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Guardiani della Galassia 1-6: La sfida finale, recensione

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Che Donny Cates stia diventando una delle stelle più luminose di quell’affollatissimo firmamento che è, oggi, il fumetto americano è cosa ben nota anche ai lettori italiani, i quali, durante l’ultima edizione di Lucca Comics & Games, non hanno mancato di mostrargli tutto il loro entusiasmo, prendendo d’assalto lo stand Saldapress, dove lo scrittore texano era uno degli ospiti più prestigiosi. La sua rapida scalata al successo ha colto di sorpresa anche i boss della Marvel che, prima di affidargli i testi di Thor dopo la fine del lungo e celebrato ciclo di Jason Aaron (il primo numero della testata del Dio del Tuono, che vedrà all’opera Cates in coppia con il disegnatore Nic Klein, è annunciato per gennaio 2020), lo avevano sempre destinato a collane vicine alla chiusura o in attesa di un rilancio editoriale. È questo il caso dei Guardiani della Galassia, che, terminata la run di Gerry Duggan (il quale aveva stancamente proseguito sulla stessa strada del suo predecessore Brian Michael Bendis, cercando di riproporre su carta lo stile leggero e scanzonato dei due film di James Gunn dedicati ai personaggi) sembravano essere destinati a una progressiva discesa nelle retrovie dell’Universo Marvel.

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Già dal primo numero del nuovo corso, Cates opera un deciso cambio di rotta: riallacciandosi direttamente agli eventi di Infinity Countdown e Infinity Wars - le non certo esaltanti miniserie con cui la Casa delle Idee ha tentato di riportare in auge le Gemme dell’Infinito -, la vicenda si apre in un punto misterioso del cosmo, dove Eros (alias Starfox), fratello di Thanos, ha riunito gli esseri più potenti dell’universo, per ascoltare il testamento del defunto titano adoratore della morte. Costui, in realtà, sconcertando tutti, rivela, attraverso un messaggio registrato, di avere impiantato la sua coscienza in un’altra persona, in modo da poter tornare in vita, nel caso di una sua prematura scomparsa. Thanos, naturalmente, non rivela l’identità di questa persona, ma i sospetti di Eros si concentrano subito su Gamora, figliastra del titano e responsabile della sua morte, di cui si sono perse le tracce alla fine di Infinity Wars. Il piano di Thanos, però, è ben più complesso di quello che sembra, tanto che, mentre iniziano i preparativi per catturare Gamora, la riunione viene improvvisamente interrotta dai membri dell’Ordine Nero, intenzionati a impadronirsi del corpo decapitato del titano, su ordine di Hela, la dea asgardiana della morte. Da qui in poi, la narrazione procede spedita, con continui ribaltamenti di fronte, insospettabili tradimenti e nuove alleanze tra i vari personaggi, nel tipico stile di Cates, dove dialoghi brillanti e veloci accompagnano uno sviluppo degli eventi incalzante, in cui i momenti di riflessione sono ridotti al lumicino.

Allo scrittore texano piace intrattenere il pubblico senza creare troppi grattacapi e lo fa giocando rispettosamente con decenni di continuity Marvel: a pochi sfuggirà il parallelismo tra la caccia a Gamora e quella ben più famosa a Marvel Girl/Fenice consumatasi sulle pagine di Uncanny X-Men quarant’anni fa. Allora le truppe d’assalto erano guidate dalla Guardia Imperiale Shi’ar, oggi, a omaggiare quella saga indimenticabile, rimane il solo Gladiatore assieme a pochi fedeli alleati, in squadra con personaggi portati alla ribalta dai blockbuster dei Marvel Studios (Nebula su tutti) o intelligentemente ripescati dal recente passato della Casa delle Idee (ne è un esempio il misterioso Zak-Del, meglio noto come il Fantasma). A difendere la fuggitiva, invece, non ci sono più gli X-Men, ma ciò che resta della squadra di Star-Lord dopo i tragici eventi delle due miniserie sopracitate, pronti a unirsi a nuovi, quanto improbabili, alleati. Tra questi, meritano una citazione il Ghost Rider Cosmico, creatura dello stesso Cates, a cui l’autore mostra di essere particolarmente affezionato, non perdendo occasione di inserirlo in qualche nuova trama, non appena se ne presenta la possibilità, e Beta Ray Bill, il Thor alieno creato da Walter Simonson, che, a quanto pare, è un altro personaggio molto caro allo sceneggiatore texano, tanto da averlo utilizzato, di recente, anche ne La morte degli Inumani.

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Cates, a ogni modo, non si limita a un semplice, per quanto ingegnoso, remake della Saga di Fenice Nera, ma porta avanti la narrazione senza perdere mai di vista il tema portante della vicenda (incentrata sul diabolico piano ordito da Thanos e Hela), non mancando neanche di regalarci qualche momento sentimentale (se non proprio romantico) o ricco di humor. Un punto fermo del suo stile, presente in quasi tutte le sue opere, a cui l’autore ha preferito non rinunciare, per poter bilanciare i non pochi passaggi più cupi imposti dalla trama, che rappresentano il vero punto di rottura rispetto alle precedenti gestioni di Bendis e Duggan.

Sul fronte artistico, Cates ritrova Geoff Shaw, con cui aveva già collaborato su God Country e altre serie Image, oltreché sulla mini-saga Thanos vince. Pur non mostrando capacità tali da indurci a inserirlo tra i disegnatori di punta della Marvel, il suo tratto riesce a garantire nei volti dei personaggi quel minimo di espressività tale da rendere il lettore consapevole delle loro emozioni. Inoltre, l’estrema variabilità con cui costruisce le tavole ben si addice ai frequenti cambi di ritmo voluti da Cates: particolarmente efficaci sono, in proposito, le splash-page, che, utilizzate in chiusura dei vari episodi o nei momenti più importanti della storia, risultano decisive a sottolineare in maniera dirompente i nuovi sviluppi della trama.

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Al termine di questa avventura in sei parti, presentata in Italia con il titolo di La sfida finale (che, purtroppo, fa perdere il senso dell’originale The Final Gauntlet, evidente richiamo a The Infinity Gauntlet, la miniserie degli anni Novanta di Jim Starlin, George Pérez e Ron Lim, che è stata la principale fonte di ispirazione degli ultimi due film degli Avengers), vediamo nascere la nuova formazione dei Guardiani, pronta a lanciarsi alla ricerca di Rocket Racoon, in una saga che segnerà anche l’addio di Cates alla testata (Shaw, invece, ha lasciato i personaggi proprio con il sesto numero, per seguire lo sceneggiatore texano in un nuovo progetto creator-owned), impossibilitato a scriverne i testi, dopo aver iniziato a lavorare alle nuove storie di Thor.

Per ora Panini Comics si è limitata a presentare il ciclo di Cates e Shaw nel tradizionale albetto spillato. Speriamo, però, che, a breve, ne venga proposta anche una versione in volume: non stiamo certo parlando di una pietra miliare del fumetto americano, ma in mezzo a tanti rilanci strombazzatissimi, poi rivelatisi una mezza delusione (con I Fantastici Quattro di Dan Slott in prima fila), questa nuova incarnazione dei Guardiani della Galassia rappresenta una bella boccata di aria fresca, ben meritevole di una confezione più prestigiosa.

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God Country, recensione: il biglietto da visita di Donny Cates

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Se nell’ultimo periodo vi capita spesso di leggere e sentire in giro il nome di Donny Cates è assolutamente normale: lo sceneggiatore è attualmente uno dei nomi più caldi del fumetto americano e in particolare la Marvel punta parecchio su di lui. L’attuale scrittore di Venom e Doctor Strange, infatti, ha tutte le carte in regola per diventare uno dei prossimi autori di punta della Casa delle Idee, e il successo di opere come Thanos Vince e Ghost Rider Cosmico è lì a confermarlo. Ma c’è un punto di svolta nella carriera di Cates e questo è God Country, ovvero la miniserie in 6 albi che lo ha portato all’attenzione della critica e dei lettori.

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Pubblicata nel 2017 da Image Comics, God Country di Donny Cates e Geoff Shaw è un insolito “fantasy familiare”. Sì, perché la dimensione fantastica e mitologica del fantasy è in realtà un pretesto per raccontare la storia piccola e intima di una comune famiglia texana.
La trama è incentrata sulla famiglia Quinlan. Il padre Emmet è un uomo anziano malato di alzheimer, accudito da suo figlio Roy, trasferito da Austin per l’occasione insieme alla moglie Janey e alla piccola Deena. L’equilibrio familiare è precario: Emmet è ingestibile, non ricorda nulla del suo passato e non riconosce la sua famiglia, allo stesso tempo Roy non vuole mettere suo padre in un ricovero e ciò complica il rapporto con sua moglie. Improvvisamente, però, un tornado si abbatte sulla città e porta con sé un demone che Emmet riesce a sconfiggere grazie a una spada magica chiamata Valofax.

Dotata di una propria volontà, le origini di Valofax risalgono a un tempo e a un luogo lontano. La spada è, infatti, forgiata da Attüm, dio di un mondo morente che desidera brandirla nuovamente e che non esita a sacrificare i suoi figli pur di riaverla. Ma Emmet non ha intenzione di restituire la spada, non solo per evitare che sia causa di futuro dolore ma perché brandirla è l’unico modo che ha per sconfiggere l’alzheimer e, dunque, di ricordare il suo passato e la sua famiglia.

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God Country fa dei legami e della famiglia il suo fulcro centrale, contrapponendo per giunta la concezione umana dei legami familiari a quella degli dei. Senza retorica alcuna, Cates racconta, dunque, una vicenda intima che, spogliata dall’elemento fantasy, risulta purtroppo comune a molte persone. L’aspetto fantasy è, volendo, la parte più debole, o quantomeno quella meno originale, del racconto. Lo sceneggiatore, infatti, attinge da elementi abbastanza comuni e riconoscibili per costruire il suo mondo narrativo, ma d’altronde non era certo l'aspetto sui cui Cates puntava maggiormente.
L’intreccio narrativo del racconto, inoltre, non riporta grandi sorprese, ma l’incedere rapido e senza fronzoli delle vicende e la genuinità del tutto rendono certamente fluida e piacevole la lettura. Seppur l’esaltazione dell’opera, specie oltreoceano, ci sembra eccessiva, God Country è un solidissimo racconto, molto riuscito in ogni sua parte, epico e intimo allo stesso tempo.

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Geoff Shaw alle matite preferisce un taglio cinematografico delle tavole, non a caso le vignette tendono a svilupparsi in orizzontale, mentre molto rare sono quelle in verticale. Anche per la costruzione visiva del mondo narrativo, Shaw non offre nulla di particolarmente originale, caratterizzando dei, demoni, mondi lontani e la stessa spada Valofax in maniera abbastanza tradizionale e riconoscibile. Tuttavia, il suo lavoro resta eccezionale, dinamico e spettacolare, capace di rappresentare degnamente anche le parti più intime e private del racconto. Il suo tratto sporco e graffiante si esalta però nelle scene d’azione ed esplode in efficaci splash-page, che possiamo ammirare appieno grazie anche all’ampio formato 18,3X27,7 del cartonato Panini Comics.

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Marvel Comics rilancerà i Guardiani della Galassia nel 2019

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Marvel Comics ha in programma di rilanciare Guardians of the Galaxy nel 2019 con il team creativo già a lavoro su Thanos, lo sceneggiatore Donny Cates e il disegnatore Geoff Shaw. L’hashtag #WhoAreTheGuardians compare al termine di Thanos Legacy #1 su una doppia splash-page doppia in cui compare l'attuale formazione dei Guardiani, Galactus, Cosmic Ghost Rider, la Guardia imperiale Shi'ar, Starjammers, la squadra originale degli anni '60, Beta Ray Bill, il Super-Skrull, Adam Warlock, Howard the Duck.

Thanos Legacy #1, è un one-shot che descrive cosa è successo al titano pazzo dopo glie eventi di "Thanos Wins" di Cates e Shaw, insieme al suo legame con il personaggio di Requiem. “Una sorta di sequel tematico di Thanos Wins che Geoff Shaw ed io abbiamo creato”, ha spiegato Cates in un precedente comunicato stampa. Thanos Legacy #1 di Donny Cates, Gerry Duggan e Brian Level esce oggi negli USA.

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(Via CBR)

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SDCC17: in arrivo una nuova serie di Thanos

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Al panel "Marvel’s Next Big Thing" tenutosi a San Diego Comic-Con, la Casa delle Idee ha annunciato una nuova serie dedicata a Thanos. Ad occuparsi della testata saranno i creatori della serie Image Comics God Country, ovvero Donny Cates e Geoff Shaw. Cates, è anche lo sceneggiatore della nuova serie di Doctor Strange e la Marvel potrebbe puntare molto su di lui.

Lo sceneggiatore ha dichiarato: "Continuano ad arrivare idee così dannatamente brutali. Concepisco Thanos come personaggio e come dio, e continuo a spingere e a spingere... Non voglio però andare oltre, ma l'idea di base è che ogni eroe Marvel nella galassia se condotto nell'oscurità, alla domanda 'come finirà il mondo' risponderebbe 'Thanos, naturalmente'.

Al momento non è stata comunicata una data d'uscita.

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