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Gnam! B Comics - Fucilate a Strisce

Ad un primo impatto Gnam, la seconda raccolta antologica targata B Comics – Fucilate a strisce (progetto curato da Maurizio Ceccato, con la consulenza di Lina Monaco, per IFIX Editore) sembra quasi un catalogo da copisteria, con il suo grande formato e la sua cover gialla con una grossa ugola impressa al centro. Sfogliandolo, però, si percepisce da subito non solo la bontà del progetto, restando incantati dalle enormi tavole, ma anche la notevole qualità di stampa non così scontata al giorno d’oggi che fa avvicinare il progetto più ad un libro d’arte che a un volume di fumetti.
All’interno del libro troviamo 11 storie a fumetti realizzate da 12 autori, tutti appartenenti alla scena indipendente o extra-fumettistica. La varietà di stili e di intenti, dunque, è davvero vasta e vale la pena trattare singolarmente tutte le storie in ordine di apparizione:

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Annibale di Lorenzo Mo’
Una storia semplicemente cinica e surreale quella di Annibale, un supereroe che ottiene i suoi poteri dopo aver mangiato parti di suoi “colleghi”. Questo rituale ha come controindicazione quello di togliere le abilità agli altri superesseri che, scoperto l’inganno, non la prenderanno affatto bene.
Disegnata con uno stile retrò e una colorazione da comic-book anni ’50, Lorenzo Mo’ mette in scena una storia splatter e allucinante nel suo sviluppo, centrando l’obiettivo.

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Il cane e l’osso di Francesco Caporale
Liberamente ispirato alla favola di Esopo (come esplicitamente dichiarato), la storia tratta di un cane che, riflesso nell’acqua di un lago, lascia cadere il proprio osso convinto di rubare quello riflesso, restando però a secco. Quello che colpisce della storia sono le tavole di Francesco Caporale, ricche di dettagli e caratterizzate da una china molto spessa e da un solo colore (oltre il bianco e il nero): un verde acqua che colora il fiume e che esplode letteralmente in due splendide splash-page.

Zia di Mattia Moro
Zia e nipote in cammino su un’autostrada, ma il loro non è un viaggio di piacere. Lei, la donna, è una giornalista che indaga su un mistero che le autorità tengono ben nascosto barricando la strada e non lasciando passare nessuno. Molte persone sembrano scomparse nel nulla, ma la determinazione della donna la porterà fino a una nebbia bianca che avvolge tutto quello che c’è. Mattia Moro costruisce una vicenda che tiene in suspense il lettore, ma nulla è rivelato. Grazie al contrasto blu e arancione si crea un’atmosfera che dona calore e distacco, contribuendo a rendere ambiguo e misterioso il racconto.

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Windigo di Emanuele Giacopetti
Nelle poche pagine a disposizione, Emanuele Giacopetti inserisce una serie di input sullo sfondo del vecchio west: la corsa all’oro, la nascita di città destinate a morire nel giro di pochi decenni, le lunghe traversate con le carovane piene di insidie, i Windigo (uomini o demoni che mangiano carne umana) e si cita persino il fotografo napoletano Carlo Gentile. Il tutto senza un singolo dialogo, ma riuscendo ugualmente a ricreare un affresco molto crudo di una realtà purtroppo veritiera. Lo stile di Giacopetti rievoca, in maniera del tutto personali, grandi artisti da Sergio Toppi a Gipi.

Spaghetti di Margerita Morotti e Cammello
La relazione fra cibo e amore come conseguenza di una storia finita male è il soggetto del racconto di sole 4 tavole realizzato dal duo Margerita Morotti e Cammello. Una declinazione del tutto singolare sviluppata in maniera originale in tavole vive grazie a un arcobaleno di colori tenui e una costruzione delle stesse che non lascia respiro.

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Goretex di Maurizio Lacavalla
Probabilmente la storia più criptica del volume quella raccontata da Maurizio Lacavalla, sospesa fra l’immenso vuoto  dello spazio e  una terra quasi disabitata. Vuoti di memoria che con le tavole scure, il tratto volutamente incerto e l’effetto “zoom”, reso bene anche dall’ampio uso dei retini, creano un forte senso di smarrimento.

Formiche di Roberto Grossi
Un triste spaccato di vita quotidiana quello raccontato da Roberto Grossi nel suo Formiche, nel breve tragitto fatto da un anziano zio e i suoi due nipoti vediamo i più bassi ranghi della società scannarsi per poco o nulla, vittime di un egoismo figlio di una società che abbandona gli ultimi. In fondo, le formiche sono migliori di noi, più forti, più solidali.

Alla fiera dell’est di Cecilia Valagussa
4 tavole che hanno come filo conduttore un topo che vive fra le pieghe di un appartamento abitato abusivamente da inquilini che, alla fine, verranno mandati via nel peggiore dei modi. In uno stile pittorico che ricorda vagamente i libri illustrati degli anni ’60, Cecilia Valagussa gioca abilmente con le tavole trasformandole in un labirinto o in una finestra a 4 vetrate.

Gentiana di Simone Pace
Un’antica leggenda è legata alla Gentiana, che ne spiega le sue caratteristiche, il mito di un guerriero passato. Ma essere il prescelto è una benedizione o no? Nella risposta di Simone Pace nasce un racconto in bilico fra presente e passato in cui i flashback colorano il bianco e nero del presente narrativo. Un segno grafico molto essenziale ma estremamente espressivo.

Eterozigoti di Emanuele Racca
Un piccolo noir in cui i colori, tendenti al rosso e al verde, hanno tinte spente come la notte più scura. Un uomo braccato e una via di fuga offertagli da suo fratello gemello appena conosciuto. Ma se il triste fato ha offerto un’opportunità irripetibile, il suo prezzo sarà una tragedia beffarda. Emanuele Racca non fa sconti, e mette su carta una storia che funziona come un orologio svizzero.

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Sbaffini di Spugna
Con il suo stile ultra-pop, Spugna realizzata una storia tanto vivace nei colori quanto inquietante come un incubo nel cuore della notte. Un amore reale, quello di un cameriere, sia per il cibo che per Poldo Sbaffini (sì, quello di Popeye) che si fonde e che assume contorni metafisici e splatter. Ma, fortunatamente, arriva il lieto fine.

Dicevamo nell’introduzione di questa recensione che il volume rappresenta una gran varietà di stili. Giocando con il tema dell’antologia, spesso preso alla lontana, ovvero il cibo, ci troviamo davvero davanti a un gran numero di portate destinate a soddisfare tutti i palati. Ma quello che conta davvero, è che siamo d’innanzi a un prodotto di alta cucina perché è difficile, con un numero così alto di artisti coinvolti, mantenere una qualità media tanto alta. Merito, dunque, allo chef Maurizio Ceccato e a tutti i singoli artisti.

 

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