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Francesco Diana

Francesco Diana

La saga di Twee-Wan-poor

Torna a calcare le scene del fumetto uno dei più grandi autori e disegnatori di fumetti italiano, il poliedrico Pino Rinaldi, che ripropone uno dei suoi lavori più celebri La saga di Twee-Wan-poor, apparsa originariamente sulle pagine della rivista Lanciostory negli anni 2000 e questa volta ripubblicata in un brossurato dalla Shockdom.

La storia è un ben riuscito ibrido tra il genere fantasy di radice europea ed il genere supereroistico proprio della tradizione nord-americana. Il mondo è in pericolo a causa del forte inquinamento. Lo stress che la Terra è costretta a subire sta minando l’equilibro cosmico, difeso per secoli dal grande mago Myr. Il Mago è imprigionato in un cristallo nel quale riposa in attesa della battaglia finale contro il re Kaos e i suoi seguaci, per liberarlo servirà il sacrificio di un innocente e l’aiuto di tutti e sei i guardiani dei cristalli, uomini sparsi nel mondo che il destino ha voluto al fianco del mago Myr. La squadra dei prescelti è composta da uomini e donne speciali di età e razze diverse: Mark Hamilton, un anziano mago inglese squattrinato; Guido Grimaldi, un italiano campione di arti marziali che odia la pizza; Willy West, un ragazzo fortissimo ma allo stesso tempo molto buono, affetto dalla sindrome di Down; Samantha Creed, ricercatrice e scienziata americana; Kory Lee-Fan, sedicenne e più grande trapezista al mondo; la piccola e dolce Jennifer (Jenny) Jacobs, orfanella; Jaleel Jefferson, afro-americano costretto su una sedia a rotelle e genio dei computer. Questo nutrito gruppo di eroi si troverà a combattere nemici del calibro del conte di Saint Germain, il goblin Kounta-Line (Pifferaio Magico), il troll Groo, Morg la dama in nero. I colpi di scena saranno tanti e la storia scorrerà via d’un soffio.

Il progetto di Rinaldi, sotto il punto di vista narrativo, è un condensato d’azione e avventura. Gli avvenimenti, dal Rinaldi sceneggiatore, vengono presentati uno dopo l’altro a ripetizione, in una trama mai scontata. Nel leggere un’opera del genere, di oltre 15 anni, non ci si accorge del periodo in cui è stata sviluppata e presentata ai lettori per la prima volta. Tutto è originale e coinvolgente. La caratterizzazione dei personaggi è precisa e nitida, ognuno ricopre un ruolo ben definito, il carattere è ben contraddistinto da personaggio a personaggio e i dialoghi sono orchestrati con sapiente cura, in equilibrio con la vicenda e i tempi narrativi scelti.

Anche i disegni seguono lo stesso criterio logico. La fluidità di alcune scene è magistrale e non sono soltanto i dettagli a colpire il lettore ma l’intera tavola che è ricca di minuzie in ogni sua parte, risultando appagante e allo stesso tempo coinvolgente. L’uso del bianco e nero è ben dosato, poche sfumature e forme ben delimitate offrono un confortevole risultato visivo che accompagna degnamente la storia fino alla sua conclusione, così da non stancare l’occhio di chi si immerge nella lettura.

Insomma, tutto nello stile del fumettista italiano che, più di chiunque altro prima di lui, già negli anni ’90 ha trovato nel mezzo del fumetto ispirato a quello americano una valvola di sfogo innovativa e poliedrica, non tralasciando allo stesso tempo quel tocco per i quali i disegnatori italiani sono famosi nel mondo, il realismo delle forme e dei contenuti. In Rinaldi e nella sua Saga di Twee-Wan-poor tutto si fonde alla perfezione, tutto il progetto coinvolge e soddisfa, diventando una lettura oltre che piacevole ricca anche di contenuti e ispirazione.

Non stupisce quindi che Shockdom, casa editrice italiana ma anche comunità per i fumettisti molto attiva sul web, abbia deciso di ripubblicare sotto forma cartacea questo progetto di Rinaldi. Un lavoro da conoscere e leggere con piacere, senza dubbio consigliato.

10 anni con The Walking Dead

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00l6Per festeggiare il decimo anniversario di The Walking Dead, fumetto di Robert Kirkman diventato ormai un cult, la Skybound ha deciso di pubblicare 10 varian cover del numero 115 della serie.

Le dieci copertine si collegheranno tra di loro formando un’unica grande illustrazione che racconterà i momenti più salienti delle avventure della serie. 

Sulle pagine della Skybound è da poco online la prima delle dieci copertine nella quale viene riproposto il momento in cui il Governatore amputa la mano al caro Rick per costringerlo a rivelargli l’ubicazione del penitenziario dove lui e gli altri sopravvissuti del suo gruppetto hanno trovato rifugio contro la minaccia zombie.

A seguire nella galleria le altre copertine finora pubblicate.

Axel Ardan 1-4 (Skorpio 27-30)

Si era già parlato dell’uscita in edicola di Axel Ardan, nuovo progetto tutto italiano dell’Editoriale Aurea proposto su Skorpio in queste e nelle prossime settimane. Il lavoro porta la firma alle sceneggiature di Giovanni Masi, fattosi notare dall’Eura dopo il suo Harpun, pubblicato dalla GP Publishing. I disegni sono dell’autore grafico della serie, Fabrizio Galliccia, noto ai molti per il lavoro fatto su John Doe.

Axel Ardan è un uomo d’azione, un capitano d’esercito che si ritrova dall’oggi al domani a dover combattere una guerra impari, contro un nemico misterioso che in poco tempo ha decimato la popolazione terrestre. Di rientro da una corsa mattutina fatta in un bosco vicino alla sua cittadina, lo scenario che Axel si ritrova davanti è quello di un’apocalittica fine del mondo. Strade deserte e nessun segno di vita sono ora la normalità, assieme a segni di saccheggi e di lotta. Axel è confuso ma non si lascia intimidire e intraprende un viaggio che lo porterà a scoprire, numero dopo numero, contro chi sta combattendo, apparentemente una civiltà aliena, ma con molti punti in comune con quella terrestre: tecnologie simili, materiali affini a quelli terrestri e senso della violenza uguali a quelli degli uomini di sempre. Lungo il viaggio attorno ad Axel si creerà un vero e proprio plotone di resistenza, fatto da gente semplice e disorientata che riconoscerà nel nostro eroe l’unica persona in grado di portarli fuori da quel campo di battaglia in cui si è ridotto il mondo. I colpi di scena sono innumerevoli e folgoranti e da come è stato impostato questo viaggio di 24 episodi si capisce che le sorprese saranno tante.

Il lavoro di Masi rientra in quel genere di opere che tanto sono apprezzate in questo periodo come The Walking Dead. L’autore, senza grosse pretese, ha confezionato un’innovativa reinterpretazione della fine del mondo e delle lotte aliene contro la terra, utilizzando un registro narrativo inedito. Questa volta non è l’esercito di una grande nazione a fare la differenza, né i mezzi adoperati per combattere una guerra che ha proporzioni globali, bensì sono quegli uomini che non sacrificano le persone per salvarne altre, ma che mettono in gioco tutto quello che hanno per far sì che tutti stiano bene, anche a rischio della loro vita, creando una comunità forte e combattiva attorno a sé, capace di reagire al pericolo e non di lasciarsi sopraffare.

Sulla scia della tradizione italiana e rispettando i canoni del periodico Aurea, Galliccia, ideatore grafico della serie nonché autore di tutti e 24 episodi previsti, ha realizzato un riuscito lavoro grafico. Il disegno pulito e dinamico dà uniformità visiva alla storia, inoltre la cura nei dettagli e nella scelta delle inquadrature conferisce al lavoro un’aria da film d’azione. Insomma, anche nel disegno Axel Ardan non si risparmia, riuscendo in questo modo a soddisfare sia gli aficionados di Skorpio, abituati a una qualità grafica di tutto rispetto, sia quei nuovi lettori che possono ritrovare in questo progetto un’italianissima contro-risposta ai lavori statunitensi post-apocalittici.

C’è da sottolineare che l’editoriale Aurea sotto la guida di Enzo Marino sta dando sempre più spazio a giovani autori italiani e ai loro progetti. Masi e Galliccia sono l’ultima scommessa del direttore dell’Aurea, che ha voluto dare fiducia al progetto propostogli dal duo pubblicandolo in una delle più importanti riviste specializzate italiane. Gli autori hanno adattato la storia ad un tempo narrativo preciso e rispettando la tradizione del periodico Aurea hanno realizzato un prodotto inedito e originale, utilizzando stereotipi in sintonia con i gusti dei lettori amanti del genere dell’avventura. Se si è amanti di questi sapori, il viaggio del capitano Ardan è una lettura più che indicata.

Dylan Dog e Botolo: incubo a Montiscuri - Intervista a Giovanni Gualdoni

  • Pubblicato in News

Lmontiscuria Bonelli, si sa, è sempre pronta a prestare i suoi personaggi per campagne di rilevante impatto sociale. Dylan Dog è quello che più di tutti ha accostato la sua immagine a numerose campagne contro l'abbandono degli animali o il loro maltrattamento. L'Ultima collaborazione del detective dell'incubo è quella fatta con l'ENPA. Il lavoro Dylan Dog e Botolo: incubi a montescuri porta la firma di Giovanni Gualdoni. Noi di Comicus abbiamo intervistato l'autore su questo suo nuovo e particolare lavoro. 

Ciao Giovanni, benvenuto su Comicus. 

Ti chiedo subito come vi siete organizzati tu e l'ENPA per la genesi di quest’avventura di Dylan Dog? Dov'è nata l'idea per Dylan Dog e Botolo, incubo a Montiscuri?

Il progetto nasce da un piccolo-grande editore di nome TranTran e da due splendide persone che si chiamano Alfredo Rossi (il direttore) e Marta Migliardi (sua validissima collaboratrice). Entrambi appassionati animalisti, avevano già all’attivo iniziative simili. In particolare Osso e la Luna, un commovente racconto scritto da Anna Cerantola e illustrato da Andy Fluon (ex Bluvertigo e artista poliedrico) anche lui da sempre attivo in varie cause ambientaliste e umanitarie. L’idea era quella di fare qualcosa di simile, partendo da un racconto già esistente, adattandolo all’universo dylaniato. Sorprendentemente la cosa è riuscita più facile di quanto avremmo mai immaginato e, prima che ce ne rendessimo conto, ecco che ci ritroviamo con una storia che sembra quasi cucita su misura per Dylan e Botolo. 
 
Come sono stati concepiti i vari personaggi che entrano in gioco, tralasciando Dylan, mi riferisco a Botolo e a tutti gli altri animali parlanti della storia, quali sono stati i modelli?

Come detto, il racconto esisteva già, quindi l’invenzione dei comprimari a quattro zampe sono opera degli autori Gilberto Germani e Gloria Esposito. Mie sono davvero solo poche idee, come quella di inserire i “mostri buoni” che aiutano Dylan e Botolo a salvare i poveri cuccioli di beagle prigionieri. Mi sembrava un’idea perfettamente in linea con la filosofia della serie che più volte ha sottolineato come i veri mostri siano gli esseri umani e non coloro che hanno solo l’aspetto di mostri. 

Botolo è un personaggio molto interessante: pur non essendo un cane di razza va oltre questa “apparente” diversità e fa di tutto per salvare dei suoi simili, come hai curato questo aspetto?

E’ stato sufficiente mantenere la sua caratterizzazione originare e, in qualche modo, citare uno degli albi più celebri e amati dai lettori. Mi riferisco all’episodio numero 81, intitolato Johnny Freak, dove il nostro botolo ha un luogo rilevante e dove, per soccorrere altri randagi in pericolo, trascina (letteralmente) Dylan Dog a caccia di un gruppo di scapestrati teppisti che per hobby massacra inermi cagnolini a bastonate. Una ignobile pratica che, sfortunatamente, sappiamo non appartenere solo alla finzione dei fumetti.

Qual è stata l’accoglienza che il pubblico di appassionati di Dylan ha riservato al volume? E quale quella del pubblico in generale?

So che il volume sta andando molto bene e, onestamente, non ne dubitavo, dato che i fan dell’Indagatore dell’Incubo sono dei veri e propri cacciatori di cimeli rari come questa storia. Quindi, a costo di farne una sfrontata pubblicità, consiglio a tutti di recuperarne una copia. Non si tratta semplicemente di un’inedita avventura dell’Old Boy, ma anche di una piacevole favola ambientalista da leggere da soli o con i propri figli. Inoltre il ricavato andrà ad aiutare proprio i nostri amici a quattro zampe, e solo questa è già una più che valida ragione per acquistarlo.

All’interno del racconto, Dylan è aiutato da vari mostri a salvare i cuccioli dalla “setta dei bisturi” e nel leggere questa cosa mi è balzata alla mente una frase di Tiziano Sclavi: “I mostri siamo noi”. Ecco, volevo sapere se ti eri ispirato a questa frase per realizzare la storia e se si, volevo sapere se pensi che noi tutti, con le nostre bizzarrie, pur essendo un po’ mostri dentro, possiamo comunque fare del bene a creature indifese, proprio come accade nella storia.  In pratica, qual è la tua opinione sull’umanità? Anche con le nostre mostruosità riusciamo, comunque, a fare del bene?

Come detto, sì, l’ispirazione è proprio alla filosofia sclaviana del “I mostri siamo noi”. Riguardo al mio pensiero sull’umanità è una domanda difficile a cui cercherò di dare una risposta semplice: ho grande fiducia nei singoli esseri umani che, pur in bilico tra bene e male, di solito scelgono il primo, tranne, ovviamente, casi patologici che ritengo appartenere alla categorie delle deviazioni mentali. Ciò che mi fa paura sono le masse poiché, come disse qualcuno, “si può ragionare con una persona, non con una folla”. E, ricordiamolo, il mondo moderno viaggia sempre più verso una massificazione. E in questo internet, pur nato con ottimi intenti di socializzazione, sfocia spesso nell’esatto opposto, ovvero nell’isolare ancora di più le persone, accentuandone i lati peggiori. Si tratta, fra l’altro, di paure già espresse in celebri episodi di Dylan Dog. Primo tra tutti Gli inquisitori, che mostrava come una propaganda mirata a diffamare qualcuno potesse finire per distruggerlo, nonostante innocente. Anche se resto profondamente convinto che la maggioranza dei lettori dell’inquilino di Craven Road condivida i valori del personaggio (senso della giustizia, desiderio di confronto con il prossimo, ecc), ci sono volte che resto deluso nell’apprendere che ci sono casi, rari per fortuna, di persone che si definiscono fan del personaggio senza avere nulla a spartire con la sua filosofia.   

Dylan Dog è un personaggio che ha una sua personalissima morale. È vegetariano, soffre di vertigini e ama gli animali, per citarne alcune. Quanto, questi aspetti condizionano gli sceneggiatori nello scrivere una sua storia? È questo, secondo te, uno dei fattori chiave della sua popolarità?

E’ chiaro che ogni sceneggiatore, pur all’interno di una certa libertà personale, deve rispettare le caratteristiche del personaggio perché sono queste che ne danno la riconoscibilità e ne hanno decretato il successo. Oltre, naturalmente, alla grandiosa capacità di Sclavi come soggettista e sceneggiatore. Da lettore ricordo che quello che più mi ha attratto di Dylan all’inizio è stato proprio il fatto di trovarlo così eccezionalmente “umano”, ovvero fallibile e, ciò non di meno, coraggioso nel sostenere le sue idee e perseguire la propria morale. Tante volte Dylan si è trovato di fronte a sfide o pericoli apparentemente impossibili da superare e, pur con un’iniziale esitazione, ovvero provando la stessa paura che proverebbe ognuno di noi, alla fine ha fatto la cosa giusta. E, oggi giorno, fare la “cosa giusta” è una delle imprese più difficili che possono esistere. Molto più facile schierarsi con i forti, vendersi per denaro, potere o popolarità, condannare senza conoscere i fatti. Insomma, NON essere Dylan Dog ma uno dei già citati “Inquisitori”. 

Tutta la storia di Dylan Dog e Botolo, incubo a Montiscuri mi ha ricordato il lavoro fatto dai volontari per salvare i cuccioli di Green Hill dalla vivisezione, ti sei ispirato a questo fatto di cronaca per costruire la storia?

Non io ma gli scrittori Gilberto Germani e Gloria Esposito.

Avendo lavorato con l’ENPA puoi spiegare a tutti gli amici di Comicus perché la vivisezione animale è una pratica crudele e inutile e cosa possono fare per sostenere tutte le cause dell’ENPA?

Senza apparire un fanatico animalista o ambientalista, che infatti non sono, mi trovo spesso a ripensare a una lettera ricevuta anni fa da una lettrice di Dylan, o meglio, da una su cugina. In questa lettera, la sua autrice, affetta da una grave malattia, si doleva nel sapere che i farmaci che le permettevano di vivere erano stati ricavati attraverso test su cavie animali. Pur odiando questa pratica, scriveva che il suo più grande desiderio era semplicemente quello di poter guarire, sebbene avrebbe voluto che ciò non avvenisse a costo delle vite di altre creature. Purtroppo quella ragazza ora non c’è più, ma tante altre persone, anche a costo delle vite di altri esseri umani, hanno potuto sopravvivere. Perché, per quanto appaia crudele, la medicina è una scienza in continuo divenire e che si basa proprio sulla sperimentazione. Discorso ben diverso, però, è quando la sperimentazione sugli animali avviene per ragioni futili, tipo per testare cosmetici, o per ragioni economiche. Ovvero perché è meno costoso ingozzare di farmaci una cavia da laboratorio e vedere in quanto tempo muore anziché spendere tempo e risorse per calcolarlo tramite formule matematiche e biochimiche. Quello che voglio dire, insomma, è che nulla è condannabile a priori perché la vita è molto più complicata di quello che vogliamo o ci è utile credere per tirare facili somme e giudizi. Occorrerebbe avere il tempo e la voglia per approfondire ogni argomento, ma naturalmente questo è impossibile. Peccato che, il più delle volte, esprimiamo comunque giudizi assolutisti su tutto e su tutti e siamo persino disposti a sbranare chi non la pensa come noi, quando in realtà basterebbe semplicemente un pizzico di buon senso per distinguere ciò che è giusto, ciò che è sbagliato e ciò che è un male indispensabile.     

Ci sarà un nuovo incontro nel futuro tra Dylan Dog e il cane Botolo?

Me lo auguro.

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