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Mark Millar e John Romita Jr. tornano insieme con Psychic Sam: fumetto e film in arrivo

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Quindici anni dopo il successo di Kick-Ass, lo scrittore Mark Millar e il celebre disegnatore John Romita Jr. si riuniscono per un nuovo progetto ambizioso: Psychic Sam, un fumetto che intreccia azione e moralità in una storia che promette di far discutere. L’opera, lanciata tramite una campagna su Kickstarter, è già al centro dell’attenzione non solo nel mondo dei fumetti, ma anche in quello del cinema.

Come riporta THR, Il protagonista del fumetto è un uomo tormentato da una voce interiore che gli rivela i nomi e gli indirizzi di futuri assassini. Armato e determinato, l’uomo si trova a dover compiere esecuzioni preventive: se non agisce, persone innocenti muoiono. “È un tizio con una pistola che risolve problemi,” spiega Millar in un video promozionale. “L'unico problema è che i cattivi non hanno ancora fatto nulla. Ogni volta che ignora la voce, qualcuno ci rimette la vita. E i cadaveri iniziano ad accumularsi.”

Il progetto, già in fase di sviluppo per un adattamento cinematografico, vede coinvolto Ivan Atkinson, produttore di film come The Gentlemen e Wrath of Man. Collaboratore di lunga data di Guy Ritchie, Atkinson punta a portare Psychic Sam sul grande schermo, arricchendo la già nutrita lista di opere di Millar trasposte al cinema, tra cui Wanted e Kingsman.

Nonostante dal 2017 Millar sia legato in esclusiva a Netflix, dopo l’acquisizione della sua casa editrice Millarworld, Psychic Sam rappresenta un’eccezione. Millar ha infatti spiegato che il nuovo titolo non influenzerà i suoi impegni con la piattaforma, che includono uscite programmate fino al 2026. Tra le opere Netflix figurano Jupiter’s Legacy e The Chosen One.

Millar ha inoltre rivelato di aver rifiutato recenti offerte da Marvel e DC — tra cui una proposta per un grande evento estivo in stile Civil War e una miniserie su Superman — per dedicarsi completamente alla stesura di Psychic Sam negli ultimi tre mesi del 2024.

Per i fan, la campagna Kickstarter offre numerose ricompense, tra cui la possibilità di essere disegnati all’interno del fumetto. Romita ha dichiarato: “Devo rendere giustizia a tutti voi.” Una promessa che lascia intendere l’intenzione di creare un’opera curata nei minimi dettagli, capace di coinvolgere lettori e spettatori.

Di seguito le prime immagini del progetto diffuse in anteprima.

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King of Spies, recensione: la vecchia spia chiude i conti

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Mark Millar è uno sceneggiatore di fumetti che della legittimazione del fumetto tra la cultura alta, ossessione di molti dei suoi colleghi, se ne frega allegramente. Della natura popolare della cosiddetta Nona Arte Millar riesce a cogliere il lato punk e anarchico, usandola come veicolo per le sue idee gioiosamente sovversive, tradotte in script sempre scanzonatamente sopra le righe. Una vena trasgressiva che ha caratterizzato fin dagli esordi il lavoro dello sceneggiatore, passando per il periodo dorato in Marvel ricco di hit come Ultimates, Civil War, Old Man Logan e le serie di sua creazione come Kick-Ass e Kingsmen – The Secret Service, tradotte con successo sul grande schermo.

La facilità di concepire soggetti accattivanti che sembrano fatti apposta per una trasposizione sul grande schermo lo porta sul finire degli anni 2000 ad interrompere la collaborazione con le major del fumetto per creare una propria etichetta, la Millarworld, con cui comincia a sfornare miniserie disegnate dai migliori artisti del comicdom, reclutati grazie alla capacità attrattiva delle sceneggiature di Millar. Nel 2017 arriva un colpo di scena che in realtà è perfettamente coerente con la direzione che Millar ha dato alla sua carriera nell’ultimo decennio: la cessione di Millarworld al colosso dello streaming Netflix, attratto dalla possibilità di poter disporre di un bel pacchetto di storie firmate da uno dei migliori scrittori di comics e pronte ad essere tradotte in immagini. A dire la verità la prima serie tv targata Millarworld/Netflix, Jupiter’s Legacy, non è stata esattamente un successo, né di pubblico quantomeno di critica. Ciò nonostante, Millar continua a sfornare miniserie a raffica. La maggior parte delle opere post-accordo con Netflix scritte da Millar negli ultimi anni, nonostante la confezione scintillante e il coinvolgimento dei migliori disegnatori su piazza, non sembrano altro che soggetti pronti per l’adattamento cinematografico, privi del peso specifico dei lavori che lo hanno reso famoso. A questo destino si sottrae però King Of Spies, l’ultima fatica di Millar, da poco pubblicata nel nostro paese da Panini Comics Italia. Si tratta di una scatenata spy-story, genere che Millar ha già frequentato con successo con la summenzionata Kingsmen, che va però oltre la serie di “pitch” partoriti a ritmi industriali che hanno caratterizzato le ultime opere.

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Se il nostro giudizio sull’opera dovesse basarsi solo sulla trama, tutto sembrerebbe già visto. Il protagonista, Roland King, è una vecchia spia in pensione che ha dedicato l’esistenza al servizio della Corona, un James Bond che in nome del bene superiore ha fomentato rivoluzioni o le ha stoppate sul nascere, ha rovesciato governi, insomma ha eseguito senza mai obiettare tutte le missioni assegnategli dai servizi segreti britannici, sporcandosi le mani di sangue. Il prezzo da pagare è stato quello di trascurare la famiglia e di perdere l’affetto del figlio. Quando gli viene diagnosticato un tumore che gli lascia solo sei mesi di vita, Roland coglie l’occasione per riflettere sulla propria vita: e il bilancio non è esattamente positivo. Guardandosi indietro, la vecchia spia si rende conto che, con le sue azioni non hanno favorito in alcun modo la gente comune, ma soltanto favorito gruppi di potere politici e religiosa, o media corrotti. Roland decide quindi che dedicherà il poco tempo che gli resta per cercare di rimediare il più possibile ai tanti errori commessi nella propria vita. E qui comincia il bello, perché la trama assume i connotati di un “revenge movie” in cui King chiude i conti e inizia a far fuori tutti i gangli di questo potere marcio. La sua furia non risparmierà nessuno: premier, presidenti, papi, nessuno sarà più al sicuro. Finché i servizi segreti non decideranno di fermarlo, lanciando una caccia all’uomo in cui coinvolgeranno anche suo figlio.

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La trama di King of Spies non brillerà certo per originalità, ma è il sottotesto anticonformista a dare alla mini una marcia in più che la rende irresistibile. Scagliando la furia di King contro quelli che vengono chiamati i “poteri forti”, Millar interpreta forse furbescamente, ma centrando in pieno il bersaglio, il sentire comune di tanti cittadini che hanno la sensazione di non essere padroni del proprio destino, che viene deciso altrove. Lo sceneggiatore inglese padroneggia al meglio il proprio mestiere, mettendo in scena un plot adrenalinico, avvincente e pieno d’azione, ricco dei suoi tipici dialoghi taglienti e di scene a sensazione che galvanizzeranno il lettore. Ma dietro all’azione esplosiva si nascondono anche riflessioni importanti sulle conseguenze delle nostre azioni e sull’eredità che lasciamo a chi viene dopo di noi.

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Fondamentale per la riuscita di King of Spies è l’apporto dei disegni di Matteo Scalera, in una delle prove migliori della sua carriera. Notevolissimo il lavoro di design dei personaggi (a partire dal protagonista Roland King, ritratto come un invecchiato ma sempre affascinante Pierce Brosnan) e lo storytelling adrenalinico che lascia davvero senza fiato. Il montaggio delle scene d'azione è magistrale, con l'uso di vignette che tagliano la pagina orizzontalmente come uno schermo cinematografico. La scelta delle inquadrature è audace e contribuisce a trasmettere al lettore l'effetto cinetico dell'azione raffigurata. Scalera fa ampio uso di una inchiostrazione molto spessa e carica di nero sulla quale si innesta la palette di colori soffusi di Giovanna Niro, un connubio felice che determina un risultato finale di grande effetto.
King of Spies è un’opera che fa quello che un fumetto dovrebbe fare, divertire e intrattenere, e lo fa ad altissimi livelli.

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Marvel Giant-Size Edition: Civil War, recensione: l'edizione definitiva del classico Marvel

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È da poco disponibile per Panini Comics una nuova edizione di Civil War per la collana da libreria Marvel Giant-Size Edition. Uscita nel 2006 per Marvel Comics la saga è scritta da Mark Millar e disegnata da Steve McNiven ed è stata riadattata (almeno per il concept di base, in quanto poi la trama è differente) nel colossal Captain America: Civil War dei fratelli Joe e Anthony Russo e ha anche ricevuto un sequel fumettistico dal titolo Civil War II ad opera di Brian Michael Bendis e David Marquez.

Sicuramente, Civil War è oggi una delle storie più note e amate dell'intera epopea Marvel. La sua fortuna risiede principalmente nel concept di base, semplice e geniale che possiamo riassumere con lo slogan: “Tu da che parte stai?”. Nel fumetto di supereroi c’è sempre stato un dualismo buoni/cattivi, ma cosa accadrebbe se lo scontro mettesse eroi contro eroi? E questo non certo per un banale equivoco ma per motivazioni ideologiche e scelte irreversibili. Il pubblico è così costretto a prendere una posizione e l’immedesimazione può avvenire, mossa da affinità filosofiche o per banale simpatia, per un gruppo o per l’altro. Si crea, dunque, una sorta di interattività alla base che ha dato via a dibattiti e schieramenti fra i lettori.

E cosa meglio di una radicale scelta politica come soggetto divisorio: l'Atto di Registrazione.

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La proposta di legge governativa (avanzata a grande richiesta popolare) per regolamentare l’attività superumana entra prepotentemente in vigore dopo che il criminale Nitro, attaccato dai New Warriors durante le riprese di un reality show, stermina centinaia di vite innocenti fra cui molti bambini.
A questo punto neanche il diplomatico Tony Stark può mettere un freno a quello che a lui sembra la naturale evoluzione del ruolo dei supereroi. Da grandi poteri derivano grandi responsabilità, direbbe qualcuno, e responsabilità significa rendere conto dei propri poteri allo Stato, seguire un addestramento ed entrare a far parte di una forza militare riconosciuta.
Non tutti, però, sono d’accordo. Per Capitan America registrarsi significa violare la propria identità, limitare la libertà individuale. I supereroi operano laddove la legge, lo Stato, non arrivano, ma con gli eroi divenuti una forza militare, chi garantirà ciò? Avviene così uno scisma, con alcuni eroi che si rifiutano di aderire a tale legge, continuando la propria attività clandestinamente.

I punti di vista di Iron Man e Capitan America sono entrambi legittimi: è il lettore a prendere posizione, come accennavamo in precedenza. Non ci sono cattivi da sconfiggere ma solo uno scontro ideologico. Le loro posizioni rispettano inoltre due diverse concezioni dei supereroi, quella di Cap, più romantica e classica, che rimanda alla visione degli eroi prima del ciclone avvenuto fra gli anni ’80 e ’90, e quella di Tony Stark, più moderna, che rimanendo in ambito Marvel potremmo definire "Ultimate" per l’appunto (senza scomodare Alan Moore), ma che è anche figlia del clima politico post-11 settembre negli States.

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C’è da dire, comunque, che per quanto avvincente e riuscita, a conti fatti, Civil War non è certo perfetta in tutto e per tutto.
Innanzitutto, la miniserie principale scritta da Mark Millar è godibile a sé, ma non brilla in coesione narrativa, sembra più un montaggio delle scene migliori provenienti dall’evento complessivo. Il ritmo troppo veloce non consente all’autore di raccontare la vicenda con la giusta cadenza e il lettore, per incollare i vari pezzi del mosaico, è costretto a zig-zagare fra le varie testate collegate alla saga. Il che, volendo, potrebbe essere anche un punto di forza se visto come evento collettivo e coesivo di tutto l’Universo Marvel.

È sbagliato, inoltre, asserire che non ci siano cattivi. Gli sceneggiatori ce la mettono tutta per rendere la fazione di Tony Stark e Reed Richards odiosa, tramite azioni sleali e snaturando in varie occasioni i personaggi. A questo punto anche il lettore pro-registrazione non può non seguire la parabola di Peter Parker, figura emblematica dell’intera saga.
Anche la fazione di Cap ha le proprie colpe, certo. Non si capisce come mai un personaggio simbolo come lui non abbia intrapreso una via diversa, legale, per diffondere il proprio messaggio. Il suo mettersi in clandestinità avrebbe senso in una dittatura, non in un Paese democratico dove una legge può essere discussa opponendosi al governo, invece di optare per una via che non proponga nulla di costruttivo per cambiare lo stato delle cose. Ed il finale, in questo senso, è eloquente.
Il maggior fallimento si ha però nel mancato sviluppo di quelle premesse ideologiche che avrebbero posto il lettore di fronte ad una scelta etica e morale.
Ad ogni modo, è innegabile che Civil War resti ancora oggi una lettura affascinante e divertente, pur con tutte le pecche elencate.

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Dal punto di vista delle tavole, Steve McNiven fa un lavoro impeccabile donando epicità e spettacolarità al racconto scritto da Millar. Una regia cinematografica che punta su una gabbia sempre varia, tendenzialmente costruita con vignette orizzontali che conducono a un costante effetto "widescreen", e una segno dettagliato e realistico, che ben mette in mostra i volti e le espressioni dei protagonisti, sono le caratteristiche vincenti del suo operato. A completare il tutto, ci pensano i colori di Morry Hollowell, attentissimi a conferire volume alle matite di McNiven, o banalmente a riempire sapientemente gli sfondi lasciati vuoti per esigenza dal disegnatore.

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La domanda finale, considerando le numerose ristampe che Civil War ha avuto in Italia dalla sua uscita a oggi è: a chi è indirizzata questa nuova edizione dell'opera? Innanzitutto, a chi non l'ha mai letta e vuole farlo in quella che è una delle versioni migliori uscite finora. Per tutti gli altri, la consigliamo a chi vuole esporre un libro-oggetto che non sfiguri in libreria, grazie alla combo cartonato + splipcase, o a chi vuole godere fino in fondo delle tavole di McNiven, qui esaltate da una carta lucida di altissima qualità e dal formato oversize 20,5x31 cm.

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King of Spies, il nuovo fumetto di Mark Millar per Netflix

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La cancellazione di Jupiter's Legacy dopo una sola stagione non ferma la collaborazione fra Mark Millar e Netflix. The Hollywood Reporter ha annunciato, infatti, l'arrivo di King of Spies un graphic novel che il colosso streaming adatterà in un film o una serie tv.

King of Spies è incentrato su Sir Roland King, il "più grande agente segreto" nella storia della Gran Bretagna. Ora in pensione, Roland scopre di avere solo sei mesi di vita dopo che gli è stato diagnosticato un tumore al cervello inoperabile. Non volendo ignorare "l'avidità e la corruzione" che continuano a marcire in tutto il mondo, decide di uscire di scena con il botto, usando le sua abilità senza pari per colpire "i VERI mostri" che gli era proibito toccare durante il suo periodo di massimo splendore come miglio spia del Regno Unito. Lungo la strada, correggerà anche alcuni degli errori che ha commesso nella sua vita personale.

"Il mondo delle spie è stato molto buono con noi grazie a Kingsman e un ritorno al genere doveva essere qualcosa di speciale", ha affermato Millar. “Questo è quel progetto. Adoro le storie di un vecchio pistolero tornato per un ultimo lavoro e questo è il nonno di tutti loro. È così incredibilmente violento ed emotivo, ma anche molto divertente".

Non è noto il nome dell'artista superstar che collaborerà con lo sceneggiatore. Le due illustrazioni in alto, ad ogni modo, sono ad opera di Ozgur Yildirim e dall'ex art director DC Mark Chiarello.

Netflix non ha annunciato una data di uscita per King of Spies.

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