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X-Men: L'Inizio: recensione positiva

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X-Men-LinizioSiamo ormai al secondo capitolo del viaggio a ritroso che la 20th Century Fox ha deciso di intraprendere nella storia cinematografica degli X-Men. Dopo il primo, mediocre capitolo dedicato a Wolverine, è questa volta il turno dell’intero gruppo mutante e della sua genesi in X-Men: L’Inizio.

Il film segna un ritorno al passato su più livelli: non solo nello svolgimento della vicenda, ma anche per i nomi coinvolti nella realizzazione della pellicola (in particolare il produttore e sceneggiatore Bryan Singer, già autore dei primi due capitoli della saga, e il regista Matthew Vaughn).

L’intento di riallacciarsi ai primi film della serie è d’altra parte evidente proprio nella storia, che prende avvio come e dove partì la prima pellicola diretta da Singer, cioè tornando sull’esperienza del giovane Erik (il futuro Magneto) all’interno del campo di concentramento nazista. Parallelamente, assistiamo anche all’infanzia di Charles Xavier e della sua amica Raven (la futura Mystica). Tutti devono acquisire confidenza con i propri poteri, ma mentre Erik crescerà cercando vendetta contro gli aguzzini della sua famiglia e del suo popolo, accumulando così un rabbia sempre più grande, Charles proverà invece un crescente interesse per la comprensione del fenomeno mutante e di quali ricadute questo possa avere sulla convivenza pacifica tra le specie. Fino a che, all’alba degli anni ’60 e in piena Guerra Fredda, entrambi sulle tracce del misterioso Sebastian Shaw, i due giovani uomini si incontreranno, dando vita a un’amicizia percorsa da una netta differenza di vedute. E il reagente di questa differenza sarà proprio Shaw, con la sua particolare visione per il futuro dei mutanti.

Nonostante l’antagonista della vicenda sia rappresentato da Shaw e dall'Hellfire Club, tutta la trama è invece giocata sul confronto ideale tra Erik e Charles, con Raven che oscilla tra questi due poli. La dinamica fra i tre personaggi si fa veicolo di tutti i contenuti che il film intende portare avanti: dal tema della diversità, della paura e del rancore a quello dell’obbedienza cieca e del libero arbitrio, fino al progresso inteso come evoluzione o piuttosto come crescita interiore. Tutti questi aspetti percorrono il film in maniera continua, e si affacciano alla superficie all’interno della dialettica amichevole, ma sempre tesa, tra i due protagonisti. Tutto l’ampio cast di contorno, e in particolare i giovani mutanti arruolati da Erik e Charles come embrione degli X-Men, non fanno che portare alla luce ulteriori sfumature di questo confronto.
I personaggi sono molto diversi da quelli conosciuti nelle pellicole dello scorso decennio, ma nel corso del film si intravede in maniera chiara come la loro crescita vada esattamente nella direzione dei personaggi più anziani già visti sullo schermo, e questo ancora una volta vale in modo particolare per Charles, Erik e Raven.

Ma se il film si riallaccia alla precedente trilogia in quanto alle tematiche, del tutto diverso risulta invece il linguaggio con cui la vicenda è raccontata. Cambia l’ambientazione storica, con tutta la pesantezza della Guerra Fredda a fare da sfondo; cambia il genere del racconto, che assume stilemi tipici della spy story; e soprattutto cambia l’atmosfera, meno fredda e con una dose di humor decisamente maggiore che comunque non intacca la drammaticità, forse la novità più evidente introdotta da Matthew Vaughn.
D’altra parte, è anche evidente come non si sia prestata un’attenzione eccessiva anche alla continuità cinematografica. Soprattutto rispetto al terzo film della saga originale, sono più d’una le incongruenze temporali, mentre elementi come l’invenzione di Cerebro e la presenza di Emma Frost sembrano smentire aspetti toccati nei primi due film e nello spin-off su Wolverine. Ad ogni modo, anche queste “inesattezze” non stridono troppo, e lasciano che il film risulti nel complesso più che piacevole.

Sul fronte del cast si segnala in particolare l’interpretazione di Michael Fassbender, che tratteggia in maniera efficace un Erik Lensherr tormentato dalla sua rabbia e dalle sue emozioni, ancora incerto, per inesperienza, rispetto al gigante che aveva il volto di Ian McKellen, ma già pieno di fascino e sfaccettature. Altrettanto buona la resa di Sebastian Shaw ad opera di Kevin Bacon, che dona carisma e presenza a un cattivo senza sfumature (elemento, questo che lo distingue proprio dal futuro Magneto). Conferma la sua capacità anche James McAvoy, nei panni di un giovane Xavier che deve via via calarsi nel ruolo del mentore e abbandonare la sua iniziale leggerezza.
Buona nella media la performance degli altri interpreti: Jennifer Lawrence, con la sua Raven colma di dubbi e in pieno travaglio, cui fa da contraltare il discreto Nicholas Hoult nel make-up della Bestia, mentre January Jones regala la sua sexy e glaciale Emma Frost. Efficaci, seppure in parti meno significative, anche gli altri mutanti: tutti questi, e in particolare i cattivi di contorno (Jason Flemyng/Azazel, Álex González/Riptide) svolgono un ruolo in quasi esclusivo sostegno della parte più action del film. Stessa sorte è destinata anche alle altre figure dei giovani allievi di Xavier, seppur mitigata da un piccolo approfondimento in più e da una connotazione più umoristica (come nei casi di Lucas Till/Havok, Caleb Landry Jones/Banshee e Zoë Kravitz/Angel). Nel complesso, non risultano stonature all’interno del cast.

Sotto il profilo tecnico il film è di buona fattura. Le numerose scene d’azione, pur essendo ormai pane quotidiano e non sorprendendo più come una volta, contengono alcune soluzioni fantasiose, ben rese dal reparto effetti speciali. Il look complessivo della pellicola è forse meno particolare rispetto ai precedenti, sposando una linea meno estrema, ma in coerenza con l'ambientazione retró. Altalenante è invece l’effetto della colonna sonora, a tratti troppo enfatica.
La regia di Vaughn si conferma ancora una volta di buon livello, con alcune trovate di grande qualità (come la trasformazione della Bestia) e altre che nell’economia generale del film tendono invece ad apparire come un corpo separato (la sequenza in split screen, troppo isolata rispetto al resto). Piccoli dettagli che comunque non intaccano l’ottima godibilità della visione, con una storia lineare in cui il vero valore è costituito più che altro dalle tensioni emotive e “filosofiche”.

In definitiva, X-Men: L’Inizio segna il ritorno dei mutanti Marvel a livelli cinematografici all’altezza dei primi due film, invertendo dunque la rotta rispetto al declino iniziato con X-Men: Conflitto Finale e proseguito a precipizio con X-Men le Origini: Wolverine. Il contributo di Singer ha in tutta evidenza riportato il marchio sui giusti binari, mentre l’arrivo di Vaughn porta quel surplus di freschezza di cui la serie aveva decisamente bisogno.
Chiudiamo con una piccola dritta per gli spettatori: non sono presenti scene extra durante o dopo i titoli di coda.

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