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Daniele Croci

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Aurea e Lucca '13: intervista a Enzo Marino

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Intervista a cura di Daniele Croci.

lw05Buongiorno Sig. Marino, e bentornato su Comicus.
Partiamo subito da un bilancio generale di questo 2013. Quali sono stati i titoli di cui può andare maggiormente fiero? Come descriverebbe i dodici mesi appena passati?

Anno decisamente di transizione. Iniziative così così caratterizzate dal profondo stato di crisi delle tasche degli italiani. Sono molto fiero di Long Wei, è stata un’iniziativa che ha suscitato molto interesse e che ha riscosso ampi consensi di pubblico e critica per l’innovativa formula del racconto. Una serie condotta magistralmente in porto da Diego Cajelli con l’appoggio esterno di Roberto Recchioni.

La conferenza lucchese dell’anno scorso era stata caratterizzata, tra le altre cose, dall’annuncio di Metamorfosi e di Long Wei, due titoli che hanno fatto parlare molto di sé. Può anticiparci cosa avete in serbo tra gli annunci di quest’anno? Quali saranno le novità per il 2014?
Il 2014 (ma già dalla fine del 2013) sarà caratterizzato dalle riedizioni di Amanda e Nippur di Lagash che saranno messe in vendita abbinate a Skorpio e Lanciostory. Al lettore la scelta di comperare il settimanale da solo o con Amanda e Nippur.

Parliamo proprio di Metamorfosi, la miniserie urban fantasy di Giacomo Bevilacqua. Abbiamo visto che è in cantiere una ristampa cartonata ad opera di Panini Comics, segno della risposta positiva del pubblico. Cos’ha rappresentato questo progetto per Aurea? Vedremo ancora Giacomo Bevilacqua sulle vostre pagine?

Dipenderà dai progetti di Giacomo. Per il momento non ci ha proposto nulla di nuovo.

Veniamo ora a Long Wei, la serie creata da Diego Cajelli e Luca Genovese. Dopo una campagna di marketing virale senza precedenti in Italia, abbiamo assistito al lancio di questa mini che è ormai giunta (quasi) a metà della prima stagione. Si sente di tracciare un bilancio per questa prima tornata? Verrà confermata per una seconda stagione?
È presto per parlarne. Lucca Comics and Games 2013 sarà l’occasione per incontrare gli autori e fare il punto della situazione… e dei programmi futuri.

Purtroppo Long Wei, almeno per le prime uscite, ha fatto parlare di se più per la qualità della confezione editoriale che per il contenuto delle storie. Può assicurare ai lettori che i problemi di stampa sono stati superati, e che possono stare sicuri sulla qualità dei prossimi numeri o eventuali ristampe?
Non mi risulta che ci siano state tante lamentele. In fondo la carta è la stessa delle altre pubblicazioni Aurea e la tipografia idem. Tra il popolo di internete ci sono molti critici a gettone. E la maggior parte non spende nemmeno i 3 euro della copia.

L’anno scorso, in occasione della fine della serie John Doe, ci parlaste della lavorazione uno spin-off scritto da Lorenzo Bartoli. Il progetto esiste ancora?
Il progetto, per indisponibilità dell’autore, è stato sospeso. Le tre storie pronte (2 già disegnate) sono state programmate a puntate su Skorpio.

Può dirci qualcosa delle vostre storiche testate Skorpio e Lanciostory? Può anticiparci i nuovi personaggi o autori italiani e stranieri che compariranno sulle testate?
I nuovi saranno... i soliti vecchi: Axa di Romero, Haggart di De la Fuente, Bruce J.Hawker di Vance e Duchàteau, Le Monde d’Edena di Moebius.

Quest’anno abbiamo assistito alla chiusura di Squadra Speciale – Seconda Serie, nonché al cambio di periodicità di Garfield Show. Segno che il trend negativo per il le pubblicazioni da edicola non accenna a passare?
Ci sono lievi segni di ripresa.

Devil Gli Ultimi Giorni 1-4

A distanza di qualche tempo dal fortunato ciclo con Alex Maleev, lo sceneggiatore Brian M. Bendis ritorna a Hell’s Kitchen per raccontare il finale ideale della saga del Diavolo Rosso. Nel realizzare la storia di Devil definitiva la Marvel ha assemblato un vero e proprio team di superstar del fumetto, scegliendo con cura nomi che siano stati in qualche modo determinanti per il personaggio nel corso della sua lunga vita editoriale; al fianco dei già citati Bendis e Maleev, il secondo qui in veste unicamente di copertinista, sono stati reclutati David Mack e Bill Sinkiewicz, che oltre ad essere autori di bellissimi inserti dipinti sono presenti in veste di, rispettivamente, co-sceneggiatore e di inchiostratore. A completare il quadro troviamo Klaus Janson come disegnatore principale, un nome che molti ricorderanno per le chine di Frank Miller sul capolavoro Il ritorno del Cavaliere Oscuro (1986), opera cui Devil gli Ultimi Giorni  (in originale Daredevil: End of Days) deve molto per l’atmosfera crepuscolare e la riflessione sul supereroismo.

Tuttavia, gli autori di End of Days hanno cercato fin da subito a spiazzare il lettore che si aspettava un facile Cavaliere Oscuro in salsa Marvel. Se l’opera parte con simili premesse – un quasi-futuro più o meno grigio e distopico in cui il nostro eroe è scomparso da diversi anni – il (poco) glorioso ritorno di Devil per le strade di New York coincide con la sua fine. Il redivivo Uomo senza paura muore infatti a pagina quattro, dopo uno scontro all’ultimo sangue con il rivale di sempre Bullseye. Prima di morire, Matt Murdock pronuncia una parola misteriosa, “Mapone”, turbando visibilmente il proprio avversario. Il giornalista-amico Ben Urich decide di indagare sul significato della parola e di ricostruire gli ultimi anni dell’eroe, parlando con tutte le persone importanti della sua vita.

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La sceneggiatura di Bendis e Mack è sin dalle premesse iniziali solida ed efficace. Omaggiando Quarto potere (1941) di Orson Welles, lanciano il reale protagonista Ben Urich, perfetto nel ruolo di detective noir, in un viaggio senza ritorno nella vita privata di un eroe con molti lati oscuri. Una prosa nervosa e discontinua contraddistingue il peregrinare di Urich, mentre un nuovo Daredevil lo osserva di nascosto dai tetti dei palazzi. Se Matt Murdock muore e scompare nelle primissime pagine, il diavolo rosso si frammenta e rispunta un po’ ovunque nelle pagine successive. Maschere cornute, bambini dai capelli rossi (una vera e propria generazione di figli sparsi qua e là), emuli suicidi e persino un doppelgänger. Se i primi tre numeri (dell’edizione italiana) sono un crescendo di emozioni e ottimo fumetto supereroistico/noir, come era stato il Devil di Bendis/Maleev o prima ancora di Miller/Mazzucchelli, tanto per citarne due, l’episodio finale è piuttosto deludente ed anticlimatico. Al di là delle numerose questioni irrisolte – non necessariamente un male, in un opera che si sostiene con l'atmosfera e l’introspezione psicologica – molti punti risultano nel finale incoerenti e decisamente poco giustificabili. A lettura ultimata si ha come l’impressione che gli autori avessero in mente delle scene efficaci e d’impatto – che prese singolarmente funzionano benissimo – ma che si amalgamano molto poco fra loro all’interno del tessuto narrativo più ampio. Lo spiegone (per certi versi doveroso) nel redazionale in terza di copertina dell’ultimo numero contribuisce ad aumentare ulteriormente il senso di frustrazione nel lettore.

Finale deludente a parte, ci sono tuttavia altri punti interessanti che valgono la pena di essere analizzati più nello specifico. Ad esempio, non si può non rimanere coinvolti dalla riflessione sul superoismo compiuta dagli autori. Daredevil è – come quasi tutti gli eroi dei comics – un personaggio basato su delicati compromessi ed equilibri narrativi. Un personaggio che, seppur flessibile e adattabile a sceneggiature e interpretazioni radicalmente diverse, deve mantenere dei tratti fissi per continuare ad esistere. Quando Devil uccide Kingpin, prima di sparire per anni dalle strade, viene meno al suo ideale, nonché alla convenzione/convinzione editoriale che tiene in perenne moto la sua esistenza. Matt Murdok ha fallito, e se ne deve andare per lasciare spazio a un successore, il quale purtroppo sarà destinato a ripetere gli stessi errori, a soffrire nello stesso modo del suo mentore. Il circolo di dolore, colpa e risentimento si rimette in moto un’altra volta. Il nuovo Devil, un eroe più cupo per tempi più cupi, deve trovare un nuovo (o vecchio?) modello positivo cui ispirarsi, sia esso Spider-man, il Punitore o il maestro Stick.

“Da un grande potere derivano grandi responsabilità” ricorda un vecchio e saggio Ben Urich al turbolento figlio adottivo, e sembra quasi far parlare gli autori della serie, in un anelito verso un tipo di supereroe che, seppur maturato da un punto di vista narrativo e formale, possa ancora essere veicolo di messaggi positivi, un esempio di moralità da imitare. E l’idea di Urich come avatar intradiegetico di Bendis sembra essere giustificata dalla struttura stessa della mini, in cui il navigato scrittore cerca nelle parole dei vecchi amici di Devil (dentro e fuori il fumetto) idee e chiarimenti per comporre la propria storia definitiva. Gli Ultimi Giorni ha un forte lato metafumettistico che lascia ben trasparire il trasporto provato dagli autori, e probabilmente da Bendis in particolare, nei confronti di un personaggio a cui hanno dedicato una grossa fetta di vita professionale. Lo sceneggiatore, giunto al suo addio (definitivo?) sente l’esigenza di assicurarsi che la continuità e l’evoluzione rimangano all’interno di un schema morale irrinunciabile. “Migliaia, forse milioni di persone leggeranno ciò che scrivo. E ci crederanno”. La rivelazione finale circa l'identità del nuovo Devil non fa altro che confermare il senso di paternità – seppur adottiva – nei confronti del Diavolo Rosso.

Come detto all’inizio, lo spunto narrativo da cui scaturisce la vicenda riprende molto fedelmente l’incipit del capolavoro cinematografico di Orson Welles. Il debito di Bendis e soci nei confronti di Quarto Potere è in realtà ben più ampio, articolandosi a livello formale e tematico. L’enfasi sul ruolo e soprattutto sulle responsabilità dei media come la carta stampata; la narrazione non lineare, sostenuta da interviste e flashback, in cui diversi punti di vista delineano la figura del protagonista, vero grande assente nella dimensione intradiegetica; la frustrazione del lettore-spettatore e del narratore nei confronti di una sfuggente e inarrivabile verità; persino l’ampio uso di inquadrature dal basso e rasoterra; e infine il protagonista, il nostro Citizen Murdok, la cui grandezza sfugge a ogni categorizzazione, ma in cui sono sepolti dolore e risentimento: “Che tu possa trovare la pace dove io non l’ho trovata” è l’augurio finale che rivolge al successore. Un uomo che si consuma al venir meno dei proprio principi morali programmatici, e che termina la sua vita in un drammatico auto-isolamento.

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Il comparto grafico è superlativo. Oltre alle magnifiche copertine di Maleev (nonché le variant di Mack, fortunatamente riportate all’interno degli albetti), la commistione tra il disegno “normale” di Janson e gli inserti pittorici di Mack e Sinkiewicz produce un effetto finale davvero ragguardevole. Non è da sottostimare, inoltre, il fattore nostalgia provato dal lettore nei confronti proprio per quest’ultimo, che realizzò insieme a Frank Miller due dei graphic novel più influenti del secolo scorso, Elektra Assassin (1986) e Amore e Guerra (1986), proprio con i medesimi personaggi. Il lavoro di Janson conferisce un azzeccatissimo sapore anni 80, e le chine di Sinkiewicz contribuiscono in maniera decisiva a ricreare un’atmosfera sporca e ruvida che si addice benissimo alla spietata serie di eventi che viene raccontata. Un approccio alla composizione che alterna pagine dalla gabbia più classica – per certi versi più retrò – a sequenze più nettamente cinematografiche, nello stile delle produzioni statunitensi degli ultimi 10-15 anni.

Per concludere, Devil gli ultimi giorni è una mini che, difetti a parte, non deve mancare nella biblioteca di ogni appassionato del Diavolo Rosso, specialmente chi aveva apprezzato l’ottimo ciclo Bendis/Maleev. Si tratta di un ottimo fumetto anche per chi si trova a proprio agio in atmosfere noir e relativamente distanti dai canoni del supereroismo classico con tutine e mantelli. Un lavoro sicuramente interessante, a cui è mancato veramente poco per diventare un capolavoro.


Rizzoli Lizard e Lucca '13: intervista a Simone Romani

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Intervista a cura di Daniele Croci.

Ciao Simone e bentornato su Comicus.
Come descrivereste quest’ultimo anno trascorso per la vostra casa editrice, e quali sono stati i vostri volumi di cui andate maggiormente fieri?
01 PersepolisCiao Daniele, un saluto a te e alla Redazione e a tutti i vostri lettori.
È stato un anno intenso, tanto per cambiare. Nell’arco dei dodici mesi pubblichiamo 30 libri, normalmente. Ma quest’anno la Redazione ha dovuto gestire tutta la collana Graphic Journalism uscita col "Corriere della Sera" (altri 20 tomi) e visto che quest’anno Lizard compie 20 anni tondi, abbiamo deciso di completare la ristampa di tutti i titoli Corto Maltese, sia in b/n che a colori.
Lasciami ringraziare, per una volta, le ragazze che con me condividono ogni giorno il progetto Lizard, Elisabetta Sedda e Francesca Martucci. Semplicemente indispensabili!!!
Chiedendomi i libri di cui vado maggiormente fiero, mi metti in difficoltà: TUTTI, sarebbe la risposta esatta. Perché li scegliamo, li lavoriamo con passione, è veramente un percorso quello che affrontiamo per ogni singolo libro. Parliamo di ogni singolo dettaglio: editing, studio della cover, del font… ok, mi fermo per non annoiare. È che i libri poi restano lì per sempre… Comunque, visto che chiedi dei titoli: Taniguchi e la sua serie La vetta degli Dei (il 5° e ultimo volume uscirà in primavera 2014), tutti i libri di Guy Delisle danno grandi soddisfazioni, con Cronache di Gerusalemme Guy è diventato un autore che va oltre il normale pubblico del fumetto. Pubblicare Mizuki è sempr un’emozione. La Casati di Vanna Vinci dice tutto già dalla copertina, è il volume che forse ha avuto il più alto interesse della carta stampata quest’anno, i classici come Magnus, o Roy Mann di Micheluzzi & Sclavi. E lavorare con autori come Marco Corona e, a breve, Davide Toffolo – che sono amici veri da tempo – è per me un piacere particolare. Dal libro di Julie Maroh (la Palma d’Oro di Cannes 2013 con l’adattamento cinematografico di Kechiche) mi aspetto molto. È una bellissima storia d’amore, in verità. È un’opera prima, e credo che Julie abbia trovato la sintesi perfetta. E infine, a Lucca usciamo con un volume antologico con le migliori storie di quell’avventura che fu Splatter. Immagino che presentandolo, i due Paoli fondatori faranno cose turche….
E chiude con due artiste alle quali voglio un bene veramente speciale. Vanna Vinci (again) con la quale abbiamo preparato una preziosa edizione de La bambina filosofica riprendendo tutte le strisce pubblicate dalle origini (infatti il titolo è ‘L’opera (quasi) omnia’, e Silvia Ziche (che non ringrazierò mai abbastanza per aver accettato di tornare da noi) che tra poche ore sarà in libreria (a seconda di quando leggete) con il suo nuovo libro: non sarà una raccolta delle vignette di Lucrezia apparse su "Donna Moderna", ma un vero e proprio racconto di lungo respiro che vedrà Lucrezia affiancata da Alice. Credo che alle fiere e sulla sua pagina FB, troppo spesso le abbiano chiesto ‘quando ci fari leggere una nuova avventura di Alice ?’. È arrivato il momento e, per me, è Ziche in stato di grazia.

Oltre all’ospite internazionale Guy Delisle, quali vostri autori saranno presenti alla manifestazione Lucchese di quest’anno?
Ovviamente parte degli Autori citati sopra: Julie Maroh per tutta la durata del Festival, cosi come Marco Corona, Silvia Ziche e Vanna Vinci, e la Banda Splatter.
Anche Rutu Modan, ma rimarra a Lucca poco, solo giovedì e venerdì fino al primo pomeriggio. Poi la aspettano a Parigi al Pompidou.

Il 2013 fumettistico è stato sicuramente caratterizzato, tra le altre cose, dalla vostra collana da edicola di Graphic Journalism, che si è conclusa dopo la ventesima uscita. Potete tracciare un bilancio sull’iniziativa? C’è speranza per un’eventuale seconda serie di volumi a un prezzo più accessibile rispetto alle proposte da libreria?
Non è che uno vuole fare il super positivo per forza. Ma la Collana GJ ha dato grandi soddisfazioni al Corriere sia in termini di vendite che di qualità e di diversità della proposta; a noi che ci abbiamo lavorato perché penso abbiamo dimostrato che si poteva fare una proposta di qualità ed incontrare il favore del pubblico. Anche qui vanno ringraziate due persone, Andrea Cavallini dello
Studio DOT che oltre a prendersi cura normalmente di quasi tutte le nostre copertine, per questa collana ha trovato una sintesi grafica di forte impatto e che rispettava il lavoro di ogni singolo autore. La forza di questa collana per me inizia già quando te li vedi tutti lì nella libreria. E poi devo ringraziare oltre ogni limite Vincenzo Filosa & Giusy Noce, che hanno curato l’impaginazione di tutti e venti i volumi. Quello, NON era un lavoro facile.
È ferma intenzione, dopo questa esperienza, continuare a proporre volumi che abbiano un prezzo accessibile. Molta gente si è presa la briga di scrivere ringraziando per aver potuto acquistare storie che, altrimenti, non erano nel loro budget. Non sempre si possono pubblicare libri a prezzi economici, e non risponde a verità l’equazione ‘prezzi più bassi, più copie vendute’. Bisogna lavorare all’interno di un’organizzazione per riuscire a valutare bene tutte le situazioni. Ma è anche vero che si può e si deve cercare di andare VERSO i lettori. Nel 2014 avremo proposte interessanti, in questo senso.

La presenza di Delisle come ospite d’onore – celebrato anche da una mostra – è sicuramente un segno forte per la crescita del fumetto di non fiction in Italia. Pensate che i tempi siano finalmente maturi anche da noi per il definitivo riconoscimento di queste forme di giornalismo, documentario, reportage realizzate con vignette e baloon?
In Italia si va sempre dietro alle mode. Adesso è il momento del Graphic Journalism. A ben vedere, la collana del CdS ha allargato il significato di questo termine. Non credo Vittorio Giardino avesse in mente questa definizione del lavoro che stava creando, quando disegnava No Pasaran. Eppure ‘la sua Spagna’ ci stava benissimo. Se poi prendiamo Guy Delisle, abbiamo un autore a cui non piace – credo – essere confinato nella definizione di Graphic Journalist. Non sono sicuro che potremo vedere altre sue ‘letture’ di luoghi, in futuro. Questo tipo di narrazione comunque esiste da molti anni, basta vedere il grande lavoro che Elettra Stamboulis e Gianluca Costantini hanno fatto e continuano a fare con Komikazen.

Credete che questo genere fumettistico possa arrivare a chi è normalmente scettico o dubbioso nei confronti della letteratura disegnata?
Questione culturale irrisolvibile a breve termine. Perché il fumetto meno popolare viene comunque ben arato dalle major cinematografiche? Perché ha contenuti che funzionano anche col grande pubblico. Punto. Alla fine sono le Atorie, la cosa importante. Forse che in Francia sono più mentalmente sviluppati che da noi? Se convinci qualcuno che non ha mai letto Blankets a prenderlo in mano, non lo mollerà finche non lo ha finito. Io mi sento come se fossi in trincea, e mi piace continuare a lavorare per far si che, giorno dopo giorno, ci sia un lettore nuovo in più.

coversplatter-767x1024Come già anticipato, pubblicherete un greatest hits della defunta rivista Splatter in occasione del suo ritorno. Potete anticiparci qualcosa di più?
Wow, quanta roba bella c’era là dentro. Si, usciamo con un volume che raccoglie le storie più toste. È stato divertente lavorare con Paolo di Orazio e Paolo Altibrandi, e con il loro Uomo Ombra, Edoardo Rosati. È un volume di 352 pagine, cartonato, con una strepitosa copertina fatta apposta da Marco Soldi. Non solo le storie, 22 per l’esattezza, ma anche gli extra, dalle lettere scritte col sangue che andiamo a replicare, alle prime pagine de "La Notte", "Il Giorno" e "L’Espresso" che a 9 colonne, durante il Governo Andreotti, invocavano interrogazioni parlamentari per porre fine a queste pubblicazioni “come uccidere la mamma? cosa leggono i nostri figli”… Ahahahah, altra Italia. Diamo appuntamento a tutti a Lucca, sarebbe bello organizzare pure un Horror Party…

Tra le vostre uscite più importanti dell’ultimo periodo c’è sicuramente il secondo volume degli Archivi Bonelli, questa volta dedicato al grande Tiziano Sclavi. Se da una parte voi – e altre case editrici – portate in lussuose confezioni da libreria materiale pensato per l’edicola, altri editori stanno convertendo per le edicole materiale che aveva tutt’altra collocazione editoriale. Come commentate tale processo? Ci vedete un ulteriore assottigliamento del divario che separa la cultura (nel nostro caso il fumetto) “alta” da quello “popolare”, un divario che sembra sempre più dipendere dal circuito di vendita e distribuzione piuttosto che da criteri estetici assoluti?
Può darsi. Ma io ci vedo soprattutto il fascino di poter pubblicare delle storie fondamentali con la massima attenzione possibile ai materiali, agli inchiostri, alla stampa. Quando abbiamo stampato il Tex di Magnus, è da lì che è iniziata questa avventura, è stato bello leggere che, per gli appassionati, quella era diventata l’edizione di riferimento. E abbiamo fatto scuola, pare…

Col tempo il vostro catalogo di pubblicazioni in ebook si è allargato notevolmente, includendo, oltre al Pratt di partenza, autori come Tuono Pettinato, Diaz Canales o lo stesso Delisle. Pensate che questo tipo di distribuzione stia prendendo piede?
Lavorare dentro ad un a struttura di grandi dimensioni ti offre delle opportunità. Grandi opportunità. Ci sono i limiti imposti dalla gestione del flusso di lavoro. Rizzoli pubblica una montagna di libri ogni anno, fra tutte le sue linee. Per forza, deve essere tutto organizzato. Io posso dirti già le esatte date di uscita di tutti i libri del 2014, per dire. Ma la prima cosa che ho fatto quando sono arrivato qui, 5 anni fa, è stato studiare la loro macchina organizzativa, e conoscere non solo i vari responsabili, ma anche chi lavora negli uffici. E con tutti ho stretto un buon rapporto. Quando sono arrivato, cominciavano a muovere i primi passi con gli ebook. Oggi, di tutti i titoli che pubblichiamo, se possibile compriamo i diritti anche per questa versione. E li pubblichiamo lo stesso giorno della release cartacea. Su praticamente tutte le piattaforme: Amazon, Apple, Ibs, Boookrepubblic, Kobo e naturalmente su Libreria Rizzoli.it
I numeri sono in crescita rapida, cosicome la dimensione dell’ufficio commerciale. Inoltre, ormai li sviluppiamo tutti all’interno dell’azienda.

Come stanno andando le ristampe Disney dei classici di Barks e Gottfredson? Avete in cantiere altri volumi di pregio sempre della Disney?
Per ora la collana è solo al 2 volume per entrambe, e stiamo lavorando ai vol 3, Fantagraphics non è poi così avanti. Continueremo, all’incirca con un volume l’anno, con qualche accellerazione più avanti.

Per concludere, cosa ci dobbiamo aspettare dal 2014 di Rizzoli Lizard?
L’inizio del 2014 è interessante, con il nuovo Blacksad di Guernido & Canales, il Texone di Carlos Gomez, un nuovo volume di Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso, come promesso il 4 volume de La Vetta degl dei di Taniguchi e La seconda generazione di Michael Kichka. Molti progetti sono in cantiere, forse qualche altra anticipazione si potrà fare a Lucca. Del resto, per Lizard questa Lucca è un pò speciale, la casa editrice soffia le candeline del suo ventesimo compleanno, e qualche sorpresa ci sarà.

Sotto il segno degli Orfani: intervista a Gigi Cavenago

Luigi “Gigi” Cavenago è uno dei nomi più interessanti del fumetto italiano. Giovane, classe 1982, ha iniziato a farsi conoscere dal grande pubblico con il suo lavoro sulla seconda serie di Jonathan Steele, edita da star Comics. Qualche tempo dopo è approdato alla Bonelli per disegnare due numeri  di Cassidy, miniserie di Pasquale Ruju, e di recente è stato reclutato da Roberto Recchioni ed Emiliano Mammucari per il grande progetto a colori Orfani.
L’abbiamo raggiunto proprio in concomitanza con l’uscita del primo numero della mini per rivolgergli qualche domanda.

Ciao Gigi e benvenuto su Comicus.
Puoi raccontare brevemente ai lettori di Comicus come hai iniziato la tua carriera e come sei riuscito ad entrare nel mondo del fumetto italiano?

dydlondra2Ho giocato d’anticipo, cominciando a frequentare le fiere del settore quando facevo ancora la seconda media. Mi presentavo con il mio book pieno di tavole amatoriali e, di anno in anno, trovavo sempre qualche autore disposto a elargire consigli. Finito il liceo scientifico mi sono iscritto alla Scuola del Fumetto di Milano e nel frattempo continuavo ad aggirarmi per le fiere. Nel 2004 a Lucca Comics mi sono procurato qualche ingaggio interessante ma l’incontro più importante è stato quello con Federico Memola, che all’epoca stava formando lo staff di disegnatori per la nuova vita editoriale del suo Jonathan Steele. Federico mi ha dato fiducia e mi ha portato su una testata mensile da edicola. Negli anni in cui ho lavorato su Jonathan mi sono fatto ossa abbastanza robuste da affrontare tutto quello che sarebbe arrivato dopo.

Jonathan Steele, Cassidy, Orfani, ma anche comics americani. Senti che il tuo stile si è evoluto in una direzione ben precisa, o ritieni di aver sviluppato una poliedricità di approcci diversi che ti permette di lavorare su dimensioni narrative e impostazioni artistiche differenti fra loro?

Entrambe le cose. Cerco sempre di adattare il disegno alla storia che devo raccontare, ma lo stile personale è qualcosa di più profondo e salterà sempre fuori, in maniera del tutto spontanea, qualunque cosa tu faccia.

Parliamo di Orfani, ambiziosa miniserie Bonelli che secondo Roberto Recchioni “potrebbe aprire una stagione nuova per il fumetto italiano”. Puoi raccontarci come sei stato coinvolto nei lavori? Cosa ti aspetti da questo progetto?

Ero ancora al lavoro su Cassidy, quando è arrivata la telefonata di Emiliano. Dopo che mi ha parlato del progetto, e dei nomi coinvolti, credo di aver detto subito di sì. Col passare dei mesi ho visto il progetto crescere sempre di più, finchè ho potuto dare anch’io una mano a portare avanti il progetto: uno dei primi contributi è stato definire l’aspetto delle creature aliene contro cui si scontreranno i nostri guerrieri. Poi sono passato alle tavole vere e proprie. Era l’aprile del 2011 e adesso che siamo all’esordio in edicola sembra passato un secolo.
Orfani è un progetto dalle potenzialità enormi, ci abbiamo messo l’anima e le aspettative da parte nostra e della casa editrice sono alte, ma una volta là fuori le sorti della testata saranno nelle mani dei lettori. Come sempre, del resto.

Com’è stato lavorare su un fumetto fortemente sci-fi, ricco di tecnologia e astronavi? E com’è cambiato il tuo approccio su tavole che, pur mantenendo il formato classico, vengono poi colorate?

La fantascienza è uno dei generi più divertenti e impegnativi allo stesso tempo: hai la possibilità di costruirti un mondo a tuo uso e consumo e questo comporta vantaggi e svantaggi. Certo il grosso del lavoro in questo senso se lo è accollato Emiliano, in quanto co-autore, ma ogni disegnatore dello staff  ha dovuto rapportarsi con il genere e dare il suo contributo. Detto questo, Roberto ed Emiliano son sempre stati molto chiari nel ribadire che su Orfani la fantascienza è solo una cornice: il cuore della serie sono i suoi protagonisti.
La colorazione è stata un cruccio solo all’inizio. Ho sempre impostato il mio disegno sull’uso di bianchi e neri netti, cosa che di solito si sposa male con il colore. Temevo che mi sarei dovuto trasformare in un disegnatore “a linea chiara” e invece non è stato necessario. I coloristi son riusciti a far convivere chine e colore anche su tavole con una forte presenza di nero, talvolta colorando il tratto stesso del disegno, con risultati incredibili.

Sappiamo che, oltre a essere un fumettista, lavori molto anche nell’ambito dell’editoria e della pubblicità. Pensi che questo tipo di expertise possa aver influenzato positivamente il tuo lavoro nella nona arte?

In realtà è il contrario: è il lavoro sul fumetto ad aver migliorato il mio rendimento sulle altre cose. Fare fumetti è una disciplina tanto complessa da essere una palestra eccezionale per prepararti ad ogni altro tipo di lavoro in ambito creativo. Il fumetto vive di tante cose ed è un mestiere estremamente ramificato, si parte dalla narrativa per passare all’illustrazione, alla regia, alla grafica…

Cosa dobbiamo aspettarci da Gigi Cavenago per l’immediato futuro? Hai intenzione di proseguire nel fumetto seriale, o pensi di lanciarti anche nel mondo del graphic novel? Ti vedremo mai in ruolo di autore unico?

Nel prossimo futuro dovrebbe esserci una storia per il Dylan Dog Color Fest, dopodichè proseguirò sulla seconda serie di Orfani. Di progetti paralleli per adesso non se ne parla, non ne avrei il tempo, ma non posso negare che, prima o poi, mi piacerebbe provare a proporre qualcosa come autore unico anche se il pensiero fa un po’ tremare le ginocchia.

Un’ultima domanda di fanta-editoria. Se potessi scegliere un personaggio o una serie del fumetto mondiale, cosa ti piacerebbe disegnare?

Visto che Dylan è già all’orizzonte, dico Hellboy.

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