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Andrea Fiamma

Andrea Fiamma

40 anni di Lupo Alberto: intervista a Giacomo Michelon

la mic0Giac-. È questo il soprannome con cui è solito firmarsi Giacomo Michelon, il fumettista che da oltre vent'anni collabora con Silver per portare nelle edicole il suo Lupo Alberto.

Nato a Gorizia, Michelon ha iniziato la sua carriera a Milano, giovanissimo, come grafico pubblicitario, per poi approdare alla corte di Silver. In proprio ha fondato la casa editrice Comica, pubblicando la rivista umoristica L'isola che non c'è, dove hanno trovato casa, tra gli altri, Leo Ortolani, Massimo Bonfatti, Fabio Celoni e Giorgio Cavazzano.

In occasione del quarantennale di Lupo Alberto, abbiamo parlato dei suoi esordi, il suo incontro con Silver e della sua prima storia. E di uno strano oggetto di nome "fax".

Lupo Alberto festeggia 40 anni, di cui 25 passati in tua compagnia. Hai esordito nel 1989, cosa ricordi di quel periodo e come sono cambiate le cose da allora?
Ho iniziato andando a bottega da Silver, di cui avevo carpito il telefono di casa grazie a un'amica. Ricordo la gentilezza e disponibilità di Silver, si fidò praticamente subito di me (ero un ragazzo di 20 anni) e mi affidò praticamente al volo delle tavole da sgommare, retinare etc etc. Così iniziai un apprendistato di circa 6 mesi durante il quale, mentre aiutavo Silver a completare le sue tavole, gli sottoponevo costantemente le mie prove di Lupo e Cattivik. Piano piano la mia mano migliorò e iniziai anche a disegnare qualche casetta, qualche sfondo, fino a fare qualche personaggio secondario. E poi a settembre/ottobre 1988 Silver fondò la ACME con Francesco Coniglio e dopo avermi commissionato una storiellina da 4 tavole di Cattivik, rocambolescamente mi affidò la mia prima di Lupo Alberto, me lo ricordo ancora come se fosse oggi: ero in taxi assieme a Silver e Coniglio, Francesco era appena arrivato da Roma portando quella che doveva essere la prima storia del Lupo Alberto versione ACME, ma a Silver non piacque perché era stata affidata a un fumettista (non so chi fosse) con un tratto molto disneyano, insomma non in stile con il Lupo. Mi ricordo che i due discutevano perché mancava una settimana all'andare in stampa. In conclusione, Francesco Coniglio cercava di mettere alle strette Silver, dicendogli "devi pubblicare questa, abbiamo prenotato la tipografia tra una settimana, non possiamo saltare... oppure la vuoi ridisegnare tu?" e Silver: "No, non io, lui!" e mi dette in mano la sceneggiatura. Come andò a finire? Ecological Warrior usci regolarmente sul n° 43 del gennaio 1989 con i miei disegni. Fu la prima di un'infinita serie di nottate dedicate alle chiusure dei lupi!
Nel 1988 i telefonini erano carissimi e grossi come mattoni, e non c'era mai campo... Mi ricordo che Bonvi aveva un modello con batteria a tracolla! I computer erano delle macchine da scrivere solo un pochino più evolute (e complicate da usare), internet era lontano ancora due lustri e per noi fumettari il massimo della tecnologia era il fax! Le tavole si coloravano a mano... Sì, è cambiato tutto o quasi da allora.

Nello speciale di Fumettology di Rai 5 una delle critiche mosse al fumetto è un eccesso di moralismo. Credi sia una critica fondata?
Moralista il Lupo? Quando? Enrico, Mosè, a volte Marta a seconda dei ruoli interpretati nelle varie storie, ma Alberto mai.

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Sei molto presente su internet e nei forum. È un tipo di comunicazione che dieci anni fa non prevedeva la variabile dell’autore. Che rapporto hai con il web e con i fan che ci trovi dentro?
Il web è uno strumento fantastico, lo adoro. Mi permette dal non dovere più uscire la mattina a comprarmi i giornali al lavorare stando comodamente dall'altra parte del mondo.
Mi trovo bene, e sarà anche per una questione di carattere, ma tendo più a farmi amici che nemici. Mi piace avere un rapporto con i lettori e con colleghi, che conosco solo per il loro lavoro e che altrimenti non avrei avuto possibilità di sapere a cosa e come stessero lavorando. Al contrario di molti poi non riesco a prendermela sul serio se leggo qualche bestialità scritta sui vari forum/blog/social, posso rispondere, come ignorare, ma prendermela mai.
Le incazzature preferisco spenderle nella vita reale.

L'impatto del personaggio è stato tanto forte sulla carta quanto su altri aspetti della società. Da una parte il merchandising dilagante, dall'altra l'impegno su iniziative sociali come gli opuscoli sull'AIDS, la narcolessia, Emergency, il telefono azzurro. Secondo te come si spiega il successo di queste continue commistioni extra-fumettistiche?
Domanda da milioni di dollari: e chi lo sa! Davvero, se si sapesse il perché, saremmo tutti in grado di creare personaggi di successo. Si può solo analizzare che i personaggi che hanno questa forza, come il Lupo, sono personaggi veri, rispecchiano l'anima dei loro autori, compresi pregi e difetti e poi sono "coccolosi" e si adattano a quasi tutto.

Hai partecipato anche alla realizzazione della serie tv del Lupo, realizzando storyboard e design. Che esperienza è stata?
Per la prima serie ho fatto solo alcuni modelli per un paio di episodi in sostituzione di Bruno Cannucciari che aveva il compito di disegnare i modelli per tutta la serie. Per la seconda sono stato chiamato a metà corsa, quando la produzione era disperata perché Silver stava bocciando la maggior parte degli storyboard perché disegnati male. Ne feci 8/10 in pochi mesi risolvendo la situazione. Come esperienza è stata interessante, perché ho avuto la possibilità di imparare un po' come funzionano i cartoni animati, peccato sia stato tutto troppo veloce, mi sarebbe piaciuto essere coinvolto prima e... continuare. Purtroppo la Rai interruppe la produzione e le serie del Lupo rimasero due.

Negli ultimi anni la rivista ha subito una flessione, c'è stato un rimescolamento delle carte, con l'addio dei fumetti ospiti come Cuori grassi. Come vedi il futuro dei McKenzie?
Le percentuali di calo delle vendite del mensile sono analoghe a quelle di altri editori di fumetti. Non è per cercare una giustificazione nella crisi comune, ma è un dato di fatto.
Penso che l'essere riusciti nonostante tutto a restare a galla e in edicola permetta di guardare con ottimismo al futuro. Anche se la produzione di tavole inedite è stata ridotta, la qualità media delle strip di Lupo Alberto resta elevatissima e alla lunga la qualità paga sempre.
Quindi nonostante tutto sì, sono ottimista.
Siamo in mezzo a cambiamenti radicali nel mondo della carta stampata, stiamo vivendo - o meglio - stiamo aspettando l'arrivo del digitale, aspettando, perché fino ad oggi è una voce in perdita. Non ci si guadagna niente. Bisogna avere la pazienza e la costanza di resistere, magari cercando qualche partnership. Non è più il tempo di fare tutto o quasi da soli.
Se non dico una fesseria, comunque, credo che Cuori Grassi sia stata sospesa per altri impegni dell'autore.

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Alcuni dei tuoi colleghi (Casty, Artibani) hanno interagito con il mondo Disney. È un terreno su cui ti piacerebbe misurarti?
Non tutti sanno che nel lontano 1988, quando andavo a bottega da Silver, in contemporanea frequentavo anche lo staff di If e in particolare Carlo Chendi che seguiva il mio apprendistato disneyano. Tant'è che i primi Lupi furono inchiostrati a pennello, passai dopo qualche storia al pennino, che si adatta meglio allo stile di Silver.
All'epoca Topolino era ancora pubblicato da Mondadori ed era un mito, un punto di arrivo. Vi lavoravano i migliori da Scarpa a Cavazzano, passando per Carpi. Roba da far tremare i polsi.
Rapito dal Lupo che viveva il suo boom degli anni '90, non ebbi più il tempo per continuare a esercitarmi su paperi e topi. Ma la voglia è rimasta, anzi vista la qualità media del topo ultima gestione (sembrano tornati gli anni d'oro), mai dire mai. Magari un giorno troverò il coraggio di propormi.

Il numero di febbraio di Lupo Alberto ha festeggiato a dovere il compleanno del personaggio, cosa ci attende nei prossimi mesi? Può fornirci qualche anticipazione?
So che ci sono in ballo mostre e celebrazioni in varie città, ma non so darti al momento un calendario degli incontri. Consiglio di seguire il sito www.lupoalberto.it, il Blog http://lupoalbertoblog.blogspot.it/ e le relative pagine Fb: qui e qui.

Lupo Alberto 344

Lupo Alberto a me piace ricordarlo come un fumetto underground, sporco, che puzza di corridoio di liceo e cantine dopo un acquazzone. È roba che sa di umido, di muschio.
A otto, nove anni uno è abituato a Topolino - e il Topolino di quando ho iniziato a leggerlo io, alla fine degli anni novanta, era un esserino innocuo e bambacione rispetto alle storie che vengono proposte oggi - a quel tipo di contesti, di atmosfere, di toni e perfino di tratti. C’era una caratteristica, quel tratto così marcato, spigoloso nelle mani da adulto, mani che facevano segni da adulti, come le corna, l’ombrello, il carciofo, ma carnoso nei corpi. Dove i personaggi che frequentavo io erano lisci, tutti di una sola consistenza, di un’unica texture, quelli del Lupo erano ricoperti di peli, di piume, di penne.

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Poi c’erano le storie, tenute poco di conto ma dall’alto livello di sperimentazione; quanti personaggi, almeno in Italia hanno saputo mescolare così tanto gli ingredienti narrativi delle loro storie, quante property iconiche hanno lasciato ai propri autori così tanta libertà sulle note da suonare. Forse solo Topolino, ma le differenze in quel caso sono tante: il bacino di autori, sterminato per il topo, ristretto per il lupo, l’età dei personaggi e il pubblico di riferimento, che per quanto eterogeneo è fondamentalmente legato ai più giovani e in quanto tale non permette di spaziare con storie sulla morte, il sesso o la politica. Può fare - e ha fatto - cose che nessun altro personaggio è in grado di fare. Prendete, per esempio, Cento anni dopo, un gigantesco e peccaminoso - nell’accezione nerd del termine - team-up, in cui Mosè e il resto della fattoria sono impegnati a fare da gran cerimonieri per il centesimo anniversario del mondo a fumetto. Una storia che affascina per l’atmosfera conviviale da ultimo giorno di scuola e riesce a gestire un cast di comprimari sconfinato dando perfino il piacere di vedere nella stessa vignetta Calvin & Hobbes e Superman e Tex e Enrico la Talpa.

Insomma, Lupo Alberto è sempre stato un fumetto strano, che puntava ai grandi e marginalmente ai più giovani. Parlare di “sposarsi”, le risatine di fronte a Silvietta, la passera scopaiola. All’epoca non capivo. Eppure c’era qualcosa di ammaliante in tutto quel miscuglio di cose che si ritrovano in Lupo Alberto 344, numero che apre un anno di festeggiamenti, con Quella notte a Kratapurnia di Bruno Cannucciari, storia a tema San Valentino che ammicca e sottende e in cui Alberto, Marta, Cesira e Enrico sono impegnati a fare da baby-sitter, raccontando le loro fittizie avventure romantiche. Le scene di racconto sono disegnate come se davanti ai nostri occhi si materializzassero le fantasia dei cuccioli con un tratto primitivo, abbozzato ma tutt’altro che legnoso, anzi vitale e dinamico pur nella sua infantilità. Seguono una carrellata delle rubriche della posta attraverso gli anni, un paio di splash page disegnate da Lusso e Michelon, un gradevole amarcord firmato sempre da Cannucciari, e la ristampa di La (mal)educazione sentimentale (pubblicata originariamente nel novembre 2008), che più di tanto non lascia. Se proprio avessi dovuto scegliere qualcosa da ristampare avrei inserito qualcosa di più commemorativo, magari qualche tavola autoconclusiva da ogni decennio.

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Proprio le tavole autoconclusive sono le grandi assenti dell'albo, rimpiazzate da un’intervista a Lupo Alberto che echeggia le innumerevoli conversazioni avute da Silver con la stampa, specializzata e non. L’autore punta su un cliché duro a morire, la fossilizzazione del pubblico su dettagli arcinoti o su aneddoti triti e ritriti che però fanno sempre colore: se a George Lucas toccano i grandi classici “Fener era il padre di Luke dall’inizio?” o “La saga era da sempre stata pensata come in più episodi?”, Silver si deve beccare le domande di rito sul nome del personaggio o sul perché del pelo azzurro. Da lì non ci si smuove, l’ovvietà impera e il rischio di sfiorare l’inedito è scongiurato almeno fino alla prossima intervista. Un giudizio tranciante che, pur estremizzato, nasconde una tendenza a rifugiarsi nei fatti noti, nelle conoscenze pregresse che evitano sorprese o nozioni inaspettate.

Pur nella immutata qualità del materiale inedito (nonostante il picco si situi diversi anni addietro), la testata mostra i segni di un cedimento che forse non ha permesso agli autori di elaborare qualcosa di più rumoroso e scenografico, qualcosa in grado di rendere davvero giustizia al traguardo e ai lettori che lo seguono da ormai quattro decenni.

40 anni di Lupo Alberto: intervista a Silver

Guido Silvestri ha molte maschere. Si nasconde, innanzitutto, dietro allo pseudonimo di Silver - proprio come faceva il suo nume tutelare, Bonvi. Poi utilizza da quattro decadi l'avatar di un lupo per raccontare il suo io venticinquenne. E col resto dei personaggi della fattoria McKenzie racconta tutto il mondo che ci sta attorno. Nato artisticamente nella bottega di Bonvi, Silver inizia a pubblicare i suoi lavori sul Corriere dei ragazzi, affiancandosi al Nick Carter dello stesso Bonvicini, all'Omino Bufo di Castelli o alla coppia Altai & Jonson di Sclavi-Cavazzano, per poi proseguire la carriera in solitario con la nascita di una intera testata dedicata ai McKenzie.

Per il quarantennale della striscia, l'autore di Lupo Alberto ha affrontato con noi questioni come la professionalità di un mestiere che sfocia sempre di più nel dilettantismo, la croce di aver creato Alberto e le possibilità di un film sulla sua creatura.

lupoalbertosilverIn una recente striscia hai ironizzato su questo tipo di interviste celebrative. C'è qualcosa che non ti hanno mai chiesto e di cui ti piacerebbe parlare?
Le interviste che amo leggere sono quelle fatte a personaggi per i quali naturalmente nutro interesse, che vertono sì sull’aspetto tecnico del loro lavoro ma anche su quello personale, sul modo in cui affrontano la vita e gli aspetti della quotidianità.

Dalle varie dichiarazioni, per te il disegno sembra essere un mezzo funzionale a veicolare la storia, ma è innegabile che il tuo tratto sia stata una componente essenziale del successo di Lupo Alberto. Il design dei personaggi e il tuo stile in generale sono cambiati nel corso degli anni, è stata un'evoluzione consapevole e pensata o un movimento di crescita naturale?
Più che al disegno in sé (del quale, ribadisco, non sono un virtuoso), cerco di applicare la massima cura alla mimica dei personaggi, alle loro espressioni, alla loro recitazione. Sono cresciuto alla scuola di Chuck Jones la cui narrazione era quasi completamente affidata agli effetti, al ritmo delle gag e alla gestualità. L’evoluzione dello stile c’è stata ed è tuttora in atto, ma la sicurezza che nel tempo si acquisisce con l’esperienza, non sempre ha per effetto un miglioramento espressivo. Quando smetti la ricerca maniacale dell’espressione perfetta, quello che viene dopo potrà essere buon mestiere, ma a intensità zero. 

C'è stata, parallelamente, un cambiamento della serie rispetto agli inizi in termini di tono, carattere dei personaggi o argomenti trattati?
Anche sotto questo aspetto l’evoluzione è costante. Durante quarant’anni di vita di un personaggio è inevitabile che lo sguardo sulle cose si modifichi di pari passo con quello dell’autore, la cui professionalità si manifesta a mio avviso proprio nel saper conservare l’approccio originario del personaggio, quella caratteristica che ne ha fatto, appunto, un personaggio. Come succede con le maschere.

Lupo Alberto ha lasciato il segno nel fumetto italiano. Non ti è mai venuta la tentazione di creare un altro personaggio, un altro universo in cui immergerti? La fama di Alberto ha pesato in questo senso, impedendoti di sperimentare con altro?
Indubbiamente il successo di Lupo Alberto è stato per me croce e delizia. Croce nel senso che mi vincola ancora oggi a una produzione di natura industriale. Però come si dice, “avercene”. Ogni tanto fantastico su quello che poteva essere se fosse andata diversamente. In ogni caso, non sentendomi artista, rifuggo il il ridicolo a cui spesso conduce il velleitarismo creativo.   

Lupo Alberto è sempre stato attivo anche nel sociale. Forse i più giovani non sanno che l'opuscolo "Come ti frego il virus" dedicato alla prevenzione dell'AIDS con protagonista la tua creazione scatenò l'ira del ministro Iervolino. Nell'archivio del Corriere si possono leggere titoli come "Sit-in per Lupo Alberto". Puoi raccontare la vicenda e il perché di tanto clamore?
È successo più di vent’anni fa: venne lanciata da parte del Ministero della Sanità (oggi Salute) una imponente campagna di prevenzione contro l’AIDS, e a Lupo Alberto venne affidato il ruolo di testimonial per un opuscolo (scaricabile dal sito del Lupo) destinato a discoteche, palestre, e altri luoghi di aggregazione giovanile. Si parlava di rapporti sessuali protetti, comportamenti a rischio, droghe pesanti, ecc., senza mezzi termini ma senza cadere in compiaciute volgarità. Tant’è che passò senza nessun problema al vaglio dell’apposita commissione.
Il pandemonio scoppiò quando qualche insegnante particolarmente illuminato e scrupoloso, pensò di distribuirlo in classe: interrogazione parlamentare e violente accuse di pornografia da parte soprattutto di chi non l’aveva nemmeno sfogliato; forse complice anche una bonaccia di notizie, tutti gli organi di informazione si avventarono sulla polemica e ne fecero un caso da prima pagina. D’altra parte gli ingredienti c’erano tutti: sesso, morte, droga.

Il merchandising, la serie tv, l'impegno sociale, prossimamente il teatro. Lupo Alberto in questi 40 anni ha fatto un po' di tutto. C'è mai stata l'idea di un film?
Parliamo di lungometraggio per le sale? Se ne parla di continuo, ma dio me ne scampi. Mi sono bastate le due serie tv. E comunque mancherebbero le risorse, sia economiche sia professionali.

Sei un lettore selettivo, ma tra le tue letture hai citato Rat-Man - la cui fine è (più o meno) vicina - che ha diversi punti in comune con Lupo Alberto, si sono entrambi aperti al mercato collaterale del merchandising, degli adattamenti, hanno monopolizzato le attenzioni del proprio creatore. Cosa ti piace del lavoro di Ortolani?
Mi piace tutto del lavoro di Leo, la sua intelligenza, il metodo, l’inclinazione al sarcasmo misurato, il gusto per la citazione e la parodia, l’orrore per la banalità, e la consapevolezza non narcisistica di essere bravo. La sua curiosità e il suo background gli permetteranno di esplorare i più disparati territori della narrazione a fumetti e no.  Sono sicuro che voglia farlo, e lo farà.

Il 6 marzo debutterà al museo Luzzati di Genova una mostra dedicata a Lupo Alberto, che è stato protagonista di molte iniziative simili A cosa si deve questo interesse da parte dei curatori museali?
Be’, a questo interesse penso non sia estraneo il fatto che quest’anno cade il 40° compleanno di Lupo Alberto. Tante persone sono cresciute in sua compagnia, e penso che la curiosità e il desiderio di osservarlo da vicino spingerà più d’uno a visitare la mostra. Me lo auguro, e poi dura fino a settembre…   

La bottega di Bonvi, il Corriere dei Ragazzi, tutto quell'humus in cui Lupo Alberto affonda le radici oggi non c'è più. La fattoria McKenzie, nascesse oggi, farebbe gavetta sul web? Per chi voglia dimostrare il proprio talento non vedo al momento altre vetrine oltre quella della rete.
Il problema è: una volta che il talento è dimostrato e riconosciuto, qual è la fase successiva? Il fenomeno Zerocalcare è appunto un fenomeno difficilmente replicabile. E allora? Quando e in che modo si passa dallo status di dilettante a quello di professionista? Sarò ancorato a un concetto arcaico, ma secondo me uno è professionista quando riesce a vivere in modo autonomo del proprio lavoro. Il che oggi, per mancanza di mercato, è difficilissimo.

Com'è la situazione editoriale attuale della testata? Sappiamo che di recente non è stata delle più rosee - nonostante Alberto sia un personaggio presente nel mercato, grazie soprattutto al merchandising collaterale - e che ci sono stati degli aggiustamenti per cercare di cambiare rotta e tornare al livello di vendite del passato.
Nessuno con una visione realistica delle cose può pensare di tornare ai livelli di vendita del passato. È assurdo. Nulla sarà mai più come prima, in ogni settore della produzione e dell’economia.  Si tratta piuttosto di capire quello che succede e darsi un profilo e una strategia rispondente al futuro che ci aspetta. Anzi, col cavolo che ci aspetta: siamo noi che dobbiamo correre per acchiapparlo.

Minecraft, in arrivo un film

  • Pubblicato in Toon

Deadline riporta che la Warner Bros. sta sviluppando un film basato sul popolare videogioco Minecraft, che ha da poco sorpassato i 100 milioni di utenti registrati. Il produttore di The LEGO Movie Roy Lee e Jill Messick sono attualmente collegati al progetto.

Il gioco "open world" Minecraft utilizza in parte la stessa logica dei Lego, permettendo al giocatore di costruire e smontare a propri piacimento le ambientazioni e i paesaggi.

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