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Startup – La Signora della Heroes Union, recensione: i supereroi secondo Sitcomics

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In tutta sincerità, quando l’estate scorsa arrivò nelle edicole italiane il primo numero di Blue Baron, mai avremmo pensato di ritrovarci un anno dopo – grazie alla recente uscita del volume dedicato alla super velocista Startup – a commentare un’iniziativa editoriale, che a prima vista potrebbe sembrare semplicemente stravagante, ma che, in realtà, merita un’analisi molto più accurata.

Innanzitutto, complimenti alla Sbam! Comics per aver creduto nelle potenzialità di questo nuovo (e singolare) universo fumettistico, di cui - almeno da questo lato dell’oceano - ben pochi erano a conoscenza.
Per la verità, la piccola, ma agguerrita casa editrice lombarda, già attiva da una decina d’anni con pubblicazioni a carattere prevalentemente umoristico, non è nuova a simili proposte le quali, però, paiono essere dettate più dalla passione, che dalla possibilità di un ritorno economico consistente. Tra queste, vanno perlomeno segnalati i monografici con protagonisti i personaggi delle gloriose Edizioni Alpe e Bianconi, i quali, purtroppo, appartengono ormai solo alla memoria dei pochi che ancora ricordano con piacere i tanti pomeriggi passati in compagnia di Geppo, Cucciolo e Tiramolla.
Lo stesso target di pubblico - o quasi - a cui, presumibilmente, sono indirizzati gli albi della Sitcomics (compresi quelli di Blue Baron e Startup, citati all’inizio), minuscola casa editrice californiana, fondata qualche anno fa dall’autore televisivo Darin Henry, della quale la Sbam! aveva già portato in edicola la miniserie Super ‘Suckers (una sorta di Archie in versione vampiresca). Non si spiegherebbe altrimenti l’estetica “vintage” che questi fumetti ostentano con orgoglio, apertamente ispirata a quella dei comics anni Settanta e dei primi anni Ottanta (o, comunque, antecedenti alla rivoluzione che di lì a poco avrebbe investito il medium per mano dei vari Frank Miller, Alan Moore e di tutti coloro che vengono generalmente inclusi nella cosiddetta British Invasion) senza la minima preoccupazione di risultare anacronistici e, soprattutto, di essere in totale controtendenza con gli stili oggi dominanti, pur sapendo di rischiare di catturare l’attenzione solo di qualche lettore di lunga data.

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D’altra parte, che Henry puntasse a creare un forte effetto nostalgia lo si poteva intuire semplicemente scorrendo la lista degli autori chiamati a collaborare con lui, a partire dal veterano Sal Buscema, apparso ancora in gran forma, nonostante i suoi ottantasei anni d’età. Basti guardare le copertine degli albi, quasi tutte opera sua, dove è facile rintracciare quelle pose dinamiche, quell’intensità drammatica delle espressioni e quegli scenari ricchi di effetti dirompenti, che già contraddistinguevano le sue tavole per Hulk, Capitan America e Spider-Man, proprio negli anni che il buon Darin ha voluto rievocare con i suoi personaggi.
Oltre a Buscema, impossibile non citare almeno Ron Frenz e Roger Stern. Il secondo, in particolare, che finora è l’unico che ha avuto l’onere di sostituire l’autore californiano alle sceneggiature, occupandosi, nello specifico, delle gesta della Heroes Union, il supergruppo del quale fanno parte gli eroi principali del “Sitcomics Universe”, tra cui anche Startup, protagonista – come detto – del volume al quale è dedicata la nostra analisi.

Venendo all’opera in questione, i testi sono, ancora una volta, di Henry che, naturalmente, prosegue con lo stesso stile con cui ha caratterizzato le precedenti uscite. Quindi, avventure leggere, animate da paladini della giustizia inevitabilmente un po’ stereotipati e da cattivi più pittoreschi che realmente minacciosi, ognuno dei quali abbigliato con costumi coloratissimi e vistosi, che oggi nessuno si sognerebbe mai - se non per qualche character storico - di proporre sugli albi di Marvel e DC. I dialoghi sono spesso roboanti e le storie lineari e con poche sottotrame, benché non manchi quel pizzico di soap opera necessario a rendere la vicenda meno prevedibile. Tutti elementi che chi ha familiarità con i comics di quarant’anni fa non faticherà ad associare a quell’epoca.

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C’è, però, una particolarità importante dei personaggi di Henry, che li distingue non solo dai loro modelli di riferimento del passato, ma anche dai supertizi che attualmente affollano edicole e fumetterie. Infatti, forte della sua esperienza in varie produzioni comedy per la TV (sue sono alcune sceneggiature di Seinfeld e Futurama), l’autore americano ha pensato bene di aggiungere alle sue trame una marcata componente umoristica. Non che l’ironia sia una novità per gli eroi in calzamaglia, come insegnano, tra gli altri, la Justice League di Keith Giffen e J.M. DeMatteis o la She-Hulk di John Byrne (cosa di cui si è evidentemente ricordata la scrittrice televisiva Jessica Gao quando è stata chiamata a sviluppare la recentissima serie per Disney+ dedicata alla Gigantessa di Giada), ma la comicità di Henry è contrassegnata da situazioni paradossali, battute demenziali, gag fulminanti, che rendono i suoi fumetti non soltanto intrisi di ironia, bensì – come già suggerisce il nome della casa editrice - quasi delle sit-com su carta. In realtà, l’effetto è a volte un po’ straniante, soprattutto perché l’autore americano mostra di essere un abile narratore a prescindere dai numerosi intermezzi umoristici, oltreché un profondo conoscitore del genere supereroistico, tanto che le sue storie risulterebbero interessanti anche se rimanessero ancorate ai binari dell’avventura tradizionale. È pur vero, però, che non è possibile ridurre l’intento comico del testo a un semplice vezzo di Henry, essendo qualcosa di realmente identitario per questi personaggi, che viene palesato fin dalla loro caratterizzazione iniziale. Anche prendendo in considerazione la sola Startup, per esempio, non si può fare a meno di notare che, tolte le scene d’azione (ma talvolta neppure quelle), ogni altro aspetto che la riguarda – a cominciare dal fatto che Renee, l’alter-ego “civile” dell’eroina, è una mamma sovrappeso, impacciata e un po’ ingenua - è stato chiaramente studiato per suscitare simpatia o ilarità nel lettore, sebbene, come in qualunque sit-com che si rispetti, la realtà assuma di tanto in tanto sfumature tutt’altro che allegre (Renee è single perché ha perso il marito in guerra).

Il risultato finale è assolutamente gradevole, essendo determinato anche dagli omaggi a Marvel e DC che Henry dissemina a ogni piè sospinto, senza che questo penalizzi in alcun modo lo scorrere degli eventi o la qualità della sua scrittura, che, malgrado le semplificazioni e i cliché associati a un soggetto del genere, spesso consente agli albi Sitcomics di elevarsi al di sopra di testate ben più rinomate.

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Unica differenza significativa rispetto alle altre collane dell’editore californiano è il disegnatore, il poco noto Craig Rousseau, di cui si ricordano solo alcune storie di Harley Quinn e Impulse per la DC e qualche serie minore per la Dark Horse e l’Image. Il suo tratto, che richiama vagamente quello di Walter Simonson, si discosta in maniera sostanziale da quello classicheggiante di Buscema e Frenz. Tuttavia, l’impronta cartoonesca che lo contraddistingue si sposa piacevolmente con l’umorismo di Henry più di quanto siano riusciti a fare finora i suoi due illustri colleghi, che nella loro carriera hanno sempre mostrato di preferire trame dai risvolti maggiormente drammatici.
Forse si può rimproverare a Rousseau una cura per gli sfondi non proprio esemplare, ma non che gli manchi il senso della narrazione o la capacità di modulare la costruzione delle tavole a seconda del tono impartito alla vicenda.

Un’ultima nota relativa all’edizione Sbam! A parte la miniserie di Blue Baron, che è uscita sotto forma di agili brossurati da edicola, le avventure della Heroes Union e di Startup sono state raccolte in due volumi più corposi e di buona fattura che, sebbene non possano essere accostati ai cartonati di pregio di altri editori, rappresentano l’unica scelta percorribile per mantenere il prezzo degli albi alla portata di tutti. Soluzioni differenti non permetterebbero agli eroi di Henry di farsi strada nelle nostre fumetterie, ormai invase da ogni sorta di pubblicazione, e di venire intercettati da quei lettori costantemente alla ricerca di proposte insolite e originali. Una categoria a cui, secondo noi, Startup e soci meritano senz'altro di appartenere.

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In arrivo una miniserie di Mike Mignola sul giovane Hellboy

  • Pubblicato in News

Seppure terminata la serie principale di Hellboy, Mike Mignola non ha dimenticato la sua creatura. È in arrivo, infatti, il prossimo febbraio per Dark Horse la miniserie di 4 numeri Young Hellboy: The Hidden Land.

Mignola scriverà la serie insieme a Tom Sniegoski, il disegnatore Craig Rousseau e i coloristi Dave Stewart e Clem Robins. Mignola e Stewart hanno realizzato la copertina del primo numero. I numeri successivi avranno cover variant di Rachele Aragno, Wylie Beckert e Anthony Carpenter.

Come suggerisce il titolo, la storia si svolge ai tempi di quando il protagonista era ancora un ragazzo. Hellboy e il suo padre adottivo, il professor Bruttenholm, si ritroveranno abbandonati su un'isola dopo un lungo viaggio. "Presto si troveranno ad affrontare ogni sorta di mostri, e anche quando lo sconosciuto che li salva si rivela essere uno degli eroi di Hellboy, non saranno al sicuro come pensano di essere."

Young Hellboy: The Hidden Land #1 arriverà nei negozi di fumetti il ​​17 febbraio 2021. Di seguito le prime cover diffuse.

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