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Super: recensione

Super_posterQuando viene lasciato dalla moglie Sarah (Liv Tyler), ex tossicodipendente ricaduta nel baratro per colpa dello spacciatore psicopatico Jacques (Kevin Bacon), per Frank (Rainn Wilson) la vita cambia drasticamente. Il matrimonio è sempre stato per lui uno dei due momenti più importanti nella vita (a parte quando aiutò un poliziotto a catturare un ladro), e perderlo significa perdere se stesso. Per questo decide di fare di tutto pur di far tornare Sarah da lui, abbandonando il suo carattere piagnucoloso e remissivo per vestirsi di nuova forza, sia nella mente che nel corpo. Nasce così Saetta Purpurea, un supereroe fatto in casa pronto a sconfiggere il male. Sono queste le origini segrete del protagonista di Super, film in uscita il 21 ottobre, che all’apparenza si propone come un nuovo ‘must’ per gli appassionati del genere e per chi ha scoperto i ‘Real Life Superheroes’ grazie al successo di ‘Kick Ass’.

In realtà Super è del tutto diverso dalla pellicola tratta dal fumetto di Mark Millar: qui non ci troviamo di fronte a un nerd appassionato di fumetti che vuole essere il primo supereroe del mondo reale, ma a una persona totalmente amorfa che scopre per caso l’esistenza dei supereroi in un modo a dir poco singolare. È quando vede in televisione, infatti, il telefilm del ‘Santo Vendicatore’, sorta di eroe mascherato cattolico, pronto a sconfiggere il diavolo tentatore che porta, ad esempio, i ragazzi a fare sesso prima del matrimonio, che sente una vera e propria chiamata divina e grazie a una visione mistica decide di imitare quel personaggio fittizio. Frank decide dunque di far rispettare le ‘regole di sempre’: non si molestano i bambini, non si sniffa, non si graffiano le automobili, addirittura non si salta la fila per entrare al cinema. La pena è un bel colpo in testa con una pesante chiave inglese. Le cose si fanno più serie quando decide di affrontare la banda di Jacques e allora scopre di aver bisogno di un’assistente, Saettina (Ellen Page), lei sì appassionata di fumetti e subito pronta a diventare una supereroina. Scopriranno entrambi quanto sia difficile esserlo nella realtà in un mondo sporco, triste e volgare dove loro stessi non sono da meno.

Il film di James Gunn non riesce, purtroppo, a raggiungere il pubblico a cui vorrebbe essere destinato, anzi, fatica a trovare un pubblico adatto alla sua visione. In un certo senso scontenta tutti. Non è rispettoso verso il mondo dei supereroi, ma neanche dissacrante in modo intelligente, sembra anzi volerlo criticare in modo non costruttivo, demolirlo senza indagarne le vere radici. Non è neanche rispettoso verso quella cultura nerd che oggi sta uscendo dall’anonimato e che viene presa di mira nel bene e nel male da diversi mezzi espressivi. È un film profondamente religioso e legato all’immaginario cattolico americano, dove bisogna attenersi a delle regole ferree e se si sbaglia si viene puniti duramente. È pieno di una violenza fine a se stessa e spesso esagerata, ma senza i sorrisi provocati dallo splatter ridicolo, anzi nel suo realismo riesce a essere di cattivo gusto e disturbante.

Al di là della bravura del protagonista, capace di passare attraverso diversi stadi emotivi e cambiamenti caratteriali, gli altri personaggi sembrano piatti e relegati in dei ruoli che gli vanno stretti. Complice anche un ritmo lento e una storia tutto sommato senza particolari colpi di scena o invenzioni degne di nota, a parte l’impianto cattolico delirante, il film non cattura lo spettatore e lascia un senso di nausea e di disturbo, culminante in un buonismo finale senza scampo.

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