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Zero e uno

Turbamento. Turbamento e smarrimento. Queste sono le reazioni dominanti alla lettura di Zero e Uno, opera di pubblicazione indipendente, scritta e disegnata da Biro, edita da Maledizioni. Si rimane turbati perché la crudezza della storia lacera il lettore, lo divora dall’interno e gli mette addosso un’ansia che ne impregna l’animo, rimanendogli avvinghiata per un bel po’ di tempo dopo la lettura. D’altro canto a questo si accompagna un forte senso di smarrimento, dovuto prevalentemente alla breve durata dell’opera, di solo 24 pagine, che lascia un finale che più che aperto è una sincope narrativa irrisolta. Difficile soprattutto recensire un’opera così effimera, di così veloce fruizione seppur così disturbante.

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In sé la trama è davvero semplice, oltre che breve. Una mamma e suo figlio si trasferiscono in una nuova città, ma il piccolo, apertamente contrario alla decisione della genitrice, non sopporta l’idea di dover andare in una nuova scuola in cui non conosce nessuno. E infatti l’impatto con gli altri bambini non sarà dei più piacevoli, e questo avrà delle serie conseguenze sulla psiche dell’infante che pur di compiacerli arriverà a compiere un’azione crudele e terribile.
La narrazione è rapida, essenziale, quasi brutale. Non si perde tempo ad arrivare al termine della storia perché si sa che è con quella che si colpirà duramente il lettore. Ma nelle poche pagine a disposizione ci sono parecchi spunti per riflettere anche se solo meramente abbozzati. Si mette la pulce nell’orecchio di chi legge, ma sarà lui poi a trarre le sue conclusioni e a fare il grosso, forse troppo, del lavoro di ragionamento. Si pongono gli interrogativi, si introducono i problemi, ma la risoluzione, se esiste, è lasciata al lettore.
E quindi la brutalità dell’infanzia, la crudeltà immotivata e incosciente dei bambini, l’emarginazione, la volontà di piacere al prossimo, di farsi accettare, l’omologazione per non soffrire, la potenza e la sicurezza dell’amore materno, il conformismo, la paura dell’incomprensione, della diversità, il piacere derivante dalla cattiveria, sono solo alcuni dei temi forniti alla speculazione.

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L’opera non è tuttavia esente da difetti. Geremia, questo il nome del bambino, sembra infatti troppo caricaturale, e mal caratterizzato, e di certo la brevità dell’opera non aiuta. L’infante appare visivamente disturbato, rispetto agli altri ragazzini della sua età. Oltre a parlare da solo, con il suo riflesso o con il suo cagnolino di pezza Uno, che in sua compagnia si anima, risulta incapace di comprendere la situazione in cui agisce, mentre i bambini con cui si troverà a interagire, oltre che crudeli sono anche nettamente più svegli di lui, creando un contrasto troppo marcato e non comprensibile per il lettore. Ora, non c’è nulla di sbagliato in tutto ciò, ma se l’intento dell’opera è quello di presentare la difficoltà dell’individualità nel mondo attuale e la pulsione malsana a volersi omologare a tutti i costi, a rendersi conformi, così come viene presentata, allora si poteva benissimo evitare di rendere così “limitata” la casistica trattata. Di questo passo difatti risulta scontata la decisione folle che porta il ragazzo a compiere il gesto sacrificale ultimo, per il semplice fatto di essere visivamente incapace di intendere e di volere. Un conto è l’innocenza, plagiata dall’ansia della solitudine e dell’emarginazione, un conto invece è l’impossibilità di fare altrimenti per incapacità mentale connaturata nel personaggio. C’è dunque qualcosa che stona tra il ragazzo e l’ambiente in cui si trova ad agire che rende stridente e macchinosa la realizzazione della storia. In alcuni tratti poi risulta anche ridondante e superfluo l’utilizzo di certe vignette nella parte centrale solo per rimarcare la contrarietà del piccolo a trasferirsi, in cui le uniche battute del bimbo consistono in un “No” reiterato.

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Nulla da dire invece sull’apparato visivo, davvero ben realizzato e sorprendentemente potente. Il tratto deforme, pulito, dai colori densi, uniformi, omogenei e carichi quasi come quelli Pantone, le inquadrature cinematografiche, spesso spiritate e ingegnose rendono di certo apprezzabile il risultato. L’abilità grafica di Biro rimanda quasi ad una sorta di miscuglio tra graffitismo e muralismo, dando un look suburbano che rende ancora più bizzarro il progetto.
Sicuramente un prodotto degno di nota questo Zero e Uno, anche se con la presenza di pecche, tra cui prevale la brevità della storia, che a parte lo sconcerto del finale lasciano solo un po’ di amaro in bocca.

Dati del volume

  • Editore: Maledizioni
  • Autori: Testi e disegni di Biro
  • Formato: 13x18 cm, brossurato con sovraccoperta, 34 pp, col
  • Prezzo: 12€
  • Voto della redazione: 6
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