconto iniziale aveva dovuto lasciare la sua gente per unirsi alla compagnia del mago Alben.

Nella storia delle serie regolari, Bonelli e non, difficilmente si ricordano dei numeri uno che poi vengono successivamente menzionati tra i migliori albi della serie; questo perché i protagonisti sono ancora acerbi e vanno introdotti al lettore, che solo dopo diversi albi imparano a conoscerne le peculiarità e a darne per scontati i tratti, dando quindi all’autore la possibilità di concentrarsi maggiormente sui singoli soggetti.
Il sangue del drago, in questo senso, non fa eccezione a maggior ragione perché, come detto, fa parte di una mini-serie introduttiva di 4 episodi.
La vicenda narrata da Enoch e Vietti è sicuramente intrigante e ben raccontata, ma si tratta appunto di un’introduzione a un mondo che già si intravede essere molto vasto e composto da tantissime sfaccettature curate nei minimi dettagli in maniera quasi maniacale. Ovviamente solo il tempo potrà far apprezzare a pieno tutti i particolari, anche se lo standard qualitativo di questo singolo albo è comunque in linea con quello già alto del romanzo: il lavoro di Matteoni ai disegni è eccellente e anche la sceneggiatura, complice la disponibilità di più albi, risulta più scorrevole, non essendoci la necessità di quei lunghi spiegoni che avevano invece un po’ rallentato alcuni punti del romanzo.
Dunque il racconto prende molto, soprattutto se si è appassionati del genere, e quindi svolge bene il suo ruolo introduttivo, riuscendo a generare nel lettore molta curiosità per sapere come si evolverà la vicenda.
È presto per dare un giudizio complessivo sulla serie, però la partenza è stata fatta con il piede giusto; anche la valutazione dell’albo in sé è buona, ma per avere un quadro più completo bisognerà attendere l’evoluzione nei prossimi numeri.

Le Storie 8- Amore nero

Con Amore Nero, l’ottavo numero della serie Le Storie, Gigi Simeoni torna a scrivere della Milano di inizio XX secolo dopo Gli occhi e il buio, secondo romanzo a fumetti bonelli uscito nel 2007, di cui questo albo costituisce il sequel.

Pur riprendendo l’ambientazione della storia precedente e uno dei protagonisti principali, il commissario De Vitalis, Amore Nero offre una prospettiva diversa in termini di genere e di svolgimento dei fatti.
La storia nasce dall’uccisione del giovane cognatino del commissario partendo sullo stile di un classico giallo, ma prosegue con una focalizzazione sempre maggiore verso possibili risvolti soprannaturali, con il coinvolgimento di una medium che sarà importante nella ricerca dell’assassino e in altri momenti chiave del racconto. Un tema importante della trama è quindi costituito dai contrasti tra lo stesso De Vitalis, che da persona concreta si dimostra poco incline a cedere alle suggestioni paranormali, e sua moglie Ada, che invece si rifugia nella speranza di poter ancora mantenere i contatti con il fratello barbaramente ucciso a colpi di bastonate.

Man mano che la vicenda prosegue gli eventi prendono il sopravvento sull’incipit del racconto. Questo aspetto rappresenta uno dei problemi maggiori della trama di quest’albo: il ritmo si mantiene costante senza mai accelerare e anche la parte finale che dovrebbe essere emozionale in realtà risulta essere abbastanza piatta, non dando particolari spunti di svolgimento alla storia. Alla fine della lettura si ha la sensazione di un racconto incompiuto, in cui anche la soluzione paranormale non sembra essere né esaustiva né coerente rispetto ad un inizio delle storia invece molto concreto e coinvolgente. Ne Gli occhi e il buio l’autore era riuscito invece ad esprimere nel finale dell’albo la sua parte migliore e a dare al racconto un senso più logico rispetto a quanto fatto in questa storia.
Si badi bene che questa non è una critica in sé al tema paranormale perché altrimenti molte testate, tra cui su tutte Dylan Dog, non avrebbero senso di esistere; è l’uso che se ne fa in questa storia che produce risultati contrastanti: da un lato esso diventa pretesto per un accurato e coinvolgente approfondimento psicologico della psiche dei protagonisti e della loro interpretazione del concetto di fede, e in questo senso il lavoro è svolto in maniera egregia, dall’altro invece gli aspetti soprannaturali non aggiungono niente alla vicenda dell’omicidio e questo può lasciare un senso di delusione alla fine delle 114 pagine. Nella storia precedente invece entrambi gli aspetti avevano un ruolo fondamentale nello svolgimento della trama.
Amore Nero vede anche lo stesso Simeoni in veste di disegnatore; sotto questo punto di vista il lavoro svolto è di altissimo livello, sia con l’ambientazione storica fatta in maniera impeccabile, sia con dei meravigliosi disegni molto al di sopra della media.

In conclusione Amore Nero già di per sè non sarebbe un albo degno di encomi, ma in aggiunta soffre anche del confronto con Gli occhi e il buio.
La storia è senza dubbio meno solida, con uno svolgimento della trama più scialbo in confronto al precendente che era invece caratterizzato da momenti molto coinvolgenti.
Nel romanzo inoltre la caratterizzazione del protagonista era tra i punti di forza dell'albo mentre in questo racconto non mancano anche alcuni clichè, come quello della medium, già abusati abbondantemente nei fumetti Bonelli.
Infine anche la stessa ambientazione che rappresenta uno dei punti di forza de Gli Occhi e il buio perde un po' del suo fascino originale, così come accade spesso nei sequel.

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