Schizofrenia, psicosi cronica che altera le funzioni cognitive e percettive di una persona, provocando allucinazioni visive e auditive, portando a deliri, problemi comportamentali ed emozionali, fino ad ansia e depressione.
A soffrirne è Stavros, protagonista de Le voci dell’acqua, primo “graphic novel” di Tiziano Sclavi, creatore di Dylan Dog, edito da Feltrinelli Comics. Ed è l’acqua presenza incessante di questo racconto, che scorre imperterrita su una città sena nome e grigia, popolata da figure vive ma spente, quasi anonime. Ed è quando l’acqua scorre che Stavros sente delle voci indistinguibili, dei lamenti.
Il lavoro di Sclavi immerge il lettore in un micro-universo fatto di piccoli momenti, situazioni forse reali, forse solo immaginate, in cui ci si perde e il cui filo condutture è sottile, quasi invisibile, lasciando chi legge disorientato e con una storia da ricostruire, da cercare fra le suggestioni di una narrazione scomposta e frammentaria. È come se la schizofrenia del protagonista aprisse mondi, finestre alternative sulle realtà.
Il tono del racconto è cupo e desolante, non solo per la pioggia incessante, ma ogni frammento, ogni rapporto umano, è malato, decadente: una ragazza da lasciare, una madre da condannare, un dottore da disobbedire, un capo a cui sottostare. Neanche la morte, tema ricorrente del libro, è consolatoria: non ci sono, dunque, luci, né una riappacificante ironia a là Dylan Dog.
Sclavi ci consegna, dunque, un'opera sconnessa ma altamente sentita, non immediata, su cui ci si ritorna più volte: è il lettore a doverne trovare, anche con una certa fatica, la chiave di decodifica, avvicinandolo ancora di più alla condizione del protagonista. In tal senso, anche un respingimento totale fa parte del gioco, tuttavia è difficile che se ne rimanga indifferenti.
Egregio, dal canto suo, nella messa in scena Werther Dell’Edera, che adopera un tratteggio sottile e nervoso e simula il violento cadere della pioggia anche negli interni, dove sembra suggerirci che questa incessante tempesta riesca a raggiungerci ovunque ci nascondiamo. Il tratto sottile modella anche i volti, spesso in ombra, o appena abbozzati, delineati da pochi elementi essenziali, come se fossero sfuggenti, difficili da catturare. L’atmosfera emanata è suggestiva, grazie a tavole spoglie, essenziali, il cui vuoto si riempie dei tratteggi che donano volume, intensità, diventano elemento essenziale e caratterizzante, quasi narrativo.
Una nota sul lettering, a cura di Luca Bertelè, che invece contrasta con le tavole di Dell’Edera, in un risultato che non ci convince a pieno. Non tanto perché sia interamente realizzato in digitale, oggi una consuetudine, ma perché fin troppo “perfetto” e “pulito”, laddove forma dei baloon e font meno tondeggianti e sottili si sarebbero integrati meglio con il lavoro del disegnatore.