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Il Gatto con gli stivali: recensione

il-gatto-con-gli-stivali-locandinaSeduttore, ribelle, cavalleresco, abile con la spada, ma pur sempre un felino la cui arma migliore sono i grandi occhioni dolci. È il Gatto con gli Stivali, uno dei personaggi più amati della saga dell’orco verde Shrek che sbarca nelle sale con un film tutto suo, forte dell’interpretazione di Antonio Banderas (che lo doppia anche in italiano), affiancato da Salma Hayek nel ruolo della micia Kitty Zampe di Velluto (che sembra quasi un omaggio alla Gatta Nera dell’universo di Spider-Man).

Il film è un prequel che ci racconta il percorso del Gatto prima di divenire leggenda, a partire dalla sua infanzia, passata in orfanotrofio a San Ricardo, passando per la sua amicizia con Humpty Dumpty, un bizzarro uovo umanoide con la fissa di trovare l’Oca dalle Uova d’Oro e diventare ricchissimo, fino al momento in cui conquista i suoi stivali “simbolo di onore”. Sarà proprio la ricerca del tesoro custodito nel castello alla fine della pianta di fagioli magici il fulcro dell’avventura che porta il nostro protagonista a ritrovare l’amico d’infanzia perduto e ad allearsi con la gattina seducente. Il compito non è di certo semplice e gli intrighi e i tradimenti non mancano, ma alla fine il nostro eroe avrà l’occasione per redimersi dalle malefatte che ne hanno fatto un ricercato e recuperare parte dell’onore perduto, sempre rimanendo, però, sul confine tra l’imbroglione e il buono di cuore.

La pellicola esce, ovviamente, in 3D, ed è una vera festa per gli occhi, grazie a una serie di evoluzioni e acrobazie feline spettacolari, oltre a scene di forte impatto visivo dove la stereoscopia compie vere magie, prima fra tutte la crescita della pianta a partire dai fagioli magici e la visione del mondo oltre le nuvole. Meno incisiva, però, la trama, che non brilla per complessità, nonostante alcuni spunti interessanti, ma soprattutto mischia alcuni elementi favolistici senza un vero motivo, perdendo in parte quella giusta coerenza d’atmosfera della saga di Shrek. C’è troppo Zorro e troppo western, relegando il mondo delle fiabe sullo sfondo, concedendo alla magia e alla follia a cui l’Orco Verde ci aveva abituati poco spazio. Si nota una fascinazione eccessiva per l’aspetto latino, perdendo la componente medioevale da bosco incantato.

Inoltre, il personaggio stesso del Gatto non è valorizzato nelle componenti che più hanno colpito i suoi fan, cioè l’essere, appunto, un gatto. Troppo eroico, troppo macho rispetto ai film precedenti, limitando a poche sequenze i momenti più ‘felini’ e ironici, come quando insegue d’istinto un riflesso di luce o ordina un ‘leche’ al bar. Soprattutto troppo poco ‘occhioni dolci’. Molto bizzarri anche i comprimari, a cominciare da Humpty, personaggio delle filastrocche da noi praticamente sconosciuto e qui accostato senza particolari ragioni al Gatto. Nel complesso dunque ne emerge un film tutto sommato pulito, destinato a un pubblico più giovane rispetto a quello che ha amato Shrek, ma comunque godibile come intrattenimento natalizio. Forse dagli inventori dell’esilarante franchise ci si poteva aspettare qualcosa in più.

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