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Rat-Man 100

Io mi ricordo quando Rat-Man era tutta campagna. Che tra me e me pensavo “Le battute sui trans non avranno vita lunga”. Mi sbagliavo, perché poi di lungo avevano ben altro.
Sta di fatto che da un certo punto in avanti, la serie ha iniziato ad accollarsi l’ingrato compito di mantenere attivi tutti i piani di lettura, dal corollario di battute e gag alla citazione fino alla trama, che va portata avanti con, e nonostante, quello che ci sta attorno. Il numero 100 di Rat-Man, oltre a presentare una pletora di personaggi (il cast fisso, Leo, la famiglia, le parodie più famose, perfino un Plazzi versione vintage), prosegue invece un percorso che esula dalla continuity del personaggio, nel tentativo di spiegare alcuni dei meccanismi che sovrastano il volere stesso dell’autore, in balia di una forza esterna esemplificata dalla Storia, essere bivalente (creatura-creatore) su cui tornano a posarsi gli occhi di Ortolani dopo La storia finita. L'avventura che era citazione a Il vecchio e il mare in realtà conteneva le stesse tre direttive che ritornano in E venne il giorno e sono parte essenziale della poetica ortolaniana in toto: la riflessione sul cambiamento e sul perché delle proprie azioni, la componente letteraria e quella meta-fumettistica.

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In La storia finita c’era un fumettista che vuole andare al largo, oltre la sua zona di sicurezza, che si sente dire dai lettori quanto preferissero i suoi primi lavori, quelli comici, la stessa frustrazione avvertita dal Sandy Bates di Stardust Memories quando perfino gli alieni giungono sulla Terra per consigliargli di tornare a fare film semplici e divertenti dopo che aveva iniziato a darsi a opere diverse da quelle delle sue origini. Quello stesso narratore ora si trova a fare i conti con i pezzi della sua vita, delle sue storie che non si sente di abbandonare, come fa Harry Block in Harry a pezzi. Così come quei due film di Woody Allen rappresentano un dittico che tenta di sciogliere gli stessi nodi (scrittore premiato, crisi d’ispirazione, frammentazione del discorso), le due storie instaurano un dialogo che trova risoluzione soltanto ora, a distanza di anni.
In E venne il giorno si fa notare anche l’accentuato gioco dell’opera dentro all’opera, in una zoommata infinita da capogiro che rende il numero la summa di tutto ciò che è Rat-Man, già di per sé una sintesi. Quella stessa vertigine dell’infinitamente piccolo di cui parlava Italo Calvino, che scrivendo spezzettava i problemi narrativi in problemi più piccoli e i problemi più piccoli in micro-problemi, finché non si ritrovava a scrivere pagine su una foglia nello sfondo. Ecco, il Calvino post-moderno di Se una notte d’inverno un viaggiatore (libro in cui Calvino cita sé stesso e un ipotetico Lettore come partecipi di una storia che nasce e muore a ogni capitolo) m’è apparso davanti nel modo in cui Rat-Man 100 ri-iniziava ogni volta dopo poche pagine. Lo scrittore ligure cerca storie come le cerca il pescatore de La storia finita e soprattutto cerca, più di ogni altro, la scintilla della creatività e come si possa riformulare il concetto di rappresentazione.
Con quel continuo parlarsi addosso di fumetti, Rat-Man è poi il personaggio meta-fumettistico per eccellenza, in grado di coinvolgere il suo padrone a entrare nelle storie, scavalcando le pagine e divellendo le vignette alla maniera - seppur meno pedagogica - di Scott McCloud: l'effetto da "dietro le quinte" è ancora una volta teso alla decostruzione del processo creativo, di cosa passa nelle mente di una persona durante la nascita di un'idea, declinato nell'usuale maniera comica della serie (facendo i dovuti paragoni, riesce dove Inception aveva fallito, nel tentativo di spiegare la paradossale logica dei sogni).
A fare da legaccio aggiuntivo c’è un quarto aspetto: quando il personaggio che accompagna l’autore sulla sua barca gli indica un viso umano disegnato su una vignetta ma che noi non vediamo, e che è, piace pensare, quello stesso viso che chiude il centesimo numero. L’unica differenza con La storia finita è la componente, citata dalla Storia, dell’amore, la forza generatrice assente in La storia finita (il personaggio è detestato dal pescatore, lo tollera a malapena) e preponderante in E venne il giorno, in cui Leo non riesce a dire addio alla sua creatura in un modo che lo soddisfi pienamente.

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Nonostante sia naturale pensare costantemente al rimando, alla citazione, immersi come siamo nella cultura del remix, l'abbuffata di nomi di cui sopra potrebbe apparire un sotterfugio per il recensore, che si appiglia a qualche blasone per dare consistenza e veridicità alle proprie parole, ma credo siano innanzitutto un indice di quanto sia difficile capire dove finisca l’autore e dove inizi l’imput del lettore, che riempe gli spazi e si muove in essi partecipando alla narrazione del fumetto, e sono anche prove a sostegno della stratificazione di idee e tematiche tirate in ballo da Ortolani (il post-modernismo, la ricerca di una forma primordiale e basilare di origini, di passato, il senso dell’identità), nonché di quanto sia profondo e corradicato con il suo stile questa tendenza ad assorbire diverse influenze e fagocitare il tutto in un nuovo prodotto.

Altresì, tentare di affrontare Rat-Man nel modo più serio possibile, smontando i componenti della sua filosofia autoriale, potrebbe essere visto come un triste esercizio di stile, ma è un modo di vedere le finezze strutturali da amanuense del fumettista, che evidentemente ha molto più frecce nel proprio arco di quanto sembri. Un altro modo sarebbe andare a guardare il lato più immediato della lettura e su questo versante il centesimo numero della serie ne esce meno bene: se a livello astratto la costruzione scollata e incapace di comunicare una visione chiara - perché il suo autore ne è alla ricerca e la troverà solo nella seconda metà del numero - funziona, la fruizione effettiva è meno congeniale, ci si ritrova con scenette non sempre ficcanti (Mucca che dorme, il francese maccheronico) o dispersive che tolgono mordente al disegno complessivo. Se strappa delle risate lo fa parlando di sè (la testa parlante di Fener che gli suggerisce cosa fare, lui che nel suo studio fa di tutto tranne che disegnare, il vanaglorioso gioco di stendere le tavole disegnate fino a oggi per terra) piuttosto che del suo figlio di carta. L’inevitabile inserimento, per ragioni di trama, di Ognuno ha i suoi problemi allenta ancora di più i ritmi della storia, ha dalla sua il pregio di mostrare quanto si sia evoluto il tratto, ma soprattutto quanto la duplice anima di Ortolani sia sempre stata presente fin dall'inizio. Impossibile, quindi, tornare a "Fare solo cose comiche", perché Ortolani "solo" comico non lo è mai stato.

Dati del volume

  • Editore: Panini Comics
  • Autori: Testi e disegni di Leonardo Ortolani
  • Formato: brossura, 16x21 cm, 72 pp., b/n
  • Prezzo: 2,50€
  • Voto della redazione: 7
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