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The Amazing Spider-Man: recensione

Un’assenza che determina il percorso di tutta una vita, un vuoto da colmare con risate amare, sguardi persi sulla città tanto affollata da essere il teatro perfetto per la solitudine. La storia di Peter Parker sta tutta nella perdita dei genitori, scomparsi quando era soltanto un bambino dopo averlo affidato al fratello del padre, Ben, e alla moglie May. Per anni il bimbo ormai diventato un giovane uomo non si è posto molte domande, fino al ritrovamento casuale di una borsa appartenuta al padre, capace di scatenare i ricordi e il desiderio lacerante di scoprire la verità.
The Amazing Spider-Man di Marc Webb non è il racconto delle avventure di un supereroe con poteri ragneschi, ma quella del percorso di un ragazzo verso la maturità, l’assunzione delle proprie responsabilità e la scoperta che al mondo c’è molto di più di ciò che la vita quotidiana ci suggerisce.

Dopo essere già sbarcato nelle sale con la trilogia cinematografica diretta da Sam Raimi, l’amichevole uomo-ragno di quartiere torna sul grande schermo per un reboot che ha tutto il sapore di una prima, riuscendo a trovare una freschezza che non ci si aspettava.
Dopo un inizio relativamente calmo, necessario a liberarsi di tutto l’immaginario assorbito nei film precedenti, la pellicola parte spedita seguendo perfettamente la trama scritta con grande perizia e attenzione ai dettagli. La trasformazione del ragazzo in supereroe, il primo amore, la ricerca della verità: tutto è connesso e fa parte della grande ragnatela della vita. Particolare attenzione è dedicata al percorso che porta Peter a indossare la maschera di Spider-Man: una buona parte iniziale del film è dedicata alla scoperta dei poteri da parte del ragazzo, prima che del supereroe, con tanti effetti collaterali, quali la difficoltà ad aprire le porte senza romperle, o un’attrazione morbosa per le mosche. Elementi che definiscono il personaggio e contribuiscono a renderlo familiare anche a chi non ha mai letto un fumetto. Anche l’aspetto comico delle battute e degli scherzi che da sempre lo caratterizza è ben giocato senza forzare la mano, ed è funzionale a riempire quel vuoto che Peter sente dentro.
Se poi si passa a considerare il supereroe, una nota di qualità sta nella resa dei movimenti ragneschi, realistici e spettacolari al tempo stesso, un mix di parkour e di trick da skateboard, una delle passioni di Peter. A supportare le coreografie interviene uno spettacolare 3D per niente invasivo e capace di donare profondità non solo alla visione, ma alle emozioni stesse dei personaggi, anche nelle scene più intime.


Gran parte della riuscita del film, però, la si deve di certo alla bravura degli attori, con un cast che non perde un colpo, a cominciare proprio dal protagonista, un ottimo Andrew Garfield del tutto in sintonia con il personaggio (d’altronde aveva indossato per la prima volta il costume di Spider-Man a tre anni per Halloween), e dotato di una varietà di espressioni e una interpretazione profonda e articolata tale da creare una persona a tutto tondo sullo schermo.
Ottimo Rhys Ifans nel ruolo del dottor Curt Connors, villain del film nei panni del mostruoso Lizard, capace di far percepire con chiarezza il percorso di trasformazione dell’uomo e le motivazioni, restituendo anche spessore ed emozioni alla lucertola gigante. Anche Emma Stone si è calata bene nei panni della bella e intrigante Gwen Stacy e un plauso va pure a Denis Leary (Capitano Stacy), Martin Sheen (Zio Ben) e Sally Field (Zia May), che pur avendo dei ruoli adulti e di ‘mentore’ non risultano mai saccenti o artificiosi.
Dal punto di vista visivo va sottolineata anche la cura con cui è stata ricostruita New York e l’interessante design architettonico della OsCorp Tower, mentre le musiche di James Horner riescono a essere varie con punti di grande intensità, anche se a tratti si sposano male con le scene.

A questo The Amazing Spider-Man va di certo riconosciuta la capacità di aver saputo creare un mondo nuovo, eppure molto familiare, diverso da ciò che avevamo visto sullo schermo, ma senza sentirsi forzato dalle esperienze precedenti. Le tante scelte intelligenti (ad esempio l’aver restituito a Peter i lancia ragnatele, tanto oggi basta cercare su internet per scoprire come fabbricarseli) rivelano un amore profondo per il personaggio e i tanti indizi disseminati su come la storia proseguirà nelle prossime pellicole promettono una nuova lunga vita per il nostro amato Spider-Man. Soprattutto il merito fondamentale è aver capito che ciò che rende forte questo personaggio non sono la maschera o le ragnatele, ma il ragazzo che vi sta sotto, quel Peter Parker che con tutti i suoi superproblemi è davvero uno di noi.

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