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Il Balcone, intervista a Kalina Muhova: la vita e la luce oltre il muro

Originaria di Sofia, Bulgaria, Kalina Muhova è un'artista eclettica dalla formazione classica. Giunta in Italia si avvicina al mondo del fumetto ed è co-fondatrice del collettivo Brace.
Per Tunué pubblica Sofia dell’Oceano, graphic novel scritto da Marco Nucci, che vince nel 2018 il Bartoli Award all'ARF! di Roma e viene nominato nella Selezione Gran Guinigi del Lucca Comis&Games 2018. L'anno successivo, sempre per Tunué, pubblica Il Balcone, ispirato alla poesia del poeta bulgaro Atanas Dalchev, un volume suggestivo composto da sole immagini.
Abbiamo incontrato l'artista a Napoli per il Comicon per approfondire il suo lavoro.

Il balcone adatta a fumetti una poesia del celebre poeta bulgaro Atanas Dalchev. Cosa ti ha spinto a realizzarne una storia?
Il progetto è nato dalla collaborazione con Zornitsa Hristova, l'editor con cui è uscito inizialmente il libro in Bulgaria. Ci siamo incontrati alla fiera del libro per ragazzi e abbiamo visto tanti bei libri che nel nostro paese mancano e ci siamo dette che sarebbe stato bello fare un albo senza parole, visto da che noi non esistono. Subito dopo mi ha mandato questa poesia di cui lei era innamorata, e a me è piaciuta tantissimo perché è molto simile al mio mondo. Dalchev è un poeta molto malinconico e in qualche maniera mi sono ritrovata molto nelle sue parole.

La rottura del muro, è una forte metafora che mostra l’ingresso di una luce da un piccolo spiraglio e che illumina le nostre vite. C’è qualcosa di autobiografico in questo racconto?
Sì, per me il balcone murato è un simbolo di quanto siamo occupati nella nostra vita e non notiamo quasi niente di quello che ci circonda. Mi piaceva fare un contrasto fra il mondo fuori, che è comunque luminoso, e la stanza quasi claustrofobica in cui vive questa famiglia, far entrare il mondo esterno dentro questa stanza buia, un po' oppressiva diciamo. Quindi è anche un simbolo di rottura della nostra quotidianità.

Leggendo Il Balcone, la cosa che mi ha maggiormente incuriosito è che hai immaginato una storia, hai costruito una vicenda partendo dalla poesia mettendo al centro una bambina e la sua famiglia. È stata la tua prima scelta, o hai avuto altre suggestioni?
Lavorando con Zornitsa, che è la sceneggiatrice, è stato piuttosto facile perché lei mi ha inviato una traccia che ho seguito, ma ho cambiato anche tante cose. La storia non è mia, ma lo è diventata perché lei mi ha inviato una sceneggiatura piuttosto libera che ho lavorato molte volte cambiando tante cose. Quindi, alla fine, sento che la storia è diventata anche mia, però la traccia era quella e ho seguito i suoi consigli.

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Mi hai già spiegato il motivo per cui avete optato per un testo muto, ma volevo chiederti se era solo una scelta tecnica o se è stato fatto per rendere il tutto anche più evocativo, lasciando la parola alla sola poesia di Dalchev.
Per me gli albi senza parole sono una cosa molto speciale, e ho fatto anche una ricerca abbastanza approfondita perché mi piace il metodo con cui si raccontano queste storie ma anche la concentrazione che ti serve per leggerle perché è molto diverso da un libro normale dove ci sono le parole e ti devi un po' agganciare a quello che c'è scritto per seguire il filo. Invece, con gli albi di sole immagini, devi leggere - appunto - l'immagine, devi concentrarti un po' di più per capire quello che sta succedendo e, secondo me, c'è un'immersione ancora più profonda in libri del genere perché sei solo lì a guardare. Un'altra cosa bella di questi volumi, inoltre, è che magari comprendi la storia ma non ne sei mai sicuro fino in fondo e quindi devi condividere con qualcuno questa esperienza e diventa così anche un momento di confronto con altre persone per parlare del libro, che è sempre una cosa molto bella.

Tu provieni da un'altra nazione, la Bulgaria. Com’è il fumetto bulgaro? Esiste una tradizione fumettistica? E, in generale, che momento sta vivendo da voi il fumetto?
È terribile! (ride) Diciamo che quasi non esiste, ci saranno in tutto il paese una decina di volumi e basta.

Parli di fumetti locali o anche esteri?
In totale! Di fumetti locali ne ho visti un paio, e rientrano in quei dieci volumi che ti dicevo. Però adesso la situazione si sta un po' muovendo, diciamo che non è molto semplice. Dopo il periodo sovietivo in cui c'era il veto di tutto quello che era americano, o comunque estero, le cose non si sono sbloccate e non c'è molta cultura sui fumetti. Infatti, prima di venire in Italia, l'unica cosa che ho letto sono state le Witch, che non so come siano arrivate in Bulgaria, ma c'erano ed ero una grande fan di quel fumetto. Però non c'era nient'altro e tutta la cultura che mi sono fatta sul fumetto l'ho fatta qui in Italia.

Da quanti anni sei in Italia?
Da 5 anni.

Beh, da relativamente poco. Quindi il talento da illustratrice l'hai coltivato in altri campi? Hai, dunque, avuto una formazione artistica che non includeva il fumetto, ti sei formata in maniera classica.
Sì, il mio liceo era più o meno come l'accademia qua. Ho fatto pittura, scultura, grafica, anatomia, tutte cose molto accademiche e alla norma, dove ti insegnano a fare le cose "per bene", a disegnare in modo realistico...

Infatti hai uno stile molto dettagliato.
Sì, mi è rimasto purtroppo...

Purtroppo?
Beh, purtroppo magari no. (ride)

Beh, ho capito. Il fumetto è un arte che richiede maggior sintesi. Io, infatti, sono rimasto colpito dal dettaglio delle tue tavole, ma immagino che lavorare a un numero di tavole maggiore richieda molto tempo con il tuo stile. Comunque, in Italia immagino tu abbia trovato un fermento totalmente differente, avendo noi una cultura fumettistica di oltre 100 anni. E immagino tu stia provando a portare le tue proposte nel tuo paese. La risposta com'è?
Eh, ci sto provando, ma è difficile. Ho cercato di proporre Sofia dell’Oceano, ma gli editori non hanno ancora il coraggio di buttarsi sui fumetti. Magari sarebbe giusto iniziare a pubblicare i grandi classici, i fumetti più venduti e i più belli che ci sono, e poi portare cose un po' più sperimentali e strane. Magari Sofia non è proprio il "grande classico", magari è giusto iniziare da cose un po' più importanti, ma in realtà anche questo non è che lo stiano facendo. Ed è un grande problema secondo me.

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Ma tu hai colleghi connazionali che operano nel mondo del fumetto?
Sì, però fuori. Bruxelles, in America... Mi piacerebbe riuscire a portare una casa editrice in Bulgaria, perché è un peccato non avere questo medium da noi.

E invece, tutto il mondo legato ai cinecomic che sta spopolando, immagino sia arrivato ma che non ci sia poi una conversione del pubblico verso i fumetti. C'è magari curiosità verso questi personaggi Marvel, DC ad esempio.
No, questi qua sono un po' più conosciuti. Infatti negli ultimi due anni ho visto alcune librerie dedicare anche degli scaffali ai fumetti Marvel o ai manga, che è un bene, meno male che esiste anche quello.

È un primo approccio.
Sì, è un primo approccio per conoscere proprio cos'è il fumetto, per educare un po' il pubblico alla sua esistenza. Quello c'è, però sono ovviamente in inglese. Li vendono in quanto nel nostro paese c'è gente che conosce l'inglese, ma certamente non è conosciuto bene come qua.

Quali sono state le tue letture fumettistiche? Immagino che quando sei arrivata in Italia ha i trovato il paradiso...
In effetti, sì! Nei primi anni ho letto di tutto. Ho vissuto con dei fumettari appassionati e quindi c'erano librerie piene di libri di ogni genere. I primi anni ho letto davvero di tutto, anche cose che magari non mi piacevano, ci stava per capire un po' meglio. Adesso mi piacciono un po' di cose più underground, più strane e sperimentali, c'entra anche il gusto per la tecnica. Mi piacciono anche le storie belle, ma alla fine il fumetto è un medium visivo e quindi mi aggancio molto alla parte visiva.

E tu nasci come illustratrice, quindi immagino ci sia sempre questo sguardo alla parte visiva. A proposito di cose più "underground", sei la co-fondatrice del collettivo Brace. Qui affronti il fumetto anche da un punto di vista non solo creativo. Parlaci di questa esperienza.
Credo che senza Brace non starei facendo questa esperienza.

È stata il tuo punto di partenza.
Sì, sono sempre quei ragazzi con cui ho convissuto, con cui ho girato tutti i BilBolBul, tutte le fiere, abbiamo girato parecchio e alla fine mi hanno contagiato con questa passione. Abbiamo deciso di fondare un collettivo e di fare le nostre cose perché ormai avevamo talmente tanta voglia di fare, di sperimentare, che abbiamo detto 'ok, facciamolo'. E adesso, almeno un'uscita all'anno la facciamo e giriamo tutti i festival. È una cosa molto positiva perché alla fine conosci un po' il mondo dell'editoria, come funziona tutto il processo. È una micro-esperienza di editoria, perché curi tutto il volume, la distribuzione, la pubblicità, tutto. E ti fai un'idea di come funziona in piccolo una casa editrice grande. Poi, inizi a farti anche un nome, la gente un po' inizia a conoscerti, ti fai dei contatti, è un ottimo modo per partire, per fare fumetti, fare quello che ti piace alla fine.

Un'ultima domanda. A cosa stai lavorando attualmente?
Adesso sto provando a fare una storia a fumetti tutta mia per Canicola, mi hanno chiesto di fare un libro per ragazzi per la loro linea. È ancora tutto da vedere. Sono emozionata perché è la prima volta che sto provando a fare una storia lunga, per Brace ne ho fatte un po' fino a 20-24 pagine, però oltre no.

Quante pagine sono?
50, che non è tantissimo ma è un passo avanti. Tutto gestito da me, vediamo come va. Sono fiduciosa!

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