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H.P. Lovecraft: La tomba, recensione: Un oscuro sentire

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Nonostante una vita avara di soddisfazioni e riconoscimenti, segnata da ristrettezze economiche e difficoltà di varie genere, l’influenza di H.P. Lovecraft sulla cultura popolare non accenna a diminuire, a 130 anni dalla sua nascita. Il creatore dei miti di Chtulu, oltre ad essere considerato il più grande scrittore di letteratura horror insieme ad Edgar Allan Poe, è spesso indicato come il precursore del genere fantascientifico e del moderno “new weird”. Autori contemporanei continuano e celebrarlo, basti pensare al recente Providence, l’epopea di Alan Moore che già dal titolo, che si riferisce alla città natale di Lovecraft, omaggia lo scrittore.

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Non vuole essere da meno una vivace realtà dell’editoria a fumetti nostrana come la Edizioni NPE che ha dato alle stampe, nell’ambito della collana horror recentemente inaugurata, un adattamento de La Tomba, uno dei racconti brevi più celebri di Lovecraft. La scelta operata dagli autori, D.D. Bastian e Nino Cammarata, non  è casuale: La Tomba è considerato il primo racconto maturo scritto da un Lovecraft ormai ventisettenne ma ancora incerto sulla direzione da prendere nella vita.

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La storia è un lungo ed angosciante monologo del protagonista, Jervas Dudley, che racconta in prima persona la sua discesa nella follia. All’età di 10 anni Jervas aveva scoperto, in un fosso situato nel bosco vicino alla casa di famiglia, un mausoleo appartenente alla famiglia degli Hyde, dinastia cancellata dal rogo del proprio palazzo, i cui resti campeggiavano ben visibili a poca distanza dalla tomba. Affascinato dalla scoperta, il ragazzo tenta di forzare il lucchetto che chiude la cripta senza successo. Preso atto della inutilità dei suoi sforzi, si addormenta scoraggiato davanti la tomba. La lettura delle Vite Parallele di Plutarco lo ispira e gli suggerisce di aspettare il momento propizio, come Teseo che dovette attendere l’età adulta per smuovere il masso sotto il quale erano celati i segni del proprio destino. Nel frattempo scopre una parentela da parte materna con gli Hyde, rivelazione che gli accende ancora di più il desiderio proibito di accedere alla cripta. Anni dopo, torna a dormire vicino alla tomba, ma viene svegliato da una luce, che gli sembra venire dall’interno del mausoleo. Tornato a casa, qualcosa gli suggerisce di salire in soffitta dove troverà, custodita in una cassetta, la chiave per aprire il lucchetto che gli aveva negato fino a quel momento l’accesso tanto agognato. Una volta penetrato all’interno della cripta, Jervas farà una scoperta sconvolgente che darà la spinta finale alla sua discesa nella pazzia.

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Come scritto da Roberto Recchioni nell’ottima prefazione al volume, quella di Lovecraft è una narrativa che suggerisce e non mostra l’orrore che stravolge l’esistenza dei protagonisti, il che diventa un problema quando si tenta di adattarla a un medium che parla per immagini come il cinema o il fumetto. Rispetto al primo il secondo, però, può contare sull’utilizzo delle parole per trasferire su pagina le tipiche atmosfere lovecraftiane, lasciando comunque all’artista la possibilità di contribuire con le immagini. È questa la scelta operata da D.D. Bastian, quella di limitarsi a riportare i passaggi più salienti del racconto dello scrittore di Providence, senza ricorrere ad alcun dialogo, potendo poi contare su un comparto grafico di grande qualità garantito da Nino Cammarata. L’artista, che già si era fatto notare con un ottimo adattamento de Il Gatto Nero di Edgar Allan Poe, riesce a trasferire su tavola le atmosfere angoscianti ed opprimenti di Lovecraft grazie ad un efficace utilizzo dei neri, di chine dal tratto spesso e da una palette di colori spenti che accentuano la sensazione di claustrofobia e di malattia mentale suggerita dalla lugubre vicenda. Una prova rimarchevole, quella dell’artista siciliano, che va ad arricchire il suo curriculum e ad impreziosire il bel volume cartonato proposto dalle Edizioni NPE.

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H.P. Lovecraft, la musica di Erich Zann e altri racconti, recensione: le inquietudini emotive del maestro di Providence

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H. P. Lovecraft è considerato uno dei maggiori scrittori di letteratura fantastica ed orrorifica. Nonostante, in vita, non abbia avuto il medesimo riguardo, oggi le sue opere sono conosciute in tutto il mondo, tradotte in molteplici e diversificati media e hanno ispirato, condizionato, contagiato numerose storie.
Il fumetto, dunque, non è mai stato estraneo all’opera dello scrittore di Providence. Dino Battaglia, Alan Moore, Alberto Breccia, Gou Tanabe, Richard Corben, sono solo alcuni nomi illustri, di paesi e identità fumettistica diverse, che hanno adattato, rielaborato, rimediato il lavoro di Lovecraft.

Per la NPE, D.D. Bastian e Sergio Vanello, hanno indagato l’opera lovecraftiana attraverso il volume La musica di Erich Zann e altri racconti.
Tre racconti, tre incubi inquietanti, tre espressioni di angoscia. Le storie raccontate dai due autori, fedeli alla matrice che li ha ispirati, non indugiano sul Grand Guignol, sul macabro visivo, quanto sul perturbante del loro motore narrativo.

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La musica di Erich Zann, racconta, difatti, l’inquietante incontro tra l’anonimo protagonista e il misterioso signor Zann, capace di suonare, con il suo violino, melodie non solo di grande bellezza ma di una potenza tale da tenere lontane forze misteriose in agguato oltre una finestra.
Samsara è l’angosciante viaggio – sia fisico per i vicoli di una città che introspettivo – di un uomo che cerca di negoziare con se stesso e con il proprio sentire.
Infine, Un’illustrazione e una vecchia casa, ritorna agli inquietanti setting lovecraftiani, raccontando la storia di un uomo che, colto da una corposo temporale, cerca rifugio in una vecchia casa sgangherata in cui trova un misterioso libro, il cui proprietario è un altrettanto misterioso vecchio.

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Il lavoro di Bastian e Vanello non si traduce in una mera riduzione fumettistica dei racconti dello scrittore, ma in un coerente adattamento non solo narrativo, quanto concettuale dell’opera di Lovecraft. Siamo lontani dai mostri mitologici, dalle divinità ittioformi e dalla geografia fantastica che, maggiormente, viene riconosciuta come matrice horror di Lovecraft. Gli autori aprono uno sguardo sulle inquietudini che si insinuano nel quotidiano, in luoghi riconoscibili e propri dell’essere umano: una casa, le strade, un bosco, i cortili, ovunque può nascondersi l’accesso ad una dimensione “altra”.

Sia Bastian (con la prima e la terza storia) che Vanello (occupatosi dei testi dell’inedito Samsara) scelgono un approccio “romanzesco” per narrare la loro versione del racconto. I dialoghi sono totalmente assenti sia in Erich Zann che in Samsara, mentre sono presenti solo nella seconda parte di Un’illustrazione per una ragione narrativa legata all’inquietante proprietario della baracca nel bosco in cui si imbatte il protagonista. Tale scelta non è mero richiamo alla materia letteraria e allo stile di Lovecraft, quanto un modo per ricostruire il vissuto emotivo, privato, del narratore protagonista. Raccontate in prima persone, difatti, le storie hanno un’imponente fil rouge narrativo che le lega: il lento scivolamento verso l’oblio, quella densa oscurità foriera di innominabili pericoli, proprie tanto dell’animo umano, quanto elemento esterno che prende vita.

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Vanello ha il compito di descrivere visivamente tutte e tre le storie, rafforzando, così, la coerenza narrativa con quella grafica. L’acquerello dell’artista si presta con straordinaria efficacia alle atmosfere nervose e cupe dei racconti anche là dove la luce del giorno sembra essere predominante. Dopotutto sono le ombre, i punti scuri, l’oscurità stessa, a dare forma al mondo di Lovecraft. Persino l’evidente porosità della carta utilizzata da Vanello diventa strumento per rendere materica l’atmosfera del racconto. Le tavole, nonostante concedano spazi a virtuosismi grafici e ad ardite inquadrature, riescono a catturare il concetto di percorso obbligatorio intrapreso inconsapevolmente dai protagonisti verso gli incubi lovecraftiani.

In un’edizione cartonata di grande pregio, il volume NPE, grazie anche al corposo e puntuale editoriale, magnifica il lavoro di Bastian e Vanello. Un’opera, dunque, perfetta per tutti i fan del maestro di Providence ma anche per gli amanti dell’horror elegante e psicologico, capace di vivificare le inquietudini emotive tanto care a H.P. Lovecraft.

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