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Marvel's Daredevil 2: recensione

Dopo i consensi di pubblico e critica ottenuti prima da Daredevil, che ha avuto il merito di cancellare dalla memoria collettiva la pessima trasposizione con protagonista Ben Affleck, e con Jessica Jones poi, Netflix e Marvel Studios propongono ora agli spettatori la seconda stagione dedicata al diavolo di Hell’s Kitchen. Un ritorno atteso non solo come conseguenza del successo della prima stagione, ma anche per l’introduzione nel cast di ben due personaggi Marvel molto amati dal pubblico: Elektra e, soprattutto, The Punisher.
Dunque, un hype iper-fomentato che ripaga il pubblico fin dalle prime battute visto che gli autori non lasciano lo spettatore sulle spine e gettano subito nella mischia l’ater ego di Frank Castle facendolo scontrare con Daredevil già dal primo episodio.

The Punisher, così come viene etichettato Castle, è un giustiziere che uccide solo malavitosi, come gli irlandesi, che vogliono approfittare del vuoto lasciato da Wilson Fisk per riprendersi il dominio della città. Le radici di questo odio profondo per la criminalità organizzata vanno ricercati in un dramma familiare che presenterà più di un punto oscuro. Se in fondo l’obiettivo di Castle non è diverso da quello di Murdock, le modalità sono differenti.

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Il dualismo Daredevil/Punisher, dunque, non si combatte tanto sul piano fisico, ma soprattutto su quello ideologico. Frank Castle, infatti, non ci pensa due volte a risolvere il problema alla radice uccidendo, brutalmente, tutti i “cattivi” che deturpano la città. Un confine, quello dell’omicidio, che Murdock non vuole oltrepassare, come ben evidenziato dal conflitto morale vissuto durante la prima stagione della serie e riproposto fino alla fine della seconda anche grazie al confronto con Elektra.
Punisher, dunque, è l’altra faccia delle medaglia, una deriva che finora nell’universo Marvel cinematografico non era ancora affiorata in quanto gli eroi, seppur violenti, hanno sempre agito rispettando le vite altrui e, non ultimo, un’alta etica morale. Daredevil, ora, dopo aver spostato il nostro sguardo dall’alto dei cieli, dai nemici che vogliono conquistare il mondo, alla strada fra i comuni mortali, ci mostra la deriva più oscura e folle che la lotta al bene può avere. E non senza che alcuni, anche fra i poliziotti, si interroghino se in fondo non sia un metodo migliore di altri. Il confronto fra i due è analizzato molto bene negli episodi 3-4 dove vengono scandagliate psicologie e ideologie dei due personaggi, con momenti di forte empatia. Nonostante il loro netto contrasto, c’è un filo molto intenso che lega i due eroi e un rispetto profondo che verrà a crearsi. Nonostante tutto.

C’è da dire che l’interpretazione di Jon Bernthal è davvero calzante e il personaggio perfettamente riuscito. Dopo i fallimenti cinematografici, Frank Castle ha ora un’ottima controparte live, con le proprie origini che ben si inseriscono fra le trame di Daredevil. Furba, dunque, è stata la mossa di inserirlo in uno show già avviato e di successo, seppur immaginiamo che un serial suo avrebbe ottenuto lo stesso impatto sul pubblico.

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Tornando a Matt Murdock, bisogna dire che i problemi maggiori più che con il Punitore li avrà dalla sua ex-fiamma, la bella e letale Elektra Natchios. Il suo improvviso arrivo stravolgerà totalmente il mondo di Matt, facendolo allontanare dal suo lavoro e dai suoi amici. Non vogliamo svelarvi molto circa le motivazioni del suo ingresso in scena, ma vi basti sapere che in gioco entrerà la Mano, un’organizzazione ben nota ai fan dei fumetti di Devil. Ad ogni modo, da questo momento in poi, Matt sentirà sempre più suo il ruolo di giustiziere, un legame con la maschera che lo porterà a chiudersi sempre più in sé stesso, ad allontanare i suoi amici, in constante pericolo, e la sua attività. Il legame con la sua ex è ben scandagliato durante i vari episodi, le affinità fra i due personaggi sono non solo fisiche, i due riescono a trarre il meglio dall’altro, in particolare Elektra la cui posizione morale è decisamente combattuta.
Una Elektra decisamente più ciarliera e ammiccante rispetto a quella fumettistica, sebbene molto simile, almeno in prima battuta, a quella descritta da Frank Miller in The Man Without Fear. Ciononostante il personaggio è ben caratterizzato grazie alla convincente interpretazione di una sensuale e combattiva Elodie Yung.

Oltre al conflitto morale, l'ingresso in scena della ragazza greca provoca in Matt Murdock un risveglio di alcuni istinti repressi che ne modificano non solo i comportamenti, ma intaccano anche i suoi sentimenti. Seppur l'amore per Karen Page resti sempre vivo, la figura di Matt viene esplorata dal punto di vista sentimentale in maniera diversa dalla prima serie: se da un lato abbiamo Karen, che rappresenta maggiormente l’amore da love comedy, quello sentimentale che vorrebbe portare Matt in una relazione di coppia più tradizionale, più “sicura” per certi versi, dall’altra parte troviamo Elektra, con il suo fascino conturbante, magnetico, che crea dipendenza a Matt, che lo spinge ad assecondare i comportamenti pericolosi e dannati della donna, ma al contempo lo fa sentire vivo come non mai. Entrambe però nascondono una duplice natura che le rende complete e umane: così come Karen ha un lato oscuro, un passato complesso e turbolento, così Elektra mostra un lato tenero e dolce, molto femminile, quando non è pervasa dall’istinto omicida o dalla rabbia irrefrenabile che la guida.

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Elektra non divide solo il cuore e l’animo di Matt ma anche la serie intera: dal suo arrivo, infatti, inizieranno due cordoni narrativi, quello con appunto Elektra che combatte con Daredevil al suo fianco e quello con il Punitore nella lotta alla ricerca della verità riguardante il suo dramma. Le due trame si separano e quella di Frank Castle non si intreccerà quasi più con quella vissuta da Daredevil, e i momenti in cui questo avviene non hanno poi un gran peso nell’economia totale. Di fatto, Karen diventa la spalla del Punitore, ereditando anche al Bullettin il ruolo di Ben Urich, che le ha fatto da mentore nella prima stagione, dando la sensazione di due serie parallele, quella che porta il titolo e quella di Castle, un po’ come se i primi 4 episodi fossero serviti da trampolino di lancio per il personaggio per poi ritagliargli uno spazio tutto suo. Una frammentazione che, se da un lato valorizza i comprimari della serie, Foggy e Karen su tutti, che si ritagliano uno spazio notevole, dall’altro crea una frattura che è evidenziata anche dall’allontanamento emotivo e fisico di Matt dai suoi amici, segno di una gran confusione mentale e di un enorme conflitto interiore. Da questo punto di vista, la prima stagione, per quanto corale, vantava una maggiore unità di fondo. E, a conti fatti, è forse questo il maggior difetto di questa seconda stagione che, bisogna dirlo, resta comunque valida e di alta fattura. Tuttavia, l’impressione che la caratura di due personaggi come il Punitore ed Elektra serva a catalizzare l’attenzione è forte. In parole povere, l’ingresso dei due big è un’arma a doppio taglio e risulta forse un tantino invadente, in particolare quello di Castle che distoglie troppo l’attenzione dal protagonista con una trama praticamente parallela a quella di Murdock.

Sottolineano, invece, con piacere l'intensità creata dal ritorno in scena di Vincent D'Onofrio (Kingpin) e da Scott Glenn (Stick). Forse, l'assenza di una nemesi carismatica come Kinping per l'intero ciclo di episodi si è fatta sentire. Se infatti il Punitore si è dimostrato un ottimo antagonista per Daredevil, con la comparsa di Elektra, la cui sottotrama era già meno incisiva, la nemesi rappresentata dalla Mano è sembrata abbastanza fiacca. Non è un caso se gli episodi migliori, in tal senso, sono stati proprio quelli in cui Kingpin era presente.

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Per quanto riguarda il livello tecnico e qualitativo del serial, bisogna dire che gli attori confermano l’ottima performance della prima stagione. Tanta carne al fuoco, tante sottotrame e tanti personaggi creano uno show vivo e interessante fino alla fine, ma se la fattura generale è alta, come già sottolineato, qualche sbavatura è evidente e l’assenza di Steven S. DeKnight nel processo creativo si sente. Ci pare, dunque, un leggero passo indietro rispetto alla scorsa stagione.

Un’ultima nota riguarda il tasso di violenza presente in questa stagione, volutamente più alto di quella passata. In generale, non sono le botte e il sangue a fare una serie matura, ma è un ottimo segnale la diversificazione di pubblico che la Marvel sta effettuando sui suoi personaggi.

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