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Animation History #6: Bambi

Ispirato al romanzo "Bambi, la vita di un capriolo" di Felix Salten, Bambi avrebbe dovuto essere il secondo lungometraggio animato realizzato dagli studios Disney, subito dopo Biancaneve e i sette nani. Si trattava però di un progetto troppo ambizioso, diverso da ogni prodotto d'animazione realizzato all'epoca: la storia è seria con risvolti tragici, non compare alcun personaggio umano e gli animali pur se dotati di parola non hanno un aspetto antropomorfo. L'animazione di tutta la fauna richiese una massiccia documentazione necessaria per raggiungere una buona resa tecnica per l'anatomia animale, tale da rendere credibili i movimenti realistici dei personaggi; per questa operazione gli studi di Burbank si trasformarono in uno zoo, con animali di diverse specie ospitati per poter essere studiati approfonditamente dagli animatori. Un processo simile è stato affrontato anche per l'ambientazione, con frequenti visite nella foresta del Maine da parte degli addetti ai fondali nel corso delle differenti stagioni che compaiono nel film.
La fase di ricerca durò più del previsto e alcune modifiche alla struttura del film prolungarono la lavorazione, così la Disney fu costretta a produrre due lungometraggi dal budget ridotto (Il Drago Riluttante e Dumbo) necessari anche per incrementare i fondi necessari per portare a termine Bambi.

Il risultato finale è un film inusuale, simile ad alcune tra le ultime Silly Simphonies più interessate a rappresentare un ambiente (come Il vecchio mulino, corto vincitore di un Oscar) piuttosto che raccontare una storia o mostrare una sequenza di gag: i 70 minuti di durata si possono facilmente dividere in quadri, ognuno dei quali è impegnato a descrivere la natura attraverso le stagioni dell'anno, o particolari eventi che possono sconvolgere l'ecosistema boschivo (ad esempio l'arrivo dei cacciatori o un incendio). Probabilmente è proprio l'aspetto tecnico quello meglio riuscito, con fondali così dettagliati da sembrare reali e alcuni momenti suggestivi che si lasciano osservare piacevolmente senza la necessità di un effettivo avanzamento della trama, come le delicate e poetiche immagini che passano sullo schermo sulle note di "Pioggerella d'aprile".
I periodi dell'anno si avvicendano parallelamente alle stagioni della vita del cerbiatto protagonista, dalla nascita alla scoperta dell'amore, fino alla formazione di una propria famiglia che chiuderà il cerchio della vita (ripreso in modo simile ventidue anni dopo ne Il Re Leone). La crescita di Bambi è rappresentata alla perfezione soprattutto grazie alla meticolosità con cui ne viene rispettata l'anatomia, nei primi goffi tentativi di camminare del neonato cerbiatto così come nell'eleganza che acquista una volta diventato un cervo adulto; è evidente il maggiore impegno da parte degli animatori nel tentativo di realizzare un prodotto nettamente superiore agli altri cortometraggi in cui comparivano animali, evidentemente motivati dall'ambizione che spingeva il progetto.

Aver ricercato un maggiore realismo causa però una limitata espressività, soprattutto in combinazione coi pochi dialoghi che lasciano spazio alla musica e ai silenzi: in passato altri personaggi Disney avevano comunque trasmesso le proprie emozioni nonostante il loro mutismo, come Cucciolo in Biancaneve e i sette nani, il Gatto di Pinocchio o Topolino ne L'apprendista stregone, ma ognuno di loro compensava le parole con una gestualità accentuata. Dumbo aveva una recitazione più moderata, ma poteva disporre del topo Timoteo come spalla; allo stesso modo i momenti migliori di Bambi sono quelli in cui il cerbiatto interagisce con i suoi amici Tamburino e Fiore, risultando meno efficace in solitaria.

La scena più potente del film, che ha sconvolto intere generazioni di spettatori e rimane impressa nella memoria di chiunque lo veda, è di certo la morte della madre di Bambi per mano del cacciatore; la tragedia risulta ancor più evocativa per la scelta di lasciarla fuori dall'inquadratura, con solo il suono dello sparo, la musica e lo spaesamento del cucciolo a descrivere l'evento. Inizialmente l'uccisione da parte del cacciatore era ben visibile, in una prima versione mostrando il proiettile che colpisce alla testa la mamma di Bambi e in una seconda versione col cerbiatto che torna sui suoi passi trovando impronte insanguinate, ma durante le proiezioni di prova gli spettatori rimanevano shockati dalla visione; optando per una morte fuori campo si è attenuata la violenza della scena, mantenendo però un'angosciante messaggio di morte comunicato con imponenza dal principe della foresta. L'impatto della sequenza è forte nel trasmettere un messaggio contrario alla caccia, all'epoca non così frequente come oggi; l'uomo non pensava al dolore provocato agli animali e il fatto che i personaggi non siano stati "umanizzati" ma siano simili alla realtà restituisce una situazione vicina a quella che avviene durante una vera battuta di caccia, senza falsare la percezione dei fatti come sarebbe invece avvenuto con animali antropomorfi.
La foresta viene invasa dai cani inferociti, non veri e propri animali ma un'estensione del padrone umano, minaccia per l'intero habitat; nonostante la distruzione che gli uomini sono in grado di spargere, la natura ha la sua rivalsa su di essi, prima con un incendio che dimostra un potere nettamente superiore, poi con il messaggio finale di speranza veicolato dai figli di Bambi, la cui nascita ci dimostra che la vita continua.

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