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Citizens Arrest: il ritorno di RoboCop a fumetti

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RoboCop sarà protagonista di una nuova miniserie, prodotta da BOOM! Studios, intitolata RoboCop: Citizens Arrest. Ambientata 30 anni dopo il primo capitolo dedicato al poliziotto, il fumetto parte da un inquietante what-if: cosa succederebbe in un mondo in cui tutte le forme di governo, compresa la Polizia, sono state privatizzate?

"RoboCop rimane uno dei miei film preferiti ed è stato una delle mie prime influenze sul tipo di storie che ho cercato di leggere e guardare, e alla fine di creare da solo" ha detto lo sceneggiatore Brian Wood, sostenendo che "è un onore scrivere questa serie, scrivere di Alex Murphy e mostrare a tutti quanto i temi chiave di RoboCop - la brutalità della polizia, il blocco sindacale, la manipolazione dei media, la privatizzazione delle forze dell'ordine e l'emarginazione dei poveri - siano incredibilmente attuali ora come lo erano negli anni '80".

Il disegnatore Jorge Coelho ha aggiunto che "alcuni film trascendono il cinema, mentre i classici trattano quell'enigmatico mix di tempismo e idee che, in qualche modo, li rendono resistenti alla prova del tempo, e per me, RoboCop, è uno di loro. […] Citizens Arrest aggiungerà nuovi personaggi e offrirà una visione a fumetti che tratterà i lettori e i fan con l'amore e il rispetto che questo classico del cinema merita".

RoboCop: Citizens Arrets è previsto ad aprile 2018, sarà scritto da Brian Wood e disegnato da Jorge Coelho, quest’ultimo tornato alla BOOM! Studios dopo aver lavorato diversi anni alla Marvel. A seguire due variant cover previste e realizzate da Jim Towe e David Rubin.

(Via Newsarama)

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Robocop: L'ultima difesa

Alla fine degli anni ’80 Frank Miller è la punta di diamante del movimento fumettistico americano e il decennio che si sta chiudendo è stato segnato dal successo dei suoi Daredevil, Elektra: Assassin, Batman: The Dark Knight Returns. Cresciuto a pane e cinema americano classico, polizieschi e noir soprattutto, Miller sogna di sbarcare ad Hollywood in veste di sceneggiatore: d’altronde l’influenza cinematografica nella composizione delle sue tavole è evidente già dai suoi primissimi lavori. L’occasione gli si prospetta quando la Orion Pictures, piccola ma agguerrita casa di produzione, gli offre la chance di scrivere la sceneggiatura di Robocop 2, sequel del film di culto diretto da Paul Verhoeven nel 1987. Verhoeven, di nazionalità olandese, aveva portato con Robocop una sensibilità tipicamente europea nel cinema di fantascienza mainstream a stelle e strisce, immaginando un futuro distopico dove il liberismo sfrenato, che proprio in quegli anni toccava l'apice grazie alle politiche economiche di Reagan e Thatcher, aveva contribuito ad instaurare un regime morbido basato sul controllo sistematico dei mezzi di informazione e la vittoria dell’interesse privato su quello pubblico. Temi che in quegli anni non erano estranei alle opere di Miller, soprattutto nel Dark Knight. Il cartoonist del Vermont si mise al lavoro con entusiasmo sul secondo capitolo delle avventure del cyberpoliziotto di Detroit, diretto dal veterano Irvin Kershner, ma il risultato finale si discostò di molto dallo script originale di Miller. La Orion giudicò il lavoro di Miller troppo violento e la satira politica eccessiva per un film che nelle intenzioni dei produttori avrebbe dovuto raggiungere il più vasto pubblico possibile. Robocop 2, uscito nel 1990, fu un fiasco colossale, un ibrido mal riuscito tra le intenzioni iniziali di Miller e i rimaneggiamenti imposti dalla produzione. Ciò non impedì alla Orion di chiedere la collaborazione di Miller anche per il terzo capitolo, Robocop 3 del 1993, stavolta nella doppia veste di regista/sceneggiatore: ma anche questa volta le cose andarono male, col buon Frank sostituito alla regia dal mestierante Fred Dekker e il suo script nuovamente rimaneggiato ed edulcorato. Furioso, Miller giurò che non avrebbe più messo piede ad Hollywood, e avremmo rivisto il suo nome su un manifesto di un film solo nel 2004, per l’uscita dell’adattamento cinematografico del suo Sin City.

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Salvo il cross-over del 1992 Robocop Vs Terminator (di cui abbiamo già parlato), scritto da Miller per i disegni di Walter Simonson, il nome dell’autore di 300 e quello di Robocop non sono stati più associati fino al 2003 quando la Avatar Press, casa editrice indie, lo contattò per conoscere la sua disponibilità circa un eventuale adattamento delle sue sceneggiature originali in serie a fumetti. Miller, entusiasta del poter finalmente presentare quelle storie così come le aveva concepite, accettò, pur limitando il suo ruolo a quello di supervisore dell’intero progetto e copertinista a causa dei troppi impegni.

Il compito di curare i testi, direttamente dallo screenplay originale di Miller, toccò a Steven Grant, vecchio leone della Marvel degli anni ’70 e ’80, celebre per la prima storia del Punisher dell’era moderna, Circle of Blood. La Avatar fece in tempo a pubblicare solo il primo adattamento delle storie di Miller, relativo a Robocop 2; in seguito i diritti del personaggio passarono a Dynamite Entertainment e alla fine ai BOOM! Studios, che hanno dato alle stampe l’adattamento a fumetti della sceneggiatura originale realizzata da Miller per il terzo capitolo della serie cinematografica, ribattezzandolo Robocop -  L’Ultima Difesa, di cui Magic Press cura ora l’edizione italiana.
La sincerità impone di confessare che ci siamo avvicinati a quest’opera con un po' di diffidenza, sicuri che il nome di Frank Miller ben evidenziato fosse poco più di uno specchietto per le allodole per vendere qualche copia in più, considerato il mero ruolo di supervisore del celebre cartoonist: ci siamo trovati invece davanti ad un buon prodotto di intrattenimento, piacevole come un action movie degli anni ’80 ma non privo di molteplici chiavi di lettura.

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La storia ci mostra il confronto finale tra Robocop e la OCP, la multinazionale decisa a impadronirsi della città di Detroit prima e del resto degli Stati Uniti poi. La politica di conquista della OCP non si realizza tramite l’uso delle armi, ma privatizzando i servizi essenziali per il cittadino, come la polizia ormai asservita ai meri interessi della multinazionale. Essenziale per poter mettere definitivamente le mani su Detroit è la costruzione di un quartiere di lusso, al posto di uno slum degradato di nome Cadillac Heights, abitato da povera gente ai margini della società che la polizia cerca di allontanare dalle proprie case con ogni mezzo, anche non lecito. Robocop, ormai ribellatosi ai suoi ex creatori della OCP, interverrà in difesa della popolazione, contando sull’aiuto di un gruppo di cittadini coraggiosi e di una esperta di computer, Marie, che forse prova per lui qualcosa in più della semplice ammirazione.

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Lettura sorprendentemente interessante che si presta a numerosi spunti di riflessione, Robocop – L’Ultima Difesa porta a compimento il discorso iniziato da Paul Verhoeven nel film del 1987, la denuncia di un mondo dove l’interesse privato e il predominio della finanza sulla politica stanno portando l’umanità verso un cupio dissolvi basato sull’arricchimento di pochi e l’annullamento dei diritti basilari dei cittadini. Il predominio delle multinazionali sugli stati sovrani poteva essere materia da fantascienza distopica nel 1987, ma nel 2016 stiamo parlando purtroppo di strettissima attualità. La storia di Miller si inserisce brillantemente nel solco tracciato da Verhoeven, suggerendo, come in The Dark Knight Returns, che il popolo ha il potere e che un regime corrotto va rovesciato. Probabilmente un maggior coinvolgimento di Miller nell’adattamento di questa sua sceneggiatura perduta avrebbe potuto portare Robocop – L’Ultima Difesa verso altre vette di eccellenza, ma il risultato finale è comunque degno di attenzione. Steven Grant compie un ottimo lavoro nell’adattare lo script di un nume tutelare come Miller, conferendo alla storia un ritmo frenetico con testi al fulmicotone, e si fanno notare i disegni sporchi e funzionalmente underground di Korkut Öztekin, quanto mai adatti ad illustrare ghetti urbani degradati e squallori futuristici. Un tuffo in atmosfere anni ’80 e ’90 ma corredate da spunti di riflessione che sono tutti del nostro tempo.

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RoboCop versus Terminator

Primavera 1992, Lucca Comics. Ho 15 anni e mi aggiro per gli stand della Fiera, a quel tempo ancora ospitata dal Palazzetto dello Sport, finché mi imbatto in un chiosco di comics in lingua originale. Neanche il tempo di mettermi a scartabellare tra gli albi che la mia attenzione viene colpita dal gigantesco poster che campeggia alle spalle del titolare dello stand: Robocop Vs Terminator. Frank Miller. Walter Simonson. Summer 1992. Nell’immagine promozionale un Robocop armato di pistola sferrava un gancio ben assestato ad un Terminator, subito prima di essere attaccato da un nugolo di altri robot assassini. Il giorno dopo, a chiusura fiera, chiedo al titolare del banco di poter acquistare il poster: con mia grande sorpresa me lo regala, aggiungendolo così al bottino di quella spedizione lucchese. Il poster raffigurante la potente illustrazione di Simonson avrebbe abbellito la mia stanza per un decennio… ma non sapevo che avrei letto quel fumetto così atteso solo 23 anni dopo! La miniserie di 4 numeri pubblicata dalla Dark Horse rimase infatti inedita per il mercato italiano nonostante il prestigio dei due autori coinvolti, e vede la luce solamente ora grazie al prezioso recupero della Magic Press.

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Sfogliare le pagine del volume significa riportare le lancette dell’orologio indietro ai primi anni ’90, contraddistinti da una situazione del mercato dei comics completamente diversa da quella attuale. Marvel e Dc versano in una grave crisi finanziaria e creativa, della quale approfittano piccole e agguerrite case editrici. Una di queste è la Dark Horse Comics, che in quegli anni sta ottenendo un inaspettato successo grazie alla sue trasposizioni a fumetti di celebri marchi cinematografici: al botto di Aliens Vs Predator del 1990 fa seguito l’anno successivo Star Wars: Dark Empire, la prima miniserie che la casa editrice dedica alla saga creata da George Lucas: la storia ottiene un consenso di pubblico clamoroso, tanto da dare vita al cosiddetto Expanded Universe, che amplia ed approfondisce su carta l’universo cinematografico di Luke Skywalker e soci.

Confortata dagli eccellenti dati di vendita, la Dark Horse pensa bene di proseguire sul solco già tracciato e acquisisce anche i diritti di altre due mitiche properties del cinema americano di quegli anni, decidendo di farli scontrare in una serie evento: Robocop Vs Terminator, appunto. La casa editrice di Portland decide di fare le cose in grande, coinvolgendo due numi tutelari assoluti del fumetto americano: Frank Miller ai testi e Walter Simonson ai disegni. Miller si è appena lasciato alle spalle un decennio, gli anni ’80,  per lui ricco di trionfi: Daredevil, Ronin, Dark Knight Returns, Elektra. Il nuovo decennio lo vede cimentarsi con opere ancora più sperimentali, sempre pubblicate dalla Dark Horse: è il momento di Give Me Liberty, Hard Boiled, e di una storia noir in bianco e nero pubblicata a puntate sull’antologico Dark Horse Presents, Sin City. Cosa spinge un autore alle prese con la fase più autoriale della sua carriera ad accettare un progetto così sfacciatamente commerciale come Robocop Vs Terminator? La voglia di rivincita, probabilmente. Come molti fan dell’epoca ricorderanno, Miller era stato ingaggiato per scrivere la sceneggiatura di Robocop 2 del 1990 ma il suo script era stato rimaneggiato da altri, finendo per dare vita ad un film mediocre, diretto dal poco ispirato Irvin Kershner. Deluso e amareggiato da questa esperienza, Miller giurò che non avrebbe mai più lavorato per Hollywood, salvo cambiare idea 15 anni dopo per la trasposizione cinematografica del suo Sin City.

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Miller coglie le analogie presenti nelle mitologie di Robocop e Terminator e le usa per costruire la trama. La storia comincia nel futuro dispotico della saga di Terminator, dove la resistenza umana guidata da John Connor ha fatto un’importante scoperta: Skynet, il sistema di difesa militare che si è rivoltato contro l’umanità sterminandola, ha sviluppato un’autocoscienza nel momento in cui è apparsa la prima sintesi di intelligenza umana e organismo cibernetico: il poliziotto Alex Murphy, alias Robocop. Una guerriera donna, Flo, viene incaricata da Connor di tornare indietro nel tempo per distruggere Robocop prima che questi, inavvertitamente, dia vita all’autoconsapevolezza di Skynet. Inutile dire che il piano verrà scoperto dai Terminator, che invieranno tre di loro nel passato per proteggere Robocop, considerato dai robot come una vera e propria divinità, il loro creatore. Robocop non sarà della stessa idea e comincerà una battaglia senza quartiere su più piani temporali.

Nonostante sia considerato un episodio minore nella carriera di Frank Miller, Robocop Vs Terminator è comunque una lettura interessante: abbandonata momentaneamente l’ambientazione noir tipica delle sue storie, lo scrittore del Maryland dimostra di considerarsi a suo agio anche con lo sci – fi e con i viaggi nel tempo, d’altronde già frequentati ai tempi di Ronin. Completamento ideale allo script di Miller sono i disegni di un Simonson in grandissimo spolvero, non lontano dai livelli della sua mitica run su The Mighy Thor: vero erede della lezione di Jack Kirby, Simonson stravolge i canoni tradizionali del disegno e realizza tavole che sono contraddistinte volutamente più da potenza e dinamismo che dal rispetto delle proporzioni, anticipando le estremizzazioni anatomiche della generazione successiva, quella di Todd McFarlane e Jim Lee. In Robocop Vs Terminator il disegnatore partecipa con gusto all’atmosfera da b-movie che pervade la saga, mostrandoci una serie di risse e scazzottate tra robot che raggiungono il culmine nella splash page dell’ultimo numero, raffigurante uno spettacolare scontro tra legioni di Robocop e Terminator.

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La Magic Press raccoglie i quattro capitoli della serie originale in un agile volumetto brossurato, con carta patinata che esalta i colori “rimasterizzati” da Steve Oliff. Il volume è corredato da una piacevole introduzione di Steven Grant, autore di Punisher per la Marvel, e da una carrellata di schizzi e pin-ups promozionali dell’epoca ad opera dei due autori.
Quindi perché leggere Robocop Vs Terminator? Perché oggi? Ve lo dirò senza tanti giri di parole: perché, come tutti i b-movies, è dannatamente divertente.

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