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Lanterna Verde: recensione

Lanterna Verde di Martin Campbell, con Ryan Reynolds, Blake Lively, Peter Sarsgaard, Mark Strong, Tim Robbins, Temuera Morrison, Angela Bassett e Taika Waititi. Warner Bros., 2011


Attenzione: la seguente recensione non riguarda la versione 3D della pellicola.

lanterna_verde_locandinaHal Jordan (Ryan Reynolds) è un pilota d’aerei un po’ spaccone che trova difficoltà a misurarsi, buttandosi a capofitto in tutte le situazioni anche per evitare di affrontare le proprie paure. A risentirne sono diversi aspetti della sua vita, e in particolare il suo rapporto sempre in sospeso con la bella Carol Ferris (Blake Lively). Tutto cambia, però, quando un giorno un globo di energia verde lo cattura e lo porta presso un alieno morente: costui gli dona il proprio anello del potere e lo introduce al Corpo delle Lanterne Verdi, sorta di polizia intergalattica dedita al mantenimento dell’ordine nei vari settori spaziali, sfruttando l’energia verde della volontà e sotto l’egida degli immortali Guardiani. Nel Corpo Hal conoscerà la guida di Tomar-Re, Sinestro (Mark Strong) e Kilowog, e si troverà a fronteggiare Hector Hammond (Peter Sarsgaard) e Parallax, entità gialla della paura decisa a nutrirsi della Terra e a distruggere i Guardiani. Ultima speranza per il pianeta, Hal dovrà fare i conti prima di tutto con se stesso.

Come si desume già dalle poche righe precedenti, Lanterna Verde non è un film che si segnala per una trama particolarmente inaspettata o ricca di svolte, in particolar modo per chi ha familiarità con la fonte fumettistica. La storia si sviluppa anzi in maniera molto lineare e prevedibile, seguendo in maniera quasi pedissequa la mitologia del personaggio su carta, ben infarcita di tutti i ritocchi apportati negli ultimi anni da Geoff Johns.
Ma nonostante ciò la pellicola risulta piuttosto gradevole, e anzi ne guadagna. L’andamento da classica storia da supereroe, infatti, si giova in questo modo di due effetti collaterali: da un lato, semplificando, riesce a sviluppare in maniera elegante i principali elementi della mitologia ormai pletorica di Lanterna Verde, sintetizzandoli in maniera agile e organica; dall’altro, e in maniera ancora più spiccata, il film centra e mette bene a fuoco tutto lo sviluppo tematico del personaggio, creando anche una solida base di partenza per eventuali prossimi sequel (già annunciati), dove le possibilità di sperimentare anche sulla storia non mancheranno.

Si assiste dunque allo sviluppo di un filo conduttore che è poi rappresentato dalla crescita del personaggio: il suo rapporto con la paura e la capacità di vincerla, dopo aver riconosciuto la necessità di ammettere la paura stessa. È su questo punto che si creano le tensioni maggiori tra i principali antagonisti: da un lato con Sinestro, convinto di poter imbrigliare la paura negandola; dall’altro con Hammond, che alla paura cederà in maniera rovinosa.
Con un simile sfondo tematico, questa pellicola si preoccupa in primo luogo di stabilire in maniera chiara chi sia Hal Jordan e quali siano le sue coordinate. Anche da questo taglio deriva il fatto che al Corpo delle Lanterne Verdi e ad Oa sia dedicato uno spazio abbastanza marginale rispetto al protagonista, comunque sufficiente a fungere da base per ampliare il racconto in successivi capitoli cinematografici.

Allo stesso tempo, nonostante tutte le forze siano concentrate nell’intento di stabilire un netto quadro tematico, il film non indulge eccessivamente in approfondimenti, che un’impronta più autoriale avrebbe pur permesso. Con Lanterna Verde si è invece voluti arrivare a un film che, con sostanziale rispetto nei confronti del fumetto, sapesse divertire senza spingere unicamente sull’azione. Il pregio maggiore della sceneggiatura di Greg Berlanti, Michael Green e Mark Guggenheim sta proprio nel suo equilibrio, capace di coniugare senza sbavature humor, azione e momenti più riflessivi (senza mai arrivare alla vera introspezione). Il risultato, anche grazie alla regia “non invadente” di Martin Campbell, è un film leggero ma non vuoto.
Mediamente buona anche la prova degli attori. Ryan Reynolds, pur non donando vero carisma al personaggio di Hal, lo rende comunque una figura dinamica ed efficace sullo schermo. A fargli da contraltare è il bravo Sarsgaard nei panni di un Hector Hammond disturbato prima in maniera sottile, e poi sempre più estrema. Un po’ sacrificata per ragioni di sceneggiatura la parte di Sinestro, che con il volto truccato della garanzia Mark Strong promette comunque interessanti (anche se prevedibili) sviluppi per i prossimi capitoli. Discreta la prova della Lively.

Sotto il profilo puramente tecnico il film presenta un’ottima fattura negli effetti speciali, ma la sua vera riuscita sta nella creazione estetica di mondi e creature alieni, ripensati in modo da funzionare sullo schermo pur senza tradire l’originale fumettistico. Con ogni probabilità il meno riuscito risulta essere proprio Parallax, le cui fattezze sono state nettamente modificate in modo da rievocare non più un parassita (come nel fumetto), quanto piuttosto una tempesta, o la diffusione di una peste. Da apprezzare anche l’uso dei poteri delle lanterne verdi, anche se si ha l’impressione che con un tocco di fantasia in più sarebbe facile, in una pellicola cinematografica, realizzare qualcosa di ben più sorprendente.

Nel complesso, Lanterna Verde in sé è un film molto piacevole, che forse in minima parte sconta la necessità di raccontare un’origine, ma che proprio in ciò riesce alla perfezione, lasciando pronti in campo tutti gli elementi di cui i prossimi sequel avranno bisogno per procedere più “spensierati”.
Volendosi invece confrontare con il fumetto, è evidente come gli scrittori abbiano attinto a piene mani dalla pluridecennale storia del personaggio, concentrandosi in particolare sugli ultimi anni di gestione (c’è solo da sperare che in futuro non arrivino agli stessi eccessi). Risalta, ad ogni modo, un rispetto della sostanza intima del personaggio, al di là di alcune operazioni di “cosmetica” inevitabili nell’adattamento da un medium all’altro.

Ultimo, inevitabile suggerimento, rimanete in sala dopo l’inizio dei titoli di coda: è prevedibile, ma dà gusto vederlo.

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